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Posts Tagged ‘interruzione volontaria di gravidanza’

(tratto da: “Croatia ex-President Gives Middle Finger to Anti-Abortion Politicians”, Agence France Presse, 19 giugno 2020. Trad. Maria G. Di Rienzo)

L’ex presidente della Croazia è la più recente fra le donne che mostrano il dito medio a diversi politici conservatori per i loro discorsi anti-aborto fatti durante la campagna per le elezioni parlamentari del mese prossimo (Ndt.: europee, 5 luglio p.v.).

Molte attrici, giornaliste e figure pubbliche di sesso femminile croate hanno preso parte all’azione che ha visto donne pubblicare sui social media fotografie di se stesse mentre simbolicamente sollevano il dito medio.

“Mi unisco a tutte le donne che con questo atto “indecente” alzano le loro voci contro quelli che tentano di mandarci indietro nei secoli.”, ha detto l’ex presidente conservatrice Kolinda Grabar-Kitarovic al quotidiano Jutarnji List che ha pubblicato la sua foto (Ndt.: che è qui sotto).

Kolinda Grabar-Kitarovic

Il cantante folk diventato politico Miroslav Skoro, il cui Movimento Patria è terzo nei sondaggi, dice che se una donna resta incinta dopo essere stata stuprata “deve decidere cosa fare in accordo alla sua famiglia”. Skoro ha aggiunto di essere d’accordo con Gordan Jandrokovic del partito conservatore di governo HDZ sul fatto che “la vita inizia con il concepimento”. Nino Raspudic, in lista con il partito conservatore Most, dice che l’aborto è “omicidio”.

La Ministra per l’Istruzione Blazenka Divjak ha definito queste dichiarazione “un’umiliazione sadica delle donne e dei loro diritti per fini politici” e ha scritto su Facebook che di questo passo le donne potranno votare “solo dopo aver consultato i membri maschi della loro famiglia”.

In Croazia l’aborto è legale sino alla 10^ settimana di gravidanza, secondo una legge degli anni ’70 adottata quando il Paese era ancora parte della Jugoslavia, ma la procedura sta diventando sempre più difficile a causa delle montanti pressioni religiose che inducono i dottori a rigettarla adducendo questioni morali. Nel 2017 l’Alta Corte croata ha stabilito che l’attuale legislazione è antiquata e i gruppi pro-diritti temono che ciò aprirà la strada a ulteriori restrizioni.

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Il brano seguente – tratto da un articolo di giornale, data odierna – non è propriamente in lingua italiana (analfabetismo), ma la cosa peggiore è che non ha nulla a che fare con la realtà italiana o con le problematiche che investono la vita di italiani e stranieri presenti in Italia (ignoranza) e di cui un politico italiano potrebbe / dovrebbe occuparsi (qui abbiamo solo propaganda razzista e sessista):

“Ci sono immigrati che hanno scambiato i pronto soccorso per un bancomat sanitario per farsi gli affari suoi senza pagare una lira. È ora di smetterla che ci siano migliaia di cittadini non italiani che hanno preso il pronto soccorso come l’anticamera di casa loro. Io dico che la terza volta che ti presenti paghi.

Delle infermiere del pronto soccorso di Milano mi hanno segnalato che ci sono delle donne che si sono presentate per la sesta volta per una interruzione di gravidanza. Non entro nel merito di una scelta che compete solo alla donna. Non è compito mio né dello Stato dare lezioni di morale o di etica a chiunque, è giusto che sia la donna a scegliere per sé e per la sua vita. Però non puoi arrivare a prendere il pronto soccorso come la soluzione a uno stile di vita incivile per il 2020.

Se si arriva alla settima interruzione di gravidanza significa che si sbaglia stile di vita. Sono d’accordo con i medici che dicono che la donna è libera di scegliere ma se in poco tempo si viene a chiedere la settima interruzione di gravidanza… bisogna spiegarle come ci si comporta”.

A dire questo è il sig. Salvini che non sa come funzionano le unità operative sanitarie nel suo Paese, perciò glielo spiego io – anche se avrebbero dovuto spiegarglielo i sedicenti giornalisti che hanno riportato le sue affermazioni senza contestualizzarle ne’ porre una singola domanda al proposito: il pronto soccorso è il reparto di un ospedale che tratta i casi di emergenza (come possono essere forti traumi o arresti cardiaci), li classifica in base all’urgenza assegnando loro un codice e se i primi tre (rosso-giallo-verde) prevedono un ingresso immediato o di poco differito, il quarto (bianco) è stimato come non pericoloso – a volte come “accesso improprio” – e prevede il pagamento del ticket. Lo prego anche di prendere nota che il pronto soccorso non effettua interruzioni di gravidanza, le quali sono di competenza del reparto ginecologico/ostetrico.

