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Posts Tagged ‘nonviolenza’

So che può essere sgradevole dirlo, ma le attestazioni “dopo saremo migliori” e “stiamo imparando molto sulla vita” e “andrà tutto bene” stanno diventando retorica alla melassa e mi hanno un po’ stancato. Non necessariamente la sofferenza rende le persone “migliori”, neppure quella di proporzioni enormi come la pandemia che stiamo attraversando. Per mutare convincimenti e attitudini servono ammissione degli errori, visione alternativa all’esistente, coraggio e strumenti. Francamente, se prendiamo in esame solo come la nostra società maneggia la violenza tutto ciò è assente.

19 aprile 2020: Spara alla compagna che lo ospitava in casa per l’isolamento coronavirus e si costituisce

“Vittima Alessandra Cità, una donna di 47 anni uccisa dall’uomo con cui aveva una relazione da 9 anni. Antonio Vena era già stato denunciato due volte per violenza dalla sua ex moglie. Ha sparato alla sua compagna con un fucile a pompa, un colpo secco alla testa. La prima spiegazione data sarebbe legata a motivi passionali. A quanto si è appreso, lei voleva interrompere la relazione ma aveva accettato di ospitarlo in casa ad Albignano, un paesino alle porte di Truccazzano nel Milanese, per via delle norme relative all’emergenza Coronavirus.”

20 aprile 2020: 22enne accoltella la compagna dopo una lite in casa

Tragedia sfiorata, nella notte in una villetta multifamiliare, in via degli Olmi a Lanuvio (Roma), dove un ragazzo di 22 anni, incensurato, ha aggredito con un coltello da cucina, al termine di una discussione per futili motivi, la convivente 27enne, ferendola con diversi fendenti.

La ragazza è stata trasportata d’urgenza all’ospedale Castelli di Ariccia, dove è stata sottoposta ad un delicato intervento chirurgico. E’ in pericolo di vita.

Secondo quanto si apprende, il ragazzo da alcuni giorni era molto turbato per la perdita di un parente stretto.

20 aprile 2020: Porta neonata in ospedale: “Mia figlia piange sempre”. Scoperte costole rotte e contusioni

“I medici del “Goretti” di Latina, effettuate delle radiografie, hanno ben presto appurato che la piccola aveva una costola fratturata. Gli stessi medici hanno però notato che la bimba aveva anche i segni di una seconda costola rotta circa un mese prima, frattura che si era intanto saldata. Sul corpo della bambina sono state infine viste delle contusioni e i segni di un morso.

I genitori della bambina, una giovane coppia che ha anche un’altra figlia, sono ben inseriti nel paese. Un nucleo familiare insospettabile. Particolari che rendono ancor più complesso il lavoro degli investigatori, impegnati a far luce su cosa sia accaduto alla bimba.”

Allora, stando a quel che leggo non abbiamo imparato, sulla vita, proprio un fico secco. Le donne muoiono per motivi passionali, gli uomini accoltellano perché sono in lutto e la bimba dev’essersi rotta le costole da sola, perché i genitori sono gente per bene, “insospettabili”.

Conosco tra l’altro una ex bambina che ha avuto alla nascita lo stesso problema. Il parto era difficile (la piccola aveva il cordone ombelicale stretto attorno al collo e nacque morta) e per estrarla fu tirata con energia un po’ eccessiva, bastante a staccarle un braccio dalla clavicola. Ovviamente, una volta che l’ebbero rianimata, non riusciva a smettere di piangere. Per paura che i genitori se la prendessero con gli operatori sanitari, nessun controllo fu fatto per tre giorni di fila, mentre la neonata urlava a pieni polmoni.

Per fortuna un medico più corretto o solo più sensibile affrontò il problema e la bambina fu ingessata. Ero io. Se siete curiosi, il micro-gesso sta fra gli ex voto di Sant’Antonio a Padova, dove lo mise mia madre.

