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Posts Tagged ‘patriarcato’

Nel mentre:

* Dall’11 al 17 aprile 2021 si svolgeranno ovunque incontri, manifestazioni, conferenze, azioni dirette nonviolente nell’ambito della International Anti-Street Harassment Week – Settimana internazionale contro le molestie in strada (è l’undicesimo anno che ciò accade);

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* Francia, Perù e Filippine hanno leggi apposite che puniscono le molestie in strada;

* Le donne denunciano tali comportamenti da due secoli e ovunque vi siano strade (in riferimento a leggi che normano una condotta civile nei confronti di estranei negli spazi pubblici);

* Sono disponibili studi, ricerche, sondaggi e raccolte di testimonianze che ribadiscono senza possibilità di errore quali siano gli effetti delle molestie sulle vittime: in brevis a livello fisico nausea, difficoltà di respirazione, vertigini, tensione muscolare, sudorazione, tachicardia – a livello emotivo fastidio, rabbia, paura, vergogna;

* Sono disponibili statistiche agghiaccianti sul numero di donne che subiscono molestie in strada in tutto il mondo (più dell’80%) e sui vari tipi di escalation degli assalti;

* Il femminismo si occupa della questione, ritenendola un’espressione della violenza patriarcale, da sempre;

* La sottoscritta ha prodotto articoli e traduzioni in merito per dieci anni di fila (vi butto quattro link a caso, l’intera lista è molto lunga):

… e in questi giorni, giacché una giovane celebre si è lamentata (giustamente) in Italia c’è il “dibattito”: mmmh… ma sono molestie o complimenti?

Chiediamolo agli esperti come “Er Faina”. Il nome già dice tutto.

Rispondiamo alle intelligenti domande de “Il Corriere della Sera”: “Avete mai avuto paura?”. Ma no, certo, nessuno ci ha mai messo in guardia su come vestire, dove andare, eccetera eccetera e poi se ti riducono a un colabrodo mentre fai jogging ti arriva :”Eeeeh… mica si può andare a correre da sole, se si è femmine”. Questo cos’è se non addestramento al terrore?

Meditiamo sui pistolotti di Feltri (figlio) che ci ammonisce: se ci opponiamo a questo stato di cose, all’essere considerate proprietà pubblica e non esseri umani, e chiediamo che la legge ci tuteli lui sente puzza di attitudine “sbirresca” e desiderio di punire i comportamenti che non ci piacciono – cioè, mia cara, la libertà di un uomo di farti sentire una merda per strada deve avere tutela superiore rispetto alla tua libertà di andare per quella stessa strada senza essere valutata, giudicata, palpata, insultata a voce alta e magari aggredita a scopo stupro.

Partecipanti al “dibattito”, rileggete i pochi paragrafi marcati da asterisco che ho scritto sopra: dove diamine siete stati/e sino ad ora???

Maria G. Di Rienzo

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Dall’inizio del 2021, in Italia c’è stato un femminicidio ogni 5 giorni (3 sono stati perpetrati nelle 24 ore tra il 6 e il 7 febbraio). In questi giorni, sulla stampa:

“Il procuratore aggiunto di Palermo Laura Vaccaro (…) torna a lanciare un appello a tutte le donne: “Non abbiate paura di denunciare – dice – C’è sempre qualcuno disposto ad ascoltarvi. C’è soprattutto una rete di accoglienza per tutelare voi e i vostri figli“. “

“Soltanto due settimane fa Repubblica ha aperto l’Osservatorio Femminicidi e ci troviamo già qui a contare altre donne morte. (…) E quante volte dobbiamo registrare il dolore di parenti e amici che raccontano di segnali non colti. Non c’è più tempo però, non c’è per aspettare redenzioni, non c’è per dare seconde possibilità che spesso sono quarte o quinte. Denunciare, rivolgersi ai centri antiviolenza. Dare alle donne la certezza di essere ascoltate, e aiutate.” Oriana Liso

” (…) un mese fa aveva chiamato la polizia, ma poi non aveva voluto presentare denuncia contro il compagno violento.” (riferito a Piera Napoli, 32 anni, assassinata dal partner)

“Ventinovenne uccisa a coltellate nel Salento, fermato per omicidio il suo ex: era in fuga. In passato aveva già minacciato la vittima di femminicidio: “Una tragedia annunciata“. “

Il quadro postula come al solito due assunti falsi: primo, che la responsabilità di fermare la violenza ricada sulle vittime di quest’ultima; secondo, che esista una diffusa solidarietà nei confronti delle vittime stesse.

L’afflato verso le donne investite dalla violenza assume le seguenti forme se muoiono:

– Era una ragazza semplice e solare.

– Era una donna piena di vita.

– Inspiegabile e assurda tragedia.

– Perché nel 2021 ci sono ancora queste persone per cui le donne non sono niente?

– Dobbiamo fermare tutto questo! Basta violenza sulle donne.

(Più i consueti svarioni pseudo-lirici fatti di stelle, angeli, coretti e applausi.)

Per contro, se restano vive dopo l’assalto, lo stupro o anni di pestaggi, il loro comportamento è sottoposto al più severo degli esami non solo dagli stessi che cianciano a vanvera con le frasi di cui sopra, ma da poliziotti, medici, avvocati e giudici… i quali costituiscono la parte istituzionale della succitata “rete di accoglienza” che dovrebbe “tutelarle”: gli opinionisti da strapazzo, i commentatori seriali sui social media, la grande bagarre misogina dei media tutti fanno il resto.

I parametri dello scandaglio sono la fiera patriarcale dello stereotipo di genere: era bella, non era bella (solo le belle sono degne di violenza sessuale); era brava, non era brava (quelle brave sospettano di tutti, non vanno a feste, non escono da sole, denunciano – ma anche NON sospettano, per non offendere l’uomo di turno, vanno alle feste perché il suddetto deve mostrarle agli amici come trofei, escono da sole per andare ad incontrarlo, NON denunciano perché non sono certo schifose femministe…); eccetera eccetera. Non si tratta come vedete di punire l’autore delle violenze, ma di capire grazie a quale provocazione della vittima costui – stressato, abbandonato, colto da raptus, avvilito, depresso, geloso – sia stato costretto ad agirle.

In ambo i casi, non appare mai uno straccio di analisi su cosa effettivamente crei un clima adatto alla sopraffazione e all’omicidio. E quindi, giusto: Perché nel 2021 ci sono ancora queste persone per cui le donne non sono niente?