Riassumendo: una persona con la febbre a 40° o con una ferita la cui relativa emorragia non si arresta, qualunque sia il suo colore, non sta “usando” il pronto soccorso per passare il tempo in un surrogato dell’ “anticamera di casa propria”, sta cercando di sopravvivere – e il farlo è suo pieno e incontestabile diritto; viceversa, qualcuno che va al pronto soccorso per una storta al mignolo può essere fastidioso per il personale ma non interrompe o ritarda le procedure di emergenza ne’ grava sulla sanità statale: perché paga per il servizio ogni volta, senza che ci sia bisogno di contare gli accessi per affibbiargli un balzello ogni tre di essi.

Per quel che riguarda la gravidanza nei mammiferi, innanzitutto Salvini dovrebbe sapere – dovrebbe perché ha due figli – che non è frutto dello “stile di vita” (civile o incivile, qualsiasi cosa in questo caso ciò voglia dire) della femmina interessata, necessitando della cooperazione di un maschio della specie. Perciò, spiegare come ci si comporta per ottenere un controllo delle nascite è semmai attività da rivolgere ad ambosessi. In Italia lo fanno i consultori familiari (Legge 405/75) il cui intervento in caso di interruzione volontaria di gravidanza è previsto dalla normativa relativa (Legge 194/78). Se Salvini voleva con le sue esternazioni suggerire il pieno ingresso dell’educazione sessuale nelle scuole io sono d’accordo: ma temo non sia così, perché ad ogni singola iniziativa in materia lui, i membri del suo partito e quelli della sua coalizione “sovranista” urlano come sciacalli “giù le mani dai bambini” / “complotto gender” e se possono la bloccano.

Delle infermiere del pronto soccorso di Milano mi hanno segnalato che ci sono delle donne che si sono presentate per la sesta volta per una interruzione di gravidanza è un’affermazione non comprovata a sostegno della quale abbiamo solo la parola del leader leghista, che purtroppo è discretamente noto per la capacità di contraddirsi nel giro della stessa giornata e di dire cose che non hanno alcun riscontro fattuale. Perciò, io ritengo sia teoricamente possibile tradurla così: Quando, nello scorso dicembre, sono andato a Cinisello Balsamo per vedere le ruspe in movimento (l’abbattimento del cosiddetto “ecomostro”) ho incontrato un mio fan: lui conosce un’infermiera del pronto soccorso dell’Ospedale Bassini, la quale gli ha raccontato di una donna che si è ormai presentata sei volte per ottenere la pillola del giorno dopo.

Poi, lo sapete, la fantasia fa miracoli e Cinisello può diventare Milano, un’infermiera moltiplicarsi in dozzine di infermiere e una donna qualsiasi trasformarsi in un’orda incivile di “zingaracce” e “clandestine” che chiedono di abortire. Tanto i seguaci del “capitano” si bevono tutto questo veleno come fosse un elisir.

Maria G. Di Rienzo

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leah

Sembro grassa con questo? Sento per caso una ragazzina dalla taglia ordinaria chiederlo a un’amica nel camerino accanto al mio, mentre io – una vera persona grassa – sono al quinto indumento che non passa oltre le mie cosce e il mio didietro. Sono indumenti “della mia taglia ma non proprio”, giacché molti abiti non corrispondono alla taglia che dichiarano. Resto là, stuzzicata del suo commento, mentre un altro paio di jeans giace alle mie caviglie.

“Sembro grassa con questo?” è una frase che molte di noi usano, hanno usato o hanno sentito dire da altre. Quel che significa davvero è: “Sono brutta?” Significa che nessuna vuol sembrare grassa perché pensa che grassa equivalga a pigra, sciatta, indegna. Significa “Non posso essere uno sballo con questo vestito se mi fa apparire come se avessi un chilo in più.” Una frase del genere urla “insicurezza” da parte di chi la dice. (Lo affermo e sostengo!)

