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Posts Tagged ‘sogni’

Parable of the Sower

“La società generalmente vede la fantascienza come un genere per il tempo libero. La leggi perché hai tempo, non perché vuoi imparare qualcosa. Tuttavia, questo non potrebbe essere più lontano dalla verità.

Alcune delle nostre migliori pensatrici, e certamente le migliori a esprimere speranze globali, sono scrittrici di fantascienza. N.K. Jemisin ci ha dato semi-dee nere che, nonostante i loro poteri, ancora soffrono per mano di società oppressive. Octavia Butler ci ha dato mutatrici di forma, viaggiatrici temporali e pellegrine che hanno dovuto reagire e sopravvivere sotto il patriarcato e il razzismo.

Dobbiamo cambiare. Ognuno di noi ha bisogno di più coraggio. Il testo informativo è importante, ma quello emotivo è cruciale.

Mentre lottiamo per il mondo dei nostri sogni, dovremmo leggere le opere di coloro che l’hanno già creato.”

Tratto da: “If You Really Want to Unlearn Racism, Read Black Sci-Fi Authors”, di Cree Myles, 22 giugno 2020. Trad. Maria G. Di Rienzo.

afrofuturism

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Asilo

(“Asylum”, di Hala Alyan, poeta contemporanea palestinese-americana e psicologa clinica. Trad. Maria G. Di Rienzo.)

asylum seekers

Dissero di bruciare le chiavi

ma solo i nostri capelli presero fuoco.

Camminammo verso i confini

con fotografie e lettere:

qui è dove la morte è diventata

la loro morte, qui è dove

hanno accoltellato i bambini.

I giudici ci chiamano dentro

in base alle nostre città. Jericho. Latakia. Haditha.

Giuriamo su un dio che non abbiamo mai incontrato, di amare

i laghi, le calotte di ghiaccio,

una gelata dietro l’altra,

ma di notte nei nostri sogni

la biblioteca è bruciata,

le pere erano ancora fresche in dispensa.

Abbiamo atteso che il nostro villaggio alluvionato

fosse prosciugato, che i ponti di pietra fossero ricostruiti.

Abbiamo mangiato le chiavi di casa col sale.

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gollum berlino

“Il mio tesoro!”

(Murale di Eme Freethinker, Mauerpark, Berlino. Particolare di un’immagine di John MacDougall.)

In tempo di pandemia, anche Gollum sta ripensando le priorità della sua vita: voglio dire, provate a usare un anello al posto della carta igienica… disastro.

E allora, non fatelo.

Non inseguite modelli irraggiungibili, non distruggetevi per rispondere alle aspettative altrui, smettete di recitare il personaggio “appropriato” e vivete la vostra vita come volete, come ciò che siete.

La vostra felicità non dipende dall’approvazione di una giuria sociale, familiare, lavorativa, scolastica. Se vi concentrate sui “risultati” da ottenere nell’attenervi alle prescrizioni, la vostra felicità sarà sempre distante di un podio e l’ansia vi impedirà sia di godere dei singoli momenti di gioia sia di perseguire i vostri sogni.

Le vostre fondamenta e il vostro motore sono le persone che amate e che vi amano. Abbiatene cura. Davanti al pericolo, al bisogno, alla sofferenza tutto quel che avrete di prezioso per restare a galla e ripartire saranno le vostre relazioni.

Maria G. Di Rienzo

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paper dreams

La questione “accesso all’editoria” – difficoltà, respingimenti, negazioni – è una costante dei miei dialoghi virtuali con altre persone (amiche e amici, conoscenti, sconosciute/i).

https://lunanuvola.wordpress.com/2019/08/06/che-mi-dici-dei-libri/

Di recente ha preso la sfumatura “editoria femminile / femminista” e ovviamente si tratta di una coloritura che mi piace.