Assumersi le proprie responsabilità, riconoscere gli sbagli e attuare giustizia riparatrice, avversare la violenza in tutte le sue forme, realizzare l’eguaglianza di genere: ecco quanto ci renderebbe effettivamente migliori. Ma non sto vedendo nulla che vada in questo senso.

Maria G. Di Rienzo

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Joan

“Nel posto dove vivo, la mia cittadina aveva una disputa relativa al confine con il villaggio adiacente. La decisione su cui ci siamo accordati è che non abbiamo bisogno di marcare un confine e che ambo i villaggi possono usare quell’area senza tracciare una linea. E’ più importante che entrambe le comunità coesistano pacificamente piuttosto che avere un conflitto. In fin dei conti, è più importante la protezione dei nostri territori a livello più ampio. Sino a che viviamo in accordo ai valori dei Popoli Indigeni quali la solidarietà, la cooperazione e il sostegno del bene comune, essi diventano la cornice per risolvere le questioni di confine in maniera pacifica.

E’ tempo che il mondo ascolti i Popoli Indigeni perché abbiamo davvero molto da offrire. Abbiamo continuato a proteggere il nostro pianeta e abbiamo valori positivi nel modo in cui governiamo noi stessi; tali valori sono ciò di cui c’è bisogno a questo punto. Abbiamo necessità di sostenere l’interesse comune. Abbiamo necessità di trasparenza. E dobbiamo aver cura l’uno dell’altro, in special modo di coloro che sono in difficoltà. Dobbiamo avere relazioni di reciprocità con il nostro ambiente di modo da non distruggerlo, ciò è necessario per le generazioni future. Questi sono i valori universali che devono guidare la via per l’ottenimento dello sviluppo sostenibile.”

Joan Carling (in immagine), Kankanaey delle Filippine, ambientalista e attivista per i diritti umani, marzo 2020, trad. Maria G. Di Rienzo.

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betty

“La paura è contagiosa, ma così lo è il coraggio.” E’ una delle frasi più celebri di Betty Williams, Premio Nobel per la Pace nel 1976 assieme a Mairead Maguire per lo straordinario lavoro delle due in contrasto alla violenza in Irlanda del Nord, il quale in una prima clamorosa mossa portò a marciare insieme decine – e poi centinaia – di migliaia di donne protestanti e cattoliche. Betty è morta a Belfast, all’età di 76 anni, il 18 marzo scorso.

Di ciò che Betty ha continuato a creare per la pace, nei trent’anni successivi al Nobel, restano “Peace People”, un’organizzazione dedicata alla diffusione della nonviolenza, i “World Centers of Compassion for Children International” (centri per la protezione dei diritti dei bambini fondati nel 1997 con il Dalai Lama) e le innumerevoli iniziative che ha portato avanti in tutto il mondo, Italia compresa.

Sulla sua storia, che comincia come testimone della morte di tre bambini (Mairead Maguire era la loro zia), esiste un bel documentario del 2018: “Betty Williams: Contagious Courage”. E’ il racconto della “rivoluzione quieta” con cui due donne comuni scossero il loro paese e il mondo intero.

Saluto Betty Williams in ritardo, ma con profondo rispetto e infinita gratitudine: ci ha mostrato, una volta di più, che ognuna/o di noi può fare la differenza.

Maria G. Di Rienzo

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8 febbraio 2020: Bologna, violentata a 14 anni dal ragazzo conosciuto in chat. La ragazzina è stata ricoverata al Sant’Orsola.

“La ragazzina avrebbe raccontato di aver conosciuto il ragazzo più grande, già maggiorenne, su un social network. Tra una chiacchiera e l’altra, i like, il commento alla foto con il cuoricino, tra i due sarebbe nata quella che lei aveva considerato una tenera amicizia. E così aveva acconsentito a incontrare il giovane, per un appuntamento. Pensava si sarebbero baciati, era pronta. Ma non voleva andare avanti. E quando lui l’ha spinta in un angolo appartato, andando ben oltre le parole dolci, lei ha provato a ribellarsi. Ma la paura era troppa. E ha subìto.”