Quando qualcuna la rivolge a me, io la guardo e replico: “Be’, io sono grassa.” La persona in questione diventa rossa in faccia, sgrana gli occhi. “No, no. – balbetta – Non sei grassa!” Oh sì che lo sono.

Sono grassa e nera.

Grassa e musulmana.

Grassa e sto bene.

Grassa e vulnerabile.

Grassa e atletica.

Grassa e grande viaggiatrice.

Grassa non è una parolaccia. Perciò, smettete di usare tale parola per descrivere le vostre insicurezze.”

Leah Vernon, in immagine sopra, è una video-blogger, stilista, conferenziera e scrittrice. Nello scorso ottobre è uscito il suo libro autobiografico “Unashamed: Musings of a Fat Black Muslim” – “Senza vergogna: riflessioni di una grassa nera musulmana”.

unashamed

E’ un testo dall’onestà “feroce”, dove l’Autrice dà conto del processo che l’ha portata a considerare il proprio corpo un simbolo di ribellione e speranza. Povertà, le regole e i gli stereotipi di genere specifici per essere una “brava ragazza musulmana”, un padre perdigiorno e una madre affetta da disagio mentale, dieci anni di matrimonio con un uomo violento, un’interruzione volontaria di gravidanza praticata in segreto – Leah ha vissuto tutto questo e ne è uscita come un raggio di sole da una nube.

Maria G. Di Rienzo

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“Donne in vetrina per rilanciare il turismo”: questa proposta di un altro Salvini leghista (Roberto), consigliere della Regione Toscana, ha ricevuto grande reazione negativa, è stata respinta dal partito e il suo ideatore sospeso dal gruppo consiliare. La Lega, spiegano dalla direzione, è “in prima linea per difendere dignità e diritti delle donne, sotto tutti i punti di vista, familiare, sociale e lavorativo”. E’ bello saperlo: fino a questo momento, confuse dalle bambole gonfiabili e dal senatore con farfallino, non ce n’eravamo proprio accorte.

Quest’altra proposta

firenze

ha parimenti ricevuto grande reazione negativa ed è stata ritirata. Uno dei promotori, il consigliere comunale leghista Andrea Asciuti, è rimasto parecchio seccato dal fatto e si è sfogato su Facebook: “Firenze è prima in Italia per consumo di droga, è tra le prime per consumo di alcol, ed è la città dove ci sono il maggior numero di single e di depressi. Aggiungiamo a questo il disastro delle famiglie distrutte e la piaga dell’aborto che viene continuamente sottovalutata”.

A questo punto, la confusione su quale sia l’idea che i leghisti hanno delle donne scompare: è la “buona” vecchia dicotomia patriarcale santa/puttana. E’ abominevole doverci avere ancora a che fare nel 2019, ma la concezione della cosa pubblica e della fede che l’ordine del giorno e la sua difesa rivelano è persino peggiore.

Forse servirà ricordare che dopo il voto alle elezioni amministrative gli eletti non entrano in uno speciale seminario per aspiranti esorcisti, ma in consigli laici a cui è demandato amministrare il territorio di competenza. Un Comune, quindi, affronta i problemi relativi alle tossicodipendenze con programmi di prevenzione, assistenza e recupero il che comporta analisi sulle cause dei disagi – in privato i suoi componenti possono anche pregare perché i disagi stessi scompaiano per miracolo ma vi assicuro che non è per questo che sono pagati dai contribuenti.

Ignoro da che statistiche salti fuori una Firenze piena di “single e depressi e famiglie distrutte” (da cosa?), ma anche qui un’amministrazione pubblica interviene tramite i Servizi Sociali, lasciando perdere i single perché è appunto un’amministrazione pubblica e non un gruppo di sensali per matrimoni. Con l’interruzione volontaria di gravidanza, infine, essendo quest’ultima garantita e normata con legge statale, i consiglieri comunali non hanno nulla a che fare e meno ancora sono titolati a definirla una “piaga”.

Per quel che riguarda la fede, chi davvero ce l’ha solitamente non la riduce a bancomat (io ti consacro la città e tu la risani, do ut des).

