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Posts Tagged ‘giornalismo’

Francamente non mi chiedo perché Giovanni Gozzini, docente universitario a Siena, si sia sentito legittimato a usare per Giorgia Meloni il linguaggio spregiativo che investe le donne – di ogni età, censo, tipologia ecc. – ogni giorno e in qualsiasi circostanza. (Per un attimo, mi sono invece domandata come stanno le sue allieve.)

La prassi delegittimante rivolta alle donne, per cui se devi contestarne l’operato attacchi le persone su base sessuale, è talmente “comune” che probabilmente gli salta in bocca senza che neppure debba pensarci su. E sono pronta a scommettere che se i suoi insulti sono stati indirizzati in passato a una donna comune (non famosa), le rimostranze abbiano ricevuto al posto della “solidarietà bipartisan” la consueta manfrina “era uno scherzo – fatevi una risata – sei una femminazista priva di senso dell’umorismo”… Scommetto pure sul fatto che la maggioranza degli sdegnati pubblici attuali è composta da ipocriti che almeno una volta hanno detto/scritto proprio quanto sopra, ma lasciamo pur andare.

Quel che mi ha lasciato davvero perplessa è l’entusiastico bailamme scatenatosi attorno alle dichiarazioni del compagno di Meloni, definito ripetutamente “giornalista di Tgcom24” (per cui si suppone conosca l’italiano), che contengono questa frase: “(…) io spiegherò a mia figlia quanto sua madre sia valorosa e meritevole di ciò che ha fatto nella sua vita.”

Non esaminerò qui il valoroso operato pubblico, giacché non lo giudico tale, ma “meritevole di ciò che ha fatto” non ha senso ed è scorretto. Forse il giornalista Andrea Giambruno voleva dire “meritoria per ciò che ha fatto nella sua vita”. Forse potrebbe fare un altro mestiere. E, fatta salva la condanna per l’episodio di cui è stata involontaria protagonista, forse potrebbe cambiare professione anche Giorgia Meloni: nessuno dei due brilla.

Maria G. Di Rienzo

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Dall’inizio del 2021, in Italia c’è stato un femminicidio ogni 5 giorni (3 sono stati perpetrati nelle 24 ore tra il 6 e il 7 febbraio). In questi giorni, sulla stampa:

“Il procuratore aggiunto di Palermo Laura Vaccaro (…) torna a lanciare un appello a tutte le donne: “Non abbiate paura di denunciare – dice – C’è sempre qualcuno disposto ad ascoltarvi. C’è soprattutto una rete di accoglienza per tutelare voi e i vostri figli“. “

“Soltanto due settimane fa Repubblica ha aperto l’Osservatorio Femminicidi e ci troviamo già qui a contare altre donne morte. (…) E quante volte dobbiamo registrare il dolore di parenti e amici che raccontano di segnali non colti. Non c’è più tempo però, non c’è per aspettare redenzioni, non c’è per dare seconde possibilità che spesso sono quarte o quinte. Denunciare, rivolgersi ai centri antiviolenza. Dare alle donne la certezza di essere ascoltate, e aiutate.” Oriana Liso

” (…) un mese fa aveva chiamato la polizia, ma poi non aveva voluto presentare denuncia contro il compagno violento.” (riferito a Piera Napoli, 32 anni, assassinata dal partner)

“Ventinovenne uccisa a coltellate nel Salento, fermato per omicidio il suo ex: era in fuga. In passato aveva già minacciato la vittima di femminicidio: “Una tragedia annunciata“. “

Il quadro postula come al solito due assunti falsi: primo, che la responsabilità di fermare la violenza ricada sulle vittime di quest’ultima; secondo, che esista una diffusa solidarietà nei confronti delle vittime stesse.

L’afflato verso le donne investite dalla violenza assume le seguenti forme se muoiono:

– Era una ragazza semplice e solare.

– Era una donna piena di vita.

– Inspiegabile e assurda tragedia.

– Perché nel 2021 ci sono ancora queste persone per cui le donne non sono niente?

– Dobbiamo fermare tutto questo! Basta violenza sulle donne.

(Più i consueti svarioni pseudo-lirici fatti di stelle, angeli, coretti e applausi.)

Per contro, se restano vive dopo l’assalto, lo stupro o anni di pestaggi, il loro comportamento è sottoposto al più severo degli esami non solo dagli stessi che cianciano a vanvera con le frasi di cui sopra, ma da poliziotti, medici, avvocati e giudici… i quali costituiscono la parte istituzionale della succitata “rete di accoglienza” che dovrebbe “tutelarle”: gli opinionisti da strapazzo, i commentatori seriali sui social media, la grande bagarre misogina dei media tutti fanno il resto.

I parametri dello scandaglio sono la fiera patriarcale dello stereotipo di genere: era bella, non era bella (solo le belle sono degne di violenza sessuale); era brava, non era brava (quelle brave sospettano di tutti, non vanno a feste, non escono da sole, denunciano – ma anche NON sospettano, per non offendere l’uomo di turno, vanno alle feste perché il suddetto deve mostrarle agli amici come trofei, escono da sole per andare ad incontrarlo, NON denunciano perché non sono certo schifose femministe…); eccetera eccetera. Non si tratta come vedete di punire l’autore delle violenze, ma di capire grazie a quale provocazione della vittima costui – stressato, abbandonato, colto da raptus, avvilito, depresso, geloso – sia stato costretto ad agirle.

In ambo i casi, non appare mai uno straccio di analisi su cosa effettivamente crei un clima adatto alla sopraffazione e all’omicidio. E quindi, giusto: Perché nel 2021 ci sono ancora queste persone per cui le donne non sono niente?