La mia visione iniziale, che non la prevedeva a priori e riguardava i generi più penalizzati, sf e fantasy, era questa:

– creazione di una cooperativa composta unicamente da autori e autrici (per la struttura mi rifacevo a predecessori come la Cooperativa del libro popolare, poi Universale Economica);

– l'”unicamente” riguarda il desiderio di non aver a che fare con critici da strapazzo, tuttologi amici degli amici e perditempo vari: l’editing, se necessario, diventerebbe responsabilità condivisa fra i soci della Cooperativa;

– ritenevo invece indispensabile far salire sulla barca artisti, illustratori e grafici che condividono le nostre passioni;

– immaginavo un luogo in cui tutti fossero editori, direttori editoriali, consulenti editoriali (lettori specializzati), correttori di bozze e mettessero a disposizione le proprie conoscenze e il proprio tempo, liberamente, gli uni per gli altri;

– ipotizzavo una raccolta fondi su più livelli e l’individuazione di una sede legale e di una stamperia: quest’ultima è un punto importante per me, perché l’idea di una casa editrice solo digitale non mi convince e non voglio rinunciare alla “macchina per lettura” più efficiente che esista, il libro di carta. Non ha bisogno di pile o batterie o reset, non lo devi caricare, si attiva non appena apri la copertina e te lo porti dietro dappertutto in borse non specializzate. (I maniaci come me lo annusano persino e vi assicuro che l’odore di un tablet non è paragonabile…);

– poi veniva la parte tecnica per la costituzione di una casa editrice: l’iscrizione al registro delle imprese presso la Camera di Commercio e l’acquisizione di codice fiscale e partita IVA presso l’Agenzia delle Entrate.

Quanto di tutto ciò può entrare nella fondazione di una casa editrice femminile / femminista come ognuna di voi la immagina? Quanto il mio sogno di carta collima con i vostri? Sono le domande che pongo alle amiche / conoscenti / sconosciute di cui sopra.

Maria G. Di Rienzo

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(“Mother says there are locked rooms inside all women”, poesia e prosa di Nebila Abdulmelik – in immagine – trad. Maria G. Di Rienzo. Nebila, etiope, si definisce una “cantastorie femminista che usa creatività e arte per parlare di pace, affrontare diseguaglianza e oppressione, archiviare le storie del vivere quotidiano a beneficio delle generazioni a venire”. Oltre a essere scrittrice, poeta, editrice e fotografa, Nebila è assai nota ed efficace come attivista: solo per fare un esempio, la sua campagna #JusticeForLiz, relativa all’ottenere giustizia per una donna vittima di stupro, raggiunse quasi 2 milioni di firme.)

nebila

Ero solita pensare fosse l’oscurità

a darti gli incubi

Solo ora arrivo a capire

come le luci che inondano la tua esistenza

sembrino perseguitarti

Non appena arrivano

tu cerchi i punti che la luce non raggiunge

per poterci strisciare dentro, coperta dal calore e dal rifugio del buio

Nel mentre quasi tutti bramano movimento e suono,

tu sei saziata dal vuoto e dalla pienezza dei silenzi

Da sola, negozi fra le differenti donne che ti compongono

Indisturbata,

filtri l’orchestra di pensieri

in mutevoli ottave

permettendo a ciascuna di esse di cantare la propria canzone

*****

Mia madre dice che ci sono stanze chiuse all’interno di tutte le donne. Che le donne diverse che le abitano sono le sole a poter schiudere quelle porte. Tu devi essere paziente. Devi sederti con ognuna di esse, una alla volta. Parlare le loro lingue. Ascoltare le loro storie. Intrecciare i loro capelli. Percepire il loro tipo di pelle – ruvida, liscia, grezza. Fasciare le loro ferite. Ridere con loro. Capire le loro lacrime. Massaggiare i loro piedi. Conversare con loro. Dar loro riconoscimento. Essere presente per le loro paure. Essere presente per loro. Stare con loro.

Mia madre dice che alcune le evochi tu e altre evocano te. Che una porta con sé la propria rabbia, un’altra il delirio. Che non devi mai ignorare la più silenziosa, quella che non bussa mai. Lei è la più potente. Devi cercarla, persuaderla a uscire dalla stanza con gentilezza.