Mah. Forse perché avete passato l’estate del 2020 a discutere della modella di Gucci e di Santa Chiara Influencer? No, non sto scherzando. E naturalmente non si tratta solo dell’estate scorsa, perché sul culo di questa e le tette di quell’altra e sulle montagne di sterco relative a trucchi – acconciature – abiti – accessori – diete – fitness che dovrebbero dar forma alla “bambola scopabile” si blatera da anni ed anni.

L’oggettivazione ossessiva, coatta, asfissiante che investe le italiane di qualsiasi età 24 ore su 24 e che neppure la morte ferma (Era così bbbeeellla…) è l’ingrediente principale della violenza di genere: a una persona si deve, in linea di principio, rispetto – a del materiale da scopare no.

Questa narrazione a senso unico, vischiosa, mai messa davvero in discussione, si è insediata come una melassa a presa rapida in cervelli di ogni genere, origine e latitudine, vedasi le fotografe che mettono in posa giovani donne nude per i calendari o producono immagini di bambine in atteggiamenti da Lolite per vendere automobili e di fronte a un minimo di reazione civile strillano: “Io sono femminista!”… che è l’equivalente di “Non sono razzista, conosco tanti immigrati”, “Non sono omofobo, ho un sacco di amici gay” e via dicendo. Ma quando io contesto una tua azione, sorella, non ti sto in alcun modo etichettando e definendo: sto dicendo che quel che hai fatto (non quel che sei) porta acqua al mulino avverso alle donne. Tutto qua, non c’è bisogno di utilizzare ad minchiam il termine “femminista”, perché è evidente che se lo usi come scudo per pararti il didietro tu non sai cosa significa.

All’oggetto-femmina, il cui dovere dalla culla alla tomba è essere bbbeeella per soddisfare sguardo e interno mutanda maschili, non è riconosciuto spessore umano, dignità, legittimazione. Perciò i sedicenti giornalisti (e le sedicenti giornaliste, certo) che in Italia scrivono di violenza di genere non solo non hanno alcuna preparazione al proposito ma ritagliano la storia in modo adeguato affinché risponda ai loro pregiudizi e al sessismo che respirano quotidianamente quanto ogni altro/a.

Solo per fare un esempio, questa notizia l’ho letta due giorni fa:

“Getta in mare la ex, poi la risarcisce: condanna lieve, soltanto sei anni”.

Il (dei tenetemi le mani) professionista della carta stampata ci spiega perché:

“(il perpetratore del tentato omicidio) ha chiesto scusa, ha lanciato segnali di pentimento e ha risarcito la sua ex. Ha staccato un assegno, oltre a scrivere lettere nelle quali ha provato a rivisitare il recente vissuto, fino a quell’ultimo – drammatico – momento di coppia: lei che sta sul muretto, lui che la spinge; lei che cade in acque (sic), a mare, lui che scappa. Lei che rischia di morire e che viene salvata (…).

Sono tutti “momenti di coppia”, quindi: il primo bacio, la prima sberla, la richiesta di assomigliare a una diva all’esterno e a una pornostar a letto, il selfie dopo il pestaggio, il lancio in mare… Io credo che l’autore neppure si sia reso conto di quanto questo tipo di narrazione normalizzi e scusi la violenza contro le donne: lui ne scrive MA NON NE SA UNA BEATA MAZZA. I suoi capi non gli hanno offerto formazione, per due semplici motivi: 1) a loro non interessa fare giornalismo, ma click-bait; 2) ne sanno meno di lui.

In compenso, la reiterazione dell’oggettivazione femminile mascherata da reverente ossequio alla “bellezza” e le interminabili manfrine su stereotipi di genere prescrittivi (le donne sono così, gli uomini sono cosà, senza spazio ne’ per le differenze ne’ per l’individualità), i quali hanno l’unica funzione di presentare come naturale, santa e giusta la subordinazione delle donne, hanno formato generazioni di giovani stronzi – oltre a fornire ossigeno agli stronzi più anziani – che si beano della propria ignoranza, della propria crudeltà e del sessismo più becero a disposizione sul mercato.

Tre esempi dalla cronaca di gennaio/febbraio, il primo della lista ha 19 anni.

Gettata a diciassette anni in un burrone. Il fidanzato: “Roberta si è data fuoco da sola”

– “Il giudice per le indagini preliminari: “Quantomeno a livello gravemente indiziario può ritenersi in questa fase cautelare che Morreale Pietro, mosso da una fortissima gelosia e da un sentimento morboso maturato nei confronti di Roberta (Siragusa), la abbia uccisa (…) dopo aver comunque tentato un approccio sessuale e poi le abbia dato fuoco abbandonandola nella scarpata”.”

– “A Caccamo, raccontano che Morreale era sempre parecchio geloso nei confronti della fidanzata: “La scorsa estate era arrivato anche alle mani – sussurra un’amica della vittima – avevo visto Roberta con un occhio nero. I litigi erano proseguiti, poi di recente sembrava essere tornato il sereno”. Fino a sabato sera, quando sarebbe avvenuta un’altra scenata nel corso della festa a casa di amici.”

– “Risultati dell’autopsia: “Roberta stordita e poi bruciata dal suo assassino”. Secondo una ricostruzione emersa dai lavori dei periti la giovane sarebbe stata colpita, stordita e poi data alla fiamme, forse mentre era ancora viva.

Il secondo ne ha 24.

Rapper 1727 wrldstar arrestato, botte alla compagna con un bastone di ferro

– “Ha ferito gravemente la sua compagna con una mazza di ferro, al culmine di una lite. Per questo è stato arrestato con accuse di maltrattamenti, lesioni e droga Algero Corretini, 24 anni, che sul web è conosciuto anche come ‘1727wrldstar’ (…)”

– “(i carabinieri) hanno ricostruito una prolungata storia di maltrattamenti culminata nella mattinata di sabato in una violenta aggressione.”

Il terzo ne ha 17.

Revenge porn tra minori, la vittima ha solo 13 anni.

“Aveva solo 13 anni quando inviò al suo fidanzatino delle foto che la ritraevano senza veli. Lui, un 17enne, prima ha custodito gelosamente quegli scatti sul suo telefono poi, quando lei lo ha lasciato, li ha inoltrati sulle chat di tutti i loro amici svergognando pubblicamente la ragazzina che, presa dal panico, non voleva nemmeno più andare a scuola. Quella vendetta a luci rosse si è protratta per ben tre mesi poiché anche dopo la denuncia sporta dai genitori della 13enne, il ragazzo ha continuato a diffondere quelle immagini.”

