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Posts Tagged ‘immagine del corpo’

(lettera e testamento: devo essere a breve operata agli occhi e sto scrivendo con gran fatica – mi scuso per gli eventuali errori dovuti a ciò.)

Capisco. La comunicazione “social media style” in voga è così veloce-effimera che ascoltare, riflettere, acquisire informazioni ed elaborarle è difficile. Di più: lo si stima noioso e sorpassato.

Quindi, per incapacità o per volontà, un numero enorme di persone battibecca e non discute, fa battute e passa oltre (l’argomento del giorno scade talmente in fretta da suscitare il legittimo sospetto che sia adulterato a priori), riduce a tifoseria da stadio ogni platea e taglia con l’accetta del noi/loro qualsivoglia argomento.

Ripeto, questo lo capisco: ma oltre a non aver intenzione di adeguarmi ciò che davvero non comprendo è perché agiscano in tal modo quelli e quelle che da tale modalità non guadagnano niente. La notizia stupirà qualcuno, tuttavia fatevi forza e accettate il fatto che la maggioranza degli esseri umani non lavora nell’ambito marketing yourself / shaming others – definibile con il neologismo “itagliese” payed rincoglioned autoincensing.

Meno comprensibili ancora sono coloro che apparentemente riconoscono la situazione (Bufale.net) e però si rivolgono agli altri così:

“Analizza la situazione, anziché fare l’ultras: Fedez c’ha il cu*o al caldo ed è vero: influencer, marito della Ferragni, imprenditore, rapper. Non vive come me e te in un bilocale (anzi, nemmeno quello), non conta i centesimi a fine mese e non posta da uno smartphone riadattato, è verissimo. Però tutto questo se lo è costruito, non è che lo ha ottenuto ieri e ha lottato per ottenerlo, fra lavoro e amore. E ora può far sentire la sua voce gestendo le conseguenze di esse.” (era “essa”, presumo).”

Vedi, miserabile stronzo, tu non sei riuscito a costruire niente, lavoro e amore ti sono andati a rotoli perché non hai lottato abbastanza o non hai lottato “bene” – e nemmeno ti sei procurato gli amici “giusti” che ha lui: finanziatori, banchieri, azionisti e cialtroncelli disposti a dar spettacolo per costoro a mo’ di giullari di corte. Come se si potesse arrivare ad essere ricchi sfondati con la lotta, il lavoro e l’amore, che al massimo costituiscono il cv e il saldo del conto corrente di innumerevoli attivisti / attiviste per il cambiamento sociale su tutto il pianeta. E come se arrivare ad essere ricchi sfondati giustificasse la piramide sociale dell’esclusione.

Ora, lo so che la prossima citazione è stata strombazzata dalla destra per screditare quanto il rapper ha detto sul palco del Concertone, su cui non ho nulla da eccepire, ma non resta per questo meno problematica:

“Mi interessa che Tiziano Ferro abbia fatto outing / Ora so che ha mangiato più würstel che crauti / Si era presentato in modo strano con Cristicchi / Ciao sono Tiziano, non è che me lo ficchi?”. Le spiegazioni dell’autore sono ugualmente motivo di perplessità: 1) il pezzo si chiama “Tutto il contrario” ed esprime quindi il contrario di quel che lui pensa; 2) ha cambiato idea, proprio come Salvini (che le cambia velocissimamente); 3) era giovane.

Converrete che convivono male: rivendico, abiuro, non mi assumo responsabilità perché ho scritto ‘sta roba quando ero innocente e ignorante. Trovo inadeguato conferire a costui la palma di paladino dei diritti umani: domani potrebbe cambiare di nuovo idea. Io scrivevo anche da adolescente proprio come lui, ma non ho mai partorito stronzate del genere. L’idea per cui non esistono inferiori da sbertucciare non l’ho cambiata mai e me vanto.

Inoltre, per la milionesima volta: l’outing te lo fanno gli altri (Tizio è una checca, gne gne gne!) – quando esci tu (Sono Tizio e sono gay, e allora?) si chiama coming out. E questa è la spia del perché trovo inadeguato anche porgli in capo la corona d’alloro di difensore della comunità lgbt: conoscerà individui che ne fanno parte, ma sembra ignorare storia e istanze relative ad essa. Preferisco, gusti personali, che il pavimento me lo aggiusti un piastrellista piuttosto di uno che dice: “Sì dai, lo faccio io, ho visto online un video sul reparto piastrelle di Leroy Merlin! Poi te lo racconto su Instagram! Solidarietà al gres porcellanato! Click, like, money money money!!!”

Poi, mi ripeto ancora a beneficio degli estrapolatori di parole che faticano troppo a seguire un discorso intero, tutto quel che ha detto il 1° maggio era vero – non concordo sulle modalità espressive, ma questa è di nuovo questione di gusti – ed era stato detto da parecchie persone prima di lui e persino meglio di lui: sono quelle di cui sopra, con lotta – lavoro – amore in attivo, prive però dell’amplificatore mediatico a disposizione del rapper influencer imprenditore e quant’altro.

Una seconda vicenda che ha (per certi versi incredibilmente) sofferto della mancanza di ascolto e della comunicazione frammentata – vacua – fulminea da web è stata quella relativa a Rula Jebreal e al suo annuncio via social che avrebbe annullato la partecipazione già concordata a “Propaganda Live”, per correttezza e fedeltà ai suoi principi che non prevedono l’essere l’unica donna in un parterre di ospiti composto da uomini (sebbene le fosse già capitato, come hanno notato in molti/e). Diego Bianchi e compagnia sono cascati dalle nuvole, si sono arrampicati sugli specchi (ci sono due giornaliste fisse in studio, cerchiamo le persone per le loro competenze al di là del loro sesso, abbiamo preso il Diversity Media Award ecc.) e io credo che tutti i protagonisti di questa vicenda fossero in buona fede, una buona fede che ha però come fondamenta una notevole superficialità.

E’ possibile che Jebreal durante la conversazione telefonica di ingaggio, per così dire, non abbia chiesto chi altri era presente quella sera? Io sono la Signora Nessuno, di solito chiamata a tener conferenze e incontri a titolo gratuito, però lo faccio – e se la compagnia non mi piace spiego direttamente agli organizzatori perché non potranno contare su di me. Sono femminista da oltre 45 anni. Cerco di comportarmi come un civile essere umano da quando ne ho memoria e con chiunque: peccato che tale attitudine mi torni sempre meno indietro… anche e soprattutto da molte persone che considero “alleate” o “vicine”. Con costoro mi sembra di essere passata da The times, they are a’changin a The times have changed for the worst.