Maria G. Di Rienzo

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(brano tratto da “A sex strike is not enough: women need to down tools completely”, di Suzanne Moore per The Guardian, 13 maggio 2019, trad. Maria G. Di Rienzo. Il titolo fa riferimento alla proposta di Alyssa Milano di uno “sciopero del sesso” come protesta contro gli attacchi ai diritti riproduttivi delle donne, in particolare contro le leggi sempre più restrittive sull’interruzione di gravidanza. Moore apprezza il concetto, ma ritiene che non sarebbe sufficientemente efficace.)

unpaid care work

Se noi donne vogliamo affermare il nostro diritto all’autonomia corporea e il nostro valore economico, fermiamoci e basta. Solo fermiamoci. Non andate a prendere i bambini a scuola. Non caricate la lavatrice. Non sorridete a quell’uomo perché vi sta rendendo nervose. Non comprate i regali di compleanno. Smettete di curarvene, in altre parole.

Perché questa è l’enorme diseguaglianza a livello globale: il lavoro non pagato delle donne, che consiste in maggior parte nel curarsi degli altri. Eravamo solite chiamarlo il dibattito sul lavoro domestico, a cui parte della sinistra dava vagamente riconoscimento; ma la sinistra, proprio come ogni altra parte della vita, funziona grazie al lavoro non pagato delle donne. Lavoro che è visto come volontario.

Ora il dibattito è riemerso come valutazione economica. A Davos, l’incontro alla stazione sciistica dove la gente ricca fa finta che gliene importi qualcosa, quest’anno Oxfam ha presentato un rapporto sul lavoro non pagato delle donne in tutto il mondo. Vale 10 trilioni di dollari (7,7 trilioni di sterline – ndt. 9 trilioni di euro: un trilione equivale a un miliardo di miliardi) – il che sembra proprio un bel mucchio di soldi, ma non posso mettermi a far calcoli perché ho una lavastoviglie da scaricare, un parente malato da visitare, un bambino a cui star dietro. Come sarebbe smettere di lavorare gratis? La maggior parte di noi troverebbe difficile persino separare le nostre vite domestiche da quel che riteniamo l’essere persone decenti. (…)

Il doppio turno del lavoro pagato e del lavoro non pagato è il pezzetto su cui le donne mentono in pubblico – e a se stesse. Per favore non disturbatevi a dirmi che gli uomini ora fanno di più. Vivo nel nord di Londra in un mare di barbe, passeggini e padri che comprano patatine di cavolo: pure, non ho ancora tempo per applaudire gli uomini quando si curano dei loro propri figli.

In Islanda, il 24 ottobre 1975, le donne scioperarono per un giorno. Le pescherie chiusero. I padri si portarono i figli al lavoro. Le salsicce andarono esaurite, perché questo gli uomini diedero da mangiare ai propri bambini. Una legge che garantiva eguaglianza sui salari passò. Questo giorno, che è ancora celebrato, divenne noto come “il lungo venerdì”.

L’idea sembra fantascientifica adesso – persino la nozione base che le donne mostrino tale solidarietà. Però, ora ci troviamo in un momento in cui i diritti delle donne tornano indietro negli Usa, in Polonia, in Spagna e ovunque. Quindi, non è il sesso che bisogna sospendere; è il lavoro non pagato. Bloccherebbe il mondo.

Donne di tutto il mondo, unitevi. Non perderemo le nostre catene: semplicemente le renderemo visibili. Potremmo essere eroi, anche se solo per un giorno. (1)

(1) “Heroes” – David Bowie – https://www.youtube.com/watch?v=lXgkuM2NhYI

Confido di non dovervi mettere il link per la citazione immediatamente precedente… ; – )

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verona 30 marzo 2019

(Siamo tutte parrucchiere)

Brano tratto da: “Christian right summit in Verona draws massive protest”, di Angela Giuffrida per The Guardian, 30 marzo 2019

“Si stima che 20.000 persone (1) abbiano protestato a Verona contro una conferenza che ha portato una rete globale di militanti anti-gay, anti-aborto e anti-femminismo nella città italiana del nord.

L’aver fornito ospitalità al Congresso mondiale delle famiglie (WCF), una coalizione statunitense che promuove i valori della destra cristiana, è stato particolarmente controverso in Italia a causa del sostegno della Lega, partito di estrema destra, membro della coalizione di governo del Paese. Matteo Salvini, il capo del partito e il vice Primo Ministro italiano, ha parlato all’evento sabato sera.