9 febbraio 2020: Salerno, 14enne umiliata e costretta a ferirsi, l’ex 21enne a processo per stalking.

“Stando alle indagini dell’organo inquirente, il ragazzo avrebbe molestato la sua fidanzata, di 14 anni, dunque anche minorenne, in modo da cagionarle un perdurante stato di ansia e di paura, oltre a farle temere per la propria incolumità. Uno schema classico, configurato in un’accusa di stalking, ma con condotta perdurante, che sarebbe sfociato anche in atti di autolesionismo della vittima, incapace di reagire ai modi di fare del fidanzato. (…) In qualche occasione, sarebbe arrivato anche a picchiarla, non solo in luoghi pubblici, ma anche alla presenza di altre persone. Il reato di stalking si sarebbe però consumato anche attraverso i social, con numerosi messaggi inviati utilizzando WhatsApp o Facebook. Offese e insulti ingiustificati, al punto da esercitare però sulla stessa un’attività di controllo e di forte condizionamento psicologico.”

Lasciamo pur perdere la prosa involuta (soprattutto del secondo brano) e il biasimo rivolto alle vittime per non essere riuscite a proteggere se stesse (dal tono compassionevole nel caso bolognese e più netto – “incapace di reagire” – nel caso salernitano). Se due episodi di questa portata raggiungono la cronaca in due giorni, quanto in realtà è diffusa in Italia la violenza di genere nelle relazioni fra adolescenti e giovani?

Tenete conto che l’età si aggiunge ai consueti ostacoli posti davanti a una donna investita dalla violenza per farla stare zitta (lo hai provocato, non sei credibile, ci stavi, cosa ci facevi là, ecc.), perché un’adolescente può non sapere bene a chi rivolgersi o temere che i suoi genitori scoprano la faccenda più di quanto tema il dover continuare a soffrire. Inoltre, molte aree della sua vita sono largamente al di fuori del suo controllo: dove vive e dove va a scuola, a che attività extrascolastiche partecipa, la sua mobilità. Se incontra tutti i giorni il suo tormentatore in classe o sull’autobus che ve la conduce, non è che smettere di studiare sia una soluzione e però la situazione non le offre modi di “reagire”.

girl alone

Uno studio universitario del 2019 (pubblicato da JAMA Pediatr., a cura di Avanti Adhia, Mary A. Kernic, David Hemenway ed altri) definì la violenza nelle relazioni giovanili, per la sua portata, “un’istanza di salute pubblica che dovrebbe esser presa sul serio”. Pur facendo riferimento al territorio statunitense, le conclusioni dei ricercatori sugli effetti che esse hanno sulle singole persone sono ampiamente generalizzabili: gli abusi possono sfociare in ansia, depressione, uso di stupefacenti, disturbi alimentari, autolesionismo, desiderio di morire o suicidi veri e propri. In più, “Queste relazioni gettano le basi per le relazioni future” (Avanti Adhia).

E’ vero che non sappiamo come andasse alle persone menzionate nel trafiletto sottostante quando erano adolescenti, ma esso esemplifica bene il “futuro”:

9 Febbraio 2020: Itri, botte alla moglie, uomo arrestato dai carabinieri.

“A causa di una lite per futili motivi stava aggredendo e minacciando di morte la donna, tanto che le urla provenienti dalla casa hanno indotto i vicini a chiedere l’intervento dell’Arma.”

Noi possiamo inventarci “codici” legislativi di ogni colore disponibile sullo spettro – e questo NON CAMBIA. Non cambia perché la società italiana nel suo complesso la violenza di genere la vede ma non vuole analizzarla, non vuole prendersene responsabilità e reagisce con fastidio a qualsiasi intervento che non comporti richieste di castrazione chimica (soprattutto per migranti) e di inasprimento delle pene: all’intervento televisivo in materia di Rula Jebreal è stato rimproverato di non aver avuto un “contraddittorio”, perché tutto è opinione e forse bisognava metterle accanto un epigono di Jack lo Squartatore che dicesse quant’è bello umiliare, pestare, violare e infine fare a pezzi degli esseri umani – le donne.