Comunque, come probabilmente saprete io non ho la tv: spesso però vedo “Propaganda Live” online la mattina successiva alla sua messa in onda. Venerdì prossimo questa sua stagione si chiude, perciò mi permetto di chiedere a chi crea e gestisce il programma se nella prossima qualcosa può davvero cambiare nell’attitudine diretta alle donne. Numeri a parte, che come vi hanno ribadito sono pure importanti (chi non c’è non si vede e non si sente), vi illustro dei piccoli esempi. Mi piacerebbe:

1. che Marco Damilano – dopo aver puntualmente ricordato come qua e là ci fossero donne, quando ha incontrato Tizia, cosa ricorda di Caia – non scendesse dal palco dopo un’ultima frase a effetto del tipo “Il mondo degli uomini”. Sono una outsider, lo so, ma questo mondo è anche mio e non sono un uomo. Ogni tanto mi piacerebbe fare brevemente esperienza dell’inclusione;

2. che Marco D’Ambrosio Makkox facesse una ricerca su quante bambine / ragazze / donne si tolgono la vita dopo aver sperimentato innumerevoli aggressioni dirette ai loro corpi non conformi; dopo, decida lui se per prendere in giro Meloni una frase del genere è accettabile: “Ricordo che da bambina a scuola tutti mi bullavano perché ero cicciona… compresi quindi la sofferenza dei discriminati perché diversi… e fu allora che decisi di diventare fascista!”.

Gli altri paragoni usati nel fumetto (pubblicato da L’Espresso) mettono a confronto situazioni che oggettivamente non sono paragonabili per magnitudo – per dirne una, dar fuoco per sbaglio alla casa e capire “chi fugge dopo aver perso tutto”: l’effetto comico sta proprio in questo. Però le “ciccione bullate” come Beatrice Inguì

https://lunanuvola.wordpress.com/2018/04/06/senza-tregua/ – si buttano sotto il treno a 15 anni e a me non fa ridere;

3. che l’ospite fisso Memo Remigi riflettesse sul rispondere con icone di applausi e pollici alzati al genio che gli scrive su Twitter: “Per incrementare le vaccinazioni suggerirei, per il periodo estivo, alle infermiere che se lo possono permettere, di indossare mascherina e grembiule trasparenti sopra un bikini”. Perché chi decide cosa io mi posso o non posso permettere, in base a quali parametri e in forza di quale investitura da mio giudice?

Il corpo di una donna NON è un luogo pubblico, non è arena di dibattito per gli uomini quali esseri superiori – consumatori – acquirenti e le donne costituiscono comunque la metà della gente che deve vaccinarsi: e guardate che suggerire un trattamento simile (con l’infermiere “figo” a torso nudo e slippini ripieni) non solo non guarisce alcuna ferita ma è impossibile. Le posizioni di potere e di legittimazione da cui donne e uomini partono sono troppo diseguali. Persino Benni rinunciò, a suo tempo, dopo aver ipotizzato di sbottonare gli abiti delle infermiere per far entrare i pazienti in sala operatoria in ottime condizioni di spirito (“Elianto”): “Era allo studio un analogo trattamento per le degenti donne”. E allo studio è rimasto e rimarrà ancora a lungo, giacché la portata dell’oggettivazione dei corpi delle donne è così enorme e pervasiva, così intessuta di discriminazione e violenza, da non permettere paragoni.

Come ho detto all’inizio l’ascolto prende tempo, può essere faticoso e persino doloroso, ma se vogliamo capirci, vivere insieme e fare di questo mondo il “mondo degli uomini e delle donne”, qualcosa che valga la pena lasciare alle future generazioni, credetemi: non abbiamo altra scelta.

Maria G. Di Rienzo

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“Quali sono i vostri sogni per il 2021? Sogni personali, intimi, dedicati agli amici, alla famiglia. Ma anche sogni per il futuro dell’Italia o del mondo.”

Di seguito la mia risposta a “La Repubblica”, che in questi giorni chiede il contributo di cui sopra per la sua iniziativa “L’anno che verrà”:

Terrò per me i sogni personali, ma vi confido volentieri uno degli altri: l’avvento di un giornalismo degno del proprio nome, professionale, intelligente, che smetta di disprezzare, ignorare o odiare le donne.

Il che significherebbe, anche per voi, smettere di produrre articoli che:

– glorificano e scusano la violenza in tutte le sue forme (particolarmente quella contro le donne);

– sono scritti da analfabeti;

– non hanno alcun senso perché la “notizia” non esiste (forse Tizia ha lasciato Caio, sembra che Sempronia si sia rifatta il naso… e chi se ne importa);

– chiunque sia la donna di cui trattano cominciano con una dettagliata disamina (o la incorporano) della sua tipologia fisica, abbigliamento, accessori e trucco: della scollatura di Marie Curie o del taglio di capelli di Samantha Cristoforetti non solo non ce ne importa niente, ci irrita che non sappiate riconoscerle come donne senza farne dei manichini;

– rilanciano senza controllo qualsiasi idiozia relativa al peso corporeo: il giornalismo dovrebbe verificare prima di urlare alle epidemie o proporre diete o elencare cause/rimedi per ciò – il grasso corporeo – che NON è una malattia (sono in grado di produrre vent’anni di letteratura scientifica al proposito, ma avete raccomandato “poche righe”). Inoltre, domanda retorica, perché secondo voi la modella statunitense è curvy e la ragazza che si getta sotto il treno – grazie al bullismo diretto al suo corpo – aveva problemi di obesità?

– sono inseriti in “rubriche donna”, come per esempio i vostri di oggi:

Trucco: dal rosso al blu Kandinsky su occhi e labbra. Come ricostituenti per l’umore

Moda – Gli abiti per le festività che indosserai di nuovo nel 2021

L’incipit dice già in che settore stanno: Trucco, Moda. Non DONNA. Io sono tale e come una miriade di mie simili non mi trucco e la moda non mi interessa. E’ inutile che speriate di essere i paladini del “futuro delle ragazze” (Stem ecc.) quando quel che proponete loro è la visione trucco – moda – attenta alla panza – perché lui ti ha lasciato – come essere più affascinante ecc. ecc.