Mia madre dice che non devi pensare a come soddisfare quella che bussa sino a che le sanguinano le nocche e le mani le dolgono. Lei non è una di cui dovresti preoccuparti perché indossa tutte le proprie emozioni e tu saprai subito se ci sono guai in arrivo.

Una ha buttato giù la porta l’altro giorno – mamma dice che è perché era soffocata dalla propria angoscia – e si è succhiata via tutta l’aria nella stanza, lasciandola annaspare in cerca d’aria che non poteva fabbricare. Lei è quella a cui non sottoponi problemi. Lei li nutrirà sino a farli crescere come erbacce, senza lasciare spazio alcuno alla bellezza. O al respiro.

Ognuna ha il suo posto e il suo scopo. Tutte creano te. Senza di esse, saresti vuota. Un guscio. Loro ti danno colore, carattere, stile. Persino quella furibonda ti dà acume. Lascia che siano.

Mia madre dice che è solo quando ti danno le chiavi, solo allora sarai in grado di aprire tutte le porte e fare pace, di riunirle insieme così che possano cantare i loro sogni e narrare i loro ricordi l’una all’altra. E a te.

Solo allora, quando le loro sofferenze saranno intessute nelle storie che raccontano, i sogni che osano e i segreti che sussurrano saranno liberati e libereranno il tuo respiro.

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lopez

La donna in immagine è Claudia López, la nuova sindaca di Bogotà (Colombia), durante la festa per il suo insediamento tenutasi il 1° gennaio scorso nel parco pubblico Simón Bolívar. Claudia, 49enne, ci è arrivata in bicicletta (casa sua è a sette chilometri di distanza), ha ricevuto la fascia cerimoniale che vedete da sua madre e si è scusata scherzosamente con la sua compagna, Angélica Lozano, perché l’elezione ha ridotto la loro luna di miele: le due donne si sono infatti sposate con rito civile il 17 dicembre 2019.

“Questa è la prima amministrazione guidata da una donna, ma non sarà l’ultima. – ha detto dal podio – Sarà aperta al pubblico e ascolterà, rappresentando le aspirazioni dei giovani, delle donne, dei movimenti della società civile, dei gruppi etnici, degli ambientalisti e dei movimenti per i diritti degli animali: di coloro, cioè, che sono spontaneamente scesi nelle strade al di là dei partiti e dei leader politici. Questa città ci sta parlando. Ogni strada, ogni piazza e ogni parco parlano, cantano, si muovono per le richieste di una città e di un paese che sognano.”

I sogni per cui Claudia ha ricevuto oltre un milione e centomila voti ed è diventata la prima sindaca apertamente lesbica in Colombia sono, fra gli altri, l’inclusione sociale, il rispetto delle diversità, istruzione pubblica di qualità e gratuita, tutela dell’ambiente e sviluppo sostenibile: compiere scelte ecologiche, per un’amministrazione pubblica, “non è fantascienza ne’ fisica nucleare”, ha ribadito nel suo discorso d’insediamento.

Claudia López è una stratega della nonviolenza: sa che per “vivere senza paura” è necessario “costruire empatia e fiducia”, imparare a “riconoscere quel che ci unisce, valutare e rispettare le differenze negli altri”. Perciò, ha coinvolto il suo principale avversario politico Carlos Fernando Galán nel piano per la ristrutturazione dei trasporti pubblici, chiedendo ai partiti della sua coalizione di votarlo quale direttore del progetto – e così è stato.

“Sarò schietta: dobbiamo muoverci in avanti invece di ritirarci ed è quello che faremo.”, ha detto anche la sindaca. Il mio sogno per muoverci in avanti è poter votare in Italia una donna che le somigli.

Maria G. Di Rienzo

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(“Kopis’taya (A Gathering of Spirits)”, di Paula Gunn Allen (1939-2008), poeta, scrittrice, attivista lgbt, madre, nativa americana. Trad. Maria G. Di Rienzo.)

stacy rees

Kopis’taya (Un Raduno di Spiriti)

Poiché viviamo nella stagione che imbrunisce

l’aria pesante blocca il nostro respiro,

e in questo tempo in cui vivere

è solo sopravvivenza, noi dubitiamo delle voci

che giungono ombreggiate nell’aere,

che tessono dentro i nostri cervelli

certi pensieri, un movimento che è soffice,

impercettibile, una pioggia di crepuscolo,

la caduta di una piuma delicata, un piccolo corpo che si cala

nella sua prossimità, frusciando, mormorando, sistemandosi

all’interno per la notte.

