Feeds:
Articoli
Commenti

Posts Tagged ‘misoginia’

Nel mentre:

* Dall’11 al 17 aprile 2021 si svolgeranno ovunque incontri, manifestazioni, conferenze, azioni dirette nonviolente nell’ambito della International Anti-Street Harassment Week – Settimana internazionale contro le molestie in strada (è l’undicesimo anno che ciò accade);

Home

* Francia, Perù e Filippine hanno leggi apposite che puniscono le molestie in strada;

* Le donne denunciano tali comportamenti da due secoli e ovunque vi siano strade (in riferimento a leggi che normano una condotta civile nei confronti di estranei negli spazi pubblici);

* Sono disponibili studi, ricerche, sondaggi e raccolte di testimonianze che ribadiscono senza possibilità di errore quali siano gli effetti delle molestie sulle vittime: in brevis a livello fisico nausea, difficoltà di respirazione, vertigini, tensione muscolare, sudorazione, tachicardia – a livello emotivo fastidio, rabbia, paura, vergogna;

* Sono disponibili statistiche agghiaccianti sul numero di donne che subiscono molestie in strada in tutto il mondo (più dell’80%) e sui vari tipi di escalation degli assalti;

* Il femminismo si occupa della questione, ritenendola un’espressione della violenza patriarcale, da sempre;

* La sottoscritta ha prodotto articoli e traduzioni in merito per dieci anni di fila (vi butto quattro link a caso, l’intera lista è molto lunga):

… e in questi giorni, giacché una giovane celebre si è lamentata (giustamente) in Italia c’è il “dibattito”: mmmh… ma sono molestie o complimenti?

Chiediamolo agli esperti come “Er Faina”. Il nome già dice tutto.

Rispondiamo alle intelligenti domande de “Il Corriere della Sera”: “Avete mai avuto paura?”. Ma no, certo, nessuno ci ha mai messo in guardia su come vestire, dove andare, eccetera eccetera e poi se ti riducono a un colabrodo mentre fai jogging ti arriva :”Eeeeh… mica si può andare a correre da sole, se si è femmine”. Questo cos’è se non addestramento al terrore?

Meditiamo sui pistolotti di Feltri (figlio) che ci ammonisce: se ci opponiamo a questo stato di cose, all’essere considerate proprietà pubblica e non esseri umani, e chiediamo che la legge ci tuteli lui sente puzza di attitudine “sbirresca” e desiderio di punire i comportamenti che non ci piacciono – cioè, mia cara, la libertà di un uomo di farti sentire una merda per strada deve avere tutela superiore rispetto alla tua libertà di andare per quella stessa strada senza essere valutata, giudicata, palpata, insultata a voce alta e magari aggredita a scopo stupro.

Partecipanti al “dibattito”, rileggete i pochi paragrafi marcati da asterisco che ho scritto sopra: dove diamine siete stati/e sino ad ora???

Maria G. Di Rienzo

Read Full Post »

Francamente non mi chiedo perché Giovanni Gozzini, docente universitario a Siena, si sia sentito legittimato a usare per Giorgia Meloni il linguaggio spregiativo che investe le donne – di ogni età, censo, tipologia ecc. – ogni giorno e in qualsiasi circostanza. (Per un attimo, mi sono invece domandata come stanno le sue allieve.)

La prassi delegittimante rivolta alle donne, per cui se devi contestarne l’operato attacchi le persone su base sessuale, è talmente “comune” che probabilmente gli salta in bocca senza che neppure debba pensarci su. E sono pronta a scommettere che se i suoi insulti sono stati indirizzati in passato a una donna comune (non famosa), le rimostranze abbiano ricevuto al posto della “solidarietà bipartisan” la consueta manfrina “era uno scherzo – fatevi una risata – sei una femminazista priva di senso dell’umorismo”… Scommetto pure sul fatto che la maggioranza degli sdegnati pubblici attuali è composta da ipocriti che almeno una volta hanno detto/scritto proprio quanto sopra, ma lasciamo pur andare.

Quel che mi ha lasciato davvero perplessa è l’entusiastico bailamme scatenatosi attorno alle dichiarazioni del compagno di Meloni, definito ripetutamente “giornalista di Tgcom24” (per cui si suppone conosca l’italiano), che contengono questa frase: “(…) io spiegherò a mia figlia quanto sua madre sia valorosa e meritevole di ciò che ha fatto nella sua vita.”

Non esaminerò qui il valoroso operato pubblico, giacché non lo giudico tale, ma “meritevole di ciò che ha fatto” non ha senso ed è scorretto. Forse il giornalista Andrea Giambruno voleva dire “meritoria per ciò che ha fatto nella sua vita”. Forse potrebbe fare un altro mestiere. E, fatta salva la condanna per l’episodio di cui è stata involontaria protagonista, forse potrebbe cambiare professione anche Giorgia Meloni: nessuno dei due brilla.