Se, scusate la volgarità, il loro scopo ultimo in questa esistenza è far avere erezioni all’altra metà del genere umano, studiare servirà a poco. A meno di non andare a scuola da quelle che voi chiamate “influencer digitali” (leggi modelle/pubblicitarie online) e impegnarsi davvero davvero ad avere un trucco perfetto… Il brano che segue è tratto da un articolo che ho scritto io il 19 febbraio dell’anno scorso (non entro nei dettagli dell’antefatto, che comprendono bambine ricoverate per tumori, giacché siamo andati già molto oltre le poche righe prescritte), ma fa riferimento a come voi date le notizie:

“Repubblica specifica che lo stage (sic) grazie a cui si imparerebbe a “bucare il video, la rete e un po’ tutte le situazioni social” è cosa di gran valore: “Giusto per dare un’unità di misura a Milano è stato registrato il sold out, con biglietti da 650 euro a testa e una coda di migliaia di persone per soli 500 posti a sedere.” Capite, per le povere bimbe malate la “influencer” lo avrebbe fatto gratis, è così commovente che sto quasi per piangere, però 650 euro x 500 individui disposti a sborsarli fa 325.000 euro: una cifra spropositata per una sorta di “formazione” agli stereotipi di genere… e il fazzoletto mi torna automaticamente in tasca.”

E la chiudiamo qua. Saluti, Maria G. Di Rienzo

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Ora che la Rai (servizio pubblico), nel mezzo di ipocrite e superficiali manfrine sulla violenza contro le donne, vi ha fornito il tutorial su come si fa la spesa sembrando una perfetta cretina (eseguito da professionista di balletti attorno a un palo e presentato da professionista che asserisce di rappresentare la “categoria donna” e ci assicura di combattere ogni giorno per ciò in cui crede, ma purtroppo non ci dice in cosa le sue credenze consistano), mi sento perfettamente legittimata a produrre tutorial anche io.

Oggi, perciò, la vecchia cessa femminista vi spiegherà professionalmente – come attivista antiviolenza e trainer alla nonviolenza – quali concetti avreste dovuto trovare in articoli e servizi relativi al 25 novembre, Giorno internazionale contro la violenza di genere. Questi:

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Si definisce violenza di genere la violenza diretta contro una persona sulla base del suo genere o sesso.

Il termine “sesso” si riferisce alle differenze biologiche esistenti fra maschio e femmina, mentre “genere” si riferisce alle differenze sociali tra essi: che sono apprese, che possono cambiare nel tempo e che variano grandemente sia fra le culture che all’interno delle culture stesse. Il genere è una variabile socio-economica, culturale e politica che può essere utilizzata per analizzare ruoli, responsabilità, opportunità e bisogni di donne e uomini.

La violenza di genere prende molte forme – può essere fisica, sessuale, psicologica, economica, legale, sociale, culturale ed essere tollerata o attivamente alimentata all’interno della famiglia e della comunità o dagli stati e dalle istituzioni.

Dall’insulto alla molestia, dalla minaccia al pestaggio, dall’umiliazione alla restrizione del godimento di diritti umani universali, dallo stupro all’omicidio – ogni manifestazione della violenza di genere è profondamente radicata in convincimenti culturali discriminatori e attitudini che perpetuano diseguaglianza e mancanza di potere, in particolare per donne, ragazze e bambine.

Contrastare la violenza di genere richiede la comprensione delle sue cause e dei fattori che ad essa contribuiscono, i quali spesso fungono da barriera a responsi e prevenzioni efficaci.

La causa principale della violenza di genere è lo status diseguale di uomini e donne (patriarcato) nato dal convincimento che queste ultime siano inferiori e che, assieme ai bambini / alle bambine e ad altri soggetti di “basso rango”, debbano essere controllate, dirette e dominate. La violenza riceve giustificazione da questa e altre idee socio-culturali normative su ciò che la “mascolinità” e la “femminilità” dovrebbero essere.

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Poiché tracciare la violenza in cronaca, nelle buste paga o nelle sentenze dei tribunali è – relativamente – abbastanza facile, nella prossima tranche del tutorial ci concentreremo sui fattori culturali che legittimano la violenza QUOTIDIANAMENTE su media e social media, il cui effetto “sfugge” di continuo agli occhi del pubblico nonostante la loro tossicità sia persino comprovata da una tonnellata di studi e ricerche.

Ripartiamo dalla pagliacciata della spesa “sexy” citata all’inizio: le reazioni ad essa avevano prodotto la cancellazione del programma, ma Rai 2 lo ha mandato tranquillamente in replica il mattino dopo, assieme a signorine in lingerie e a una professionista di reggiseni che spiegava le meraviglie del push-up (colonna sonora: “9 settimane e ½”). Vi sembra che abbiano capito qualcosa delle rimostranze? No, ovviamente: ignorano o preferiscono non considerare le basi che ho citato sopra.

La tizia in micro-gonna (una mini sarebbe stata troppo lunga), con ombelico scoperto e un chilometro di tacchi, che spiegava come mostrare meglio il culo se qualcosa durante la spesa cade sul pavimento doveva essere divertente, atta ad alleggerire questo clima opprimente da pandemia, ha dichiarato sempre la conduttrice sedicente paladina delle sue simili, ma qualcosa non ha funzionato in troppe/i si sono posti infatti questa domanda: si può sapere perché se dobbiamo divertirci la prima cosa che viene in mente agli sceneggiatori televisivi è sbeffeggiare le donne in quanto tali?

Stereotipi e pregiudizi sono formidabili alimentatori della violenza: tutti i cosiddetti “crimini dell’odio” si costruiscono attorno al disprezzo che stereotipi e pregiudizi veicolano; le aggressioni, i pestaggi “domestici”, gli stupri, i femicidi e la ri-vittimizzazione di chi ciò subisce hanno come base tale disprezzo. La ridicolizzazione delle donne può farvi avere qualche “like” in più o divertirvi personalmente ma la sua ricaduta resta il sangue: perché la violenza ha bisogno, per essere agita, della disumanizzazione dei suoi bersagli.

Ieri 26 novembre 2020 in cronaca c’erano i soliti risultati della ricetta:

Pordenone: “E’ arrivato in Questura con le mani ancora sporche di sangue, dopo aver ucciso la compagna con numerose coltellate al collo. La vittima, 33 anni, era la mamma di due bambini di 8 e 3 anni.”

Firenze: “Picchia la compagna e non apre la porta ai soccorritori. Arrestato un uomo di 25 anni per maltrattamenti e lesioni gravi. La donna ha 25 giorni di prognosi. Era già stata aggredita altre volte.”