Non è che la violenza contro le donne sia un argomento come un altro – è piuttosto costantemente normalizzata, pervasiva nella vita quotidiana e talmente presente nei prodotti di intrattenimento da divenire semplice intrattenimento anch’essa.

In che modo pensiamo di sostenere lo sviluppo fra i giovani di relazioni rispettose e nonviolente – cosa che ha in effetti il potenziale di ridurre la violenza e di prevenire i suoi effetti a lungo termine sulle persone, sulle loro famiglie e sulle loro comunità di appartenenza – se gli adulti da cui questi giovani imparano continuano a muoversi fra i modelli “bella troia / brutta troia” e “stronzo è figo”, a volte sostenendo persino che la grezza imbecillità che santifica la violenza sia arte?

Maria G. Di Rienzo

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selma

“La nostra mobilitazione in Lussemburgo è necessaria: siamo fra le nazioni che emettono più CO2, il consumo di carne è molto alto e non stiamo facendo nulla per aumentare la consapevolezza sul cambiamento climatico. Ed è ridicolo che chiunque conosca almeno una persona che ha due o tre automobili. E’ importante sottolineare che non siamo “giovani che vogliono portare disturbo alla società”, vogliamo solo che le nostre voci siano ascoltate. Stiamo ponendo domande concrete. Ma sappiamo che è necessario perturbare la quotidianità delle persone di modo che esse non ci ignorino. L’emergenza climatica ci impone di agire ora. Vorremmo un nuovo patto politico verde, leggi più restrittive: pensiamo per esempio alla Banca di Investimento Europeo di Kirchberg, che sta ancora finanziando un buon numero di attività inquinanti. I nostri genitori? E’ vero che all’inizio erano un po’ preoccupati, ma abbiamo parlato con loro e capiscono che stiamo facendo questo per il nostro futuro.”

Selma Vincent (in immagine sopra), lussemburghese, liceale 16enne, attivista di “Youth For Climate Luxembourg”.

lussemburgo

Degno di nota il fatto che, prima delle manifestazioni, il gruppo organizza per le/i partecipanti seminari su nonviolenza e disobbedienza civile: quando scendono in piazza, queste ragazze e questi ragazzi sanno come attirare l’attenzione sul proprio messaggio, come muoversi in sicurezza, come dialogare con polizia e passanti, come affrontare situazioni di crisi, eccetera. Messaggio ai gruppi simili italiani: se non lo state già facendo imitateli – è sano, furbo e divertente.

Maria G. Di Rienzo

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lopez

La donna in immagine è Claudia López, la nuova sindaca di Bogotà (Colombia), durante la festa per il suo insediamento tenutasi il 1° gennaio scorso nel parco pubblico Simón Bolívar. Claudia, 49enne, ci è arrivata in bicicletta (casa sua è a sette chilometri di distanza), ha ricevuto la fascia cerimoniale che vedete da sua madre e si è scusata scherzosamente con la sua compagna, Angélica Lozano, perché l’elezione ha ridotto la loro luna di miele: le due donne si sono infatti sposate con rito civile il 17 dicembre 2019.

“Questa è la prima amministrazione guidata da una donna, ma non sarà l’ultima. – ha detto dal podio – Sarà aperta al pubblico e ascolterà, rappresentando le aspirazioni dei giovani, delle donne, dei movimenti della società civile, dei gruppi etnici, degli ambientalisti e dei movimenti per i diritti degli animali: di coloro, cioè, che sono spontaneamente scesi nelle strade al di là dei partiti e dei leader politici. Questa città ci sta parlando. Ogni strada, ogni piazza e ogni parco parlano, cantano, si muovono per le richieste di una città e di un paese che sognano.”