Maria G. Di Rienzo

Read Full Post »

Dall’inizio del 2021, in Italia c’è stato un femminicidio ogni 5 giorni (3 sono stati perpetrati nelle 24 ore tra il 6 e il 7 febbraio). In questi giorni, sulla stampa:

“Il procuratore aggiunto di Palermo Laura Vaccaro (…) torna a lanciare un appello a tutte le donne: “Non abbiate paura di denunciare – dice – C’è sempre qualcuno disposto ad ascoltarvi. C’è soprattutto una rete di accoglienza per tutelare voi e i vostri figli“. “

“Soltanto due settimane fa Repubblica ha aperto l’Osservatorio Femminicidi e ci troviamo già qui a contare altre donne morte. (…) E quante volte dobbiamo registrare il dolore di parenti e amici che raccontano di segnali non colti. Non c’è più tempo però, non c’è per aspettare redenzioni, non c’è per dare seconde possibilità che spesso sono quarte o quinte. Denunciare, rivolgersi ai centri antiviolenza. Dare alle donne la certezza di essere ascoltate, e aiutate.” Oriana Liso

” (…) un mese fa aveva chiamato la polizia, ma poi non aveva voluto presentare denuncia contro il compagno violento.” (riferito a Piera Napoli, 32 anni, assassinata dal partner)

“Ventinovenne uccisa a coltellate nel Salento, fermato per omicidio il suo ex: era in fuga. In passato aveva già minacciato la vittima di femminicidio: “Una tragedia annunciata“. “

Il quadro postula come al solito due assunti falsi: primo, che la responsabilità di fermare la violenza ricada sulle vittime di quest’ultima; secondo, che esista una diffusa solidarietà nei confronti delle vittime stesse.

L’afflato verso le donne investite dalla violenza assume le seguenti forme se muoiono:

– Era una ragazza semplice e solare.

– Era una donna piena di vita.

– Inspiegabile e assurda tragedia.

– Perché nel 2021 ci sono ancora queste persone per cui le donne non sono niente?

– Dobbiamo fermare tutto questo! Basta violenza sulle donne.

(Più i consueti svarioni pseudo-lirici fatti di stelle, angeli, coretti e applausi.)

Per contro, se restano vive dopo l’assalto, lo stupro o anni di pestaggi, il loro comportamento è sottoposto al più severo degli esami non solo dagli stessi che cianciano a vanvera con le frasi di cui sopra, ma da poliziotti, medici, avvocati e giudici… i quali costituiscono la parte istituzionale della succitata “rete di accoglienza” che dovrebbe “tutelarle”: gli opinionisti da strapazzo, i commentatori seriali sui social media, la grande bagarre misogina dei media tutti fanno il resto.

I parametri dello scandaglio sono la fiera patriarcale dello stereotipo di genere: era bella, non era bella (solo le belle sono degne di violenza sessuale); era brava, non era brava (quelle brave sospettano di tutti, non vanno a feste, non escono da sole, denunciano – ma anche NON sospettano, per non offendere l’uomo di turno, vanno alle feste perché il suddetto deve mostrarle agli amici come trofei, escono da sole per andare ad incontrarlo, NON denunciano perché non sono certo schifose femministe…); eccetera eccetera. Non si tratta come vedete di punire l’autore delle violenze, ma di capire grazie a quale provocazione della vittima costui – stressato, abbandonato, colto da raptus, avvilito, depresso, geloso – sia stato costretto ad agirle.

In ambo i casi, non appare mai uno straccio di analisi su cosa effettivamente crei un clima adatto alla sopraffazione e all’omicidio. E quindi, giusto: Perché nel 2021 ci sono ancora queste persone per cui le donne non sono niente?

Mah. Forse perché avete passato l’estate del 2020 a discutere della modella di Gucci e di Santa Chiara Influencer? No, non sto scherzando. E naturalmente non si tratta solo dell’estate scorsa, perché sul culo di questa e le tette di quell’altra e sulle montagne di sterco relative a trucchi – acconciature – abiti – accessori – diete – fitness che dovrebbero dar forma alla “bambola scopabile” si blatera da anni ed anni.

L’oggettivazione ossessiva, coatta, asfissiante che investe le italiane di qualsiasi età 24 ore su 24 e che neppure la morte ferma (Era così bbbeeellla…) è l’ingrediente principale della violenza di genere: a una persona si deve, in linea di principio, rispetto – a del materiale da scopare no.

Questa narrazione a senso unico, vischiosa, mai messa davvero in discussione, si è insediata come una melassa a presa rapida in cervelli di ogni genere, origine e latitudine, vedasi le fotografe che mettono in posa giovani donne nude per i calendari o producono immagini di bambine in atteggiamenti da Lolite per vendere automobili e di fronte a un minimo di reazione civile strillano: “Io sono femminista!”… che è l’equivalente di “Non sono razzista, conosco tanti immigrati”, “Non sono omofobo, ho un sacco di amici gay” e via dicendo. Ma quando io contesto una tua azione, sorella, non ti sto in alcun modo etichettando e definendo: sto dicendo che quel che hai fatto (non quel che sei) porta acqua al mulino avverso alle donne. Tutto qua, non c’è bisogno di utilizzare ad minchiam il termine “femminista”, perché è evidente che se lo usi come scudo per pararti il didietro tu non sai cosa significa.