Poiché viviamo nella stagione spigolosa

ove plastica sgretolata e splendente brilla,

e in questo spazio che è messo all’angolo e piegato

noi non notiamo il bagnato, l’umido, le importanti

gocce che cadono in sfere perfette e che sono delle misure

delle nostre menti;

quasi del tutto invisibili, quelle lacrime,

soffici come rugiada, fragili, che si aggrappano alle foglie,

a petali, a radici, gentili e fidate,

ogni mattina.

Noi siamo le donne della luce diurna, di orologi

e fonderie d’acciaio, di droghieri

e lampioni, di super autostrade

che tagliano in due i nostri giorni. Avvolte

in plastica e acciaio percorriamo le nostre vite;

dietro occhiali scuri nascondiamo i nostri occhi;

i nostri pensieri, schermati, sembrano oscuri.

Fumo riempie le nostre menti, il whiskey ombreggia le nostre canzoni,

il poliestere divide i nostri corpi dal nostro respiro,

i nostri piedi dall’accogliere le pietre della Terra.

I nostri sogni sono sbiadite memorie di se stessi

e il dubbio assillante è la falsa misura

dei nostri giorni.

Anche così, le voci degli spiriti stanno cantando,

i loro pensieri stanno danzando nell’aria sporca.

I loro piedi toccano il cemento, l’asfalto

deliziandosi, ancora tessono sogni sopra i nostri

crani oscurati, se riuscissimo ad ascoltare.

Se riuscissimo a sentire.

Andiamo, allora. Troviamoli.

Ascoltiamo l’acqua, le precise

luccicanti gocce che brillano sulle foglie,

sui fiori. Cavalchiamo

la mezzanotte, l’alba appena iniziata.

Sentiamo il vento farsi strada fra i nostri capelli.

Danziamo la danza delle piume,

la danza degli uccelli.

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mari e il robot

Se avete quindici minuti di tempo e vi fidate delle mie recensioni, potreste trascorrerli guardando questo breve film d’animazione del 2017, “Green Light” – “Luce Verde”.

https://www.youtube.com/watch?v=UT-mA673hLs

La squadra che l’ha creato è sudcoreana, però non vi servirà sapere altre lingue per vederlo (i dialoghi fra i due protagonisti principali, in immagine, sono comprensibili ma non vocalizzati; se siete curiosi delle sole due parole in coreano che si sentono nel filmato, la prima è “questo” e la seconda è “Yu-na”, un nome proprio).

Il regista Kim Seong-min racconta la sua storia così: “Luce Verde parla di una ragazzina e di un robot soldato che si trovano nella peggior situazione possibile causata dall’uso improprio di tecnologia scientifica altamente sviluppata. Ho tentato di mostrare il legame fra Mari, che tenta di costruire un futuro migliore senza abbandonare la speranza in una situazione tragica dove tutto è stato distrutto, e un automa che comincia una nuova vita grazie a lei, e come entrambi creino un nuovo mondo.”

In un quarto d’ora di tenerezza e magnificenza tecnica “Green Light” vi dirà che comunicare con chi è diverso da noi è sempre possibile e spegne la violenza. Vi dirà persino che anche quando scomparite i vostri sogni non devono necessariamente andare in frantumi.

Uno dei commenti più comuni al video è: “Sono un uomo adulto e sto piangendo”. Anche la scrivente vecchietta si è trovata una lacrima sulla guancia.

Maria G. Di Rienzo

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Ola

La giovane donna in immagine è Ola Ince, la brillante regista di teatro di cui si discute di più in questo momento in Gran Bretagna. Ola ha trent’anni, si è diplomata con lode nel 2010 alla scuola di recitazione Rose Bruford College, ha diretto una serie impressionante di opere e collezionato una cascata di premi. Una delle sue particolarità è il modo di affrontare i pregiudizi razziali e di genere senza paura e fuori da ogni stereotipo.