Mah. Forse perché avete passato l’estate del 2020 a discutere della modella di Gucci e di Santa Chiara Influencer? No, non sto scherzando. E naturalmente non si tratta solo dell’estate scorsa, perché sul culo di questa e le tette di quell’altra e sulle montagne di sterco relative a trucchi – acconciature – abiti – accessori – diete – fitness che dovrebbero dar forma alla “bambola scopabile” si blatera da anni ed anni.

L’oggettivazione ossessiva, coatta, asfissiante che investe le italiane di qualsiasi età 24 ore su 24 e che neppure la morte ferma (Era così bbbeeellla…) è l’ingrediente principale della violenza di genere: a una persona si deve, in linea di principio, rispetto – a del materiale da scopare no.

Questa narrazione a senso unico, vischiosa, mai messa davvero in discussione, si è insediata come una melassa a presa rapida in cervelli di ogni genere, origine e latitudine, vedasi le fotografe che mettono in posa giovani donne nude per i calendari o producono immagini di bambine in atteggiamenti da Lolite per vendere automobili e di fronte a un minimo di reazione civile strillano: “Io sono femminista!”… che è l’equivalente di “Non sono razzista, conosco tanti immigrati”, “Non sono omofobo, ho un sacco di amici gay” e via dicendo. Ma quando io contesto una tua azione, sorella, non ti sto in alcun modo etichettando e definendo: sto dicendo che quel che hai fatto (non quel che sei) porta acqua al mulino avverso alle donne. Tutto qua, non c’è bisogno di utilizzare ad minchiam il termine “femminista”, perché è evidente che se lo usi come scudo per pararti il didietro tu non sai cosa significa.

All’oggetto-femmina, il cui dovere dalla culla alla tomba è essere bbbeeella per soddisfare sguardo e interno mutanda maschili, non è riconosciuto spessore umano, dignità, legittimazione. Perciò i sedicenti giornalisti (e le sedicenti giornaliste, certo) che in Italia scrivono di violenza di genere non solo non hanno alcuna preparazione al proposito ma ritagliano la storia in modo adeguato affinché risponda ai loro pregiudizi e al sessismo che respirano quotidianamente quanto ogni altro/a.

Solo per fare un esempio, questa notizia l’ho letta due giorni fa:

“Getta in mare la ex, poi la risarcisce: condanna lieve, soltanto sei anni”.

Il (dei tenetemi le mani) professionista della carta stampata ci spiega perché:

“(il perpetratore del tentato omicidio) ha chiesto scusa, ha lanciato segnali di pentimento e ha risarcito la sua ex. Ha staccato un assegno, oltre a scrivere lettere nelle quali ha provato a rivisitare il recente vissuto, fino a quell’ultimo – drammatico – momento di coppia: lei che sta sul muretto, lui che la spinge; lei che cade in acque (sic), a mare, lui che scappa. Lei che rischia di morire e che viene salvata (…).

Sono tutti “momenti di coppia”, quindi: il primo bacio, la prima sberla, la richiesta di assomigliare a una diva all’esterno e a una pornostar a letto, il selfie dopo il pestaggio, il lancio in mare… Io credo che l’autore neppure si sia reso conto di quanto questo tipo di narrazione normalizzi e scusi la violenza contro le donne: lui ne scrive MA NON NE SA UNA BEATA MAZZA. I suoi capi non gli hanno offerto formazione, per due semplici motivi: 1) a loro non interessa fare giornalismo, ma click-bait; 2) ne sanno meno di lui.

In compenso, la reiterazione dell’oggettivazione femminile mascherata da reverente ossequio alla “bellezza” e le interminabili manfrine su stereotipi di genere prescrittivi (le donne sono così, gli uomini sono cosà, senza spazio ne’ per le differenze ne’ per l’individualità), i quali hanno l’unica funzione di presentare come naturale, santa e giusta la subordinazione delle donne, hanno formato generazioni di giovani stronzi – oltre a fornire ossigeno agli stronzi più anziani – che si beano della propria ignoranza, della propria crudeltà e del sessismo più becero a disposizione sul mercato.

Tre esempi dalla cronaca di gennaio/febbraio, il primo della lista ha 19 anni.

Gettata a diciassette anni in un burrone. Il fidanzato: “Roberta si è data fuoco da sola”

– “Il giudice per le indagini preliminari: “Quantomeno a livello gravemente indiziario può ritenersi in questa fase cautelare che Morreale Pietro, mosso da una fortissima gelosia e da un sentimento morboso maturato nei confronti di Roberta (Siragusa), la abbia uccisa (…) dopo aver comunque tentato un approccio sessuale e poi le abbia dato fuoco abbandonandola nella scarpata”.”

– “A Caccamo, raccontano che Morreale era sempre parecchio geloso nei confronti della fidanzata: “La scorsa estate era arrivato anche alle mani – sussurra un’amica della vittima – avevo visto Roberta con un occhio nero. I litigi erano proseguiti, poi di recente sembrava essere tornato il sereno”. Fino a sabato sera, quando sarebbe avvenuta un’altra scenata nel corso della festa a casa di amici.”

– “Risultati dell’autopsia: “Roberta stordita e poi bruciata dal suo assassino”. Secondo una ricostruzione emersa dai lavori dei periti la giovane sarebbe stata colpita, stordita e poi data alla fiamme, forse mentre era ancora viva.

Il secondo ne ha 24.

Rapper 1727 wrldstar arrestato, botte alla compagna con un bastone di ferro

– “Ha ferito gravemente la sua compagna con una mazza di ferro, al culmine di una lite. Per questo è stato arrestato con accuse di maltrattamenti, lesioni e droga Algero Corretini, 24 anni, che sul web è conosciuto anche come ‘1727wrldstar’ (…)”

– “(i carabinieri) hanno ricostruito una prolungata storia di maltrattamenti culminata nella mattinata di sabato in una violenta aggressione.”

Il terzo ne ha 17.

Revenge porn tra minori, la vittima ha solo 13 anni.