Poi abbiamo il maestro (si fa per dire) Alberto Genovese, anni 43, esperto di festini a base di stupefacenti, serie di foto allucinanti in cui mima incontenibili entusiasmi con la bocca spalancata e bottiglie al vento. Due delle giovani donne che lo hanno denunciato per stupro hanno riportato oltre alle sue violenze i convincimenti da cui esse si originano:

“Mi diceva che la donna non deve andare all’università e non deve lavorare.”

“Faceva certi discorsi, che la donna è stupida e anche se è intelligente non si deve applicare e non deve lavorare. Mi diceva: ‘Tu a 24 anni ti trovi uno che ti mantiene, a 27 fai una famiglia, così hai il futuro garantito, perché una donna a 27 anni è da buttare.’ “

Genovese si è avvalso della facoltà di non rispondere alle domande del giudice per le indagini preliminari, ma ha avuto la faccia tosta di chiedergli di andare ai domiciliari a casa della madre e della compagna, aggiungendo che spera in una pena “rieducativa” che gli consenta di “guarire”: “Voglio disintossicarmi, da 4 anni sono tossicodipendente. Quando mi drogo perdo il controllo e non riconosco il confine tra legale e illegale.”

Perché è tutto lì, il problema. Ci sono ancora legislazioni, al mondo, che normano quanto si può picchiare una donna e in che circostanze sia ammesso violentarla, ma da noi comandano le femministe…

E le donne continuano a soffrire e a morire sia che denuncino sia che non denuncino, sia che rifiutino di aderire al modello imposto sia che lo accettino:

“La Procura di Milano ha chiuso le indagini, in vista della richiesta di processo, a carico di Mattia Colli, medico chirurgo del ‘Centro di chirurgia plastica ed estetica MC’ in centro a Milano, accusato di omicidio colposo per la morte di una donna di 36 anni deceduta in un hospice nel Bresciano l’11 aprile 2018 per complicanze seguite ad una grave infezione dopo un intervento di liposuzione a cui si era sottoposta il 5 luglio 2017.”

Se dopo i 27 anni una donna dovrebbe essere conferita in discarica, figuratevi a 36. Per questo gli utilizzatori, i fini conoscitori e gourmet di femmine producono notizie simili:

Bambina di 18 mesi morta nel Comasco, non è stato un incidente: arrestato il compagno della madre.

“Gli esiti della consulenza medico legale, rende noto la Procura di Como, inducono gli inquirenti a ritenere che la piccola sia stata picchiata non solo il giorno del suo decesso, (…) ma pure in altre circostanze, quando – sempre secondo gli accertamenti – la piccola sarebbe stata anche violentata.”

Era bella, suppongo.

Maria G. Di Rienzo

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“Quali sono i vostri sogni per il 2021? Sogni personali, intimi, dedicati agli amici, alla famiglia. Ma anche sogni per il futuro dell’Italia o del mondo.”

Di seguito la mia risposta a “La Repubblica”, che in questi giorni chiede il contributo di cui sopra per la sua iniziativa “L’anno che verrà”:

Terrò per me i sogni personali, ma vi confido volentieri uno degli altri: l’avvento di un giornalismo degno del proprio nome, professionale, intelligente, che smetta di disprezzare, ignorare o odiare le donne.

Il che significherebbe, anche per voi, smettere di produrre articoli che:

– glorificano e scusano la violenza in tutte le sue forme (particolarmente quella contro le donne);

– sono scritti da analfabeti;

– non hanno alcun senso perché la “notizia” non esiste (forse Tizia ha lasciato Caio, sembra che Sempronia si sia rifatta il naso… e chi se ne importa);

– chiunque sia la donna di cui trattano cominciano con una dettagliata disamina (o la incorporano) della sua tipologia fisica, abbigliamento, accessori e trucco: della scollatura di Marie Curie o del taglio di capelli di Samantha Cristoforetti non solo non ce ne importa niente, ci irrita che non sappiate riconoscerle come donne senza farne dei manichini;

– rilanciano senza controllo qualsiasi idiozia relativa al peso corporeo: il giornalismo dovrebbe verificare prima di urlare alle epidemie o proporre diete o elencare cause/rimedi per ciò – il grasso corporeo – che NON è una malattia (sono in grado di produrre vent’anni di letteratura scientifica al proposito, ma avete raccomandato “poche righe”). Inoltre, domanda retorica, perché secondo voi la modella statunitense è curvy e la ragazza che si getta sotto il treno – grazie al bullismo diretto al suo corpo – aveva problemi di obesità?

– sono inseriti in “rubriche donna”, come per esempio i vostri di oggi:

Trucco: dal rosso al blu Kandinsky su occhi e labbra. Come ricostituenti per l’umore

Moda – Gli abiti per le festività che indosserai di nuovo nel 2021

L’incipit dice già in che settore stanno: Trucco, Moda. Non DONNA. Io sono tale e come una miriade di mie simili non mi trucco e la moda non mi interessa. E’ inutile che speriate di essere i paladini del “futuro delle ragazze” (Stem ecc.) quando quel che proponete loro è la visione trucco – moda – attenta alla panza – perché lui ti ha lasciato – come essere più affascinante ecc. ecc.

Se, scusate la volgarità, il loro scopo ultimo in questa esistenza è far avere erezioni all’altra metà del genere umano, studiare servirà a poco. A meno di non andare a scuola da quelle che voi chiamate “influencer digitali” (leggi modelle/pubblicitarie online) e impegnarsi davvero davvero ad avere un trucco perfetto… Il brano che segue è tratto da un articolo che ho scritto io il 19 febbraio dell’anno scorso (non entro nei dettagli dell’antefatto, che comprendono bambine ricoverate per tumori, giacché siamo andati già molto oltre le poche righe prescritte), ma fa riferimento a come voi date le notizie:

“Repubblica specifica che lo stage (sic) grazie a cui si imparerebbe a “bucare il video, la rete e un po’ tutte le situazioni social” è cosa di gran valore: “Giusto per dare un’unità di misura a Milano è stato registrato il sold out, con biglietti da 650 euro a testa e una coda di migliaia di persone per soli 500 posti a sedere.” Capite, per le povere bimbe malate la “influencer” lo avrebbe fatto gratis, è così commovente che sto quasi per piangere, però 650 euro x 500 individui disposti a sborsarli fa 325.000 euro: una cifra spropositata per una sorta di “formazione” agli stereotipi di genere… e il fazzoletto mi torna automaticamente in tasca.”