Ha detto di essere là per “sostenere un giorno di festa con un sorriso: il diritto di essere madre, padre e nonni.” Salvini ha assicurato di non voler cambiare la legge italiana sull’aborto, conosciuta come Legge 194, ma ha detto che il Paese ha bisogno di rovesciare la riduzione della sua popolazione: “Gli italiani hanno bisogno di cominciare a mettere al mondo bambini. Un Paese che non fa bambini è un Paese che muore.” (2)

La protesta è stata organizzata da circa 70 associazioni pro diritti umani di tutta la nazione.

“La sola cosa positiva che esce da questo evento è che tutti questi gruppi si sono mossi insieme e l’Italia si sta unendo. – ha detto Luisa Rizzitelli, una portavoce per l’associazione di donne Rebel Network – Questa è una battaglia per proteggere i diritti e la libertà per tutti, non per per un solo gruppo. Siamo tutti sotto minaccia. Questo congresso non ha a che fare con la religione ma con il potere politico e noi non accettiamo questa pericolosa regressione.”

Lo scopo dichiarato del congresso, che è cominciato venerdì e terminerà domenica, è di “restaurare l’ordine naturale”. I relatori hanno inveito contro le relazioni fra persone dello stesso sesso, le “femministe radicali” e l’aborto, che hanno invariabilmente descritto come “omicidio” e “crimine”. Venerdì, sono stati distribuiti gadget in forma di feti di plastica, con la dicitura “L’aborto ferma un cuore che batte”.”

(1) Trentamila secondo la questura di Verona. Il corteo era lungo quattro chilometri.

(2) L’interruzione volontaria di gravidanza, i cui numeri sono in calo ogni anno, non ha alcun effetto sui numeri della natalità in Italia. Se Salvini desidera che le donne italiane procreino, ascolti costoro quando dicono di cosa avrebbero bisogno per mettere al mondo bambini: in breve, si tratta della speranza e dell’idea di futuro che anche il suo governo sta demolendo in noi giorno dopo giorno. Non facciamo figli in un mondo che muore per il cambiamento climatico, non facciamo figli se non abbiamo un lavoro sicuro per crescerli, non facciamo figli se poi quel lavoro dobbiamo perderlo o essere penalizzate nella nostra professione proprio perché li abbiamo fatti, non facciamo figli se non possiamo avere asili nido decenti e scuole decenti e sanità pubblica decente per averne cura, e meno che mai facciamo figli se ci date la mancetta – “bonus bebè” – e saremmo grate se smetteste di insultarci a questo modo.

Maria G. Di Rienzo

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Nel mentre non vedo l’ora di partecipare a una “teglia di preghiera” con i simpatici Pastafariani e di condividere con loro “idee e carboidrati” – Verona 30 marzo p.v., mobilitazione contro il “Congresso mondiale delle famiglie” – sto cercando di far quadrare alcuni dati sui nostrani “difensori della famiglia tradizionale e dei bambini” e sui patrocinatori / sostenitori del Congresso citato.

Penso a:

– Pier Ferdinando Casini, due volte divorziato, con due figli da ogni ex moglie;

– Mario Adinolfi che si sposa (e ha una figlia) si separa e si risposa a Las Vegas con un’italo-brasiliana assai più giovane;

– Roberto Calderoli due volte sposato (una con rito “celtico”) e due volte separato, convivente;

– Roberto Formigoni che si staglia perché non ha ne’ matrimoni ne’ divorzi nel suo résumé (da vent’anni e passa aveva un “coinquilino”, ma dopo essere stato condannato a 5 anni e 10 mesi di reclusione per corruzione, dal 22 febbraio 2019 risiede in relativa solitudine nel carcere di Bollate);

– Matteo Salvini che si sposa e ha un figlio, divorzia, convive e ha un’altra figlia, poi ha una relazione sovraesposta con una conduttrice televisiva e infine in questi giorni mostra ai media la sua “nuova fidanzata” di 26 anni (lui ne ha giusto venti di più) Francesca Verdini, figlia dell’ex parlamentare di Forza Italia / Alleanza Liberalpopolare-Autonomie Denis Verdini, condannato a luglio dalla Corte d’Appello di Firenze per la bancarotta del Credito cooperativo fiorentino e la truffa sui contributi per l’editoria.

Così a naso, costoro non mi sembrano sufficientemente attrezzati o legittimati per dare consigli ad altri in materia di relazioni familiari o di famiglia tout court.