“Aveva solo 13 anni quando inviò al suo fidanzatino delle foto che la ritraevano senza veli. Lui, un 17enne, prima ha custodito gelosamente quegli scatti sul suo telefono poi, quando lei lo ha lasciato, li ha inoltrati sulle chat di tutti i loro amici svergognando pubblicamente la ragazzina che, presa dal panico, non voleva nemmeno più andare a scuola. Quella vendetta a luci rosse si è protratta per ben tre mesi poiché anche dopo la denuncia sporta dai genitori della 13enne, il ragazzo ha continuato a diffondere quelle immagini.”

Poi abbiamo il maestro (si fa per dire) Alberto Genovese, anni 43, esperto di festini a base di stupefacenti, serie di foto allucinanti in cui mima incontenibili entusiasmi con la bocca spalancata e bottiglie al vento. Due delle giovani donne che lo hanno denunciato per stupro hanno riportato oltre alle sue violenze i convincimenti da cui esse si originano:

“Mi diceva che la donna non deve andare all’università e non deve lavorare.”

“Faceva certi discorsi, che la donna è stupida e anche se è intelligente non si deve applicare e non deve lavorare. Mi diceva: ‘Tu a 24 anni ti trovi uno che ti mantiene, a 27 fai una famiglia, così hai il futuro garantito, perché una donna a 27 anni è da buttare.’ “

Genovese si è avvalso della facoltà di non rispondere alle domande del giudice per le indagini preliminari, ma ha avuto la faccia tosta di chiedergli di andare ai domiciliari a casa della madre e della compagna, aggiungendo che spera in una pena “rieducativa” che gli consenta di “guarire”: “Voglio disintossicarmi, da 4 anni sono tossicodipendente. Quando mi drogo perdo il controllo e non riconosco il confine tra legale e illegale.”

Perché è tutto lì, il problema. Ci sono ancora legislazioni, al mondo, che normano quanto si può picchiare una donna e in che circostanze sia ammesso violentarla, ma da noi comandano le femministe…

E le donne continuano a soffrire e a morire sia che denuncino sia che non denuncino, sia che rifiutino di aderire al modello imposto sia che lo accettino:

“La Procura di Milano ha chiuso le indagini, in vista della richiesta di processo, a carico di Mattia Colli, medico chirurgo del ‘Centro di chirurgia plastica ed estetica MC’ in centro a Milano, accusato di omicidio colposo per la morte di una donna di 36 anni deceduta in un hospice nel Bresciano l’11 aprile 2018 per complicanze seguite ad una grave infezione dopo un intervento di liposuzione a cui si era sottoposta il 5 luglio 2017.”

Se dopo i 27 anni una donna dovrebbe essere conferita in discarica, figuratevi a 36. Per questo gli utilizzatori, i fini conoscitori e gourmet di femmine producono notizie simili:

Bambina di 18 mesi morta nel Comasco, non è stato un incidente: arrestato il compagno della madre.

“Gli esiti della consulenza medico legale, rende noto la Procura di Como, inducono gli inquirenti a ritenere che la piccola sia stata picchiata non solo il giorno del suo decesso, (…) ma pure in altre circostanze, quando – sempre secondo gli accertamenti – la piccola sarebbe stata anche violentata.”

Era bella, suppongo.

Maria G. Di Rienzo

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… è doveroso un pensiero per i più bisognosi.

L’Ansa riporta in data odierna che il “maestro della cucina italiana” Gianfranco Vissani è “triste e amareggiato”: non potrà vendere il cenone di fine anno nel suo ristorante a causa delle misure sanitarie di prevenzione per il coronavirus.

E’ inoltre “imbestialito” perché ieri o oggi noi italiani/e “in migliaia” abbiamo fatto la spesa nei supermercati mentre “noi ristoratori siamo costretti a chiudere i locali che al massimo ospitano 50-60 clienti, è una vergogna” ed è insoddisfatto degli aiuti provvisti dal governo (che, sarà bene ricordarlo, non è tenuto a fornirli): è convinto che in Giappone e in Germania siano a disposizione dei suoi colleghi “centinaia e centinaia di miliardi”.

Stasera il bisognoso sarà solo, “a Casa Vissani” (e già mi sento in colpa perché, per esempio, noi siamo in due, in una casa popolare in cui piove dentro) e secondo l’Ansa “annuncia” (annunciaziò!):

“Mi apro una scatoletta di caviale, quello che avevamo comprato per le festività se fossimo restati aperti e brinderò con uno spumante rigorosamente italiano.”

Sig. Salvini, potrebbe cortesemente lanciare una colletta a suo favore su TikTok o passare a fare del volontariato consegnandogli dei generi di conforto? Penso a una borsettina con un paio di bistecche di manzo Kobe giapponese (più di cento euro cadauna), un melone Yubari (10.000 euro prezzo medio), caffè Kopi Luwak (100 euro l’etto), ricotta d’asina della Serbia (1.200 euro al chilo), formaggio svedese di latte d’alce (1.000 euro al chilo), guarnita di un coro di “va’ a quel paese” rigorosamente italiano.

Maria G. Di Rienzo

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“Quali sono i vostri sogni per il 2021? Sogni personali, intimi, dedicati agli amici, alla famiglia. Ma anche sogni per il futuro dell’Italia o del mondo.”

Di seguito la mia risposta a “La Repubblica”, che in questi giorni chiede il contributo di cui sopra per la sua iniziativa “L’anno che verrà”:

Terrò per me i sogni personali, ma vi confido volentieri uno degli altri: l’avvento di un giornalismo degno del proprio nome, professionale, intelligente, che smetta di disprezzare, ignorare o odiare le donne.

