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Posts Tagged ‘sessismo’

(lettera e testamento: devo essere a breve operata agli occhi e sto scrivendo con gran fatica – mi scuso per gli eventuali errori dovuti a ciò.)

Capisco. La comunicazione “social media style” in voga è così veloce-effimera che ascoltare, riflettere, acquisire informazioni ed elaborarle è difficile. Di più: lo si stima noioso e sorpassato.

Quindi, per incapacità o per volontà, un numero enorme di persone battibecca e non discute, fa battute e passa oltre (l’argomento del giorno scade talmente in fretta da suscitare il legittimo sospetto che sia adulterato a priori), riduce a tifoseria da stadio ogni platea e taglia con l’accetta del noi/loro qualsivoglia argomento.

Ripeto, questo lo capisco: ma oltre a non aver intenzione di adeguarmi ciò che davvero non comprendo è perché agiscano in tal modo quelli e quelle che da tale modalità non guadagnano niente. La notizia stupirà qualcuno, tuttavia fatevi forza e accettate il fatto che la maggioranza degli esseri umani non lavora nell’ambito marketing yourself / shaming others – definibile con il neologismo “itagliese” payed rincoglioned autoincensing.

Meno comprensibili ancora sono coloro che apparentemente riconoscono la situazione (Bufale.net) e però si rivolgono agli altri così:

“Analizza la situazione, anziché fare l’ultras: Fedez c’ha il cu*o al caldo ed è vero: influencer, marito della Ferragni, imprenditore, rapper. Non vive come me e te in un bilocale (anzi, nemmeno quello), non conta i centesimi a fine mese e non posta da uno smartphone riadattato, è verissimo. Però tutto questo se lo è costruito, non è che lo ha ottenuto ieri e ha lottato per ottenerlo, fra lavoro e amore. E ora può far sentire la sua voce gestendo le conseguenze di esse.” (era “essa”, presumo).”

Vedi, miserabile stronzo, tu non sei riuscito a costruire niente, lavoro e amore ti sono andati a rotoli perché non hai lottato abbastanza o non hai lottato “bene” – e nemmeno ti sei procurato gli amici “giusti” che ha lui: finanziatori, banchieri, azionisti e cialtroncelli disposti a dar spettacolo per costoro a mo’ di giullari di corte. Come se si potesse arrivare ad essere ricchi sfondati con la lotta, il lavoro e l’amore, che al massimo costituiscono il cv e il saldo del conto corrente di innumerevoli attivisti / attiviste per il cambiamento sociale su tutto il pianeta. E come se arrivare ad essere ricchi sfondati giustificasse la piramide sociale dell’esclusione.

Ora, lo so che la prossima citazione è stata strombazzata dalla destra per screditare quanto il rapper ha detto sul palco del Concertone, su cui non ho nulla da eccepire, ma non resta per questo meno problematica:

“Mi interessa che Tiziano Ferro abbia fatto outing / Ora so che ha mangiato più würstel che crauti / Si era presentato in modo strano con Cristicchi / Ciao sono Tiziano, non è che me lo ficchi?”. Le spiegazioni dell’autore sono ugualmente motivo di perplessità: 1) il pezzo si chiama “Tutto il contrario” ed esprime quindi il contrario di quel che lui pensa; 2) ha cambiato idea, proprio come Salvini (che le cambia velocissimamente); 3) era giovane.

Converrete che convivono male: rivendico, abiuro, non mi assumo responsabilità perché ho scritto ‘sta roba quando ero innocente e ignorante. Trovo inadeguato conferire a costui la palma di paladino dei diritti umani: domani potrebbe cambiare di nuovo idea. Io scrivevo anche da adolescente proprio come lui, ma non ho mai partorito stronzate del genere. L’idea per cui non esistono inferiori da sbertucciare non l’ho cambiata mai e me vanto.

Inoltre, per la milionesima volta: l’outing te lo fanno gli altri (Tizio è una checca, gne gne gne!) – quando esci tu (Sono Tizio e sono gay, e allora?) si chiama coming out. E questa è la spia del perché trovo inadeguato anche porgli in capo la corona d’alloro di difensore della comunità lgbt: conoscerà individui che ne fanno parte, ma sembra ignorare storia e istanze relative ad essa. Preferisco, gusti personali, che il pavimento me lo aggiusti un piastrellista piuttosto di uno che dice: “Sì dai, lo faccio io, ho visto online un video sul reparto piastrelle di Leroy Merlin! Poi te lo racconto su Instagram! Solidarietà al gres porcellanato! Click, like, money money money!!!”