Come la società italiana ha preparato questo?

1. Dando la colpa alle vittime (“L’aggressore fiuta la preda”, “Cosa si aspettava, di andare a recitare il rosario”, “E’ stata ingenua – stupida – complice”);

2. Giustificando gli assalitori (colti da raptus, obnubilati da alcolici e sostanze varie, giustamente furiosi per le azioni compiute dalle loro vittime, depressi, abbandonati, ecc. ecc. ecc.);

3. Scusando e premiando ed esaltando l’oggettivazione delle femmine di qualsiasi età: (“Ben venga, con le giuste precauzioni, anche la sensualità dei bambini come parte dell’essenza umana, che non ha nulla che vedere con la perversione.” riferito alle adolescenti con le dita in bocca e l’ombelico al vento usate per pubblicizzare automobili);

4. Aggredendo a colpi di svergognamento qualsiasi femmina, di qualsiasi età, rifiuti di aderire al modello in voga (magra – preferibilmente bionda tinta – tette gonfiate – cosce liposucchiate – professione obbligata influencer o youtuber o fashionista) o ne sia impossibilitata per qualsivoglia motivo;

5. Continuando a sparare ignoranti cazzate immani e ignoranti volgarità abissali su cosa sono le donne e cosa sono gli uomini tramite social media, programmi televisivi e simili.

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Fase 3 del tutorial: BREAK FREE!!!

L’immagine “sociale”, ossia la visione che altri hanno di noi e dei gruppi a cui apparteniamo (per caso o per scelta), gioca un ruolo assai importante in un vasto raggio di processi psicologici – relazioni interpersonali, scelta del/della partner, espressione delle emozioni, solo per citarne alcuni.

Tuttavia, ognuno di noi ha molto più controllo su questo lato della propria vita di quanto sia stato indotto a credere: possiamo decidere cosa fare dei messaggi che ci investono.

* Cominciate prestando attenzione a come vi sentite rispetto a essi.

Vacca, troia, puttana, cicciona, brutta, sciatta, “inchiavabile” eccetera non sono “critiche costruttive” di cui dovete tener conto per programmare le vostre azioni future, sono insulti tesi a ferirvi: non hanno alle spalle alcuna logica, alcun dato, alcun ragionamento e meno che mai vengono proferiti “per il vostro bene” visto che l’unico loro scopo è distruggere la vostra autostima e zittirvi.

Perché mai la cosiddetta opinione sul vostro conto del primo stronzo che passa dovrebbe avere più valore della vostra e perché mai dovrebbe esserle delegata la capacità di dirigere la vostra vita (di cui il suo detentore- o la sua detentrice – non sa un piffero)? C’è un’unica esperta della mia esistenza, che vive nella mia pelle: me stessa. Mi sembra ovvio che le decisioni su tale esistenza io sia più qualificata a prenderle rispetto al suddetto stronzo.

* Escludere dalla vostra cerchia le persone distruttive non è censura, è buonsenso.

Però, se “bannare” il tal follower è una semplice azione alla vostra portata, è molto più difficile evitare i messaggi pubblicitari o le narrazioni abominevoli contenute nei programmi televisivi e negli articoli di giornale. Cercate narrazioni alternative: non solo esistono ma sono prodotte in base a principi di civiltà e ad analisi scientifiche, storiche, sociologiche. Una volta che vi siate formate/i una base di conoscenza sulla relazione fra pregiudizi, stereotipi e violenza diffondetela come se non ci fosse un domani… anche perché in questo modo favorirete per altri esseri umani la possibilità di averlo, un domani.

* Sottraete il vostro consenso alla violenza.

So che non l’avete dato formalmente, ma il silenzio è spesso interpretato per tale, perciò protestate, urlate, dissentite, battete mestoli sulle casseruole. E come vi arriva “eeeh… questo è bigottismo” oppure “bisognerebbe capire quanto violenta era la donna psicologicamente” o ancora “questo è un delinquente, il fatto che sia maschio non ha nessuna importanza” e “ma invece hai letto di quella che ha ucciso il suo bambino?”… tornate al punto precedente e cancellate questi ipocriti dai vostri contatti. Non vogliono discutere con voi, non gli interessa una mazza quel che dite, non sono disposti ad imparare niente e la violenza (soprattutto quella contro le donne) gli piace. Avete tempo da perdere, voi?

Maria G. Di Rienzo

P.S. A differenza di note personalità che fissano a circa 600 euro il biglietto per assistere a una loro “lezione di trucco”, l’autrice sunnominata vi ha offerto questo tutorial del tutto gratuitamente – e ne va fiera.

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Ok, questo è l’articolo che dovevo pubblicare stamattina. Il suo aspetto è il massimo che riesco a realizzare con il nuovo editor di WordPress: uno strumento così agile e facilmente accessibile e preciso (aggiungete lodi ironiche a vostro piacere) che non sono riuscita a fare quel che volevo. Probabilmente nei prossimi giorni non scriverò nulla qui.

Dati Eige – Istituto Europeo per l’eguaglianza di genere.

In Europa, dai quindici anni in poi:

1 donna su 3 subisce violenza fisica e/o violenza sessuale

1 donna su 2 subisce molestie sessuali

1 donna su 20 è stata stuprata

1 donna su 5 ha subito stalking

il 95% delle vittime di traffico a scopo di sfruttamento sessuale è composto da donne

La violenza di genere è un fenomeno composito che ha profonde radici nello sbilanciamento di potere fra uomini e donne, nelle aspettative relative ai ruoli di genere, nelle istituzioni e strutture sociali. Come tale, non può essere affrontato senza mettere in questione credenze e attitudini culturali che perpetuano la violenza contro le donne. Le più comuni di queste sono ormai note anche a chi non si interessa della questione (dopotutto, noi noiose femministe le ripetiamo da lunghissimo tempo): mascolinità intesa come espressione di potere in cui dagli uomini ci si aspetta che abbiano il dominio degli spazi pubblici, delle sedi decisionali e del maneggio delle risorse; femminilità intesa come servizio, in cui dalle donne ci si aspetta che assumano ruoli di cura e che stabiliscano relazioni sulla base dell’essere docili, sottomesse e obbedienti. In sintesi, i ruoli di genere sono categorie identitarie costruite le cui qualità e i cui attributi si escludono a vicenda.

