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Posts Tagged ‘eguaglianza’

catherine cai - spaceship earth

(“Spaceship Earth”, di Catherine Cai)

“Il virus sa che razza, genere, classe e confini nazionali sono tutte finzioni. Questo potrebbe aiutarci a capire che siamo tutti passeggeri sull’Astronave Terra. Sto sperando che questa crisi non solo metta in luce le diseguaglianze, ma ci aiuti a capire ciò che i movimenti hanno tentato di insegnarci: siamo collegati, non disposti in ranghi.”

Gloria Steinem – “The Truth Will Set You Free, But First It Will Piss You Off! Thoughts on Life, Love and Rebellion”, ed. Murdoch Books.

(Il libro è appena uscito e si può acquistarlo scontato qui: guardianbookshop.com )

Maria G. Di Rienzo

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more equal

Sul serio, fatemi capire: se ci si siede (periodicamente o saltuariamente) su una poltroncina di studio televisivo, o si hanno totmila seguaci sui social media, si perviene a una metamorfosi di status – dall’umano al sovrumano – per cui le regole del vivere civile, dell’educazione, del buon senso valgono solo per gli altri?

E quando qualcuno ti fa notare che quel che hai detto / fatto ha tutte le caratteristiche di una sopraffazione, la soluzione è rispondere “Ma a chi l’ha subita va bene, guardate, ci ballo pure insieme.”?

Cesare Cremonini: “Ho pensato alla mia donna delle pulizie che si chiama Emilia. Non è vero, non si chiama Emilia. Lei è moldava e io ho preteso in onore della mia terra di chiamarla Emilia. Ognuno dovrebbe chiamare le persone come meglio crede, soprattutto chi entra in casa tua. Sono pagate e quindi posso cambiare il loro nome.”

Come per il “caso Amadeus” tutta la questione si sposta fuori focus. La colf può riderci sopra e va benissimo, però questo non rende accettabile l’idea di trattarla simbolicamente come un animale domestico a cui puoi dare il nome che preferisci – perché la paghi. E’ la nozione nel suo complesso ad essere stata contestata, Cremonini, non il suo accordo personale con la donna che lavora per lei.

Sa cosa dicono in prima battuta tutti gli stupratori, vero? “Lei ci stava.” Perché vede, “l’ho pagata e ne faccio quel che voglio”, “la mantengo e la pesto / la uso sessualmente quando mi pare”, “sono il padrone e chi entra in casa mia è tenuto all’obbedienza pronta e assoluta” eccetera, sono giustificazioni per l’uso della violenza su altro essere umano… un po’ meno che umano in quanto dipendente a livello economico o meglio ancora e soprattutto di sesso femminile.

In effetti, sebbene in Italia un bel po’ di immigrati di sesso maschile siano diventati “Mario” perché datore di lavoro e colleghi erano incapaci di imparare nomi nuovi o persino pensavano che “ribattezzare” i migranti favorisse l’integrazione, lo scenario suddetto è assai familiare alle donne – troppo familiare, stanti i dati allucinanti della violenza di genere in Italia.

Se ciò che passa in televisione e sui media in generale diventa facilmente prescrittivo e sinonimo di “normalità”, bisogna fare attenzione a cosa si promuove tramite la propria presenza in essi. E’ in sintesi quel che le hanno chiesto i “contestatori”, sig. Cremonini, che lei crede di sbeffeggiare con il balletto e il “non preoccupatevi, ci amiamo”.

Mi domando se troverebbe divertente andare a tenere un concerto a Chișinău (capitale della Moldavia) e sentire uno degli organizzatori che la annuncia così: “E adesso ascoltiamo il cantautore Gregore Prut! Non è il suo vero nome, ma l’ho pagato ed è entrato in casa mia, quindi lo chiamo come meglio credo.”

Maria G. Di Rienzo

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(tratto da: “The Double X Economy by Linda Scott review – the need to empower women”, di Gaby Hinsliff per The Guardian, 18 giugno 2020, trad. Maria G. Di Rienzo. Il libro di cui si tratta è edito da Faber.)

Linda Scott

Il nuovo libro di Scott (in immagine), The Double X Economy, ruota attorno all’ormai relativamente nota idea che al fianco di quella che è vista come l’economia principale si svolga un’economia ombra di lavoro fatto dalle donne, penalizzate dai limiti sociali posti per esse e dalle barriere erette contro la loro partecipazione, e che potenziare coloro che vi sono intrappolate sarebbe di più largo beneficio per la società intera.