Poi, mi ripeto ancora a beneficio degli estrapolatori di parole che faticano troppo a seguire un discorso intero, tutto quel che ha detto il 1° maggio era vero – non concordo sulle modalità espressive, ma questa è di nuovo questione di gusti – ed era stato detto da parecchie persone prima di lui e persino meglio di lui: sono quelle di cui sopra, con lotta – lavoro – amore in attivo, prive però dell’amplificatore mediatico a disposizione del rapper influencer imprenditore e quant’altro.

Una seconda vicenda che ha (per certi versi incredibilmente) sofferto della mancanza di ascolto e della comunicazione frammentata – vacua – fulminea da web è stata quella relativa a Rula Jebreal e al suo annuncio via social che avrebbe annullato la partecipazione già concordata a “Propaganda Live”, per correttezza e fedeltà ai suoi principi che non prevedono l’essere l’unica donna in un parterre di ospiti composto da uomini (sebbene le fosse già capitato, come hanno notato in molti/e). Diego Bianchi e compagnia sono cascati dalle nuvole, si sono arrampicati sugli specchi (ci sono due giornaliste fisse in studio, cerchiamo le persone per le loro competenze al di là del loro sesso, abbiamo preso il Diversity Media Award ecc.) e io credo che tutti i protagonisti di questa vicenda fossero in buona fede, una buona fede che ha però come fondamenta una notevole superficialità.

E’ possibile che Jebreal durante la conversazione telefonica di ingaggio, per così dire, non abbia chiesto chi altri era presente quella sera? Io sono la Signora Nessuno, di solito chiamata a tener conferenze e incontri a titolo gratuito, però lo faccio – e se la compagnia non mi piace spiego direttamente agli organizzatori perché non potranno contare su di me. Sono femminista da oltre 45 anni. Cerco di comportarmi come un civile essere umano da quando ne ho memoria e con chiunque: peccato che tale attitudine mi torni sempre meno indietro… anche e soprattutto da molte persone che considero “alleate” o “vicine”. Con costoro mi sembra di essere passata da The times, they are a’changin a The times have changed for the worst.

Comunque, come probabilmente saprete io non ho la tv: spesso però vedo “Propaganda Live” online la mattina successiva alla sua messa in onda. Venerdì prossimo questa sua stagione si chiude, perciò mi permetto di chiedere a chi crea e gestisce il programma se nella prossima qualcosa può davvero cambiare nell’attitudine diretta alle donne. Numeri a parte, che come vi hanno ribadito sono pure importanti (chi non c’è non si vede e non si sente), vi illustro dei piccoli esempi. Mi piacerebbe:

1. che Marco Damilano – dopo aver puntualmente ricordato come qua e là ci fossero donne, quando ha incontrato Tizia, cosa ricorda di Caia – non scendesse dal palco dopo un’ultima frase a effetto del tipo “Il mondo degli uomini”. Sono una outsider, lo so, ma questo mondo è anche mio e non sono un uomo. Ogni tanto mi piacerebbe fare brevemente esperienza dell’inclusione;

2. che Marco D’Ambrosio Makkox facesse una ricerca su quante bambine / ragazze / donne si tolgono la vita dopo aver sperimentato innumerevoli aggressioni dirette ai loro corpi non conformi; dopo, decida lui se per prendere in giro Meloni una frase del genere è accettabile: “Ricordo che da bambina a scuola tutti mi bullavano perché ero cicciona… compresi quindi la sofferenza dei discriminati perché diversi… e fu allora che decisi di diventare fascista!”.

Gli altri paragoni usati nel fumetto (pubblicato da L’Espresso) mettono a confronto situazioni che oggettivamente non sono paragonabili per magnitudo – per dirne una, dar fuoco per sbaglio alla casa e capire “chi fugge dopo aver perso tutto”: l’effetto comico sta proprio in questo. Però le “ciccione bullate” come Beatrice Inguì

https://lunanuvola.wordpress.com/2018/04/06/senza-tregua/ – si buttano sotto il treno a 15 anni e a me non fa ridere;

3. che l’ospite fisso Memo Remigi riflettesse sul rispondere con icone di applausi e pollici alzati al genio che gli scrive su Twitter: “Per incrementare le vaccinazioni suggerirei, per il periodo estivo, alle infermiere che se lo possono permettere, di indossare mascherina e grembiule trasparenti sopra un bikini”. Perché chi decide cosa io mi posso o non posso permettere, in base a quali parametri e in forza di quale investitura da mio giudice?