E la chiudiamo qua. Saluti, Maria G. Di Rienzo

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Ok, questo è l’articolo che dovevo pubblicare stamattina. Il suo aspetto è il massimo che riesco a realizzare con il nuovo editor di WordPress: uno strumento così agile e facilmente accessibile e preciso (aggiungete lodi ironiche a vostro piacere) che non sono riuscita a fare quel che volevo. Probabilmente nei prossimi giorni non scriverò nulla qui.

Dati Eige – Istituto Europeo per l’eguaglianza di genere.

In Europa, dai quindici anni in poi:

1 donna su 3 subisce violenza fisica e/o violenza sessuale

1 donna su 2 subisce molestie sessuali

1 donna su 20 è stata stuprata

1 donna su 5 ha subito stalking

il 95% delle vittime di traffico a scopo di sfruttamento sessuale è composto da donne

La violenza di genere è un fenomeno composito che ha profonde radici nello sbilanciamento di potere fra uomini e donne, nelle aspettative relative ai ruoli di genere, nelle istituzioni e strutture sociali. Come tale, non può essere affrontato senza mettere in questione credenze e attitudini culturali che perpetuano la violenza contro le donne. Le più comuni di queste sono ormai note anche a chi non si interessa della questione (dopotutto, noi noiose femministe le ripetiamo da lunghissimo tempo): mascolinità intesa come espressione di potere in cui dagli uomini ci si aspetta che abbiano il dominio degli spazi pubblici, delle sedi decisionali e del maneggio delle risorse; femminilità intesa come servizio, in cui dalle donne ci si aspetta che assumano ruoli di cura e che stabiliscano relazioni sulla base dell’essere docili, sottomesse e obbedienti. In sintesi, i ruoli di genere sono categorie identitarie costruite le cui qualità e i cui attributi si escludono a vicenda.

Misurare la violenza di genere è complesso. Vittime e perpetratori possono non percepire le motivazioni dell’atto violento come radicate nei sistemi e nelle strutture sociali e persino non identificare la violenza come tale, il che produce e riproduce diseguaglianza, discriminazione e abuso attraverso molte dimensioni.

Una delle “nuove” attitudini culturali che alimenta la violenza di genere è la presentazione dell’ipersessualizzazione coatta di bambine, ragazze e donne come scelta, libertà, empowerment, intelligenza imprenditoriale, piccante ma innocuo intrattenimento (e fatevela una risata, e scopate qualche volta…)e ultima frontiera del femminismo: che grazie a ciò non avrebbe più ragione di esistere. I media hanno assunto un ruolo chiave in tale scenario. Da quelli per così dire tradizionali a quelli online, tendono purtroppo a perpetuare ossessivamente la diseguaglianza di genere.

La letteratura accademica (ricerche e studi) che si è finora concentrata sulla sessualizzazione di bambine, ragazze e donne ha attestato l’enorme influenza dei media sulla nostra percezione dei ruoli che costoro dovrebbero avere nella società e sulle loro stesse aspettative e aspirazioni.

Moda e pubblicità ripetono stereotipi che nella mente delle donne di qualsiasi età diventano scarsa autostima e vulnerabilità. Facebook, Instagram, Snapchat ecc. sono diventate vetrine in cui ragazze e adulte pubblicano immagini di se stesse chiedendo commenti sulla loro bellezza, sul loro trucco, sui loro vestiti, sul loro grado di appetibilità sessuale. I social media hanno amplificato la pressione già esistente a conformarsi a narrative sessualizzate che hanno diretto impatto negativo sulla salute mentale, emotiva e fisica delle donne su scala globale: ansia rispetto alla propria apparenza, sentimenti di vergogna, disturbi alimentari, depressione, autolesionismo, suicidio. Che dieci, cento o persino mille influencer, celebrità, show-girls stiano benone e facciano un sacco di soldi vendendo la tiritera dell’abito stretto e dell’immagine sexy o pornografica non diminuisce di un milligrammo il danno fatto da tale narrativa a milioni di altre donne. Perciò, quando qualcuno pensa che dimenando il culo in tv o su Youtube in un certo modo e con determinato abbigliamento una donna diventi una paladina della libertà femminile, sta in pratica accettando che scodinzolare allegre per la soddisfazione dello sguardo maschile e presentarsi virtualmente sempre pronte al servizio sessuale per i possessori di tale sguardo sia il massimo traguardo raggiungibile da una donna. Di più: è l’unico traguardo proposto / imposto, con una virulenza tale da far impallidire il Covid-19.

La sessualizzazione coatta è ovunque: nei programmi televisivi – persino in quelli per bambini, nei film, negli annunci pubblicitari, nei videogiochi, nei giocattoli, nelle campagne di marketing… E se le ragazze diventano ossessionate dal loro aspetto e da come renderlo più sessualmente attraente per i membri dell’altro sesso, i ragazzi imparano dal modo in cui i loro corpi sono rappresentati in relazione alle donne a interiorizzare la nozione che il loro successo è strettamente legato al potere, all’aggressività, al dominio sulle donne, alla violenza.

Quando i media rinforzano le dinamiche di potere che degradano e feriscono le donne e fanno apparire triviale la violenza di genere (e fatevela una risata, e scopate qualche volta…) oltre a favorirne la continuazione riducono la possibilità che gli atti di violenza contro bambine, ragazze e donne siano denunciati: in particolar modo aggressioni sessuali, molestie e stupri. Le donne devono essere carine (sexy), gli uomini potenti; le donne devono farsi notare (sexy), gli uomini devono farsi rispettare. Avete idea di che impatto ha questa manfrina non solo sullo sviluppo di una bambina, ma sulla nostra cultura in generale?

Esaminate questa vicenda, in cronaca ieri 2 settembre 2020. E’ squallida, ma le coperture offerte dai quotidiani non sono da meno:

Titolo: Festini con coca e baby prostitute a Bologna, sei indagati: ai domiciliari politico leghista

(Trattasi del 27enne Luca Cavazza, candidato per la Lega con Lucia Borgonzoni alle ultime elezioni regionali, estimatore di Mussolini, ora appunto agli arresti domiciliari.)

Dall’articolo: “Secondo quanto ricostruito l’ipotesi degli investigatori è di un giro di ragazzine arruolate e portate in un residence fuori città, per prestazioni sessuali in cambio di droga. Tutto è partito dalla denuncia di una madre che aveva intercettato dei video nel cellulare della figlia.”

Titolo: Villa Inferno: orge con minorenni e cocaina. Avvocati e politici, trema la Bologna bene

Occhiello: Tutti stimati professionisti gli otto uomini finiti nei guai per i festini con una 17enne. Le accuse: prostituzione minorile e spaccio.