Ciò che lei porta a questo argomento un po’ usurato è una prospettiva globale, attingendo ad aneddoti spesso affascinanti sui villaggi africani e del Bangladesh in cui ha lavorato, ma anche un’entusiasmante presa di posizione contro il biasimare le donne per cose di cui non hanno colpa.

Cercare costantemente modi in cui le donne possano essere “aggiustate”, in modo che finalmente guadagnino gli stessi benefici economici degli uomini è, argomenta lei, mancare di vedere che sono spesso gli uomini – o più specificatamente le dinamiche che certe volte sorgono da gruppi di uomini – che hanno necessità di essere aggiustate.

“Le donne sono pagate meno non perché siano meno istruite, meno motivate, meno ambiziose, meno propense a chiedere più soldi, più deboli, più codarde, più pigre, destinate a essere madri che stanno a casa, o qualsiasi altra delle centinaia di scuse sputate fuori dalla cultura popolare che biasimano le donne. – è uno dei passi brucianti del libro – Sono pagate meno perché uomini ostili e le istituzioni che essi creano continuano a trovare maniere per frustrare l’eguaglianza di genere.” (…)

Il punto centrale di Scott è che lo stesso schema di eguaglianza economica femminile accoppiata alla minaccia di violenza maschile è identificabile su tutto il pianeta: è davvero possibile che le donne ovunque abbiano preso le stesse decisioni fallimentari ripetutamente, o piuttosto c’è qualcosa che le ostacola e le ferma? Il vantaggio delle lenti non occidentali da lei usate per questo argomento consiste nel rendere più facile vedere ingiustizie palpabili quando sono portate all’estremo – in società dove le donne ancora non possono di diritto avere proprietà, scegliere chi sposare o rifiutarsi di fare sesso – piuttosto di quando sono in casa tua. (…)

“Nessuna scusa giustifica la sofferenza sopportata dalle donne – scrive Linda Scott – ma questo non impedisce alla gente di continuare a provarci.”

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8 giugno 2020, da La Repubblica:

“Il ministro per il Sud Giuseppe Provenzano decide di non partecipare a un confronto organizzato con sindaci ed esperti per discutere della ripartenza dopo la pandemia. Tavolo di lavoro virtuale al quale sono stati invitati a partecipare solo uomini. (…) “Me ne accorgo solo ora – scrive il ministro su Twitter postando la foto con l’elenco dei partecipanti tutto al maschile – è l’immagine non di uno squilibrio, ma di una rimozione di genere. Mi scuso con organizzatori e partecipanti, ma la parità di genere va praticata anche così: chiedo di togliere il mio nome alla lunga lista. Spero in un prossimo confronto. Non dimezzato, però.” (…) Il convegno è organizzato dall’Associazione Mecenate 90 che dal 1989 svolge attività di consulenza e di assistenza tecnica verso la Pubblica amministrazione nei settori della valorizzazione e gestione dei beni culturali, della promozione culturale, dello sviluppo locale, della pianificazione strategica.”

Non divento una fan dell’esecutivo in carica per questa notizia, ma quando qualcuno al governo fa cose giuste non ho alcuna difficoltà a riconoscerle: perciò, grazie al ministro Provenzano per non aver chiuso gli occhi. Immaginate, tra l’altro, il tipo di reazioni idiote del commentatore medio italico alla vicenda, oppure le avete lette / sentite, quindi mi astengo dal riportarle qui.

Si potrebbe definire quantomeno curioso l’atteggiamento di un’associazione che da 31 anni istruisce su cultura, sviluppo e pianificazione senza avvertire il bisogno di coinvolgere l’altra metà della popolazione, la quale poi dovrà comunque avere a che fare con le politiche o strategie suggerite e adottate. Da trainer l’ho già detto e lo ripeto: se i portatori di interesse primario (stakeholders) non sono coinvolti, qualsiasi iniziativa è compromessa in partenza – è proprio l’ABC, gentili “mecenati”.