Il corpo di una donna NON è un luogo pubblico, non è arena di dibattito per gli uomini quali esseri superiori – consumatori – acquirenti e le donne costituiscono comunque la metà della gente che deve vaccinarsi: e guardate che suggerire un trattamento simile (con l’infermiere “figo” a torso nudo e slippini ripieni) non solo non guarisce alcuna ferita ma è impossibile. Le posizioni di potere e di legittimazione da cui donne e uomini partono sono troppo diseguali. Persino Benni rinunciò, a suo tempo, dopo aver ipotizzato di sbottonare gli abiti delle infermiere per far entrare i pazienti in sala operatoria in ottime condizioni di spirito (“Elianto”): “Era allo studio un analogo trattamento per le degenti donne”. E allo studio è rimasto e rimarrà ancora a lungo, giacché la portata dell’oggettivazione dei corpi delle donne è così enorme e pervasiva, così intessuta di discriminazione e violenza, da non permettere paragoni.

Come ho detto all’inizio l’ascolto prende tempo, può essere faticoso e persino doloroso, ma se vogliamo capirci, vivere insieme e fare di questo mondo il “mondo degli uomini e delle donne”, qualcosa che valga la pena lasciare alle future generazioni, credetemi: non abbiamo altra scelta.

Maria G. Di Rienzo

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Nel mentre:

* Dall’11 al 17 aprile 2021 si svolgeranno ovunque incontri, manifestazioni, conferenze, azioni dirette nonviolente nell’ambito della International Anti-Street Harassment Week – Settimana internazionale contro le molestie in strada (è l’undicesimo anno che ciò accade);

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* Francia, Perù e Filippine hanno leggi apposite che puniscono le molestie in strada;

* Le donne denunciano tali comportamenti da due secoli e ovunque vi siano strade (in riferimento a leggi che normano una condotta civile nei confronti di estranei negli spazi pubblici);

* Sono disponibili studi, ricerche, sondaggi e raccolte di testimonianze che ribadiscono senza possibilità di errore quali siano gli effetti delle molestie sulle vittime: in brevis a livello fisico nausea, difficoltà di respirazione, vertigini, tensione muscolare, sudorazione, tachicardia – a livello emotivo fastidio, rabbia, paura, vergogna;

* Sono disponibili statistiche agghiaccianti sul numero di donne che subiscono molestie in strada in tutto il mondo (più dell’80%) e sui vari tipi di escalation degli assalti;

* Il femminismo si occupa della questione, ritenendola un’espressione della violenza patriarcale, da sempre;

* La sottoscritta ha prodotto articoli e traduzioni in merito per dieci anni di fila (vi butto quattro link a caso, l’intera lista è molto lunga):

… e in questi giorni, giacché una giovane celebre si è lamentata (giustamente) in Italia c’è il “dibattito”: mmmh… ma sono molestie o complimenti?

Chiediamolo agli esperti come “Er Faina”. Il nome già dice tutto.

Rispondiamo alle intelligenti domande de “Il Corriere della Sera”: “Avete mai avuto paura?”. Ma no, certo, nessuno ci ha mai messo in guardia su come vestire, dove andare, eccetera eccetera e poi se ti riducono a un colabrodo mentre fai jogging ti arriva :”Eeeeh… mica si può andare a correre da sole, se si è femmine”. Questo cos’è se non addestramento al terrore?

Meditiamo sui pistolotti di Feltri (figlio) che ci ammonisce: se ci opponiamo a questo stato di cose, all’essere considerate proprietà pubblica e non esseri umani, e chiediamo che la legge ci tuteli lui sente puzza di attitudine “sbirresca” e desiderio di punire i comportamenti che non ci piacciono – cioè, mia cara, la libertà di un uomo di farti sentire una merda per strada deve avere tutela superiore rispetto alla tua libertà di andare per quella stessa strada senza essere valutata, giudicata, palpata, insultata a voce alta e magari aggredita a scopo stupro.

