“Se una donna esce di casa e gli uomini non le mettono gli occhi addosso, deve preoccuparsi, perché vuol dire che il suo femminile non è in primo piano. Vedi, tu puoi fare l’avvocato, il magistrato, fare tutti i soldi che vuoi, ma il femminile in una donna è la base su cui si siede il processo. Se gli uomini ti desiderano, sarai un magistrato migliore, una professoressa migliore.”
I giornali mi hanno informato che l’autore di questa opinione è il sig. Raffaele Morelli “psichiatra e psicoterapeuta che ha pubblicato decine di libri, dirige una delle riviste sul “benessere” più note d’Italia e viene invitato regolarmente in tv e radio.” Mi hanno anche mostrato la sua foto in posa, mezzobusto torto con occhiali in mano, che è uno dei format rappresentativi dell’intellettuale di sesso maschile (il più noto è l’uomo con la mano sul mento).
Riporta sempre la stampa che nel successivo confronto con la scrittrice Michela Murgia “ha prima detto di essere stato decontestualizzato, poi, incalzato dalla scrittrice e conduttrice dopo aver pronunciato altre frasi sessiste, ha concluso il suo intervento con Zitta e ascolta!“.
L’ignorante con laurea che rimette le donne al loro posto (nel letto in primis) piace molto ai media italiani: se la stronzata sessista la dice un conduttore qualsiasi possono sorgere dubbi sulla validità della stessa, perciò entra in scena qualcuno con le credenziali giuste a spiegare che una donna può avere qualsiasi tipo di abilità e aspirazione, essere bravissima nel mestiere che si è scelta e persino ricca, ma se le mutande degli uomini non si gonfiano al suo passaggio resta una fallita comunque.
Il “femminile”, com’è noto, si traduce per i misogini con “servizio” – sessuale, emotivo, materiale, di cura, eccetera – all’altro sesso e naturalmente ormai avete letto e forse scritto al proposito di tutto e di più, perciò non intendo annoiarvi con analisi dettagliate ne’, ce ne scampi iddio, suggerire che le autorevoli pensate del sig. Morelli subiscano censura a causa del risentimento delle brutte bieche stronze femministe.
Mi limiterò a consigliare un minimo di fair play: molto è stato detto in passato sul “trigger warning”, nel bene e nel male. Si tratta di un messaggio che precede la fruizione di un qualsiasi prodotto multimediale, avvisando il pubblico che il contenuto potrebbe stimolare negativamente chi ha subito un determinato trauma. Se è vero che evitare tutte le occasioni di stress è impossibile e persino che non affrontare e non contrastare gli stimoli negativi può ritardare la guarigione, è altrettanto vero che come donne non siamo obbligate a mandare giù merda 24 ore su 24.
Dopo che hanno respinto la nostra domanda di assunzione perché le mutande dell’esaminatore non hanno avuto quel che volevano (per nostra scarsa “femminilità” o per nostro rifiuto), dopo aver subito molestie in strada – a scuola – al lavoro – online, dopo essere state assalite, ingiuriate, aggredite, discriminate, umiliate, violate in centinaia di modi diversi ma con incrollabile continuità, potremmo non desiderare intrattenimento che ripete e giustifica tale trattamento.
Perciò egregi presentatori, sceneggiatori, produttori e quant’altro, siate corretti e quando vi proponete di insultarci ulteriormente date l’avviso con qualcosa di questo genere: “Il programma che sta per andare in onda contiene materiale inappropriato per le donne che pensano di essere titolari di diritti umani, cittadine a pieno titolo, degne di rispetto e libere.”
Maria G. Di Rienzo