Tuttavia, per quel che riguarda la presenza femminile e la qualità di tale presenza, non è difficile riconoscere che l’atteggiamento dei consulenti e assistenti tecnici di “Mecenate 90” è largamente condiviso nella società di cui fanno parte. Basta dare un’occhiata, per esempio, allo spazio D (Donna) proprio de La Repubblica; direttore e redazione devono essere convinti che alle donne tutta ‘sta roba di pubblica amministrazione e politica non interessa, perché secondo loro le nostre priorità sono queste:

Stefano Accorsi diventa papà per la quarta volta, Bianca Vitali è incinta. La foto su Instagram

Meghan Markle indossa il rossetto nude: e scoppia la tendenza

La modella Vittoria Ceretti compie 22 anni e… si sposa in segreto con il dj Matteo Milleri

Christian Louboutin lancia i rossetti, sensuali come le sue scarpe

8 cose che non bisogna avere in comune con il partner affinché la coppia funzioni

Dico: perché mai io donna dovrei avere interessi e opinioni sullo sviluppo locale o sui beni culturali, quando la mia vita è composta da gravidanza, nudità, nozze, trucco, sensualità e psicologia d’accatto?

Maria G. Di Rienzo

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“Il dominio e lo sfruttamento del patriarcato e del capitalismo predatorio hanno permeato ogni aspetto della nostra società per troppo tempo. Noi tutte/i sappiamo di averne avuto abbastanza. Siamo solo insicure/i rispetto al sentiero che abbiamo di fronte e i modelli a cui far riferimento scarseggiano.

Lo sradicamento di questa oppressione richiede il ripensamento sulla maggior parte delle cose che sono diventate “normali” per noi anche se ciò è doloroso o disagevole. Se vogliamo un mondo migliore, dobbiamo disegnare la via che ci condurrà là. Possiamo imparare da ciò che ha funzionato in passato e rivolgere il nostro cuore alla saggezza e all’intuizione, agli ideali di cooperazione, inclusione, compassione e negoziazione per nutrire interconnessioni sane.

Dobbiamo rigettare il dominio e lo sfruttamento e la superficialità del consumismo. Lavoriamo insieme per trasformare noi stesse/i e il nostro mondo in un più sostenibile futuro di prosperità, pace, eguaglianza e gioia.”

Karen Tate, scrittrice, conferenziera, trainer, attivista per la giustizia sociale, giornalista radiofonica (trad. Maria G. Di Rienzo). Karen è una delle figure più influenti del movimento che si rifà alla “spiritualità della dea”: ha pubblicato sei libri al proposito (in immagine sotto la copertina di uno di essi).

karen book

 

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Valeria Valente, avvocata, senatrice del PD, Presidente della Commissione d’inchiesta sul Femminicidio, 6 aprile 2020:

“E’ giusto condividere scelte e responsabilità che riguardano il futuro prossimo di tutti e le prospettive stesse del nostro Paese. Ma perché la ripartenza sia anche un’occasione di rinascita, di cambiamento e di innovazione, un’opportunità per correggere quei limiti dell’economia e dell’organizzazione sociale che questa crisi straordinaria sta mettendo in evidenza, è assolutamente prioritario che la cabina di regia sia contaminata in modo virtuoso da un pensiero femminile e femminista. Non solo per una questione di parità e di giustizia sociale, ma per il futuro stesso dell’Italia.

Come ha sottolineato Linda Laura Sabbadini, in questo momento il lavoro delle donne sta sorreggendo il sistema Italia. I due terzi delle donne occupate, 6 milioni 440 mila su 9 milioni 872 mila, stanno continuando a prestare la propria opera perché impegnate in settori strategici, come il Sistema sanitario nazionale (dove i 2/3 sono donne) e la cura domiciliare di anziani non autosufficienti, la scuola, la vendita di alimenti, i servizi bancari e assicurativi, i servizi nella Pa. Sono fermi, invece, proprio i comparti a più alta densità di presenza maschile, come l’industria e le costruzioni.”

Susanna Camusso, sindacalista, ex Segretaria generale della Cgil, 8 aprile 2020:

“Nell’emergenza – che non è superata – si sono già fatte delle scelte, alcune delle quali possono già dare indicazioni per il “dopo”. Due sopra di tutte: finanziare e potenziare il servizio sanitario nazionale, e fronteggiare le diseguaglianze perché non si allarghi la voragine. Emerge quindi la necessità di uno sguardo sociale, e si rende evidente la non sufficienza della logica “produrre, produrre” senza guardare cosa succede alle persone nella loro dimensione collettiva ed individuale.