Misurare la violenza di genere è complesso. Vittime e perpetratori possono non percepire le motivazioni dell’atto violento come radicate nei sistemi e nelle strutture sociali e persino non identificare la violenza come tale, il che produce e riproduce diseguaglianza, discriminazione e abuso attraverso molte dimensioni.

Una delle “nuove” attitudini culturali che alimenta la violenza di genere è la presentazione dell’ipersessualizzazione coatta di bambine, ragazze e donne come scelta, libertà, empowerment, intelligenza imprenditoriale, piccante ma innocuo intrattenimento (e fatevela una risata, e scopate qualche volta…)e ultima frontiera del femminismo: che grazie a ciò non avrebbe più ragione di esistere. I media hanno assunto un ruolo chiave in tale scenario. Da quelli per così dire tradizionali a quelli online, tendono purtroppo a perpetuare ossessivamente la diseguaglianza di genere.

La letteratura accademica (ricerche e studi) che si è finora concentrata sulla sessualizzazione di bambine, ragazze e donne ha attestato l’enorme influenza dei media sulla nostra percezione dei ruoli che costoro dovrebbero avere nella società e sulle loro stesse aspettative e aspirazioni.

Moda e pubblicità ripetono stereotipi che nella mente delle donne di qualsiasi età diventano scarsa autostima e vulnerabilità. Facebook, Instagram, Snapchat ecc. sono diventate vetrine in cui ragazze e adulte pubblicano immagini di se stesse chiedendo commenti sulla loro bellezza, sul loro trucco, sui loro vestiti, sul loro grado di appetibilità sessuale. I social media hanno amplificato la pressione già esistente a conformarsi a narrative sessualizzate che hanno diretto impatto negativo sulla salute mentale, emotiva e fisica delle donne su scala globale: ansia rispetto alla propria apparenza, sentimenti di vergogna, disturbi alimentari, depressione, autolesionismo, suicidio. Che dieci, cento o persino mille influencer, celebrità, show-girls stiano benone e facciano un sacco di soldi vendendo la tiritera dell’abito stretto e dell’immagine sexy o pornografica non diminuisce di un milligrammo il danno fatto da tale narrativa a milioni di altre donne. Perciò, quando qualcuno pensa che dimenando il culo in tv o su Youtube in un certo modo e con determinato abbigliamento una donna diventi una paladina della libertà femminile, sta in pratica accettando che scodinzolare allegre per la soddisfazione dello sguardo maschile e presentarsi virtualmente sempre pronte al servizio sessuale per i possessori di tale sguardo sia il massimo traguardo raggiungibile da una donna. Di più: è l’unico traguardo proposto / imposto, con una virulenza tale da far impallidire il Covid-19.

La sessualizzazione coatta è ovunque: nei programmi televisivi – persino in quelli per bambini, nei film, negli annunci pubblicitari, nei videogiochi, nei giocattoli, nelle campagne di marketing… E se le ragazze diventano ossessionate dal loro aspetto e da come renderlo più sessualmente attraente per i membri dell’altro sesso, i ragazzi imparano dal modo in cui i loro corpi sono rappresentati in relazione alle donne a interiorizzare la nozione che il loro successo è strettamente legato al potere, all’aggressività, al dominio sulle donne, alla violenza.

Quando i media rinforzano le dinamiche di potere che degradano e feriscono le donne e fanno apparire triviale la violenza di genere (e fatevela una risata, e scopate qualche volta…) oltre a favorirne la continuazione riducono la possibilità che gli atti di violenza contro bambine, ragazze e donne siano denunciati: in particolar modo aggressioni sessuali, molestie e stupri. Le donne devono essere carine (sexy), gli uomini potenti; le donne devono farsi notare (sexy), gli uomini devono farsi rispettare. Avete idea di che impatto ha questa manfrina non solo sullo sviluppo di una bambina, ma sulla nostra cultura in generale?

Esaminate questa vicenda, in cronaca ieri 2 settembre 2020. E’ squallida, ma le coperture offerte dai quotidiani non sono da meno:

Titolo: Festini con coca e baby prostitute a Bologna, sei indagati: ai domiciliari politico leghista

(Trattasi del 27enne Luca Cavazza, candidato per la Lega con Lucia Borgonzoni alle ultime elezioni regionali, estimatore di Mussolini, ora appunto agli arresti domiciliari.)

Dall’articolo: “Secondo quanto ricostruito l’ipotesi degli investigatori è di un giro di ragazzine arruolate e portate in un residence fuori città, per prestazioni sessuali in cambio di droga. Tutto è partito dalla denuncia di una madre che aveva intercettato dei video nel cellulare della figlia.”

Titolo: Villa Inferno: orge con minorenni e cocaina. Avvocati e politici, trema la Bologna bene

Occhiello: Tutti stimati professionisti gli otto uomini finiti nei guai per i festini con una 17enne. Le accuse: prostituzione minorile e spaccio.

Dall’articolo: “Una vita come quella dei film, anzi sembra proprio un telefilm di Netflix, ’Baby’, che racconta di ragazzine annoiate dei Parioli che entrano in un giro di prostituzione e droga ben più grande di loro. Invece, almeno secondo quanto ricostruito dagli inquirenti della Procura di Bologna (…) questa volta sarebbe accaduto per davvero. È la storia di una ragazzina di diciassette anni, il cui racconto ha permesso di svelare un presunto giro di festini a base di cocaina e prostituzione, anche minorile. E la principale location in cui tutto questo avveniva sarebbe la villa di un imprenditore bolognese, soprannominata non certo a caso ’Villa Inferno’. A finire nei guai, otto uomini (ecc.)”

Titolo: Orge con minorenni e cocaina: arresti nella Bologna ‘bene’

Occhiello: “In carcere un noto imprenditore edile e un capo-ultras con un passato da candidato politico. Nei guai anche un avvocato e un socio di un noto ristorante.”

Dall’articolo: “Secondo le carte dell’indagine (…) lo scenario dei festini a luci rosse è quello della villa fuori Bologna di un noto imprenditore 48enne, unico ora in carcere, dove da almeno ottobre 2019 a febbraio di quest’anno si sarebbero tenuti incontri riservati a base di sesso e cocaina, con la partecipazioni delle ragazzine, non ancora maggiorenni.”