Poi c’è il preclaro ministro Lorenzo Fontana, per autodefinizione “veronese e cattolico”, il cui matrimonio è stato celebrato in due fasi: con rito “tridentino” (pre Concilio Vaticano II) dal suo consigliere spirituale Wilmar Pavesi e con rito civile dall’ex sindaco di Verona Flavio Tosi (Matteo Salvini testimone). Anche quest’uomo è un po’ difficile da capire; come ministro ha giurato fedeltà alla Costituzione Italiana ed è membro dell’esecutivo di uno stato laico, però invoca sui social media l’arcangelo Michele affinché difenda lui e i suoi nella battaglia contro il demonio – l’arcangelo guiderebbe gli angeli in tale lotta, a quanto ne so, e per quanto osservi con attenzione la compagine leghista di cui Fontana fa parte non riesco a ravvisare nei suoi membri un solo tratto angelico.

Il 13 marzo scorso, il ministro partecipa alla 63^ Sessione della Commissione NU sulla Condizione Femminile e legge un tronfio discorso sull’eccellenza del suo Paese al proposito – “impianto legislativo e strategico all’avanguardia” – in cui, tra l’altro, afferma che “Promuovere l’empowerment femminile in un’ottica di sviluppo sostenibile delle nostre società significa anche lottare contro tutte le forme di violenza e discriminazione nei confronti delle donne, delle ragazze e dei bambini, che rappresentano il principale ostacolo al godimento dei loro diritti.”

Sospetto che abbia dato mandato a qualche funzionario per la redazione dell’intervento, perché quando scrive da solo (o assieme a Ettore Gotti Tedeschi ex presidente dello Ior – Istituto per le Opere di Religione ne “La Culla vuota della civiltà. All’origine della crisi”) esprime visioni del tutto diverse: è per esempio preoccupato dal tentativo di “cancellazione della nostra comunità e delle nostre tradizioni” operato da indebolimento della famiglia, matrimoni gay, la teoria gender nelle scuole (QUALE teoria, ministro, e nelle scuole DOVE?), l’immigrazione che subiamo.

Inoltre, considera l’interruzione volontaria di gravidanza “uno strano caso di “diritto umano” che prevede l’uccisione di un innocente”… e i suoi “angeli” della Lega lo seguono eroici, rilanciando in questi giorni una proposta di legge già presentata nell’ottobre scorso che introdurrebbe lo “stato di adottabilità del concepito”: e cioè l’ovulo fecondato di una donna, dal diametro di 150 micron, annidato in un utero da cui non può essere separato per il proprio sviluppo, diventerebbe una “persona giuridica” tutelata dal tribunale per i minorenni.

E’ una “forma alternativa all’interruzione di gravidanza”, dicono questi angeli un po’ strani mentre sventolano falde clericali per allontanare la puzza di zolfo, che resta “liberamente utilizzabile dalla donna”, ma la legge 194 prevede già che la donna possa partorire in anonimato e dare il bambino in adozione, il bambino però, non un gamete misurabile in millesimi di millimetro. Un po’ più di decenza e di uso dei neuroni, please.

Il ministro Fontana che dichiara di lottare “contro tutte le forme di violenza e discriminazione nei confronti delle donne, delle ragazze e dei bambini, che rappresentano il principale ostacolo al godimento dei loro diritti” è lo stesso ministro Fontana che si professa contrario al diritto delle donne di interrompere una gravidanza? E’ lo stesso a cui piace Vladimir Putin e lo stesso che ha chiesto l’abolizione della Legge Mancino (1993 – sanziona gesti, azioni e slogan legati all’ideologia nazifascista)? E’ lo stesso che ritiene “non esistenti” le unioni civili?

Probabilmente le risposte a queste domande sono dentro di lui. Però sono sbagliate (cit. Corrado Guzzanti, “Quelo”).

Maria G. Di Rienzo

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Ogni volta in cui il “progressista” papa in carica apre la bocca in materia di relazioni fra uomini e donne – e dei rispettivi ruoli sociali – infila perle di medioevo senza che nessuno dei giornalisti / commentatori riesca a contestualizzarne e contestarne neppure una. E’ ovvio, dicono, che Bergoglio si esprima in tal modo, è questa la dottrina della chiesa cattolica.

Così, l’aborto “è di moda”, praticato da “nazisti in guanti bianchi” su donne che vogliono una “vita facile” e respingono i bambini “mandati da dio” con qualche difetto: portare avanti una gravidanza per dare alla luce una creatura che morirà a causa di una grave malformazione congenita non appena partorita (come per l’anencefalia, decesso sicuro al 100%) o che vivrà un’esistenza breve e tormentata è meglio, dio e Bergoglio sono contenti – dopotutto, non è toccato a loro.