Dall’articolo: “Una vita come quella dei film, anzi sembra proprio un telefilm di Netflix, ’Baby’, che racconta di ragazzine annoiate dei Parioli che entrano in un giro di prostituzione e droga ben più grande di loro. Invece, almeno secondo quanto ricostruito dagli inquirenti della Procura di Bologna (…) questa volta sarebbe accaduto per davvero. È la storia di una ragazzina di diciassette anni, il cui racconto ha permesso di svelare un presunto giro di festini a base di cocaina e prostituzione, anche minorile. E la principale location in cui tutto questo avveniva sarebbe la villa di un imprenditore bolognese, soprannominata non certo a caso ’Villa Inferno’. A finire nei guai, otto uomini (ecc.)”

Titolo: Orge con minorenni e cocaina: arresti nella Bologna ‘bene’

Occhiello: “In carcere un noto imprenditore edile e un capo-ultras con un passato da candidato politico. Nei guai anche un avvocato e un socio di un noto ristorante.”

Dall’articolo: “Secondo le carte dell’indagine (…) lo scenario dei festini a luci rosse è quello della villa fuori Bologna di un noto imprenditore 48enne, unico ora in carcere, dove da almeno ottobre 2019 a febbraio di quest’anno si sarebbero tenuti incontri riservati a base di sesso e cocaina, con la partecipazioni delle ragazzine, non ancora maggiorenni.”

La legge italiana ritiene illecito agevolare, favorire o indurre alla prostituzione le persone anche quando esse sono maggiorenni (chi si prostituisce non infrange la legge). Il reato di prostituzione minorile è previsto dal codice penale (art. 600 bis) e se ne macchia chi induce alla prostituzione minorenni o la favorisce, la gestisce, la organizza e la sfrutta; parimenti è reo chi compie atti sessuali con un/una minore di età compresa tra i quattordici e i diciotto anni, in cambio di un corrispettivo in denaro o altra ricompensa. Il/la minore coinvolto/a non è colpevole di niente.

In altre parole, pagare le ragazzine in qualsiasi modo non rende quel che è accaduto loro qualcosa di differente da un atto di violenza subita: resta un reato contro la persona e definire “baby prostitute” le ragazze in questione è spostare scientemente su di loro il biasimo che dovrebbe andare a proprietario e frequentatori della villa… che invece, come spiega l’articolo n. 2, sono tutti “stimati professionisti” finiti “nei guai” (sono indagati, sotto indagine: dirlo è così difficile da necessitare parafrasi?). L’autrice del pezzo, non sapendo nulla delle minori reali, le inventa: sono ragazzine annoiate che volevano vivere come nei film. L’effetto di svergognamento è persino migliore di quello ottenuto dalle “baby prostitute”.

Poi c’è il terzo prodotto di fine giornalismo che, oltre a reiterare la compassione per i poveracci a cui è capitato un guaio (tipo fulmine giù per il caminetto o sbandata in auto su strada scivolosa: sono sfortunati incidenti, non vorrete mica dar loro qualche responsabilità?), ci informa che usare le frasi indurre alla prostituzione minorenni e abusare sessualmente di loro sarebbe metterla in maniera troppo grezza, meglio parlare di “incontri riservati”, qualcosa di piccante e molto elegante e trasgressivo e hot – hot – hot che i ricchi fanno quando (loro sì) si annoiano di andare a letto con mogli, fidanzate, amanti fisse, amanti occasionali, sex-workers nei resort o puttane sui viali.

Le dichiarazioni della minorenne che hanno portato alla luce la vicenda si inquadrano alla perfezione nello scenario che vi ho dettagliato sopra:

“Secondo quanto emerso, gli incontri non avvenivano solo in una villa nel Bolognese (ribattezzata “Villa Inferno”) di proprietà di uno degli indagati, Davide Bacci, ma in un caso anche in albergo o in altre abitazioni private. La 17enne racconta che una volta è rimasta tre giorni a casa di uno degli indagati, ora sottoposto alla misura dell’obbligo di firma alla polizia giudiziaria. Dopo aver consumato cocaina, spiega di “essersi prestata a fare giochi sessuali” con un’altra donna, per “il piacere visivo” dell’uomo che era con loro. (…)

Ascoltata nuovamente dai carabinieri, la minorenne racconta un altro episodio, stavolta nella villa, dove ha un rapporto sessuale con una ragazza di circa 29 anni. “Ad un certo punto – dice – Bacci seguito da alcuni amici si è avvicinato alla stanza e ricordo ha cominciato a filmarci”. Quella sera stessa, “a casa sua, dopo che mi aveva videofilmato, l’ho seguito insieme ad altri in sauna e lì ricordo di aver avuto un rapporto sessuale con lui che non sono riuscita a negare anche perché ero in casa sua dove avevo assunto gratuitamente parecchia coca.

La ragazzina spiega inoltre di aver in seguito “rallentato” i rapporti con Bacci perché lui aveva fatto “circolare il video” e aggiunge inoltre che “Bacci non mi ha mai dato completamente dei soldi per l’attività sessuale, ma ricordo di aver ricevuto da lui una somma di denaro a gennaio 2020, soldi che mi servivano per fare le unghie delle mani“.

La ragazza non potrebbe avere più chiaro qual è il suo ruolo in quanto femmina: il servizio. Si presta per il piacere altrui. Non può negarsi, è in casa del padrone maschio che le ha anche offerto droga. Dev’essere bella, dev’essere notata, deve essere gradevole – desiderabile – scopabile per gli uomini: e quindi ci sono le unghie da fare, i capelli da fare, la dieta da fare, i vestiti da comprare, le scarpe con il tacco da comprare, i cosmetici da comprare… fra qualche anno le tette da gonfiare, le cosce da “liposucchiare”, le rughe da stirare.

Il comandante dei carabinieri di Bologna che ha coordinato l’indagine si è appellato alle famiglie, a cui raccomanda di “avere sempre la guardia molto alta e non trascurare alcun segnale. È evidente che, in situazioni di questo tipo, la differenza la fa proprio famiglia e l’attenzione che la famiglia pone verso ogni comportamento sospetto dei propri figli.”

Purtroppo è prima che la famiglia ha difficoltà a fare qualcosa. Prima, quando tutti i canali televisivi, una valanga di prodotti cinematografici, i quotidiani e le riviste, i social media ecc. istruiscono la figlia a considerare una che pubblicizza online marchi appiccicati al suo corpo un modello di successo femminile (nonché “imprenditrice digitale”) e le ripetono 24 ore al giorno che o è BELLA o è NIENTE. O piace agli uomini e li soddisfa o è solo una “cessa” da prendere per i fondelli.