La legge italiana ritiene illecito agevolare, favorire o indurre alla prostituzione le persone anche quando esse sono maggiorenni (chi si prostituisce non infrange la legge). Il reato di prostituzione minorile è previsto dal codice penale (art. 600 bis) e se ne macchia chi induce alla prostituzione minorenni o la favorisce, la gestisce, la organizza e la sfrutta; parimenti è reo chi compie atti sessuali con un/una minore di età compresa tra i quattordici e i diciotto anni, in cambio di un corrispettivo in denaro o altra ricompensa. Il/la minore coinvolto/a non è colpevole di niente.

In altre parole, pagare le ragazzine in qualsiasi modo non rende quel che è accaduto loro qualcosa di differente da un atto di violenza subita: resta un reato contro la persona e definire “baby prostitute” le ragazze in questione è spostare scientemente su di loro il biasimo che dovrebbe andare a proprietario e frequentatori della villa… che invece, come spiega l’articolo n. 2, sono tutti “stimati professionisti” finiti “nei guai” (sono indagati, sotto indagine: dirlo è così difficile da necessitare parafrasi?). L’autrice del pezzo, non sapendo nulla delle minori reali, le inventa: sono ragazzine annoiate che volevano vivere come nei film. L’effetto di svergognamento è persino migliore di quello ottenuto dalle “baby prostitute”.

Poi c’è il terzo prodotto di fine giornalismo che, oltre a reiterare la compassione per i poveracci a cui è capitato un guaio (tipo fulmine giù per il caminetto o sbandata in auto su strada scivolosa: sono sfortunati incidenti, non vorrete mica dar loro qualche responsabilità?), ci informa che usare le frasi indurre alla prostituzione minorenni e abusare sessualmente di loro sarebbe metterla in maniera troppo grezza, meglio parlare di “incontri riservati”, qualcosa di piccante e molto elegante e trasgressivo e hot – hot – hot che i ricchi fanno quando (loro sì) si annoiano di andare a letto con mogli, fidanzate, amanti fisse, amanti occasionali, sex-workers nei resort o puttane sui viali.

Le dichiarazioni della minorenne che hanno portato alla luce la vicenda si inquadrano alla perfezione nello scenario che vi ho dettagliato sopra:

“Secondo quanto emerso, gli incontri non avvenivano solo in una villa nel Bolognese (ribattezzata “Villa Inferno”) di proprietà di uno degli indagati, Davide Bacci, ma in un caso anche in albergo o in altre abitazioni private. La 17enne racconta che una volta è rimasta tre giorni a casa di uno degli indagati, ora sottoposto alla misura dell’obbligo di firma alla polizia giudiziaria. Dopo aver consumato cocaina, spiega di “essersi prestata a fare giochi sessuali” con un’altra donna, per “il piacere visivo” dell’uomo che era con loro. (…)

Ascoltata nuovamente dai carabinieri, la minorenne racconta un altro episodio, stavolta nella villa, dove ha un rapporto sessuale con una ragazza di circa 29 anni. “Ad un certo punto – dice – Bacci seguito da alcuni amici si è avvicinato alla stanza e ricordo ha cominciato a filmarci”. Quella sera stessa, “a casa sua, dopo che mi aveva videofilmato, l’ho seguito insieme ad altri in sauna e lì ricordo di aver avuto un rapporto sessuale con lui che non sono riuscita a negare anche perché ero in casa sua dove avevo assunto gratuitamente parecchia coca.

La ragazzina spiega inoltre di aver in seguito “rallentato” i rapporti con Bacci perché lui aveva fatto “circolare il video” e aggiunge inoltre che “Bacci non mi ha mai dato completamente dei soldi per l’attività sessuale, ma ricordo di aver ricevuto da lui una somma di denaro a gennaio 2020, soldi che mi servivano per fare le unghie delle mani“.

La ragazza non potrebbe avere più chiaro qual è il suo ruolo in quanto femmina: il servizio. Si presta per il piacere altrui. Non può negarsi, è in casa del padrone maschio che le ha anche offerto droga. Dev’essere bella, dev’essere notata, deve essere gradevole – desiderabile – scopabile per gli uomini: e quindi ci sono le unghie da fare, i capelli da fare, la dieta da fare, i vestiti da comprare, le scarpe con il tacco da comprare, i cosmetici da comprare… fra qualche anno le tette da gonfiare, le cosce da “liposucchiare”, le rughe da stirare.

Il comandante dei carabinieri di Bologna che ha coordinato l’indagine si è appellato alle famiglie, a cui raccomanda di “avere sempre la guardia molto alta e non trascurare alcun segnale. È evidente che, in situazioni di questo tipo, la differenza la fa proprio famiglia e l’attenzione che la famiglia pone verso ogni comportamento sospetto dei propri figli.”

Purtroppo è prima che la famiglia ha difficoltà a fare qualcosa. Prima, quando tutti i canali televisivi, una valanga di prodotti cinematografici, i quotidiani e le riviste, i social media ecc. istruiscono la figlia a considerare una che pubblicizza online marchi appiccicati al suo corpo un modello di successo femminile (nonché “imprenditrice digitale”) e le ripetono 24 ore al giorno che o è BELLA o è NIENTE. O piace agli uomini e li soddisfa o è solo una “cessa” da prendere per i fondelli.

Prima, quando alle elementari dovrà fare i compitini sul “valore della bellezza” e leggere sui testi schifezze presentate come verità assolute, come normalità: “Rossella è così bella da sembrare un angelo, mentre sua sorella è talmente brutta che nessun ragazzo la degna di uno sguardo.”

( https://lunanuvola.wordpress.com/2020/05/18/elementare-fabbri/ )

Quando arriva ad avere “comportamenti sospetti” a diciassette anni il danno è già stato fatto. Fare uscire dalla storia del nostro paese le “ville infernali” richiede cambiamenti sistemici e sociali che i genitori, pur con tutta la loro buona volontà, non possono conseguire da soli. Sul piano generale, avere leggi che sanzionano la violenza diretta a bambine, ragazze e donne è sempre una buona cosa, avere più donne nelle sedi decisionali è sempre una buona cosa, chiedere una rappresentazione mediatica più realistica delle donne è sempre una buona cosa, ma concretamente e in ultima analisi la sessualizzazione coatta e lo sfruttamento sessuale e l’abuso smetteranno di esistere solo se scomparirà la domanda per essi. Terra terra: gli uomini che queste violenze desiderano, che le organizzano, che ne godono, che le impongono devono darci un taglio.

“Giù le mani dai bambini” scriveva su FB il 23 gennaio scorso, in occasione della manifestazione leghista a Bibbiano, il 27enne frequentatore di “incontri riservati con minorenni” Luca Cavazza. Per le bambine non vale?