Il che significherebbe, anche per voi, smettere di produrre articoli che:

– glorificano e scusano la violenza in tutte le sue forme (particolarmente quella contro le donne);

– sono scritti da analfabeti;

– non hanno alcun senso perché la “notizia” non esiste (forse Tizia ha lasciato Caio, sembra che Sempronia si sia rifatta il naso… e chi se ne importa);

– chiunque sia la donna di cui trattano cominciano con una dettagliata disamina (o la incorporano) della sua tipologia fisica, abbigliamento, accessori e trucco: della scollatura di Marie Curie o del taglio di capelli di Samantha Cristoforetti non solo non ce ne importa niente, ci irrita che non sappiate riconoscerle come donne senza farne dei manichini;

– rilanciano senza controllo qualsiasi idiozia relativa al peso corporeo: il giornalismo dovrebbe verificare prima di urlare alle epidemie o proporre diete o elencare cause/rimedi per ciò – il grasso corporeo – che NON è una malattia (sono in grado di produrre vent’anni di letteratura scientifica al proposito, ma avete raccomandato “poche righe”). Inoltre, domanda retorica, perché secondo voi la modella statunitense è curvy e la ragazza che si getta sotto il treno – grazie al bullismo diretto al suo corpo – aveva problemi di obesità?

– sono inseriti in “rubriche donna”, come per esempio i vostri di oggi:

Trucco: dal rosso al blu Kandinsky su occhi e labbra. Come ricostituenti per l’umore

Moda – Gli abiti per le festività che indosserai di nuovo nel 2021

L’incipit dice già in che settore stanno: Trucco, Moda. Non DONNA. Io sono tale e come una miriade di mie simili non mi trucco e la moda non mi interessa. E’ inutile che speriate di essere i paladini del “futuro delle ragazze” (Stem ecc.) quando quel che proponete loro è la visione trucco – moda – attenta alla panza – perché lui ti ha lasciato – come essere più affascinante ecc. ecc.

Se, scusate la volgarità, il loro scopo ultimo in questa esistenza è far avere erezioni all’altra metà del genere umano, studiare servirà a poco. A meno di non andare a scuola da quelle che voi chiamate “influencer digitali” (leggi modelle/pubblicitarie online) e impegnarsi davvero davvero ad avere un trucco perfetto… Il brano che segue è tratto da un articolo che ho scritto io il 19 febbraio dell’anno scorso (non entro nei dettagli dell’antefatto, che comprendono bambine ricoverate per tumori, giacché siamo andati già molto oltre le poche righe prescritte), ma fa riferimento a come voi date le notizie:

“Repubblica specifica che lo stage (sic) grazie a cui si imparerebbe a “bucare il video, la rete e un po’ tutte le situazioni social” è cosa di gran valore: “Giusto per dare un’unità di misura a Milano è stato registrato il sold out, con biglietti da 650 euro a testa e una coda di migliaia di persone per soli 500 posti a sedere.” Capite, per le povere bimbe malate la “influencer” lo avrebbe fatto gratis, è così commovente che sto quasi per piangere, però 650 euro x 500 individui disposti a sborsarli fa 325.000 euro: una cifra spropositata per una sorta di “formazione” agli stereotipi di genere… e il fazzoletto mi torna automaticamente in tasca.”

E la chiudiamo qua. Saluti, Maria G. Di Rienzo

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creepy

Ieri è salito alla ribalta il titolo sul “dramma dei papà separati” con cui Il Mattino dava notizia dell’omicidio per strangolamento di due dodicenni da parte del proprio padre, poi suicidatosi (per inciso, l’uomo non era neppure ancora un “papà separato”: il procedimento legale per la separazione dalla moglie era appena iniziato). Sicuramente ne avete letto abbastanza, con questi tormentoni a fare di tutti gli articoli lo stesso articolo: “lui non aveva accettato la separazione ormai alle porte”, “non risultano tensioni precedenti nella coppia”, “una famiglia tranquilla e normale”, “chi avrebbe mai potuto pensare a una cosa del genere”, “tragedia” – e meglio ancora i carabinieri che cercano di capire “se la tragedia è stata programmata oppure no”.

E’ molto importante, pensano i sedicenti giornalisti italiani, presentare il tutto come un fulmine a ciel sereno (raptus), un’inspiegabile disgrazia che manda in pezzi uno scenario fiabesco: “Fino al giorno della tragedia, – scrive Repubblica – nella famiglia Bressi si ritraevano solo sorrisi. Come nelle tantissime foto che postava il padre con Elena e Diego in montagna, e poi al mare in Liguria, e ancora sui pattini a rotelle, come la mamma, istruttrice. Questa vacanza a Margno con i due figli Mario Bressi l’aveva voluta per cercare di trascorrere del tempo da solo con loro. Sapeva che la moglie voleva separarsi da lui.” Sapeva! Lo aveva scoperto chissà come – pensate forse che la moglie gliene abbia parlato? Certo che no, ha continuato a sorridere mentre complottava con l’avvocato! – e quest’evento inaspettato e sconvolgente e incredibile ha mandato in pezzi una vita fatta tutta di felici selfie su Facebook.

Perché vedete, chi ha scritto ‘sta manfrina pensa che gli assassini siano quelli che vede al cinema o su Netflix. Devono avere una storia morbosa e torbida alle spalle. I loro post sono pieni di oscuri simbolismi e citazioni religiose e gli eventuali sorrisi presenti sono ghigni agghiaccianti. Vestono di nero, con cappucci e cappelli tirati sugli occhi oppure indossano maschere horror o si truccano grottescamente da personaggi dei fumetti. Non basta loro uccidere: smembrano le vittime, le tatuano, gli infilano corna d’alce nel cranio, ne cucinano pezzi alla brace o in salmì.

Gli assassini virtuali sono iscritti così confortevolmente in un’alterità palese che quelli che ammazzano mogli, compagne, figlie e figli nella realtà non possono aver ucciso sul serio. Erano persone normali, tranquille, educate – sorridenti. Mario Bressi sui social sorrideva a tutto spiano, perdinci, quindi nel suo caso “cosa sia successo in questi ultimi giorni da solo con i figli in montagna resta un mistero”.