Prima, quando alle elementari dovrà fare i compitini sul “valore della bellezza” e leggere sui testi schifezze presentate come verità assolute, come normalità: “Rossella è così bella da sembrare un angelo, mentre sua sorella è talmente brutta che nessun ragazzo la degna di uno sguardo.”

( https://lunanuvola.wordpress.com/2020/05/18/elementare-fabbri/ )

Quando arriva ad avere “comportamenti sospetti” a diciassette anni il danno è già stato fatto. Fare uscire dalla storia del nostro paese le “ville infernali” richiede cambiamenti sistemici e sociali che i genitori, pur con tutta la loro buona volontà, non possono conseguire da soli. Sul piano generale, avere leggi che sanzionano la violenza diretta a bambine, ragazze e donne è sempre una buona cosa, avere più donne nelle sedi decisionali è sempre una buona cosa, chiedere una rappresentazione mediatica più realistica delle donne è sempre una buona cosa, ma concretamente e in ultima analisi la sessualizzazione coatta e lo sfruttamento sessuale e l’abuso smetteranno di esistere solo se scomparirà la domanda per essi. Terra terra: gli uomini che queste violenze desiderano, che le organizzano, che ne godono, che le impongono devono darci un taglio.

“Giù le mani dai bambini” scriveva su FB il 23 gennaio scorso, in occasione della manifestazione leghista a Bibbiano, il 27enne frequentatore di “incontri riservati con minorenni” Luca Cavazza. Per le bambine non vale?

Maria G. Di Rienzo

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(tratto da: “It is ‘all men’, to varying degrees: men’s violence against women is a systemic crisis”, di Brad Chilcott, nuovo direttore esecutivo di “White Ribbon”, per The Guardian, 7 luglio 2020. Trad. e adattamento Maria G. Di Rienzo. Il “Nastro Bianco” cominciò come campagna contro la violenza di genere nel 1991, invitando gli uomini a prendere pubblicamente posizione. Oggi è un’associazione che lavora con individui e gruppi in tutto il mondo per prevenire la violenza contro le donne e ispirare cambiamento, con lo scopo di “creare un mondo equo e sicuro e una nuova visione della mascolinità”.)

White Ribbon

La diseguaglianza di genere è violenza strutturale. Crea lo spazio per atti di violenza di genere normalizzando la mancanza di rispetto nel mentre socializza l’idea che un genere ha più valore o è più capace di un altro.

La violenza di genere comincia con l’idea che tu sia titolato all’obbedienza, al sesso, all’autorità o a una differente serie di libertà perché sei un uomo; che hai l’intrinseco diritto di trattare qualcun altro in un modo in cui tu non vuoi essere trattato.

Ci è stato insegnato – sia sottilmente sia apertamente – che a causa del nostro genere meritiamo un tipo speciale di rispetto. Siamo stati cresciuti con determinate aspettative sul potere maschile e istruiti per avere controllo sulle nostre case, compagne, figli, comunità di fede, club sportivi e luoghi di lavoro. Istruiti a credere che gli uomini hanno diritto di decidere cosa accade ai corpi delle donne.

Molti di noi sono stati modellati in prospettiva su questo ruolo e abbiamo di certo visto la violenza – che fosse fisica, manipolazione emotiva, sfruttamento sessuale o abuso spirituale – che gli uomini hanno usato per dominare, controllare e ferire le donne. Abbiamo visto uomini che volevano disperatamente attaccarsi al loro potere nel mentre diventavano insicuri in una società che cambia.

Potremmo dire che non tutta la misoginia conduce alla violenza, ma tutta la violenza comincia con la misoginia.

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Il 30 giugno scorso è uscito il rapporto distintivo del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, “State of World Population 2020”: dà conto delle centinaia di migliaia di bambine e ragazze al mondo che sono sistematicamente danneggiate a livello fisico e psicologico con la piena consapevolezza e il pieno consenso delle loro famiglie e comunità.

Fatma Mamoud Salama Raslan

(illustrazione di Fatma Mahmoud Salama Raslan, contenuta nel rapporto)

“Contro la mia volontà – Sfidare le pratiche che feriscono donne e bambine e minano l’eguaglianza” identifica 19 “pratiche” – dall’appiattimento dei seni con i ferri da stiro ai test di verginità – che sono mere violazioni di diritti umani, ma si concentra in particolare su tre casi persistenti e diffusi nonostante la condanna nei loro confronti sia in pratica universale: le mutilazioni genitali femminili (mgf), i matrimoni di bambine e la preferenza per il figlio maschio.

Duecento milioni di donne viventi hanno subito mutilazioni genitali, 650 milioni sono state date in spose da bambine, 140 milioni mancano invece all’appello a causa degli aborti selettivi o di abbandono / omicidio subito dopo la nascita.

L’orrore nel dettaglio potete scandagliarlo in inglese, spagnolo, francese, arabo e russo qui: https://www.unfpa.org/swop

La causa che sta alla radice di tutto questo, scrivono al Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, è la diseguaglianza di genere: “Le pratiche dannose perpetuano il dominio degli uomini sulle donne, dei maschi sulle femmine. Il loro fulcro è assegnare minor valore a donne e bambine. Non solo rinforzano la subordinazione femminile, sono veri e propri attrezzi per il controllo della sessualità e della fertilità delle donne.

Decenni di trattati e altri accordi hanno inequivocabilmente definito tali pratiche violazioni dei diritti umani e i governi, le comunità e gli individui hanno il dovere di mettervi fine. L’approvazione di leggi è importante, ma è solo il punto d’inizio. Devono essere fatti sforzi per cambiare la mentalità. I programmi per il cambiamento delle norme sociali sono efficaci nello sradicare le pratiche dannose, ma non devono concentrarsi in modo ristretto solo su di esse. Dovrebbero affrontare istanze più vaste, inclusa la posizione subordinata di donne e bambine, i loro diritti umani e i modi per portare più in alto il loro stato e il loro accesso alle opportunità.”

Lei NON è

un prodotto da commerciare

un oggetto del desiderio

un fardello di cui liberarsi –

E’ UNA BAMBINA

recita uno degli slogan all’interno del rapporto.