Partecipanti al “dibattito”, rileggete i pochi paragrafi marcati da asterisco che ho scritto sopra: dove diamine siete stati/e sino ad ora???

Maria G. Di Rienzo

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Francamente non mi chiedo perché Giovanni Gozzini, docente universitario a Siena, si sia sentito legittimato a usare per Giorgia Meloni il linguaggio spregiativo che investe le donne – di ogni età, censo, tipologia ecc. – ogni giorno e in qualsiasi circostanza. (Per un attimo, mi sono invece domandata come stanno le sue allieve.)

La prassi delegittimante rivolta alle donne, per cui se devi contestarne l’operato attacchi le persone su base sessuale, è talmente “comune” che probabilmente gli salta in bocca senza che neppure debba pensarci su. E sono pronta a scommettere che se i suoi insulti sono stati indirizzati in passato a una donna comune (non famosa), le rimostranze abbiano ricevuto al posto della “solidarietà bipartisan” la consueta manfrina “era uno scherzo – fatevi una risata – sei una femminazista priva di senso dell’umorismo”… Scommetto pure sul fatto che la maggioranza degli sdegnati pubblici attuali è composta da ipocriti che almeno una volta hanno detto/scritto proprio quanto sopra, ma lasciamo pur andare.

Quel che mi ha lasciato davvero perplessa è l’entusiastico bailamme scatenatosi attorno alle dichiarazioni del compagno di Meloni, definito ripetutamente “giornalista di Tgcom24” (per cui si suppone conosca l’italiano), che contengono questa frase: “(…) io spiegherò a mia figlia quanto sua madre sia valorosa e meritevole di ciò che ha fatto nella sua vita.”

Non esaminerò qui il valoroso operato pubblico, giacché non lo giudico tale, ma “meritevole di ciò che ha fatto” non ha senso ed è scorretto. Forse il giornalista Andrea Giambruno voleva dire “meritoria per ciò che ha fatto nella sua vita”. Forse potrebbe fare un altro mestiere. E, fatta salva la condanna per l’episodio di cui è stata involontaria protagonista, forse potrebbe cambiare professione anche Giorgia Meloni: nessuno dei due brilla.

Maria G. Di Rienzo

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Dall’inizio del 2021, in Italia c’è stato un femminicidio ogni 5 giorni (3 sono stati perpetrati nelle 24 ore tra il 6 e il 7 febbraio). In questi giorni, sulla stampa:

“Il procuratore aggiunto di Palermo Laura Vaccaro (…) torna a lanciare un appello a tutte le donne: “Non abbiate paura di denunciare – dice – C’è sempre qualcuno disposto ad ascoltarvi. C’è soprattutto una rete di accoglienza per tutelare voi e i vostri figli“. “

“Soltanto due settimane fa Repubblica ha aperto l’Osservatorio Femminicidi e ci troviamo già qui a contare altre donne morte. (…) E quante volte dobbiamo registrare il dolore di parenti e amici che raccontano di segnali non colti. Non c’è più tempo però, non c’è per aspettare redenzioni, non c’è per dare seconde possibilità che spesso sono quarte o quinte. Denunciare, rivolgersi ai centri antiviolenza. Dare alle donne la certezza di essere ascoltate, e aiutate.” Oriana Liso

” (…) un mese fa aveva chiamato la polizia, ma poi non aveva voluto presentare denuncia contro il compagno violento.” (riferito a Piera Napoli, 32 anni, assassinata dal partner)

“Ventinovenne uccisa a coltellate nel Salento, fermato per omicidio il suo ex: era in fuga. In passato aveva già minacciato la vittima di femminicidio: “Una tragedia annunciata“. “

Il quadro postula come al solito due assunti falsi: primo, che la responsabilità di fermare la violenza ricada sulle vittime di quest’ultima; secondo, che esista una diffusa solidarietà nei confronti delle vittime stesse.

L’afflato verso le donne investite dalla violenza assume le seguenti forme se muoiono:

– Era una ragazza semplice e solare.

– Era una donna piena di vita.

– Inspiegabile e assurda tragedia.

– Perché nel 2021 ci sono ancora queste persone per cui le donne non sono niente?

– Dobbiamo fermare tutto questo! Basta violenza sulle donne.

(Più i consueti svarioni pseudo-lirici fatti di stelle, angeli, coretti e applausi.)