All’oggetto-femmina, il cui dovere dalla culla alla tomba è essere bbbeeella per soddisfare sguardo e interno mutanda maschili, non è riconosciuto spessore umano, dignità, legittimazione. Perciò i sedicenti giornalisti (e le sedicenti giornaliste, certo) che in Italia scrivono di violenza di genere non solo non hanno alcuna preparazione al proposito ma ritagliano la storia in modo adeguato affinché risponda ai loro pregiudizi e al sessismo che respirano quotidianamente quanto ogni altro/a.

Solo per fare un esempio, questa notizia l’ho letta due giorni fa:

“Getta in mare la ex, poi la risarcisce: condanna lieve, soltanto sei anni”.

Il (dei tenetemi le mani) professionista della carta stampata ci spiega perché:

“(il perpetratore del tentato omicidio) ha chiesto scusa, ha lanciato segnali di pentimento e ha risarcito la sua ex. Ha staccato un assegno, oltre a scrivere lettere nelle quali ha provato a rivisitare il recente vissuto, fino a quell’ultimo – drammatico – momento di coppia: lei che sta sul muretto, lui che la spinge; lei che cade in acque (sic), a mare, lui che scappa. Lei che rischia di morire e che viene salvata (…).

Sono tutti “momenti di coppia”, quindi: il primo bacio, la prima sberla, la richiesta di assomigliare a una diva all’esterno e a una pornostar a letto, il selfie dopo il pestaggio, il lancio in mare… Io credo che l’autore neppure si sia reso conto di quanto questo tipo di narrazione normalizzi e scusi la violenza contro le donne: lui ne scrive MA NON NE SA UNA BEATA MAZZA. I suoi capi non gli hanno offerto formazione, per due semplici motivi: 1) a loro non interessa fare giornalismo, ma click-bait; 2) ne sanno meno di lui.

In compenso, la reiterazione dell’oggettivazione femminile mascherata da reverente ossequio alla “bellezza” e le interminabili manfrine su stereotipi di genere prescrittivi (le donne sono così, gli uomini sono cosà, senza spazio ne’ per le differenze ne’ per l’individualità), i quali hanno l’unica funzione di presentare come naturale, santa e giusta la subordinazione delle donne, hanno formato generazioni di giovani stronzi – oltre a fornire ossigeno agli stronzi più anziani – che si beano della propria ignoranza, della propria crudeltà e del sessismo più becero a disposizione sul mercato.

Tre esempi dalla cronaca di gennaio/febbraio, il primo della lista ha 19 anni.

Gettata a diciassette anni in un burrone. Il fidanzato: “Roberta si è data fuoco da sola”

– “Il giudice per le indagini preliminari: “Quantomeno a livello gravemente indiziario può ritenersi in questa fase cautelare che Morreale Pietro, mosso da una fortissima gelosia e da un sentimento morboso maturato nei confronti di Roberta (Siragusa), la abbia uccisa (…) dopo aver comunque tentato un approccio sessuale e poi le abbia dato fuoco abbandonandola nella scarpata”.”

– “A Caccamo, raccontano che Morreale era sempre parecchio geloso nei confronti della fidanzata: “La scorsa estate era arrivato anche alle mani – sussurra un’amica della vittima – avevo visto Roberta con un occhio nero. I litigi erano proseguiti, poi di recente sembrava essere tornato il sereno”. Fino a sabato sera, quando sarebbe avvenuta un’altra scenata nel corso della festa a casa di amici.”

– “Risultati dell’autopsia: “Roberta stordita e poi bruciata dal suo assassino”. Secondo una ricostruzione emersa dai lavori dei periti la giovane sarebbe stata colpita, stordita e poi data alla fiamme, forse mentre era ancora viva.

Il secondo ne ha 24.

Rapper 1727 wrldstar arrestato, botte alla compagna con un bastone di ferro

– “Ha ferito gravemente la sua compagna con una mazza di ferro, al culmine di una lite. Per questo è stato arrestato con accuse di maltrattamenti, lesioni e droga Algero Corretini, 24 anni, che sul web è conosciuto anche come ‘1727wrldstar’ (…)”

– “(i carabinieri) hanno ricostruito una prolungata storia di maltrattamenti culminata nella mattinata di sabato in una violenta aggressione.”

Il terzo ne ha 17.

Revenge porn tra minori, la vittima ha solo 13 anni.