Poi, sempre durante lo stesso pistolotto rivolto al Forum delle Famiglie (un plurale che il papa non gradisce e che ha subito “corretto”) ha lodato quelle che fanno finta di niente mentre i loro mariti si puliscono il didietro con i voti coniugali: “Una cosa che nella vita matrimoniale aiuta tanto è la pazienza, sapere aspettare. Ci sono nella vita situazioni di crisi forti, brutte, dove anche arrivano tempi di infedeltà”. Di qui, la lode di Francesco alla “pazienza dell’amore che aspetta. Tante donne, ma anche l’uomo talvolta lo fa, nel silenzio hanno aspettato, guardando da un’altra parte, aspettando che il marito tornasse alla fedeltà. La santità che perdona tutto perché ama.”

A questo punto vorrei mandarlo al cinema. A New York, tanto a lui i soldi per il viaggio e il biglietto non mancano, al Film Festival di Human Rights Watch (14 – 21 giugno 2018), per vedere “Un migliaio di ragazze come me”.

A Thousand Girls Like Me

E’ un documentario su una giovane donna afgana, la ora 23enne Khatera – in immagine nel poster – che la regista Sahra Mani presenta così: “Ogni donna in questo paese ha un centinaio di proprietari. Padri, fratelli, zii, vicini di casa: tutti credono di avere il diritto di parlare per noi e di prendere decisioni al nostro posto. Questo è il motivo per cui le nostre storie non sono mai udite, ma vengono seppellite con noi.” La religione è diversa, ma i fondamenti patriarcali sono gli stessi.

Khatera è stata presa a botte e abusata sessualmente da suo padre per più di 13 anni. E’ rimasta incinta e ha abortito innumerevoli volte. Due figli, una femmina e un maschio, li ha messi al mondo. Come da precetti suggeriti da Bergoglio, è stata molto paziente. Sua madre ha cercato di guardare da un’altra parte. Hanno aspettato, immerse ogni singolo giorno in un dolore letteralmente inenarrabile – non dovevano parlare, perché la vergogna e la condanna sarebbero ricadute su di loro. E la violenza non è finita.

Non è finita sino a che Khatera ha denunciato il suo stupratore ed è riuscita a mandarlo in galera. Lei e sua madre ricevono a tutt’oggi minacce di morte dai parenti per aver “rovinato la loro reputazione”. Tollerare l’abuso e la sofferenza, scusando e legittimando con ciò il comportamento dei perpetratori maschi, è il consiglio che non solo il papa cattolico, ma sistemi giudiziari e attitudini socio-culturali sessiste danno alle donne in tutto il mondo. Può darsi che ciò le renda “sante” agli occhi di qualche dio, ma noi non possiamo farci carico delle vostre fantasie, signor Bergoglio, in quelle che sono le nostre esistenze reali e anche se ci aspetta l’inferno dopo la morte (del che molte di noi dubitano seriamente) preferiamo mettere fine all’inferno in cui sono state trasformate le nostre vite.

Maria G. Di Rienzo

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Hanno aspettato tutta la notte fuori dal palazzo del Parlamento, con i fazzoletti verdi divenuti il simbolo di questo travolgente movimento femminista, in decine di migliaia. Attendevano l’esito di un dibattito alla Camera, durato venti ore, che sono state le loro oceaniche manifestazioni a creare: la legge che permette l’interruzione volontaria di gravidanza, in Argentina, nelle prime 14 settimane ha passato il primo scoglio ed è stata approvata con 129 voti contro 125.

argentina donne

Le attiviste sanno che sarà difficile ottenere lo stesso risultato in Senato, ma reclamano giustamente questo momento come una grande vittoria – hanno generato uno spostamento nell’opinione pubblica impensabile solo pochi anni prima.

Gran parte del merito organizzativo va a “Ni Una Menos”, che ha avuto inizio nel 2015 proprio in Argentina come risposta alla violenza di genere e si è diffuso in tutta l’America Latina, ed è stato in grado di saldare alleanze con gruppi che vanno dalla “Campagna Nazionale per il diritto all’aborto legale, sicuro e libero” a “Cattolici per il diritto di decidere”.