(…) La politica ha il dovere di avere al centro del suo pensiero il come prende in carico la società, composta dalle persone, deve considerare la qualità del vivere perché le soluzioni siano per i molti e non per i pochi. Per sintetizzare, deve uscire dalla dimensione gratuita la “cura”; che non è attitudine femminile “dovuta e scontata”, marginale e non economica, ma è, invece, tratto necessario in un mondo che è giunto ai suoi limiti e va reso sostenibile socialmente, economicamente, ambientalmente.

Nessuna di queste dimensioni può essere isolata, non c’è quello che resta nelle mura di casa e quello che riguarda il palcoscenico pubblico. Occorre affrontare quella gerarchia di valore del lavoro, che già oggi è stravolta, ma che nessuno vuole nominare esplicitamente. (…)

Forse la politica non conosce davvero le tante sapienze del mondo femminile e femminista, eppure ha la straordinaria occasione di scoprirle, di non fermarsi al noto ed abituale. Coraggio e capacità politica si misurano dal saper scommettere e scegliere di innovare.”

Rossella Muroni, ecologista, deputata di Liberi e Uguali, ex presidente Nazionale di Legambiente, 9 aprile 2020:

“(…) Questa crisi deve essere anche un’occasione per non tornare a fare i soliti errori, per superare i limiti delle nostre organizzazioni sociali e per provare davvero a realizzare la parità di genere. Non solo per una questione di giustizia sociale, ma anche perché conviene a tutte e tutti. Se già prima di questa fase difficile l’incapacità di valorizzare l’intelligenza, le competenze e la partecipazione delle donne era uno dei principali fattori di arretratezza, ora non ci possiamo più permettere di fare a meno di noi donne.”

equiterra

Questo è un disegno di Equiterra, come immaginata nel marzo scorso alle Nazioni Unite. Si tratta di un luogo dove tutte e tutti hanno eguali diritti ed eguali opportunità. I bambini, maschi e femmine, non sono inondati di stereotipi che limiterebbero i loro sogni e le loro capacità e possono aspirare ad ogni tipo di carriera. Infatti, a Equiterra ci sono sempre uomini e donne in ogni sede decisionale. Le donne non subiscono molestie al lavoro o per strada, non esiste il femminicidio. In Equiterra le donne hanno valore e sono rispettate.

10 aprile 2020: escono le prime notizie sulla “task force” che “in vista dell’allentamento dell’emergenza coronavirus deve capire come ricostruire il Paese” e dialogare con il comitato tecnico-scientifico. Il caposquadra (passatemela) Vittorio Colao, voluto dal Presidente del Consiglio Conte, è definito dai giornali un “supermanager” (amministratore delegato, presidente, vice questo e quello soprattutto nella telefonia). I membri che ho contato sino ad ora – ignoro se ne saranno aggiunti altri – sono 16: commercialisti, psichiatri, sociologi, di tutto un po’.

Su questi sedici, le donne sono quattro:

Elisabetta Camussi, professoressa di Psicologia sociale, Università degli Studi di Milano “Bicocca”;

Filomena Maggino, consigliera di Conte per il benessere equo e sostenibile e la statistica – Docente di Statistica sociale, Università di Roma “La Sapienza”;

Mariana Mazzucato, consigliera economica di Conte – Director and Founder, Institute for Innovation and Public Purpose, University College London;

Raffaella Sadun, professor of Business Administration, Harvard Business School.

Nessuna delle quattro si occupa in modo specifico di eguaglianza di genere, violenza di genere, diritti umani di donne e bambine.

Per la cabina di regia che deve immaginare il futuro, oggi è tutto.

Maria G. Di Rienzo

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(“UNFPA study shows limits on women’s reproductive decision-making worldwide – one quarter of women cannot refuse sex” – sito del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, 1° aprile 2020, trad. Maria G. Di Rienzo.)

unfpa sdg 5 - 6

Circa un quarto delle donne non possono rifiutare il sesso o prendere le loro proprie decisioni sull’accesso ad appropriate cure sanitarie, lo ha scoperto un importante studio internazionale. Il Fondo delle NU per la popolazione, l’Agenzia delle NU per la salute sessuale e riproduttiva, ha rilasciato oggi una nuova ricerca all’avanguardia che rivela quanto avanti si è spinto il mondo nel permettere alle donne e alle ragazze di compiere scelte informate rispetto ai loro diritti riproduttivi.