“Aveva solo 13 anni quando inviò al suo fidanzatino delle foto che la ritraevano senza veli. Lui, un 17enne, prima ha custodito gelosamente quegli scatti sul suo telefono poi, quando lei lo ha lasciato, li ha inoltrati sulle chat di tutti i loro amici svergognando pubblicamente la ragazzina che, presa dal panico, non voleva nemmeno più andare a scuola. Quella vendetta a luci rosse si è protratta per ben tre mesi poiché anche dopo la denuncia sporta dai genitori della 13enne, il ragazzo ha continuato a diffondere quelle immagini.”

Poi abbiamo il maestro (si fa per dire) Alberto Genovese, anni 43, esperto di festini a base di stupefacenti, serie di foto allucinanti in cui mima incontenibili entusiasmi con la bocca spalancata e bottiglie al vento. Due delle giovani donne che lo hanno denunciato per stupro hanno riportato oltre alle sue violenze i convincimenti da cui esse si originano:

“Mi diceva che la donna non deve andare all’università e non deve lavorare.”

“Faceva certi discorsi, che la donna è stupida e anche se è intelligente non si deve applicare e non deve lavorare. Mi diceva: ‘Tu a 24 anni ti trovi uno che ti mantiene, a 27 fai una famiglia, così hai il futuro garantito, perché una donna a 27 anni è da buttare.’ “

Genovese si è avvalso della facoltà di non rispondere alle domande del giudice per le indagini preliminari, ma ha avuto la faccia tosta di chiedergli di andare ai domiciliari a casa della madre e della compagna, aggiungendo che spera in una pena “rieducativa” che gli consenta di “guarire”: “Voglio disintossicarmi, da 4 anni sono tossicodipendente. Quando mi drogo perdo il controllo e non riconosco il confine tra legale e illegale.”

Perché è tutto lì, il problema. Ci sono ancora legislazioni, al mondo, che normano quanto si può picchiare una donna e in che circostanze sia ammesso violentarla, ma da noi comandano le femministe…

E le donne continuano a soffrire e a morire sia che denuncino sia che non denuncino, sia che rifiutino di aderire al modello imposto sia che lo accettino:

“La Procura di Milano ha chiuso le indagini, in vista della richiesta di processo, a carico di Mattia Colli, medico chirurgo del ‘Centro di chirurgia plastica ed estetica MC’ in centro a Milano, accusato di omicidio colposo per la morte di una donna di 36 anni deceduta in un hospice nel Bresciano l’11 aprile 2018 per complicanze seguite ad una grave infezione dopo un intervento di liposuzione a cui si era sottoposta il 5 luglio 2017.”

Se dopo i 27 anni una donna dovrebbe essere conferita in discarica, figuratevi a 36. Per questo gli utilizzatori, i fini conoscitori e gourmet di femmine producono notizie simili:

Bambina di 18 mesi morta nel Comasco, non è stato un incidente: arrestato il compagno della madre.

“Gli esiti della consulenza medico legale, rende noto la Procura di Como, inducono gli inquirenti a ritenere che la piccola sia stata picchiata non solo il giorno del suo decesso, (…) ma pure in altre circostanze, quando – sempre secondo gli accertamenti – la piccola sarebbe stata anche violentata.”

Era bella, suppongo.

Maria G. Di Rienzo

Read Full Post »

“Quali sono i vostri sogni per il 2021? Sogni personali, intimi, dedicati agli amici, alla famiglia. Ma anche sogni per il futuro dell’Italia o del mondo.”

Di seguito la mia risposta a “La Repubblica”, che in questi giorni chiede il contributo di cui sopra per la sua iniziativa “L’anno che verrà”:

Terrò per me i sogni personali, ma vi confido volentieri uno degli altri: l’avvento di un giornalismo degno del proprio nome, professionale, intelligente, che smetta di disprezzare, ignorare o odiare le donne.

Il che significherebbe, anche per voi, smettere di produrre articoli che:

– glorificano e scusano la violenza in tutte le sue forme (particolarmente quella contro le donne);

– sono scritti da analfabeti;

– non hanno alcun senso perché la “notizia” non esiste (forse Tizia ha lasciato Caio, sembra che Sempronia si sia rifatta il naso… e chi se ne importa);

– chiunque sia la donna di cui trattano cominciano con una dettagliata disamina (o la incorporano) della sua tipologia fisica, abbigliamento, accessori e trucco: della scollatura di Marie Curie o del taglio di capelli di Samantha Cristoforetti non solo non ce ne importa niente, ci irrita che non sappiate riconoscerle come donne senza farne dei manichini;

– rilanciano senza controllo qualsiasi idiozia relativa al peso corporeo: il giornalismo dovrebbe verificare prima di urlare alle epidemie o proporre diete o elencare cause/rimedi per ciò – il grasso corporeo – che NON è una malattia (sono in grado di produrre vent’anni di letteratura scientifica al proposito, ma avete raccomandato “poche righe”). Inoltre, domanda retorica, perché secondo voi la modella statunitense è curvy e la ragazza che si getta sotto il treno – grazie al bullismo diretto al suo corpo – aveva problemi di obesità?