Maria G. Di Rienzo

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maria laterza

“Il corpo grasso impenitente è pericoloso perché, come molte altre cose pericolose, suggerisce vi sia un altro modo – e c’è sempre stato un altro modo. Io so cosa sta succedendo, dice il corpo grasso impenitente prendendoti per mano e trascinandoti via dalla folla. Vieni con me e te lo mostrerò.

Le donne grasse che non si scusano abbracciano la filosofia dello spiazzamento. Manifestano l’audacia del prendere spazio. Fendono l’aria stessa. Questa non è solo la grossezza del corpo, è la grossezza della mente. Se hai un corpo grande, occupi la stanza come condizione predefinita. Se hai una mente grande, scegli di occupare la stanza.”

carmen

Carmen Maria Machado (in immagine qui sopra), scrittrice, donna lesbica, 2020. Di suo, in italiano potete leggere “Il suo corpo e altre feste”, Ed. Codice.

(Trad. Maria G. Di Rienzo.)

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Se una donna esce di casa e gli uomini non le mettono gli occhi addosso, deve preoccuparsi, perché vuol dire che il suo femminile non è in primo piano. Vedi, tu puoi fare l’avvocato, il magistrato, fare tutti i soldi che vuoi, ma il femminile in una donna è la base su cui si siede il processo. Se gli uomini ti desiderano, sarai un magistrato migliore, una professoressa migliore.”

I giornali mi hanno informato che l’autore di questa opinione è il sig. Raffaele Morelli “psichiatra e psicoterapeuta che ha pubblicato decine di libri, dirige una delle riviste sul “benessere” più note d’Italia e viene invitato regolarmente in tv e radio.” Mi hanno anche mostrato la sua foto in posa, mezzobusto torto con occhiali in mano, che è uno dei format rappresentativi dell’intellettuale di sesso maschile (il più noto è l’uomo con la mano sul mento).

Riporta sempre la stampa che nel successivo confronto con la scrittrice Michela Murgia “ha prima detto di essere stato decontestualizzato, poi, incalzato dalla scrittrice e conduttrice dopo aver pronunciato altre frasi sessiste, ha concluso il suo intervento con Zitta e ascolta!“.

L’ignorante con laurea che rimette le donne al loro posto (nel letto in primis) piace molto ai media italiani: se la stronzata sessista la dice un conduttore qualsiasi possono sorgere dubbi sulla validità della stessa, perciò entra in scena qualcuno con le credenziali giuste a spiegare che una donna può avere qualsiasi tipo di abilità e aspirazione, essere bravissima nel mestiere che si è scelta e persino ricca, ma se le mutande degli uomini non si gonfiano al suo passaggio resta una fallita comunque.

Il “femminile”, com’è noto, si traduce per i misogini con “servizio” – sessuale, emotivo, materiale, di cura, eccetera – all’altro sesso e naturalmente ormai avete letto e forse scritto al proposito di tutto e di più, perciò non intendo annoiarvi con analisi dettagliate ne’, ce ne scampi iddio, suggerire che le autorevoli pensate del sig. Morelli subiscano censura a causa del risentimento delle brutte bieche stronze femministe.

Mi limiterò a consigliare un minimo di fair play: molto è stato detto in passato sul “trigger warning”, nel bene e nel male. Si tratta di un messaggio che precede la fruizione di un qualsiasi prodotto multimediale, avvisando il pubblico che il contenuto potrebbe stimolare negativamente chi ha subito un determinato trauma. Se è vero che evitare tutte le occasioni di stress è impossibile e persino che non affrontare e non contrastare gli stimoli negativi può ritardare la guarigione, è altrettanto vero che come donne non siamo obbligate a mandare giù merda 24 ore su 24.

Dopo che hanno respinto la nostra domanda di assunzione perché le mutande dell’esaminatore non hanno avuto quel che volevano (per nostra scarsa “femminilità” o per nostro rifiuto), dopo aver subito molestie in strada – a scuola – al lavoro – online, dopo essere state assalite, ingiuriate, aggredite, discriminate, umiliate, violate in centinaia di modi diversi ma con incrollabile continuità, potremmo non desiderare intrattenimento che ripete e giustifica tale trattamento.

Perciò egregi presentatori, sceneggiatori, produttori e quant’altro, siate corretti e quando vi proponete di insultarci ulteriormente date l’avviso con qualcosa di questo genere: “Il programma che sta per andare in onda contiene materiale inappropriato per le donne che pensano di essere titolari di diritti umani, cittadine a pieno titolo, degne di rispetto e libere.”

Maria G. Di Rienzo

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stop

“Guarda com’erano belli magri!”, disse qualche anno fa una dirigente di una grande cooperativa di distribuzione alimentare, indicando la fotografia di bambini denutriti nell’immediato dopoguerra. Nessuno dei presenti le rispose che se era uno scherzo non faceva ridere e neppure la invitò a considerare l’ipotesi di cercare di curarsi dall’ossessione “grassofoba”. Perché quel giorno, come tutti i giorni da anni e prima e dopo quello specifico giorno, non c’era media cartaceo o virtuale che non avesse minimo un articolo (ma in genere sono più d’uno) su come perdere peso, sul dovere di perdere peso – soprattutto per le donne, sulle conseguenze apocalittiche del non perdere peso (ormai le hanno dette proprio quasi tutte: mancano l’invasione di cavallette e la peste bubbonica).

Poi ieri, 23 giugno 2020, arriva in cronaca quel che è la “normale” vita da perseguitati destinata ai bambini che non sono “belli magri” – espressione che ormai è una figura retorica, in quanto i due termini sono diventati sinonimi. I giornali lo fanno così:

– Napoli, bullizzata dagli amici perché obesa: 12enne in ospedale

– Bullizzata su instagram perché obesa, 12enne finisce in ospedale per una sincope

– Napoli, bullizzata dagli amici su Instagram: «Fai schifo, cicciona», 12enne finisce in ospedale

All’interno dei pezzi si specifica che la ragazzina è stata insultata, minacciata, svergognata con immagini pubblicate online… non a causa della stronzaggine abissale e dell’interiorizzazione dell’odio grassofobo da parte dei suoi aguzzini (un 14enne e una 13enne) ma “per i suoi chili di troppo” o perché “è sovrappeso”. Nessuno usa la semplice parola “grassa” o qualcuno dei suoi equivalenti eufemistici quali tondetta, paffuta eccetera: capite, facendolo si potrebbe suggerire fra le righe che la condizione della fanciulla sia accettabile, invece la sua responsabilità nel non essere aderente al modello prescritto socialmente dev’essere chiara.