Maria G. Di Rienzo

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centro stupidi

La settimana scorsa… “ragazzi friulani, per festeggiare il compleanno di uno di loro, prenotano un tavolo alla discoteca Kursaal di Lignano Sabbiadoro, a nome “Centro Stupri”. I ragazzi posano sorridenti per dei selfie con la targhetta posta sul tavolo e indossando la t-shirt con la medesima scritta. Qualche giorno prima avevano indossato le magliette al ristorante Jonny Luanie di San Daniele. I video, le foto della serata e alcuni post pubblicati sui canali social dal gruppo, accompagnati da commenti scritti di loro pugno inneggianti allo stupro e di stampo razzista, hanno fatto il giro del web suscitando un’ondata di proteste e indignazione.”

Ieri… “Vengono da famiglie bene del Friuli i nove ragazzi coinvolti nella vicenda “Centro stupri”. Sono otto, per ora, quelli iscritti sul registro degli indagati, nell’ambito di un’inchiesta che, al momento, ipotizza per tutti, indistintamente, i reati di istigazione a delinquere e propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa. Ma che potrebbe presto evolvere, coinvolgendo un numero più ampio di persone e precisando ruoli e responsabilità. Intanto la vicenda ha già prodotto la chiusura per 15 giorni del Kursaal di Lignano Sabbiadoro e del Jonny Luanie di San Daniele del Friuli, chiusura decisa dal questore del capoluogo friulano Manuela de Bernardin.”

L’avvocato di cinque membri dell’allegro gruppo dice ai giornali che stiamo montando la panna (è una mia parafrasi) perché in realtà le magliette sono ispirate da un film: “senza tuttavia rivelarne il titolo”. E insomma, mica vorrete tutto e subito, puttane comuniste di merdano, qua io non c’entro, è il gruppetto ad avere queste opinioni, come ricorda la ventenne Eva Margherita Del Monaco: “Stranamente, alcuni di loro sono gli stessi che, circa un anno fa, mi hanno mandato dei video su Instagram dandomi della puttana comunista di merda (cito testuali parole)”.

Uno degli ideatori delle magliette, Alberto Dall’Ava, è in procinto di aprire un nuovo locale. Pare che il sindaco di Udine Fontanini (Lega) sia intenzionato a concedergli un immobile del Comune a fianco del municipio. Qualcuno si domanda “se l’assessora alle pari opportunità Asia Elisa Battaglia (Lega) si opporrà o proporrà di chiamare il luogo CENTRO STUPRI UDIN” (senza la “e” finale perché in dialetto per i leghisti suona meglio, la transizione al nazional-popul-sovranismo non l’hanno ancora digerita tutti).

Io invece vorrei chiedere ai genitori delle “famiglie bene” da cui i giovanotti provengono: Quando vi siete accorti che il vostro rampollo trovava la violenza divertente, cosa gli avete detto? Siete stati zitti, pensando che tanto la vostra classe sociale lo avrebbe protetto da qualsiasi conseguenza, se avesse deciso di mettere la violenza in atto? Lo stupro fa ridere anche voi?

E ai ragazzi dico questo: se vi eccitate solo con la violenza, è ora di vedere un sessuologo. Suvvia, voi ve lo potete permettere.

Maria G. Di Rienzo

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creepy

Ieri è salito alla ribalta il titolo sul “dramma dei papà separati” con cui Il Mattino dava notizia dell’omicidio per strangolamento di due dodicenni da parte del proprio padre, poi suicidatosi (per inciso, l’uomo non era neppure ancora un “papà separato”: il procedimento legale per la separazione dalla moglie era appena iniziato). Sicuramente ne avete letto abbastanza, con questi tormentoni a fare di tutti gli articoli lo stesso articolo: “lui non aveva accettato la separazione ormai alle porte”, “non risultano tensioni precedenti nella coppia”, “una famiglia tranquilla e normale”, “chi avrebbe mai potuto pensare a una cosa del genere”, “tragedia” – e meglio ancora i carabinieri che cercano di capire “se la tragedia è stata programmata oppure no”.

E’ molto importante, pensano i sedicenti giornalisti italiani, presentare il tutto come un fulmine a ciel sereno (raptus), un’inspiegabile disgrazia che manda in pezzi uno scenario fiabesco: “Fino al giorno della tragedia, – scrive Repubblica – nella famiglia Bressi si ritraevano solo sorrisi. Come nelle tantissime foto che postava il padre con Elena e Diego in montagna, e poi al mare in Liguria, e ancora sui pattini a rotelle, come la mamma, istruttrice. Questa vacanza a Margno con i due figli Mario Bressi l’aveva voluta per cercare di trascorrere del tempo da solo con loro. Sapeva che la moglie voleva separarsi da lui.” Sapeva! Lo aveva scoperto chissà come – pensate forse che la moglie gliene abbia parlato? Certo che no, ha continuato a sorridere mentre complottava con l’avvocato! – e quest’evento inaspettato e sconvolgente e incredibile ha mandato in pezzi una vita fatta tutta di felici selfie su Facebook.

Perché vedete, chi ha scritto ‘sta manfrina pensa che gli assassini siano quelli che vede al cinema o su Netflix. Devono avere una storia morbosa e torbida alle spalle. I loro post sono pieni di oscuri simbolismi e citazioni religiose e gli eventuali sorrisi presenti sono ghigni agghiaccianti. Vestono di nero, con cappucci e cappelli tirati sugli occhi oppure indossano maschere horror o si truccano grottescamente da personaggi dei fumetti. Non basta loro uccidere: smembrano le vittime, le tatuano, gli infilano corna d’alce nel cranio, ne cucinano pezzi alla brace o in salmì.

Gli assassini virtuali sono iscritti così confortevolmente in un’alterità palese che quelli che ammazzano mogli, compagne, figlie e figli nella realtà non possono aver ucciso sul serio. Erano persone normali, tranquille, educate – sorridenti. Mario Bressi sui social sorrideva a tutto spiano, perdinci, quindi nel suo caso “cosa sia successo in questi ultimi giorni da solo con i figli in montagna resta un mistero”.

Il mistero è svelato sullo stesso quotidiano nel medesimo giorno (28 giugno 2020): “Tre i messaggi whatsapp che Mario Bressi, l’uomo che ha ucciso i suoi due gemelli di 12 anni nella loro casa di villeggiatura in Valsassina e poi si è tolto la vita, ha inviato tra le 2 e le 3 di ieri alla moglie, Daniela Fumagalli. L’ultimo dei messaggi, da quanto emerge dalle indagini, sarebbe in realtà una lunga lettera in cui l’uomo, 45 anni, lancia pesanti accuse alla moglie ritenendola colpevole di aver rovinato la loro famiglia, si dice in crisi e disperato, e lancia accuse pesanti: “E’ tutta colpa tua”.” Pare che rispetto ai figli le avesse anche comunicato “Non li rivedrai mai più”. Li amava tanto da strozzarli per vendicarsi della moglie “colpevole”.