– sono inseriti in “rubriche donna”, come per esempio i vostri di oggi:

Trucco: dal rosso al blu Kandinsky su occhi e labbra. Come ricostituenti per l’umore

Moda – Gli abiti per le festività che indosserai di nuovo nel 2021

L’incipit dice già in che settore stanno: Trucco, Moda. Non DONNA. Io sono tale e come una miriade di mie simili non mi trucco e la moda non mi interessa. E’ inutile che speriate di essere i paladini del “futuro delle ragazze” (Stem ecc.) quando quel che proponete loro è la visione trucco – moda – attenta alla panza – perché lui ti ha lasciato – come essere più affascinante ecc. ecc.

Se, scusate la volgarità, il loro scopo ultimo in questa esistenza è far avere erezioni all’altra metà del genere umano, studiare servirà a poco. A meno di non andare a scuola da quelle che voi chiamate “influencer digitali” (leggi modelle/pubblicitarie online) e impegnarsi davvero davvero ad avere un trucco perfetto… Il brano che segue è tratto da un articolo che ho scritto io il 19 febbraio dell’anno scorso (non entro nei dettagli dell’antefatto, che comprendono bambine ricoverate per tumori, giacché siamo andati già molto oltre le poche righe prescritte), ma fa riferimento a come voi date le notizie:

“Repubblica specifica che lo stage (sic) grazie a cui si imparerebbe a “bucare il video, la rete e un po’ tutte le situazioni social” è cosa di gran valore: “Giusto per dare un’unità di misura a Milano è stato registrato il sold out, con biglietti da 650 euro a testa e una coda di migliaia di persone per soli 500 posti a sedere.” Capite, per le povere bimbe malate la “influencer” lo avrebbe fatto gratis, è così commovente che sto quasi per piangere, però 650 euro x 500 individui disposti a sborsarli fa 325.000 euro: una cifra spropositata per una sorta di “formazione” agli stereotipi di genere… e il fazzoletto mi torna automaticamente in tasca.”

E la chiudiamo qua. Saluti, Maria G. Di Rienzo

Read Full Post »

(tratto da: “It is ‘all men’, to varying degrees: men’s violence against women is a systemic crisis”, di Brad Chilcott, nuovo direttore esecutivo di “White Ribbon”, per The Guardian, 7 luglio 2020. Trad. e adattamento Maria G. Di Rienzo. Il “Nastro Bianco” cominciò come campagna contro la violenza di genere nel 1991, invitando gli uomini a prendere pubblicamente posizione. Oggi è un’associazione che lavora con individui e gruppi in tutto il mondo per prevenire la violenza contro le donne e ispirare cambiamento, con lo scopo di “creare un mondo equo e sicuro e una nuova visione della mascolinità”.)

White Ribbon

La diseguaglianza di genere è violenza strutturale. Crea lo spazio per atti di violenza di genere normalizzando la mancanza di rispetto nel mentre socializza l’idea che un genere ha più valore o è più capace di un altro.

La violenza di genere comincia con l’idea che tu sia titolato all’obbedienza, al sesso, all’autorità o a una differente serie di libertà perché sei un uomo; che hai l’intrinseco diritto di trattare qualcun altro in un modo in cui tu non vuoi essere trattato.

Ci è stato insegnato – sia sottilmente sia apertamente – che a causa del nostro genere meritiamo un tipo speciale di rispetto. Siamo stati cresciuti con determinate aspettative sul potere maschile e istruiti per avere controllo sulle nostre case, compagne, figli, comunità di fede, club sportivi e luoghi di lavoro. Istruiti a credere che gli uomini hanno diritto di decidere cosa accade ai corpi delle donne.

Molti di noi sono stati modellati in prospettiva su questo ruolo e abbiamo di certo visto la violenza – che fosse fisica, manipolazione emotiva, sfruttamento sessuale o abuso spirituale – che gli uomini hanno usato per dominare, controllare e ferire le donne. Abbiamo visto uomini che volevano disperatamente attaccarsi al loro potere nel mentre diventavano insicuri in una società che cambia.

Potremmo dire che non tutta la misoginia conduce alla violenza, ma tutta la violenza comincia con la misoginia.

Read Full Post »

Il 30 giugno scorso è uscito il rapporto distintivo del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, “State of World Population 2020”: dà conto delle centinaia di migliaia di bambine e ragazze al mondo che sono sistematicamente danneggiate a livello fisico e psicologico con la piena consapevolezza e il pieno consenso delle loro famiglie e comunità.

Fatma Mamoud Salama Raslan

(illustrazione di Fatma Mahmoud Salama Raslan, contenuta nel rapporto)

“Contro la mia volontà – Sfidare le pratiche che feriscono donne e bambine e minano l’eguaglianza” identifica 19 “pratiche” – dall’appiattimento dei seni con i ferri da stiro ai test di verginità – che sono mere violazioni di diritti umani, ma si concentra in particolare su tre casi persistenti e diffusi nonostante la condanna nei loro confronti sia in pratica universale: le mutilazioni genitali femminili (mgf), i matrimoni di bambine e la preferenza per il figlio maschio.