I sogni per cui Claudia ha ricevuto oltre un milione e centomila voti ed è diventata la prima sindaca apertamente lesbica in Colombia sono, fra gli altri, l’inclusione sociale, il rispetto delle diversità, istruzione pubblica di qualità e gratuita, tutela dell’ambiente e sviluppo sostenibile: compiere scelte ecologiche, per un’amministrazione pubblica, “non è fantascienza ne’ fisica nucleare”, ha ribadito nel suo discorso d’insediamento.

Claudia López è una stratega della nonviolenza: sa che per “vivere senza paura” è necessario “costruire empatia e fiducia”, imparare a “riconoscere quel che ci unisce, valutare e rispettare le differenze negli altri”. Perciò, ha coinvolto il suo principale avversario politico Carlos Fernando Galán nel piano per la ristrutturazione dei trasporti pubblici, chiedendo ai partiti della sua coalizione di votarlo quale direttore del progetto – e così è stato.

“Sarò schietta: dobbiamo muoverci in avanti invece di ritirarci ed è quello che faremo.”, ha detto anche la sindaca. Il mio sogno per muoverci in avanti è poter votare in Italia una donna che le somigli.

Maria G. Di Rienzo

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“Ciò che è certo è che le sardine si sono riunite per combattere tutte le forme di comunicazione politica aggressive, che strizzano l’occhio alla violenza, verbale o fisica, online o offline”. Così ha ribadito alla stampa Mattia Santori e questa è invero la “cifra” primaria che ha portato in piazza quell’Italia, di cui faccio parte, che non si riconosce nella narrazione a senso unico propinata alla nazione per anni da il 99% dei media.

Anni in cui dalle televisioni colavano (e continuano a colare) interviste fiume senza contraddittorio, in pratica comizi, colme di falsità e incitamenti all’odio e clamorose stupidaggini. Anni di aggressioni online e offline (e anche queste continuano), dalle campagne sul web fatte a colpi di insulti e diffamazioni alle loro concretizzazioni fisiche quando i figuri analfabeti della politica sono andati al governo: gli assalti ai giornalisti e ai magistrati, gli abusi di potere contro il dissenso di semplici cittadini, la crudeltà dei “porti chiusi” sono cose di appena qualche mese fa.

Quel che le sardine originarie si sono chieste, se fossimo davvero così soli e così pochi a provare rigetto e disagio e dolore, ha trovato risposta. Tutto qui. Ma, da destra a sinistra, dai filosofi agli opinionisti ai giornalisti ai rappresentanti di partito, gli osservatori non riescono a darsene pace.

La prima ondata di pistolotti aveva questo tormentone sullo sfondo: chi sta dietro a queste piazze piene? Mentre i loro autori si arrampicavano sugli specchi per disegnare il complotto, il loro stordimento era perfettamente percepibile: da dove saltano fuori italiani e italiane che chiedono il rispetto e la realizzazione della Costituzione e che dichiarano di non amare la violenza, quando gliela propiniamo 24 ore su 24 come panacea universale? Chiunque possa o non possa aver offerto il suo sostegno, il dato confortante è questo: non si è riusciti ad addormentare e ad avvelenare tutto il Paese.

La seconda ha ossessivamente chiesto ai manifestanti di risolvere ogni problema nazionale, dall’Ilva alla manutenzione stradale di Roma, omettendo scientemente che ciascuno di loro sta pagando dei rappresentanti a ogni livello amministrativo per fare tale lavoro.

La terza è divisa in due opposti schieramenti che di comune hanno una fretta dannata:

1) i favorevoli chiedono di capitalizzare immediatamente i numeri delle piazze in partiti o liste civiche, condendo i complimenti con velate minacce di disastri futuri: “E se per una manciata di voti dovessero prevalere proprio quelle forze che mai canteranno “Bella ciao” e che detestano la Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza antifascista (altro che realizzarla), la necessità della pazienza potrebbe davvero lenire anche un poco il rimorso di non aver trovato il coraggio di correre il rischio, certamente grandissimo, di un impegno elettorale?” Personalmente, non posso provare rimorso per le scelte altrui e non mi sento obbligata a fondare partiti: la società civile fa politica a livello non istituzionale ed è perciò che si chiama così.