Il mistero è svelato sullo stesso quotidiano nel medesimo giorno (28 giugno 2020): “Tre i messaggi whatsapp che Mario Bressi, l’uomo che ha ucciso i suoi due gemelli di 12 anni nella loro casa di villeggiatura in Valsassina e poi si è tolto la vita, ha inviato tra le 2 e le 3 di ieri alla moglie, Daniela Fumagalli. L’ultimo dei messaggi, da quanto emerge dalle indagini, sarebbe in realtà una lunga lettera in cui l’uomo, 45 anni, lancia pesanti accuse alla moglie ritenendola colpevole di aver rovinato la loro famiglia, si dice in crisi e disperato, e lancia accuse pesanti: “E’ tutta colpa tua”.” Pare che rispetto ai figli le avesse anche comunicato “Non li rivedrai mai più”. Li amava tanto da strozzarli per vendicarsi della moglie “colpevole”.

Ora, vorrei solo dire agli autori degli articoli di guardare meno American Horror Story e di più la quotidianità, dove un gran numero di uomini con concezioni proprietarie e patriarcali della famiglia dicono cose orrende e sorridono, fanno cose abominevoli e sorridono, vanno sorridendo a votare i peggiori misogini sul mercato, si tolgono il cappello per salutare il vicino di casa – sorridendo – mentre nell’altra mano reggono la borsa in cui sta un martello, un’ascia, una pistola.

Norman Bates e Arthur Fleck mi fanno meno paura.

Maria G. Di Rienzo

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8 giugno 2020, da La Repubblica:

“Il ministro per il Sud Giuseppe Provenzano decide di non partecipare a un confronto organizzato con sindaci ed esperti per discutere della ripartenza dopo la pandemia. Tavolo di lavoro virtuale al quale sono stati invitati a partecipare solo uomini. (…) “Me ne accorgo solo ora – scrive il ministro su Twitter postando la foto con l’elenco dei partecipanti tutto al maschile – è l’immagine non di uno squilibrio, ma di una rimozione di genere. Mi scuso con organizzatori e partecipanti, ma la parità di genere va praticata anche così: chiedo di togliere il mio nome alla lunga lista. Spero in un prossimo confronto. Non dimezzato, però.” (…) Il convegno è organizzato dall’Associazione Mecenate 90 che dal 1989 svolge attività di consulenza e di assistenza tecnica verso la Pubblica amministrazione nei settori della valorizzazione e gestione dei beni culturali, della promozione culturale, dello sviluppo locale, della pianificazione strategica.”

Non divento una fan dell’esecutivo in carica per questa notizia, ma quando qualcuno al governo fa cose giuste non ho alcuna difficoltà a riconoscerle: perciò, grazie al ministro Provenzano per non aver chiuso gli occhi. Immaginate, tra l’altro, il tipo di reazioni idiote del commentatore medio italico alla vicenda, oppure le avete lette / sentite, quindi mi astengo dal riportarle qui.

Si potrebbe definire quantomeno curioso l’atteggiamento di un’associazione che da 31 anni istruisce su cultura, sviluppo e pianificazione senza avvertire il bisogno di coinvolgere l’altra metà della popolazione, la quale poi dovrà comunque avere a che fare con le politiche o strategie suggerite e adottate. Da trainer l’ho già detto e lo ripeto: se i portatori di interesse primario (stakeholders) non sono coinvolti, qualsiasi iniziativa è compromessa in partenza – è proprio l’ABC, gentili “mecenati”.

Tuttavia, per quel che riguarda la presenza femminile e la qualità di tale presenza, non è difficile riconoscere che l’atteggiamento dei consulenti e assistenti tecnici di “Mecenate 90” è largamente condiviso nella società di cui fanno parte. Basta dare un’occhiata, per esempio, allo spazio D (Donna) proprio de La Repubblica; direttore e redazione devono essere convinti che alle donne tutta ‘sta roba di pubblica amministrazione e politica non interessa, perché secondo loro le nostre priorità sono queste:

Stefano Accorsi diventa papà per la quarta volta, Bianca Vitali è incinta. La foto su Instagram

Meghan Markle indossa il rossetto nude: e scoppia la tendenza

La modella Vittoria Ceretti compie 22 anni e… si sposa in segreto con il dj Matteo Milleri

Christian Louboutin lancia i rossetti, sensuali come le sue scarpe

8 cose che non bisogna avere in comune con il partner affinché la coppia funzioni

Dico: perché mai io donna dovrei avere interessi e opinioni sullo sviluppo locale o sui beni culturali, quando la mia vita è composta da gravidanza, nudità, nozze, trucco, sensualità e psicologia d’accatto?

Maria G. Di Rienzo

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… per me è una cosa seria.

writer

Da quando ho deciso che avrei scritto il quinto romanzo, ho buttato via 80.000 parole totali. Non c’è critico letterario al mondo che sappia trovare difetti nella mia scrittura meglio di me: è vero che essa tratta di sf e fantasy, ma la narrazione – oltre che corretta sotto il profilo linguistico – deve essere credibile, nel senso che chi legge dev’essere in grado di entrare in relazione con la storia e i personaggi senza trovare il tutto così improbabile da chiudere il libro e non riaprirlo più.

Una volta attraversato questo processo vado spedita… verso il nulla o verso l’autopubblicazione (vi terrò aggiornati). Non ho aspettative sull’editoria per così dire “ufficiale”, come sapete, perché sono semplicemente una scrittrice e non una persona famosa in altri campi che deve aggiungere libri di fuffa alle sue imprese. La situazione in Italia è questa e credo di non essere la sola ad averlo compreso: ieri me la ribadisce la recensione di un prodotto che viene definito “una sfida a George Orwell sul prato verde della distopia” e poche righe più sotto “un’anti-distopia ironica e distaccata”. Fate voi. Potrebbe persino essere un’utopia, un’eutopia, una cacotopia o un “anti” tutto ciò.