Duecento milioni di donne viventi hanno subito mutilazioni genitali, 650 milioni sono state date in spose da bambine, 140 milioni mancano invece all’appello a causa degli aborti selettivi o di abbandono / omicidio subito dopo la nascita.

L’orrore nel dettaglio potete scandagliarlo in inglese, spagnolo, francese, arabo e russo qui: https://www.unfpa.org/swop

La causa che sta alla radice di tutto questo, scrivono al Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, è la diseguaglianza di genere: “Le pratiche dannose perpetuano il dominio degli uomini sulle donne, dei maschi sulle femmine. Il loro fulcro è assegnare minor valore a donne e bambine. Non solo rinforzano la subordinazione femminile, sono veri e propri attrezzi per il controllo della sessualità e della fertilità delle donne.

Decenni di trattati e altri accordi hanno inequivocabilmente definito tali pratiche violazioni dei diritti umani e i governi, le comunità e gli individui hanno il dovere di mettervi fine. L’approvazione di leggi è importante, ma è solo il punto d’inizio. Devono essere fatti sforzi per cambiare la mentalità. I programmi per il cambiamento delle norme sociali sono efficaci nello sradicare le pratiche dannose, ma non devono concentrarsi in modo ristretto solo su di esse. Dovrebbero affrontare istanze più vaste, inclusa la posizione subordinata di donne e bambine, i loro diritti umani e i modi per portare più in alto il loro stato e il loro accesso alle opportunità.”

Lei NON è

un prodotto da commerciare

un oggetto del desiderio

un fardello di cui liberarsi –

E’ UNA BAMBINA

recita uno degli slogan all’interno del rapporto.

Maria G. Di Rienzo

Read Full Post »

(tratto: “Arthur Conan Doyle Estate Sues Netflix’s ‘Enola Holmes’ For Depicting Sherlock As… A Feminist?”, di Aliza Pelto per Bust Magazine, luglio 2020, trad. e adattamento Maria G. Di Rienzo.)

Il film “Enola Holmes”, in programma a settembre su Netflix, ha Millie Bobby Brown di “Stranger Things” come protagonista, nel ruolo della sorella minore di Sherlock e Mycroft Holmes. Basato sulla serie per giovani adulti del 2006 di Nancy Springer, segue l’adolescente Enola mentre indaga sul mistero della scomparsa della madre, rivelandosi a volte più arguta del suo talentuoso fratello detective.

enola book cover

La Conan Doyle Estate LTD, che sta facendo causa a Netflix, ai produttori statunitensi del film, a Nancy Springer, alla casa editrice Penguin Random House ed altri, sostiene che gli scritti di Springer, così come la rappresentazione che Henry Cavill dà del detective nel film summenzionato, vanno direttamente contro il personaggio dei romanzi originali. “Nel mentre Sherlock Holmes è famoso per i suoi grandi poteri di osservazione e logica – recita la denuncia – è almeno altrettanto famoso per essere distaccato e privo di emozioni.”

Le prime storie di Sherlock Holmes, scritte dalla fine del 1800 agli inizi del 1900, sono ora disponibili e di pubblico dominio, nel senso che chiunque può adattare le storie stesse come meglio crede. C’è stato, tuttavia, un certo numero di racconti scritti durante la prima guerra mondiale in cui il detective dalla famigerata freddezza si trasforma in una persona più dolce e comprensiva. Queste storie più tarde sono ancora protette dal diritto d’autore, il che ha consentito agli amministratori dell’eredità di Conan Doyle di fare causa contro “Enola Holmes”. Nella denuncia si legge: “I romanzi di Springer fanno un esteso illegale uso della trasformazione operata da Conan Doyle per cui Holmes da freddo e critico diventa rispettoso e gentile nelle sue relazioni. Springer mette Enola Holmes al centro dei racconti e mostra Sherlock Holmes che all’inizio la tratta con distacco, per poi risponderle con calore e gentilezza.”

Questa, tuttavia, non è la prima volta che la Conan Doyle LTD tenta di denunciare una scrittrice per aver violato il diritto d’autore. Nel 2014 tentarono e fallirono di impedire all’autrice Laurie R. King di scrivere storie sul personaggio di fantasia Mary Russell, una donna detective che è ispirata da interazioni e amicizia con Sherlock Holmes.