2) i contrari stanno freneticamente costruendo “fake news” (finte piazze in cui si canta “odio la lega” o immerse nei rifiuti dopo le manifestazioni) e dipingendo i dimostranti come “bulli etici” che demonizzano l’avversario. In più, ci vogliono vendere Salvini e Meloni (e Di Maio) come rappresentanti dei ceti medio-bassi: “Come è possibile che la gente beneducata, colta, civile, preoccupata delle sorti dei deboli, scenda in piazza per squalificare i leader di quei medesimi deboli?” Io appartengo alla categoria definita economicamente debole, ma ciò non mi rende in automatico un’ignorante intrisa di razzismo, sessismo e omofobia: i leader di cui l’opinionista parla non mi assomigliano ne’ mi rappresentano – a maggior differenza, non maneggio soldi ambigui o proprio sporchi e sono incensurata.

Dal 14 dicembre è uscito questo elenco:

“Pretendiamo che chi è stato eletto vada nelle sedi istituzionali a fare politica invece che fare campagna elettorale permanente.

Pretendiamo che chiunque ricopra la carica di ministro comunichi solamente su canali istituzionali.

Pretendiamo trasparenza nell’uso che la politica fa dei social network.

Pretendiamo che il mondo dell’informazione protegga, difenda e si avvicini il più possibile alla verità.

Pretendiamo che la violenza, in ogni sua forma, venga esclusa dai toni e dai contenuti della politica.

Chiediamo alla politica di rivedere il concetto di sicurezza, e per questo di abrogare i decreti sicurezza attualmente vigenti. C’è bisogno di leggi che non mettano al centro la paura, ma il desiderio di costruire una società inclusiva, che vedano la diversità come ricchezza e non come minaccia.

Le sardine nelle istituzioni ci credono, e si augurano che con il loro contributo di cittadini la politica possa migliorarsi.”

Fin qui sottoscrivo e nuoto. Non ho bisogno di altro.

Maria G. Di Rienzo

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“La paura è il sentiero verso il lato oscuro.

La paura conduce alla rabbia.

La rabbia conduce all’odio.

L’odio conduce alla sofferenza.” – Yoda

baby yoda

(bimbo Yoda dalla serie televisiva “The Mandalorian”, ambientata nell’universo di Star Wars. Da noi uscirà nel marzo 2020.)

May the force – of nonviolence – be with us.

Possa la forza – della nonviolenza – essere con noi.

Maria G. Di Rienzo

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ocean swarm

Il Manifesto delle sardine, 21 novembre 2019:

Cari populisti, lo avete capito. La festa è finita.

Per troppo tempo avete tirato la corda dei nostri sentimenti. L’avete tesa troppo, e si è spezzata. Per anni avete rovesciato bugie e odio su noi e i nostri concittadini: avete unito verità e menzogne, rappresentando il loro mondo nel modo che più vi faceva comodo. Avete approfittato della nostra buona fede, delle nostre paure e difficoltà per rapire la nostra attenzione. Avete scelto di affogare i vostri contenuti politici sotto un oceano di comunicazione vuota. Di quei contenuti non è rimasto più nulla.

Per troppo tempo vi abbiamo lasciato fare.

Per troppo tempo avete ridicolizzato argomenti serissimi per proteggervi buttando tutto in caciara.

Per troppo tempo avete spinto i vostri più fedeli seguaci a insultare e distruggere la vita delle persone sulla rete.

Per troppo tempo vi abbiamo lasciato campo libero, perché eravamo stupiti, storditi, inorriditi da quanto in basso poteste arrivare.