Baldini & Castoldi pubblicano infatti, con totale faccia di bronzo, qualcosa che si chiama “2084. La dittatura delle donne”, ci mettono un dipinto di Tamara de Lempicka in copertina (che fa sempre tanto “trasgressione”) e magari si aspettano che chi ha letto “1984” di Orwell corra in libreria, non vedendo l’ora di fare paragoni fra un gigante della letteratura e l’autore Gianni Clerici.

Costui è un ex tennista, giornalista sportivo (il recensore ricorda le sue “storiche dirette da Wimblendon” – sarebbe Wimbledon), che occasionalmente si avventura fuori dalla sua area di competenza – cosa legittima e non contestabile – con un testo che, anche se non tratta direttamente di tennis, usa il tennis come metafora, ispirazione, monito, similitudine eccetera.

So che ha sofferto di un ictus e che per fortuna ora sta bene, ma non so cosa gli abbia fatto male di recente: il #metoo? La richiesta di dar voce alle donne in Italia? Sta di fatto nel suo 2084 “le donne vanno al potere e invece del Grande Fratello c’è qualcosa che è una macchina chiamata Cerebrorobot. Le donne vanno al potere in seguito a una votazione mondiale in cui sono maggioranza.”

E, ovviamente, per chi le donne non le ascolta e non le vuole ascoltare, ciò può risultare solo in una banalissima dittatura rovesciata: “Gli uomini, i vires, sono messi maluccio, destinati alle mansioni più umili, i rapporti fra i sessi sono banditi e ogni forma di riproduzione è rigidamente controllata”. Giusto, perbacco: per cosa mai vogliamo entrare nella cabina di regia se non per vendicarci? Perché, andiamo, non è mica possibile che noi si reclami una cittadinanza a pieno titolo, diritti umani per tutte/i e si abbiano idee, proposte, capacità da condividere. Due secoli e passa di femminismo (indicato propriamente con tale nome) e questo è quel che Clerici – non solo lui – ha capito. Ma non dobbiamo preoccuparci: “nonostante presenze che si intuiscono autorevoli come la Leader Draga Merkel sr, (Nda: La Feroce Merkel Mangiauomini, ma per piacere! Questa l’ha concordata con Vittorio Feltri o con Salvini?) quello delle amazzoni è un potere vuoto, un simulacro. Su cui Clerici non manca di testare la proverbiale ironia.” Davvero, è un sollievo. E come fa? “Usa proprio il tennis. Facendo ricordare alle protagoniste un match di Serena e Venus Williams perso malamente contro un tennista numero 200 del mondo. “Era un incontro a cui ho assistito in Australia, con il tedesco Karsten Braasch che provava i cambi di campo. Mi pare le abbia battute a turno 6-1 e 6-2”.”

Ah okay, siamo inferiori, torniamo a ricamare le palline da tennis per i veri esseri umani – gli uomini. Cioè, basta la memoria delle Williams sconfitte in un match amichevole per far vacillare la “dittatura democratica” (Nda: questa invece potrebbe andar bene per i gilet arancioni) degli incubi di Clerici: “Come antifrasi non è male eh? – gongola l’autore – Sono due antitesi che contengono tutto”. Non comprendo dove sta l’ironia proverbiale. Ma si sa, le femmine sono stupide e le femministe sono prive di senso dell’umorismo eccetera eccetera eccetera, per cui è un problema mio e chiunque altro, purché dotato di scroto, sta probabilmente ghignando con aria saputa alle mie spalle. Perché poi basterà un uomo, “un padre”, per “sconvolgere il bucolico tran tran del mondo di “2084”.” Come? Clerici spiega: “La storia è quella della figlia di una pittrice che rimane incinta di un pittore di nome Vijay, nome molto comune in India, c’è stato anche un famoso tennista, Vijay Amritraj. Vuol dire vittoria’.”

Il metro di misura è quello. La vittoria. La vita è una guerra e bisogna vincere. Non importa in che modi, non importa quante vittime accidentali o volute ti lasci alle spalle, non importa cosa distruggi irreparabilmente nel processo. E’ il meccanismo alternativo alla “dittatura” dell’avere donne in posti di responsabilità, quello consueto e attuale: la sfida fra uomini. Be’, che se lo tenga Gianni Clerici. Io lavoro e scrivo con lo scopo di vivere in un mondo migliore di questo.

Il recensore, affinché noi non si abbia dubbi sulla statura dell’opera, ci rende noto che “nel pantheon letterario di Clerici ci sono Jack London, Ernest Hemingway, Andé Malraux, Graham Green, Joseph Conrad, James Joyce (…) Tra gli anglosassoni, Henry James, George Eliot, PG Wodehouse, Evelin Waugh (sic: si tratta in realtà di Evelyn Waugh – e nonostante il nome era un uomo)”: a quest’ultimo l’autore ci informa di essere stato persino paragonato. E qui c’è un ulteriore nodo da sciogliere, perché io ho letto tutto il suo pantheon e il mio è più grande di una scala cosmica (in senso metaforico e letterale), ma nessuno mi ha ancora paragonata alla regina Jindeok di Shilla per il mio interesse relativo a culture straniere e politica estera, a Aphra Behn per i miei scritti di teatro, a Hedvig Apollonia Löfwenskiöld per le mie (rare) poesie, a Florynce Kennedy per i testi relativi al femminismo e all’attivismo in genere, a Sofia Hagen per la satira e a Joan Slonczewski per la fantascienza. Purtroppo non sono nemmeno abbastanza cretina da augurarmelo o da crederci nel caso accada. Ho una consolazione, però: so di scrivere meglio di Clerici e del suo recensore. Maria G. Di Rienzo

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“Italian centers for abused women lose state funding as lockdown fuels demand”, di Elaine Allaby per Thomson Reuters Foundation, 28 maggio 2020, trad. Maria G. Di Rienzo.

female anger

Quando l’Italia annunciò la sua chiusura per coronavirus all’inizio di marzo Anna Levrero, che gestisce un rifugio per donne maltrattate nella regione maggiormente colpita, la Lombardia, sapeva che ciò avrebbe portato a un picco nelle chiamate. Ma stava già facendo i conti con un’altra difficoltà.