Durante gli anni, abbiamo avuto dozzine di libri e di adattamenti cinematografici e televisivi su Sherlock Holmes. Alcuni dei più memorabili sono la serie tv degli anni ’80 “Le avventure di Sherlock Holmes”, i due filmi del 2009 e del 2011 con protagonista Robert Downey Jr., la serie della CBS “Elementary” in cui Lucy Liu era Watson e, naturalmente, la serie tv BBC Masterpiece Theater, “Sherlock”. Se la serie del 1984 si atteneva al ritrarre Holmes come un investigatore freddo e privo di emozioni, è difficile discernere se lo stesso possa essere detto per gli adattamenti successivi della storia. A differenza della situazione attuale e del caso Laurie R. King del 2014, la Conan Doyle LTD non ha mai fatto causa alle produzioni sunnominate, nonostante esse si siano prese la loro bella fetta di libertà nell’adattare Holmes in un personaggio più piacevole e rispettoso.

Di base, quest’intera faccenda ci lascia a cercare di dedurre perché le uniche due volte in cui gli amministratori dell’eredità di Conan Doyle presentano denunce, esse coinvolgono donne che scrivono di donne detective e delle loro relazioni con Holmes. Elementare, cari miei. Elementare.

Read Full Post »

I can hear it

Posso sentirlo (lo sento)!

Il suono della… spazzatura misogina!

Deena Mohamed, artista egiziana, ha cominciato a disegnare fumetti a 18 anni creando sul web la supereroina Qahera dell’immagine (se ci aggiungete l’articolo determinativo il nome di Qahera diventa “Il Cairo”, dove Deena vive) che combattendo contro la misoginia e l’islamofobia si è guadagnata fama, seguaci e premi.

La disegnatrice adesso di anni ne ha 26 e sta lavorando alla innovativa, umoristica, profondamente emotiva e magica trilogia “Shubeik Lubeik”, anch’essa pluripremiata e pubblicata in arabo e inglese, il cui volume finale dovrebbe uscire nel 2021.

Shubeik Lubeik

Nell’Egitto di fantasia che essa ritrae i desideri sono letteralmente in vendita, giusto al chiosco all’angolo della strada, i più potenti e costosi in bottiglie e quelli per i poveracci in lattine. Stappando il contenitore, appare un genio fatto di caratteri di calligrafia araba che chiede: “Qual è il più grande desiderio del tuo cuore?”

La difficile domanda con cui si legano l’una all’altra storie e identità diverse che chiamano l’Egitto la propria casa.

Maria G. Di Rienzo

Read Full Post »

centro stupidi

La settimana scorsa… “ragazzi friulani, per festeggiare il compleanno di uno di loro, prenotano un tavolo alla discoteca Kursaal di Lignano Sabbiadoro, a nome “Centro Stupri”. I ragazzi posano sorridenti per dei selfie con la targhetta posta sul tavolo e indossando la t-shirt con la medesima scritta. Qualche giorno prima avevano indossato le magliette al ristorante Jonny Luanie di San Daniele. I video, le foto della serata e alcuni post pubblicati sui canali social dal gruppo, accompagnati da commenti scritti di loro pugno inneggianti allo stupro e di stampo razzista, hanno fatto il giro del web suscitando un’ondata di proteste e indignazione.”

Ieri… “Vengono da famiglie bene del Friuli i nove ragazzi coinvolti nella vicenda “Centro stupri”. Sono otto, per ora, quelli iscritti sul registro degli indagati, nell’ambito di un’inchiesta che, al momento, ipotizza per tutti, indistintamente, i reati di istigazione a delinquere e propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa. Ma che potrebbe presto evolvere, coinvolgendo un numero più ampio di persone e precisando ruoli e responsabilità. Intanto la vicenda ha già prodotto la chiusura per 15 giorni del Kursaal di Lignano Sabbiadoro e del Jonny Luanie di San Daniele del Friuli, chiusura decisa dal questore del capoluogo friulano Manuela de Bernardin.”

L’avvocato di cinque membri dell’allegro gruppo dice ai giornali che stiamo montando la panna (è una mia parafrasi) perché in realtà le magliette sono ispirate da un film: “senza tuttavia rivelarne il titolo”. E insomma, mica vorrete tutto e subito, puttane comuniste di merdano, qua io non c’entro, è il gruppetto ad avere queste opinioni, come ricorda la ventenne Eva Margherita Del Monaco: “Stranamente, alcuni di loro sono gli stessi che, circa un anno fa, mi hanno mandato dei video su Instagram dandomi della puttana comunista di merda (cito testuali parole)”.

Uno degli ideatori delle magliette, Alberto Dall’Ava, è in procinto di aprire un nuovo locale. Pare che il sindaco di Udine Fontanini (Lega) sia intenzionato a concedergli un immobile del Comune a fianco del municipio. Qualcuno si domanda “se l’assessora alle pari opportunità Asia Elisa Battaglia (Lega) si opporrà o proporrà di chiamare il luogo CENTRO STUPRI UDIN” (senza la “e” finale perché in dialetto per i leghisti suona meglio, la transizione al nazional-popul-sovranismo non l’hanno ancora digerita tutti).