Ora, vorrei solo dire agli autori degli articoli di guardare meno American Horror Story e di più la quotidianità, dove un gran numero di uomini con concezioni proprietarie e patriarcali della famiglia dicono cose orrende e sorridono, fanno cose abominevoli e sorridono, vanno sorridendo a votare i peggiori misogini sul mercato, si tolgono il cappello per salutare il vicino di casa – sorridendo – mentre nell’altra mano reggono la borsa in cui sta un martello, un’ascia, una pistola.

Norman Bates e Arthur Fleck mi fanno meno paura.

Maria G. Di Rienzo

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(tratto da: “Croatia ex-President Gives Middle Finger to Anti-Abortion Politicians”, Agence France Presse, 19 giugno 2020. Trad. Maria G. Di Rienzo)

L’ex presidente della Croazia è la più recente fra le donne che mostrano il dito medio a diversi politici conservatori per i loro discorsi anti-aborto fatti durante la campagna per le elezioni parlamentari del mese prossimo (Ndt.: europee, 5 luglio p.v.).

Molte attrici, giornaliste e figure pubbliche di sesso femminile croate hanno preso parte all’azione che ha visto donne pubblicare sui social media fotografie di se stesse mentre simbolicamente sollevano il dito medio.

“Mi unisco a tutte le donne che con questo atto “indecente” alzano le loro voci contro quelli che tentano di mandarci indietro nei secoli.”, ha detto l’ex presidente conservatrice Kolinda Grabar-Kitarovic al quotidiano Jutarnji List che ha pubblicato la sua foto (Ndt.: che è qui sotto).

Kolinda Grabar-Kitarovic

Il cantante folk diventato politico Miroslav Skoro, il cui Movimento Patria è terzo nei sondaggi, dice che se una donna resta incinta dopo essere stata stuprata “deve decidere cosa fare in accordo alla sua famiglia”. Skoro ha aggiunto di essere d’accordo con Gordan Jandrokovic del partito conservatore di governo HDZ sul fatto che “la vita inizia con il concepimento”. Nino Raspudic, in lista con il partito conservatore Most, dice che l’aborto è “omicidio”.

La Ministra per l’Istruzione Blazenka Divjak ha definito queste dichiarazione “un’umiliazione sadica delle donne e dei loro diritti per fini politici” e ha scritto su Facebook che di questo passo le donne potranno votare “solo dopo aver consultato i membri maschi della loro famiglia”.

In Croazia l’aborto è legale sino alla 10^ settimana di gravidanza, secondo una legge degli anni ’70 adottata quando il Paese era ancora parte della Jugoslavia, ma la procedura sta diventando sempre più difficile a causa delle montanti pressioni religiose che inducono i dottori a rigettarla adducendo questioni morali. Nel 2017 l’Alta Corte croata ha stabilito che l’attuale legislazione è antiquata e i gruppi pro-diritti temono che ciò aprirà la strada a ulteriori restrizioni.

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Se una donna esce di casa e gli uomini non le mettono gli occhi addosso, deve preoccuparsi, perché vuol dire che il suo femminile non è in primo piano. Vedi, tu puoi fare l’avvocato, il magistrato, fare tutti i soldi che vuoi, ma il femminile in una donna è la base su cui si siede il processo. Se gli uomini ti desiderano, sarai un magistrato migliore, una professoressa migliore.”

I giornali mi hanno informato che l’autore di questa opinione è il sig. Raffaele Morelli “psichiatra e psicoterapeuta che ha pubblicato decine di libri, dirige una delle riviste sul “benessere” più note d’Italia e viene invitato regolarmente in tv e radio.” Mi hanno anche mostrato la sua foto in posa, mezzobusto torto con occhiali in mano, che è uno dei format rappresentativi dell’intellettuale di sesso maschile (il più noto è l’uomo con la mano sul mento).

Riporta sempre la stampa che nel successivo confronto con la scrittrice Michela Murgia “ha prima detto di essere stato decontestualizzato, poi, incalzato dalla scrittrice e conduttrice dopo aver pronunciato altre frasi sessiste, ha concluso il suo intervento con Zitta e ascolta!“.

L’ignorante con laurea che rimette le donne al loro posto (nel letto in primis) piace molto ai media italiani: se la stronzata sessista la dice un conduttore qualsiasi possono sorgere dubbi sulla validità della stessa, perciò entra in scena qualcuno con le credenziali giuste a spiegare che una donna può avere qualsiasi tipo di abilità e aspirazione, essere bravissima nel mestiere che si è scelta e persino ricca, ma se le mutande degli uomini non si gonfiano al suo passaggio resta una fallita comunque.

Il “femminile”, com’è noto, si traduce per i misogini con “servizio” – sessuale, emotivo, materiale, di cura, eccetera – all’altro sesso e naturalmente ormai avete letto e forse scritto al proposito di tutto e di più, perciò non intendo annoiarvi con analisi dettagliate ne’, ce ne scampi iddio, suggerire che le autorevoli pensate del sig. Morelli subiscano censura a causa del risentimento delle brutte bieche stronze femministe.

Mi limiterò a consigliare un minimo di fair play: molto è stato detto in passato sul “trigger warning”, nel bene e nel male. Si tratta di un messaggio che precede la fruizione di un qualsiasi prodotto multimediale, avvisando il pubblico che il contenuto potrebbe stimolare negativamente chi ha subito un determinato trauma. Se è vero che evitare tutte le occasioni di stress è impossibile e persino che non affrontare e non contrastare gli stimoli negativi può ritardare la guarigione, è altrettanto vero che come donne non siamo obbligate a mandare giù merda 24 ore su 24.

Dopo che hanno respinto la nostra domanda di assunzione perché le mutande dell’esaminatore non hanno avuto quel che volevano (per nostra scarsa “femminilità” o per nostro rifiuto), dopo aver subito molestie in strada – a scuola – al lavoro – online, dopo essere state assalite, ingiuriate, aggredite, discriminate, umiliate, violate in centinaia di modi diversi ma con incrollabile continuità, potremmo non desiderare intrattenimento che ripete e giustifica tale trattamento.

Perciò egregi presentatori, sceneggiatori, produttori e quant’altro, siate corretti e quando vi proponete di insultarci ulteriormente date l’avviso con qualcosa di questo genere: “Il programma che sta per andare in onda contiene materiale inappropriato per le donne che pensano di essere titolari di diritti umani, cittadine a pieno titolo, degne di rispetto e libere.”

Maria G. Di Rienzo

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