Ai centri per le vittime di violenza domestica in Lombardia, nell’Italia del nord, è richiesto sin dall’anno scorso di fornire alle autorità regionali le identità delle donne che stanno aiutando per esseri qualificati a ricevere i fondi statali. Molti hanno rifiutato definendola un’invasione della privacy e come risultato, dicono, devono maneggiare una significativa riduzione dei finanziamenti, proprio mentre dei loro servizi c’è più bisogno.

Le autorità regionali hanno detto che i dati sono necessari per formulare le politiche. Prima che la richiesta di fornire i codici fiscali delle donne fosse fatta, sostengono, c’era il rischio di duplicazione dei dati quando qualcuna visitava più di un centro. “Dal nostro punto di vista è un’assurdità, perché se una donna ha sofferto abusi non è che se la spassa a girare da un centro a un altro.”, ha dichiarato Levrero a Thomson Reuters Foundation.

Numerosi paesi hanno riportato aumenti nelle chiamate telefoniche relativa alla violenza domestica, nonostante la quarantena renda più difficile per servizi e organizzazioni di volontariato raggiungere le donne isolate nelle loro case. Tre mesi di chiusura potrebbero risultare in 15 milioni di casi di abuso domestico in più di quelli previsti, secondo le ricerche delle Nazioni Unite.

DiRe, la rete nazionale italiana dei centro anti-violenza, ha detto che le chiamate alle sue linee d’aiuto fra il 2 marzo e il 5 aprile sono aumentate del 75% rispetto allo stesso periodo del 2018, la serie più recente di dati comparabili.

La sua direttrice per la Lombardia Cristina Carelli, che è anche coordinatrice del centro anti-violenza CADMI di Milano, ha detto che alcuni centri hanno perso una larga porzione dei loro finanziamenti dopo essersi rifiutati di soddisfare le nuove richieste ufficiali.

“Per noi è una perdita enorme, perché i centri anti-violenza stanno già avendo difficoltà a ottenere tutti i fondi di cui hanno bisogno. – ha detto Carelli – Perché facciamo davvero un mucchio di lavoro, accogliamo moltissime donne, e questo impegno ha necessità di essere sostenuto con finanziamenti adeguati.”

Due rifugi alla periferia di Milano, che si appoggiavano interamente al finanziamento regionale, sono stati costretti a chiudere a causa di tale decisione, ha aggiunto. Carelli ha spiegato che la Lombardia è stata l’unica regione italiana sino ad ora a richiedere il codice fiscale, sebbene anche Umbria e Calabria abbiano considerato la possibilità di farlo.

Un gruppo di esperti su donne e violenza domestica del Consiglio d’Europa ha espresso preoccupazione rispetto alla pratica in un rapporto di gennaio, dicendo che avrebbe “minato la relazione di fiducia fra le vittime e chi provvede i servizi”. In precedenza, i centri lombardi assegnavano un codice alfanumerico casuale, condividendo i dati resi anonimi con le autorità.

Silvia Piani, assessora lombarda alle Politiche per la famiglia, genitorialità e pari opportunità, ha detto che la regione sta sperimentando il nuovo sistema sin dal 2014 e che il 90% dei centri ha acconsentito alle misure. Ha dichiarato che le autorità regionali considerano solo i dati aggregati, il che non violerebbe la privacy individuale. “Prima, una donna andava in uno dei centri, i centri riempivano un modulo e il modulo restava in un cassetto di scrivania.” ha detto, aggiungendo che il nuovo sistema ha fornito dati sull’età delle vittime, il loro status occupazionale e la loro situazione familiare.

Quando il governo centrale ha ordinato il lockdown in Lombardia l’8 marzo, il Centro Aiuto Donne Maltrattate (CADOM) di Monza, che Levrero gestisce, ha dovuto chiudere le porte, ma ha tenuto aperta la linea telefonica. “Per le prime due settimane non abbiamo sentito quasi nulla. – ha detto – Poi, poco a poco, sono cominciate ad arrivare chiamate in gran numero, non tanto perché ci fossero emergenze ma per sostegno, per sentire una voce amica, per accertarsi che quando ciò fosse finito sarebbero state in grado di tornare da noi.” CADOM opera con diversi rifugi in Lombardia, ma ha dovuto cedere la gestione di tre dei suoi centri d’aiuto ad altri operatori che hanno siglato l’accordo.

Carelli ha detto che DiRe sta parlando con la Ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia, Elena Bonetti, per tentare di trovare una via d’uscita.

Bonetti ha dichiarato a Thomson Reuters Foundation di star cercando soluzioni che possano conciliare la necessità dell’amministrazione di acquisire dati su come vengono usati i fondi pubblici al diritto all’anonimato delle vittime.

“Non vogliamo dire alle donne ‘ti aiuteremo solo se ci dai il tuo codice fiscale’. – ha concluso Carelli – E’ un modo di agire assai presente nella violenza, no? E’ un tipo di ricatto.”

P.S. della traduttrice: L’amministrazione regionale lombarda pensa a tutelarsi dalle “furbette” della violenza che altrimenti sperperano i soldi pubblici. Stiamo parlando del virtuoso governo regionale della Lombardia, quello di Fontana e Gallera: le facce come le terga.

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La pubertà arriva un anno prima, sotto accusa obesità e inquinamento.