La passione per il teatro, dice la regista, è nata essenzialmente come passione per la narrazione: “Con mio papà guardavo i film, mia madre mi leggeva libri: il teatro era troppo costoso, così riuscivo ad andarci qualcosa come una volta l’anno. – ha raccontato alla BBC – Il teatro stimola conversazioni importanti; è ovvio che puoi andarci solo per l’intrattenimento, ma io penso sia davvero importante tentare di cambiare il mondo. Se aiuto qualcuno a vedere il mondo in modo differente o rendo più facile affrontare determinati argomenti, penso che ciò sia splendido.”

Farsi strada nel mondo del teatro, per Ola, non è stato semplice: “Non ho un retroscena accademico, non parlo latino e non suono il pianoforte ad alto livello, così ho preso altre strade. Sono fiera di essere riuscita a trasformare una forma di espressione in un lavoro che amo.”, ne’ – ve lo aspettavate, suppongo – ha ricevuto grandi incoraggiamenti: “Quando sei una giovane artista ti dicono spesso: E’ bello che tu voglia fare la regista, ma pensaci perché sarai povera e infelice per sempre. Mentre le persone che ti sono care faranno mutui per la casa e metteranno al mondo bambini, tu sarai solo un’artista indigente. E invece quest’anno (Ndt.: 2019) ho imparato che puoi avere entrambe le cose. Qualcosa su cui ho lavorato davvero a lungo mi sta pagando le bollette e mi permette di viaggiare per il mondo. E’ bello che io non debba più soffrire per l’arte, ma che essa mi stia in effetti aiutando.”

Maria G. Di Rienzo

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bridget everett performance

Di Bridget Everett, attrice di cabaret e non solo (in immagine qui sopra), vi avevo già parlato:

https://lunanuvola.wordpress.com/2017/04/04/bridget-e-poppy/

Il 1° agosto, partecipando per la prima volta al talk show di Jimmy Fallon, ha parlato della sua carriera e del motto della sua vita: “I sogni non hanno data di scadenza”.

L’intervista a Bridget è qui:

https://www.youtube.com/watch?v=K8Ab-PuF1DY

Ma quel che dovete assolutamente vedere di essa parte dal minuto 5.35 circa. Su richiesta del conduttore – “Ogni bella serata inizia con il karaoke e finisce con il karaoke” – Bridget interpreta un pezzo del brano di Janis Joplin “Piece of My Heart”. La sua voce e la sua attitudine sono semplicemente fantastiche.

Questa è la traduzione del brano:

Tu sei in giro per le strade e sembri stare benone

E piccolo, nel profondo del tuo cuore credo tu sappia che non è giusto

Mai, mai, mai mi senti quando piango la notte

E piccolo, piango tutto il tempo

Ma ogni volta in cui dico a me stessa che non posso sopportare il dolore

quando mi prendi fra le braccia io te lo canterò di nuovo

Dirò avanti, avanti, avanti, prendilo

Prendi un altro pezzo del mio cuore ora, piccolo

Oh, oh, spezzalo

Spezza un altro frammento del mio cuore ora, caro, sì

Oh, oh, prendi un altro pezzetto del mio cuore ora, piccolo

Sai che lo avrai, bambino, se ti fa sentire bene

Nell’originale la voce di Janis ha un tale rabbioso, doloroso orgoglio – Ti mostrerò quanto dura può essere una donna, dice un altro dei versi da indurmi in gioventù a cantare questo brano migliaia di volte e persino per strada, in bici o a piedi (ok, è vero, facevo spesso anche “Summertime”). Ehi, ragazze e donne là fuori, femmine di qualsiasi età, di qualsiasi aspetto, di qualsiasi colore e provenienza ecc. ecc.: i vostri sogni non hanno data di scadenza. E nemmeno una taglia specifica. A proposito, Bridget, dannazione: voglio anch’io quel vestito!

Maria G. Di Rienzo

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