Adesso ci avete risvegliato. E siete gli unici a dover avere paura. Siamo scesi in una piazza, ci siamo guardati negli occhi, ci siamo contati. E’ stata energia pura. Lo sapete cosa abbiamo capito? Che basta guardarsi attorno per scoprire che siamo tanti, e molto più forti di voi.

Siamo un popolo di persone normali, di tutte le età: amiamo le nostre case e le nostre famiglie, cerchiamo di impegnarci nel nostro lavoro, nel volontariato, nello sport, nel tempo libero. Mettiamo passione nell’aiutare gli altri, quando e come possiamo. Amiamo le cose divertenti, la bellezza, la non violenza (verbale e fisica), la creatività, l’ascolto.

Crediamo ancora nella politica e nei politici con la P maiuscola. In quelli che pur sbagliando ci provano, che pensano al proprio interesse personale solo dopo aver pensato a quello di tutti gli altri. Sono rimasti in pochi, ma ci sono. E torneremo a dargli coraggio, dicendogli grazie.

Non c’è niente da cui ci dovete liberare, siamo noi che dobbiamo liberarci della vostra onnipresenza opprimente, a partire dalla rete. E lo stiamo già facendo. Perché grazie ai nostri padri e nonni avete il diritto di parola, ma non avete il diritto di avere qualcuno che vi stia ad ascoltare.

Siamo già centinaia di migliaia, e siamo pronti a dirvi basta. Lo faremo nelle nostre case, nelle nostre piazze, e sui social network. Condivideremo questo messaggio fino a farvi venire il mal di mare. Perché siamo le persone che si sacrificheranno per convincere i nostri vicini, i parenti, gli amici, i conoscenti che per troppo tempo gli avete mentito. E state certi che li convinceremo.

Vi siete spinti troppo lontani dalle vostre acque torbide e dal vostro porto sicuro. Noi siamo le sardine, e adesso ci troverete ovunque. Benvenuti in mare aperto.

E’ chiaro che il pensiero da fastidio, anche se chi pensa è muto come un pesce. Anzi, è un pesce. E come pesce è difficile da bloccare, perché lo protegge il mare. Com’è profondo il mare”.

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Dunque, ma i dottamente dubitanti, i fieramente dissenzienti e i professionisti dei distinguo che si agitano sotto i miei articoli (non qui, ovviamente) cosa sanno della nonviolenza – e di me? Della prima temo poco, di me niente del tutto.

Credete sul serio che quando vado nelle scuole (e sono ormai vent’anni che ci vado) io mi sieda in cattedra a far lezione su Gandhi e Capitini e Barbara Deming per mostrare al “pubblico” quanto sono colta? In teoria potrei, ma purtroppo per voi il mio scopo non è quello.

Naturalmente padri e madri della nonviolenza li nomino in una breve introduzione iniziale, dando informazioni utili all’approfondimento per chi lo desidera, ma quel che insegno – e quel che imparo di nuovo ogni volta, prestando attenzione a ogni singola persona presente e interagendo con ciascuna di esse – concerne teoria del potere, cambiamento di paradigmi nella visione della violenza, conflitto e metodi risolutivi dello stesso, comunicazione, riconoscimento e decostruzione degli stereotipi di genere, come formare e mantenere in funzione gruppi, organizzazione dell’azione nonviolenta, eccetera, eccetera, eccetera.

Lo faccio fisicamente assieme ai ragazzi e alle ragazze, in simulazioni e esercizi e discussioni e creazione di cartelloni e mandala e chi più ne ha più ne metta, sdraiata per terra a disegnare o a mostrare come proteggersi, sottobraccio a loro quando formiamo linee, abbracciata a loro quando la commozione mi scuote e li scuote (alcune attività sono più tecniche, altre profondamente emotive).

Il mio scopo non è essere riconosciuta come maestra, ma come compagna che parla al loro cuore, alla loro anima se preferite – e sino ad ora, in ogni singolo seminario, con adulti o adolescenti: non ho mai fallito. Voi potete dire altrettanto? Maria G. Di Rienzo

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