Iraq: catturati 8 membri dell’Isis. Hanno tentato di scappare ma erano obesi e lenti.

Roma: la sindaca Raggi inaugura il monumento al Body Mass Index.

Renzi: ‘La messa fuorilegge dell’adipe è vicenda da affrontare subito’.

Borsa: Europa in forte rialzo, Francoforte +2%: ha oltrepassato il peso forma.

Tutti fuori, da Nord a Sud. Lamorgese ai giovani: ‘State attenti alle calorie’.

Il Senato respinge le mozioni di sfiducia su Bonafede. Il ministro soddisfatto: ‘Ora al lavoro per finanziare i centri dimagrimento’.

Bagarre alla Camera, M5S attacca la sanità lombarda: alcuni pazienti Covid erano grassi, perché sono stati curati?

Pronto a Milano il treno per trasportare gli obesi a Treblinka.

holocaust train

Zingaretti: “La liposuzione diventi moda dell’estate”.

Folla di ciccioni fuori da un locale a Firenze: avvisati dalla polizia di stare fuori dalla vista delle persone belle e normali.

Proteste per gli ombrelloni più larghi in spiaggia: volete metterci sotto degli obesi.

Solo una di queste frasi non l’ho manipolata io dai titoli della stampa nostrana. La prima. E’ falsa (non scientifica) come tutte le altre – le quali però, se ignoranti e profittatori di ogni tipo insistono, potrebbero magari diventare vere nel prossimo futuro. Quale simbolo ci faranno cucire sui vestiti, una bilancia o un mottarello? (Naaah, tanto i trasgressori si vedono a occhio: eh, che ridere!)

Maria G. Di Rienzo

P.S. Il titolo descrive quella che è ormai la mia “emozione” principale nel leggere i giornali ogni mattina.

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a b c

Wikipedia:

1. Il termine analfabetismo funzionale, o illetteratismo, indica l’incapacità di usare in modo efficace le abilità di lettura, scrittura e calcolo nelle situazioni della vita quotidiana – si traduce quindi in pratica nell’incapacità di comprendere, valutare e usare le informazioni (…).

2. L’analfabetismo di ritorno è quel fenomeno attraverso il quale un individuo che abbia assimilato nel normale percorso scolastico di alfabetizzazione le conoscenze necessarie alla scrittura e alla lettura, perde nel tempo quelle stesse competenze a causa del mancato esercizio di quanto imparato.

Un plauso alla redazione de “La Repubblica”: lo sta facendo senza mettersi in mostra e vantarsi ma con fiducia, costanza e grandi aspettative per il futuro continua a offrire opportunità di “fare esercizio” a varie tipologie di diversamente letterati.

Ieri è toccato a Carlotta e Ivan. Questi nell’ordine i loro prodotti:

Titolo: “Cuneo: uccide la convivente sul piazzale del supermercato, poi chiama la polizia per costituirsi”

Occhiello: L’omicidio alla periferia della città: la vittima aveva 44 anni, nata a Bucarest in Italia da 7 anni

Incipit svolgimento:

“Le ha sparato a bruciapelo almeno quattro colpi di pistola, non tutti sono andati a segno. E’ morta sul sedile del passeggero di una Fiat Panda parcheggiata nel piazzale dell’Auchan di Cuneo, alla periferia della città, sulla direttrice per Mondovì, Mihaela Apostolides, 44 anni, romena. L’uomo che l’ha uccisa, Francesco Borgheresi, 41 anni, si è costituito alla polizia e ha aspettato la pattuglia delle volanti vicino all’auto. E’ un militare dell’esercito, ha prestato servizio alla caserma di Pinerolo ma dal almeno due anni era tornato a Firenze di dove era originario.”

Carlotta cara, grammatica a parte (dal almeno ecc.) non ti sembra che la prima frase evidenziata sia un po’ “affollata”? Sul sedile del passeggero, nella Fiat parcheggiata al supermercato, che sta alla periferia della città, sulla strada per un’altra città… ombreggiata da platani e ingentilita da siepi di mortella e gelsomino, riasfaltata da poco, dotata di sistema informativo per il controllo della velocità detto anche Safety Tutor e al n. 97, in una villetta ristrutturata, ci abita mia zia. Non va.

Consiglio per te: non farti influenzare da Salvini che sciorina elenchi senza senso in televisione.

Secondo articolo, titolo: “Picchia e maltratta le tre figliolette, giovane mamma in manette nel Palermitano”

Svolgimento: “Picchia e maltratta le tre figlie, ventiseienne di Alia, in provincia di Palermo, finisce in manette. Una triste e squallida vicenda di violenza tra le mura domestiche finita sotto la lente d’ingrandimento degli inquirenti e dei servizi sociali dopo alcune segnalazioni. Stamani sono scattate le manette ai polsi per la donna che maltrattava e picchiava le figlie la più grande di appena 4 anni. (…) I militari hanno potuto accertare come la giovane donna sottoponeva le bimbe a continue vessazioni, picchiando e minacciando di morte la più piccola, alla presenza delle altre due figlie.

La donna è stata tratta in arresto e condotta al carcere Pagliarelli di Palermo. Le tre bimbe sono state accompagnate dai servizi sociali in una struttura protetta dove sicuramente ritroveranno quell’amore perso di una mamma violenta.

Caro Ivan, ce l’hai un dizionario sinonimi/contrari? Se la risposta è no compralo, se la risposta è sì usalo. Ce l’hai una grammatica italiana? Stesso discorso: ti insegnerà che la punteggiatura non è un optional. Adesso esamina l’ultima frase evidenziata. Tu stai in pratica dicendo che nella struttura protetta… andrà tutto come prima, perché le bambine “ritroveranno l’amore di una mamma violenta”.

Consiglio per te: non farti influenzare da Salvini che ripete gli stessi termini a oltranza (e ad minchiam) in televisione.

Maria G. Di Rienzo

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