La maggior parte delle nazioni ha leggi forti che assicurano alle donne di poter accedere alla loro salute sessuale e riproduttiva e ai loro diritti. Ma la realtà che le donne affrontano è spesso assai differente.

Il Fondo delle NU per la popolazione ha misurato il processo decisionale delle donne sulla riproduzione in 57 paesi e la legislazione su salute e diritti in 107 e i risultati mostrano, fra le altre tendenze, che in oltre il 40% delle nazioni i diritti riproduttivi delle donne stanno regredendo.

“Una donna su quattro, nei paesi che abbiamo esaminato, non è in grado di prendere decisioni proprie sull’accesso alle cure sanitarie. Questo è sconvolgente e inaccettabile. – ha detto la dott. Natalia Kamen, direttrice esecutiva del Fondo – Questa nuova ricerca offre un’esauriente quadro dello stato dei diritti sessuali e riproduttivi nel mondo, sia per quel che riguarda la legge sia per la realtà vissuta da donne e ragazze. Ci aiuterà a capire meglio cosa funziona e a definire con precisione le sfide rimanenti a un livello dettagliato che non avevamo in precedenza.

I nuovi dati ci aiutano a misurare il progresso verso l’ottenimento dell’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile n. 5 (OSS 5), equità di genere e potenziamento delle donne. Più precisamente, essi coprono due indicatori dell’OSS 5 per raggiungere l’accesso universale alla salute sessuale e riproduttiva e ai diritti relativi (Target 5.6). L’indicatore 5.6.1 misura l’autonomia riproduttiva delle donne e l’indicatore 5.6.2 misura le cornici legali e di regolamentazione che esistono nei paesi per permettere l’accesso a salute sessuale e riproduttiva e diritti.

Le risultanze chiave della ricerca includono:

* Solo il 55% delle donne può prendere le proprie decisioni su salute sessuale e riproduttiva e diritti.

* Un quarto delle donne non è in grado di prendere le proprie decisioni rispetto all’accesso alle cure sanitarie.

* Le nazioni di media hanno il 73% delle leggi e delle norme in funzione necessarie per garantire eguale accesso a salute sessuale e riproduttiva e diritti.

* Quasi il 100% delle leggi e delle norme delle nazioni garantisce l’accesso a consulenza volontaria e test per l’HIV e protegge l’anonimato delle persone che vivono con l’HIV.

* Numerosi stati impongono restrizioni legali che impediscono l’accesso alla salute sessuale e riproduttiva e ai diritti per determinati gruppi – specificatamente per donne e adolescenti.

Questa ricerca sarà una risorsa cruciale per il Fondo delle NU per la popolazione, i governi e gli associati per rispondere efficacemente ai bisogni più pressanti di donne e ragazze in tutto il mondo. Per la prima volta, ci consente di identificare la problematiche che paesi diversi ancora fronteggiano verso la piena realizzazione della salute sessuale e riproduttiva e dei diritti che le cornici legali possono non comprendere.

Potete avere accesso alla ricerca qui: https://www.unfpa.org/sdg-5-6

Per maggiori informazioni, per favore contattate Eddie Wright: ewright@unfpa.org; +1 917 831 2074

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question

(brano tratto da un intervento del 19 marzo 2020 di Teresa Anderson e Niclas Hällström, per Action Aid, su cambiamento climatico e coronavirus. Teresa Anderson è la coordinatrice delle politiche sul clima per Action Aid International, Niclas Hällström è il direttore di WhatNext?, un forum svedese sulle istanze globali sociali e ambientali. Trad. e adattamento Maria G. Di Rienzo.)

EGUAGLIANZA: I governi devono proteggere le donne, i poveri e i vulnerabili dalle crisi e dal loro impatto, dando uguale valore a ogni vita umana al di là di nazionalità, status economico, genere, etnia o età. Allo stesso modo, non è accettabile che una generazione continui a “fare come prima” sapendo di essere relativamente al sicuro, nel mentre aumenta il rischio e l’impatto per un’altra generazione.

