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Posts Tagged ‘lombardia’

Con questo pezzo inauguro la rubrica “Arte Contemporanea Italiana”, perché come ripetono Salvini & Meloni siamo il Paese delle “eccellenze”, siano esse zucchine di mare o 49 milioni di stracchini, ciliegie, arrosticini e paninazzi.

Dunque, la prima opera che vi presento si intitola “Maschio dominante con fragole” e viene dalla Lombardia.

maschio dominante con fragole

Il soggetto ritratto mentre Coldiretti lo premia, proprio per la sua eccellenza, è il sig. Gugliemo Stagno D’Alcontres, la cui azienda “StraBerry” è sotto sequestro per lo sfruttamento di braccianti africani. Costoro lavoravano 9 ore al giorno alla raccolta di fragole (ma molto onestamente la direzione ne faceva figurare 6 e mezza) per un compenso orario di 4,5 euro, con insulti – coglione, negro di merda, animale – e prevaricazioni e minacce come bonus.

Il signore raffigurato sopra spiega ridendo al telefono come queste siano strategie imprenditoriali di alto livello: “Questo deve essere l’atteggiamento perché con loro devi lavorare in maniera tribale, come lavorano loro, tu devi fare il maschio dominante, è quello il concetto, io con loro sono il maschio dominante… è così… io sono il maschio dominante!

Appena c’è uno che sbaglia mandalo subito a casa, così lo vedono gli altri, capito? Non lo fare parlare, perché se lui inizia parlare anche altri sentono, se loro vedono che tu lo mandi subito da capo, gli altri hanno paura di andare da capo dopo! hai capito? (la mancanza della “l” – sarebbe “dal capo” – è dovuta al fatto che Stagno D’Alcontres mima il linguaggio da burletta attribuito agli africani dal razzismo: “sì, badrone”, per intenderci).

Il concetto da dirgli è proprio questo, se troviamo una fragola fatta male se ne vanno a fare in culo, non è che c’è il perdono, non so se mi spiego.

Stamattina appena ho visto uno che parlava dopo un secondo l’ho mandato a casa, non è che gli ho dato la seconda possibilità…”Vai a casa!” E appena vedo uno con il cellulare io lo mando a casa! E’ il terrore di rispettare le regole!”

Ricordate per caso Antonio Calabrò, vicepresidente di Assolombarda?

https://lunanuvola.wordpress.com/2020/04/23/due-tormentoni/

Così egli ci ammoniva nell’aprile scorso (e ha continuato ad ammonirci ossessivamente anche dopo): “Un punto dev’essere fermo, nella coscienza generale: la ricchezza, il lavoro, il benessere sono frutto dell’attività d’impresa.”

Detesto le frasi monche e mal costruite. Enunciamo questa correttamente:

“Un punto dev’essere fermo, nella coscienza generale: la ricchezza e il benessere dell’imprenditore sono frutto dell’attività d’impresa condotta tramite il terrore; il lavoro per giungere a questo risultato lo fate voi poveracci: sottopagati, sfruttati, umiliati e cacciati a calci nel didietro se osate fare un pausa per bere o scambiate una parola con il vicino di filare.” (Non cito a caso, diversi braccianti hanno testimoniato esattamente quel che ho scritto.)

Maria G. Di Rienzo

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“Italian centers for abused women lose state funding as lockdown fuels demand”, di Elaine Allaby per Thomson Reuters Foundation, 28 maggio 2020, trad. Maria G. Di Rienzo.

female anger

Quando l’Italia annunciò la sua chiusura per coronavirus all’inizio di marzo Anna Levrero, che gestisce un rifugio per donne maltrattate nella regione maggiormente colpita, la Lombardia, sapeva che ciò avrebbe portato a un picco nelle chiamate. Ma stava già facendo i conti con un’altra difficoltà.

Ai centri per le vittime di violenza domestica in Lombardia, nell’Italia del nord, è richiesto sin dall’anno scorso di fornire alle autorità regionali le identità delle donne che stanno aiutando per esseri qualificati a ricevere i fondi statali. Molti hanno rifiutato definendola un’invasione della privacy e come risultato, dicono, devono maneggiare una significativa riduzione dei finanziamenti, proprio mentre dei loro servizi c’è più bisogno.