Io invece vorrei chiedere ai genitori delle “famiglie bene” da cui i giovanotti provengono: Quando vi siete accorti che il vostro rampollo trovava la violenza divertente, cosa gli avete detto? Siete stati zitti, pensando che tanto la vostra classe sociale lo avrebbe protetto da qualsiasi conseguenza, se avesse deciso di mettere la violenza in atto? Lo stupro fa ridere anche voi?

E ai ragazzi dico questo: se vi eccitate solo con la violenza, è ora di vedere un sessuologo. Suvvia, voi ve lo potete permettere.

Maria G. Di Rienzo

Read Full Post »

creepy

Ieri è salito alla ribalta il titolo sul “dramma dei papà separati” con cui Il Mattino dava notizia dell’omicidio per strangolamento di due dodicenni da parte del proprio padre, poi suicidatosi (per inciso, l’uomo non era neppure ancora un “papà separato”: il procedimento legale per la separazione dalla moglie era appena iniziato). Sicuramente ne avete letto abbastanza, con questi tormentoni a fare di tutti gli articoli lo stesso articolo: “lui non aveva accettato la separazione ormai alle porte”, “non risultano tensioni precedenti nella coppia”, “una famiglia tranquilla e normale”, “chi avrebbe mai potuto pensare a una cosa del genere”, “tragedia” – e meglio ancora i carabinieri che cercano di capire “se la tragedia è stata programmata oppure no”.

E’ molto importante, pensano i sedicenti giornalisti italiani, presentare il tutto come un fulmine a ciel sereno (raptus), un’inspiegabile disgrazia che manda in pezzi uno scenario fiabesco: “Fino al giorno della tragedia, – scrive Repubblica – nella famiglia Bressi si ritraevano solo sorrisi. Come nelle tantissime foto che postava il padre con Elena e Diego in montagna, e poi al mare in Liguria, e ancora sui pattini a rotelle, come la mamma, istruttrice. Questa vacanza a Margno con i due figli Mario Bressi l’aveva voluta per cercare di trascorrere del tempo da solo con loro. Sapeva che la moglie voleva separarsi da lui.” Sapeva! Lo aveva scoperto chissà come – pensate forse che la moglie gliene abbia parlato? Certo che no, ha continuato a sorridere mentre complottava con l’avvocato! – e quest’evento inaspettato e sconvolgente e incredibile ha mandato in pezzi una vita fatta tutta di felici selfie su Facebook.

Perché vedete, chi ha scritto ‘sta manfrina pensa che gli assassini siano quelli che vede al cinema o su Netflix. Devono avere una storia morbosa e torbida alle spalle. I loro post sono pieni di oscuri simbolismi e citazioni religiose e gli eventuali sorrisi presenti sono ghigni agghiaccianti. Vestono di nero, con cappucci e cappelli tirati sugli occhi oppure indossano maschere horror o si truccano grottescamente da personaggi dei fumetti. Non basta loro uccidere: smembrano le vittime, le tatuano, gli infilano corna d’alce nel cranio, ne cucinano pezzi alla brace o in salmì.

Gli assassini virtuali sono iscritti così confortevolmente in un’alterità palese che quelli che ammazzano mogli, compagne, figlie e figli nella realtà non possono aver ucciso sul serio. Erano persone normali, tranquille, educate – sorridenti. Mario Bressi sui social sorrideva a tutto spiano, perdinci, quindi nel suo caso “cosa sia successo in questi ultimi giorni da solo con i figli in montagna resta un mistero”.

Il mistero è svelato sullo stesso quotidiano nel medesimo giorno (28 giugno 2020): “Tre i messaggi whatsapp che Mario Bressi, l’uomo che ha ucciso i suoi due gemelli di 12 anni nella loro casa di villeggiatura in Valsassina e poi si è tolto la vita, ha inviato tra le 2 e le 3 di ieri alla moglie, Daniela Fumagalli. L’ultimo dei messaggi, da quanto emerge dalle indagini, sarebbe in realtà una lunga lettera in cui l’uomo, 45 anni, lancia pesanti accuse alla moglie ritenendola colpevole di aver rovinato la loro famiglia, si dice in crisi e disperato, e lancia accuse pesanti: “E’ tutta colpa tua”.” Pare che rispetto ai figli le avesse anche comunicato “Non li rivedrai mai più”. Li amava tanto da strozzarli per vendicarsi della moglie “colpevole”.

Ora, vorrei solo dire agli autori degli articoli di guardare meno American Horror Story e di più la quotidianità, dove un gran numero di uomini con concezioni proprietarie e patriarcali della famiglia dicono cose orrende e sorridono, fanno cose abominevoli e sorridono, vanno sorridendo a votare i peggiori misogini sul mercato, si tolgono il cappello per salutare il vicino di casa – sorridendo – mentre nell’altra mano reggono la borsa in cui sta un martello, un’ascia, una pistola.

Norman Bates e Arthur Fleck mi fanno meno paura.

Maria G. Di Rienzo

Read Full Post »

Older Posts »