PROTEZIONI SOCIALI: Sanità pubblica e gratuita, congedo pagato per malattia e benefici relativi alla disoccupazione per i lavoratori, nelle economie formali e informali, sono necessari in modo urgente, così che le persone non debbano scegliere se proteggere i loro mezzi di sussistenza o proteggere la società durante la pandemia.

SOLIDARIETÀ: Nessun Paese può “farcela da solo”. I governi devono lavorare insieme ed evitare di ritirarsi in approcci nazionalisti e competitivi. Le nazioni ricche devono contribuire con una giusta parte e aumentare il sostegno finanziario e tecnologico per le nazioni in cui i redditi sono più bassi. La vera solidarietà significa anche adottare e condividere soluzioni.

LA MANO INVISIBILE DEL MERCATO NON AGGIUSTERÀ QUESTE COSE:

Crisi climatica e pandemia mostrano la necessità di profondi cambiamenti di sistema. Queste emergenze rivelano le ingiustizie delle economie neo-liberiste, in cui potenti corporazioni economiche danno priorità ai profitti rispetto al bene comune e fanno tutto quel che possono per evitare di essere regolamentate.

Le risposte dei governi alla pandemia richiedono di prendere decisioni di ordine pubblico, incluse forti misure restrittive, nell’interesse dei cittadini piuttosto che dei loro finanziatori politici delle corporazioni.

NON E’ MAI TROPPO TARDI PER AGIRE: Ogni giorno che passa conta. Ogni azione che limita il danno ha valore. Anche se siamo stati più lenti a uscire dai blocchi di partenza di quanto avremmo dovuto, diamoci dentro ora. Rinunciare non è un’opzione, al di là di quanto grave la situazione possa apparire.

FATE QUEL CHE SERVE, MA NON ABUSATE DEL POTERE: Nel mentre molti governi sono stati lenti nel prendere misure severe per fermare la pandemia, i cittadini hanno chiesto misure più forti per contenere la crisi. La società ha mostrato la sua volontà di accettare svantaggi, forti interventi governativi, protezione sociale e sì, meno shopping e meno voli aerei, se ciò significa proteggere milioni di vite a rischio.

I governi devono tener conto di questo. Ma non devono abusare del loro potere, ne’ cementare misure prese durante le emergenze in limiti autoritari alla libertà dopo che la crisi è passata.

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L’organizzazione umanitaria Plan International UK e la fotografa Joyce Nicholls hanno viaggiato per tutto il Regno Unito incontrando ragazze e giovani donne, per sapere da loro cosa considerano importante in materia di sicurezza pubblica, immagine corporea, social media e femminismo. Il risultato è che tutte hanno espresso frustrazione per la mancanza di un vero progresso nell’eguaglianza di genere. La ricerca si chiama “What young women think in 2020” e le due testimonianze tradotte di seguito ne fanno parte.

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Bláithín, 16 anni, Derry

“C’è un grosso fraintendimento su cosa sia una femminista. La gente si limita a presumere: “Sarebbe che le donne devono essere meglio degli uomini, le donne sono meglio degli uomini sotto tutti gli aspetti, gli uomini non sono nulla” e non è niente di tutto questo. Ignorano di che si tratta e prima di parlare dovrebbero cercare di informarsi. La mia definizione di femminista è: qualcuno che difende i diritti di tutti e vuole che tutti abbiano le stesse opportunità nella vita. Tutti dovrebbero, in effetti. E’ questo che io non capisco, perché come esseri umani dovremmo darci sostegno l’un l’altro. Specialmente come ragazze dovremmo farlo. Perché non si dovrebbe volere il meglio per le persone che abbiamo intorno?”

Hannah

Hannah, 15 anni, Scottish Highlands

“Penso che il femminismo abbia un’importanza enorme in questo momento. Ma c’è un sacco di gente che continua a dire cose come “Oh, è odiare gli uomini” e “Siamo già tutti uguali” e non è vero. Ho la sensazione che ci sia bisogno di maggior consapevolezza. E’ come se fossero spaventati perché pensano che le donne diventeranno superiori e tratteranno gli uomini come gli uomini le hanno trattate per secoli. Gli uomini sono sempre stati più in alto delle donne e probabilmente hanno paura di quel che non conoscono.”

Maria G. Di Rienzo

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