Le autorità regionali hanno detto che i dati sono necessari per formulare le politiche. Prima che la richiesta di fornire i codici fiscali delle donne fosse fatta, sostengono, c’era il rischio di duplicazione dei dati quando qualcuna visitava più di un centro. “Dal nostro punto di vista è un’assurdità, perché se una donna ha sofferto abusi non è che se la spassa a girare da un centro a un altro.”, ha dichiarato Levrero a Thomson Reuters Foundation.

Numerosi paesi hanno riportato aumenti nelle chiamate telefoniche relativa alla violenza domestica, nonostante la quarantena renda più difficile per servizi e organizzazioni di volontariato raggiungere le donne isolate nelle loro case. Tre mesi di chiusura potrebbero risultare in 15 milioni di casi di abuso domestico in più di quelli previsti, secondo le ricerche delle Nazioni Unite.

DiRe, la rete nazionale italiana dei centro anti-violenza, ha detto che le chiamate alle sue linee d’aiuto fra il 2 marzo e il 5 aprile sono aumentate del 75% rispetto allo stesso periodo del 2018, la serie più recente di dati comparabili.

La sua direttrice per la Lombardia Cristina Carelli, che è anche coordinatrice del centro anti-violenza CADMI di Milano, ha detto che alcuni centri hanno perso una larga porzione dei loro finanziamenti dopo essersi rifiutati di soddisfare le nuove richieste ufficiali.

“Per noi è una perdita enorme, perché i centri anti-violenza stanno già avendo difficoltà a ottenere tutti i fondi di cui hanno bisogno. – ha detto Carelli – Perché facciamo davvero un mucchio di lavoro, accogliamo moltissime donne, e questo impegno ha necessità di essere sostenuto con finanziamenti adeguati.”

Due rifugi alla periferia di Milano, che si appoggiavano interamente al finanziamento regionale, sono stati costretti a chiudere a causa di tale decisione, ha aggiunto. Carelli ha spiegato che la Lombardia è stata l’unica regione italiana sino ad ora a richiedere il codice fiscale, sebbene anche Umbria e Calabria abbiano considerato la possibilità di farlo.

Un gruppo di esperti su donne e violenza domestica del Consiglio d’Europa ha espresso preoccupazione rispetto alla pratica in un rapporto di gennaio, dicendo che avrebbe “minato la relazione di fiducia fra le vittime e chi provvede i servizi”. In precedenza, i centri lombardi assegnavano un codice alfanumerico casuale, condividendo i dati resi anonimi con le autorità.

Silvia Piani, assessora lombarda alle Politiche per la famiglia, genitorialità e pari opportunità, ha detto che la regione sta sperimentando il nuovo sistema sin dal 2014 e che il 90% dei centri ha acconsentito alle misure. Ha dichiarato che le autorità regionali considerano solo i dati aggregati, il che non violerebbe la privacy individuale. “Prima, una donna andava in uno dei centri, i centri riempivano un modulo e il modulo restava in un cassetto di scrivania.” ha detto, aggiungendo che il nuovo sistema ha fornito dati sull’età delle vittime, il loro status occupazionale e la loro situazione familiare.

Quando il governo centrale ha ordinato il lockdown in Lombardia l’8 marzo, il Centro Aiuto Donne Maltrattate (CADOM) di Monza, che Levrero gestisce, ha dovuto chiudere le porte, ma ha tenuto aperta la linea telefonica. “Per le prime due settimane non abbiamo sentito quasi nulla. – ha detto – Poi, poco a poco, sono cominciate ad arrivare chiamate in gran numero, non tanto perché ci fossero emergenze ma per sostegno, per sentire una voce amica, per accertarsi che quando ciò fosse finito sarebbero state in grado di tornare da noi.” CADOM opera con diversi rifugi in Lombardia, ma ha dovuto cedere la gestione di tre dei suoi centri d’aiuto ad altri operatori che hanno siglato l’accordo.

Carelli ha detto che DiRe sta parlando con la Ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia, Elena Bonetti, per tentare di trovare una via d’uscita.

Bonetti ha dichiarato a Thomson Reuters Foundation di star cercando soluzioni che possano conciliare la necessità dell’amministrazione di acquisire dati su come vengono usati i fondi pubblici al diritto all’anonimato delle vittime.

“Non vogliamo dire alle donne ‘ti aiuteremo solo se ci dai il tuo codice fiscale’. – ha concluso Carelli – E’ un modo di agire assai presente nella violenza, no? E’ un tipo di ricatto.”