Le minacce si sono estese alla madre che ha cercato di mettere fine allo stalking: i due sbruffoncelli la informano che si sta organizzando un pestaggio della ragazzina e che “più continui più la pestiamo… dimostra un po’ di affetto per tua figlia”. Dopo il crollo della dodicenne, la madre ha presentato denuncia ai carabinieri.

Cosa credete ci fosse tutt’intorno alla notizia? Diete, prove bikini, ululati finto-medici, perentori inviti a “mettersi in forma” e il nuovo sensazionale metodo “pincopallo” con cui la celebrità di turno è dimagrita.

L’avvocato dei due giovanissimi bulli (come futuri mafiosi promettono bene, ma potrebbero avere carriere eccellenti anche nell’ambito fitness) troverà assai facile argomentare che le loro azioni erano motivate dalla preoccupazione per la salute fisica e mentale della loro “amica” – letteralmente infatti, almeno per il momento, hanno distrutto entrambe.

Maria G. Di Rienzo

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(“Dear Bastards”, di Katherine Davis, poeta e femminista contemporanea, di origine statunitense, che vive in Canada. Trad. Maria G. Di Rienzo. L’immagine ritrae il “Monumento alla Lavoratrice Ignota” di Louise Walsh, che si trova a Belfast in Irlanda del Nord.)

Unknown woman worker

Gli uomini mi hanno estraniata dalla mia mente e dal mio corpo, hanno

sbattuto contro di me, che ancora sgambettavo, una lastra di pietra dei Dieci Comandamenti,

hanno succhiato le mie lacrime con un aspirapolvere, mi hanno iscritta a

gare di ignoranza, dove sono stata drogata e messa in posa con

un bikini rosso, per rispondere a domande banali mentre andavo sui pattini a rotelle.

Ma il rossetto attorno alla mia bocca balbettava un rosa disfatto,

i miei seni si afflosciarono, i miei capelli erano unti. Inutile per competere

contro altre donne, fui messa in piedi nuda come

modello anatomico, mentre dottori davano lezioni a mucchi di aspiranti

specializzandi, tutte le generalizzazioni basate sullo studio del patriarcale.

Informata ripetutamente che i miei sentimenti erano impossibili, ho scavato cunicoli

sotto la mia pelle, ho fatto il bagno in sangue ossigenato, energia vitale, ho costruito

un palazzo interiore fino a che sono stata vecchia e istruita e molto lontana dai

despoti, per conquistare una fredda montagna ho scavato le fondamenta in profondità nella roccia,

eretto un monumento a tutto quel che sono diventata, nonostante, a causa di, un

razionale, compassionevole cuore, eroe del confronto e dell’affronto.

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La pubertà arriva un anno prima, sotto accusa obesità e inquinamento.

Iraq: catturati 8 membri dell’Isis. Hanno tentato di scappare ma erano obesi e lenti.

Roma: la sindaca Raggi inaugura il monumento al Body Mass Index.

Renzi: ‘La messa fuorilegge dell’adipe è vicenda da affrontare subito’.

Borsa: Europa in forte rialzo, Francoforte +2%: ha oltrepassato il peso forma.

Tutti fuori, da Nord a Sud. Lamorgese ai giovani: ‘State attenti alle calorie’.

Il Senato respinge le mozioni di sfiducia su Bonafede. Il ministro soddisfatto: ‘Ora al lavoro per finanziare i centri dimagrimento’.

Bagarre alla Camera, M5S attacca la sanità lombarda: alcuni pazienti Covid erano grassi, perché sono stati curati?

Pronto a Milano il treno per trasportare gli obesi a Treblinka.

holocaust train

Zingaretti: “La liposuzione diventi moda dell’estate”.

Folla di ciccioni fuori da un locale a Firenze: avvisati dalla polizia di stare fuori dalla vista delle persone belle e normali.

Proteste per gli ombrelloni più larghi in spiaggia: volete metterci sotto degli obesi.

Solo una di queste frasi non l’ho manipolata io dai titoli della stampa nostrana. La prima. E’ falsa (non scientifica) come tutte le altre – le quali però, se ignoranti e profittatori di ogni tipo insistono, potrebbero magari diventare vere nel prossimo futuro. Quale simbolo ci faranno cucire sui vestiti, una bilancia o un mottarello? (Naaah, tanto i trasgressori si vedono a occhio: eh, che ridere!)

Maria G. Di Rienzo

P.S. Il titolo descrive quella che è ormai la mia “emozione” principale nel leggere i giornali ogni mattina.

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fabbri editore

(immagine da Rising Feminism)

Dunque, questo è un testo per le scuole elementari, ed. Fabbri, anno corrente.

Lucia è troppo grassa per indossare una minigonna”.

Rossella è così bella da sembrare un angelo, mentre sua sorella è talmente brutta che nessun ragazzo la degna di uno sguardo”.

L’upgrade per le medie potrebbe essere così:

“Alle donne piace:

– fare i lavori di casa;

– ricevere fischi e palpate per strada;

– depilarsi, truccarsi e stare a dieta;

– essere stuprate.

(Esercizio trabocchetto, perché tutte le risposte sono giuste!)”

Alle superiori potremmo magari entrare più nei dettagli:

Presente:

“Nadia non riesce ad avere un ragazzo perché non è abbastanza coraggiosa e liberata e ironica per mandargli le foto di nudo che lui richiede;

Irene non ha amici perché non si veste bene e non va in discoteca;

Marta ha 14 anni ed è ancora vergine!”

Presente e futuro:

“Elena va male a scuola: ma tanto la scuola a cosa le serve, è una femmina e per quanto studi non capirà mai nulla!

Marta ha 15 anni, è ancora vergine e se continua a non lavorare sulla propria bellezza lo sarà per sempre.”

Passato:

“Marta aveva 16 anni ed era una schifosa lesbica, ma dopo uno stupro di gruppo correttivo imparò ad apprezzare gli uomini e qual era il suo posto nel mondo.”

Ehi, Ministra Azzolina, se il trend è questo le dobbiamo proprio riaprire le scuole? Chiedo per circa trenta milioni di amiche, la metà della popolazione italiana, fra cui Marta e la sua ragazza che mi incaricano di mandarla a quel paese (ambasciator non porta pena).

Maria G. Di Rienzo

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