“Ciò prova che l’occupazione degli spazi pubblici da parte delle donne ha risultati positivi. – ha detto Alejandra Naftal alla stampa – Le donne che si mobilitarono contro la dittatura quarant’anni fa, come le Madri e le Nonne di Plaza de Mayo, hanno aperto la strada a questo potente movimento delle donne.” Alejandra dirige il Museo Esma, una ex base navale in cui 5.000 persone furono assassinate durante la dittatura in Argentina (1976 – 1983). Le donne di cui parla sventolavano fazzoletti bianchi, chiedendo la verità sui crimini del regime: oggi sventolano fazzoletti verdi, chiedendo la fine dei crimini contro loro stesse.

argentina 4 giugno 2018

Maria G. Di Rienzo

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31 maggio 2018, Irlanda del Nord, Belfast: dopo la storica vittoria del referendum nella Repubblica d’Irlanda che ha messo termine al bando sull’interruzione volontaria di gravidanza, resta quest’angolo di mondo governato dalla Gran Bretagna in cui tutto al proposito è illegale, “pillola del giorno dopo” compresa.

Le donne di Belfast sono scese a protestare davanti ai principali tribunali della città (un gruppo di esse era vestito come le Ancelle del romanzo di Atwood) e alcune hanno inghiottito la pillola suddetta di fronte alle telecamere e ai cellulari. Quando la polizia ne ha trascinata via una dall’assembramento, le altre hanno circondato la scena – non ricordo quante volte ho insegnato questa tecnica nonviolenta nei seminari in giro per il mondo – e non si sono mosse sino a che gli agenti non hanno lasciato andare la loro compagna: è la scena che vedete nell’immagine qui sotto.

belfast 31 maggio 2018

Eleanor Crossey Malone, del movimento femminista e socialista “Rosa” è stata una di quelle che ha preso la medicina pubblicamente: “L’ho fatto per sfidare le leggi obsolete e medievali contrarie alla scelta che esistono in Irlanda del Nord. Dopo il referendum non abbiamo intenzione di essere lasciate indietro più a lungo. L’Irlanda del Nord resta una delle due giurisdizioni in Europa a criminalizzare le donne per l’aborto e noi non siamo più disposte ad accettarlo.”

Destra politica e religiosa stanno fremendo: non è dato sapere se le donne che hanno assunto il medicinale fossero incinte o no ed esse hanno già dichiarato che considereranno una grave violazione dei loro diritti umani costringerle a fare test di gravidanza. Io ho il sospetto, fondato su centinaia di esperienze precedenti, che parte di esse – se non tutte – non fossero incinte: quando in Italia l’interruzione volontaria di gravidanza era illegale, molte attiviste si autoaccusarono di aver abortito come mossa politica e atto solidale.

Comunque, stante una legislazione che impedisce importazione e vendita della pillola, e persino l’assistenza medica a una donna che voglia abortire, come hanno fatto a ottenere il medicinale?

robot distributore di pillole

Con questi simpatici robot, frutto della collaborazione delle organizzatrici con “Women on Waves” e “Women on Web” – organizzazioni che forniscono consulenza e sostegno per un accesso sicuro all’interruzione di gravidanza. Di “Women on Waves”, delle sue attiviste e mediche e della sua nave che si posiziona giusto fuori dalle acque territoriali di nazioni che criminalizzano l’aborto e viene raggiunta dalle donne locali avvisate per tempo, vi avevo parlato in precedenza. L’organizzazione ha la sua base fisica in Olanda, e da là una dottoressa era in diretto contatto con le donne per consigliarle e assisterle. I robot sono stati sequestrati dalla polizia (ma non possono essere minacciati, malmenati, denunciati, messi in prigione, ecc. con qualche risultato, perciò dio sa cosa se ne faranno).

Adesso la palla passa a Theresa May, Primo Ministro del Regno Unito, giacché l’Assemblea dell’Irlanda del Nord (il cosiddetto “Parlamento di Stormont”, dal nome del palazzo in cui si riunisce) è – di nuovo – sospesa. Succede abbastanza spesso a causa dei disaccordi fra i partiti unionisti e quelli nazionalisti: attualmente questo corpo legislativo non funziona dal 9 gennaio 2017.

Le donne dell’Irlanda del Nord, però, per essere riconosciute come esseri umani dotati della piena capacità di esercitare signoria sui propri corpi, hanno aspettato sin troppo.

Maria G. Di Rienzo

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