P.S. della traduttrice: L’amministrazione regionale lombarda pensa a tutelarsi dalle “furbette” della violenza che altrimenti sperperano i soldi pubblici. Stiamo parlando del virtuoso governo regionale della Lombardia, quello di Fontana e Gallera: le facce come le terga.

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19 marzo, una delle tante – Fontana, in Lombardia misure ‘cinesi’. Governatore, a Conte chiederò di fare come dice delegazione Cri: “Oggi certamente parlerò al presidente del Consiglio per capire cosa si possa fare nel più breve tempo possibile (…) si prendano i provvedimenti che sono stati suggeriti” con stop di attività produttive e trasporto pubblico e mascherine a tutti.

Da ora in poi 20 marzo – sino alle ore 11 circa – Fontana: “Preoccupato nostri medici allo stremo”.

Fontana ha poi spiegato che in una riunione con i governi di tutte le Regioni “è stato proposto di mandare qui dei medici che avrebbero potuto farsi un’esperienza specifica sull’emergenza perché se si dovesse diffondere il virus nelle loro regioni potrebbero farsi un’esperienza.” Avrebbero potuto farsi un’esperienza perché potrebbero farsi un’esperienza.

“Ma purtroppo è difficile. Io dal primo giorno ho chiesto che rientrassero in servizio i neo pensionati, i medici che stanno finendo la specializzazione ma non abbiamo avuto riscontri come auspicavo.”

20 marzo – Fontana: “Esercito, misura dissuasiva per uscite inutili”.

L’invio dell’esercito in Lombardia per l’emergenza coronavirus sarebbe utile? “Credo di sì, al di là di tutto, la presenza di militari è un grande dissuasivo” per chi esce di casa quando non c’è necessità.

20 marzo – Fontana, “Parlato a Mattarella dei militari”.

Per quanto riguarda la presenza dell’esercito, Fontana ha detto: “Ne parlavo stamattina con il presidente della Repubblica, ho chiesto proprio che anche lui si impegni a fare in modo che vengano applicati in maniera più rigorosa i protocolli”.

20 marzo – Fontana: “Nuove misure? Si decida entro il week end”.

Quella di chiudere in Lombardia alcuni settori produttivi e comparti industriali “è una decisione che va presa entro il fine settimana perché scade il Dpcm precedente quindi una decisione va presa.”

Una decisione che va presa perché quindi una decisione va presa.

“Questa è una scelta che non può essere presa da me, ne ho parlato ieri con il presidente Conte e gli ho sottoposto la valutazione di alcune filiere.”

20 marzo – Fontana: “Governo non ha compreso subito gravità”.

“Temo che si fossero resi conto che c’era qualche problema, ma non che il problema era di questa drammatica rilevanza. Si è sempre cercato di fare una comunicazione troppo soft e si è detta troppo poco la verità fino in fondo.”

Il governatore della Lombardia Attilio Fontana (Lega) non ha bisogno di mascherina, ha bisogno di non parlare a vanvera con l’unico intento di andare contro il governo. Se trova difficile arrestare la piena logorroica si drappeggi una sciarpa attorno alla bocca (se ci riesce senza incaprettarsi).

scarf

(in regalo)

In questo momento le sue uscite “propaganda style” non sono solo inutili, sono dannose al massimo grado. Io volevo questo ma non me lo hanno dato, io volevo quest’altro ma non sono io che prendo le decisioni, io ho detto questo ma non ho avuto riscontro, io, io, io – lega, lega, lega, la colpa è sempre degli altri.

Guardi che non abbiamo preso “Giuseppi” Conte per lo statista del secolo, ne’ questo esecutivo come manna dal cielo: sappiamo semplicemente che sono loro a doversi occupare dell’orribile situazione che stiamo tutti vivendo. E di certo hanno fatto e faranno errori, proprio come lei, come ciascuno che finisca di punto in bianco nel mezzo di una pandemia. Frignarci sopra, però, non ci serve a una beata mazza, non salva nessuno, non alleggerisce il carico dei lavoratori della Sanità, non insegna agli italiani a rispettare le regole.

Sig. Fontana: lei è tutto il giorno in televisione, alla radio e sui giornali. Ha un dannato lavoro da fare (mai così dannato come in questo periodo): quando lo fa?

Maria G. Di Rienzo

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