Per contro, se restano vive dopo l’assalto, lo stupro o anni di pestaggi, il loro comportamento è sottoposto al più severo degli esami non solo dagli stessi che cianciano a vanvera con le frasi di cui sopra, ma da poliziotti, medici, avvocati e giudici… i quali costituiscono la parte istituzionale della succitata “rete di accoglienza” che dovrebbe “tutelarle”: gli opinionisti da strapazzo, i commentatori seriali sui social media, la grande bagarre misogina dei media tutti fanno il resto.

I parametri dello scandaglio sono la fiera patriarcale dello stereotipo di genere: era bella, non era bella (solo le belle sono degne di violenza sessuale); era brava, non era brava (quelle brave sospettano di tutti, non vanno a feste, non escono da sole, denunciano – ma anche NON sospettano, per non offendere l’uomo di turno, vanno alle feste perché il suddetto deve mostrarle agli amici come trofei, escono da sole per andare ad incontrarlo, NON denunciano perché non sono certo schifose femministe…); eccetera eccetera. Non si tratta come vedete di punire l’autore delle violenze, ma di capire grazie a quale provocazione della vittima costui – stressato, abbandonato, colto da raptus, avvilito, depresso, geloso – sia stato costretto ad agirle.

In ambo i casi, non appare mai uno straccio di analisi su cosa effettivamente crei un clima adatto alla sopraffazione e all’omicidio. E quindi, giusto: Perché nel 2021 ci sono ancora queste persone per cui le donne non sono niente?

Mah. Forse perché avete passato l’estate del 2020 a discutere della modella di Gucci e di Santa Chiara Influencer? No, non sto scherzando. E naturalmente non si tratta solo dell’estate scorsa, perché sul culo di questa e le tette di quell’altra e sulle montagne di sterco relative a trucchi – acconciature – abiti – accessori – diete – fitness che dovrebbero dar forma alla “bambola scopabile” si blatera da anni ed anni.

L’oggettivazione ossessiva, coatta, asfissiante che investe le italiane di qualsiasi età 24 ore su 24 e che neppure la morte ferma (Era così bbbeeellla…) è l’ingrediente principale della violenza di genere: a una persona si deve, in linea di principio, rispetto – a del materiale da scopare no.

Questa narrazione a senso unico, vischiosa, mai messa davvero in discussione, si è insediata come una melassa a presa rapida in cervelli di ogni genere, origine e latitudine, vedasi le fotografe che mettono in posa giovani donne nude per i calendari o producono immagini di bambine in atteggiamenti da Lolite per vendere automobili e di fronte a un minimo di reazione civile strillano: “Io sono femminista!”… che è l’equivalente di “Non sono razzista, conosco tanti immigrati”, “Non sono omofobo, ho un sacco di amici gay” e via dicendo. Ma quando io contesto una tua azione, sorella, non ti sto in alcun modo etichettando e definendo: sto dicendo che quel che hai fatto (non quel che sei) porta acqua al mulino avverso alle donne. Tutto qua, non c’è bisogno di utilizzare ad minchiam il termine “femminista”, perché è evidente che se lo usi come scudo per pararti il didietro tu non sai cosa significa.

All’oggetto-femmina, il cui dovere dalla culla alla tomba è essere bbbeeella per soddisfare sguardo e interno mutanda maschili, non è riconosciuto spessore umano, dignità, legittimazione. Perciò i sedicenti giornalisti (e le sedicenti giornaliste, certo) che in Italia scrivono di violenza di genere non solo non hanno alcuna preparazione al proposito ma ritagliano la storia in modo adeguato affinché risponda ai loro pregiudizi e al sessismo che respirano quotidianamente quanto ogni altro/a.

Solo per fare un esempio, questa notizia l’ho letta due giorni fa:

“Getta in mare la ex, poi la risarcisce: condanna lieve, soltanto sei anni”.

Il (dei tenetemi le mani) professionista della carta stampata ci spiega perché:

“(il perpetratore del tentato omicidio) ha chiesto scusa, ha lanciato segnali di pentimento e ha risarcito la sua ex. Ha staccato un assegno, oltre a scrivere lettere nelle quali ha provato a rivisitare il recente vissuto, fino a quell’ultimo – drammatico – momento di coppia: lei che sta sul muretto, lui che la spinge; lei che cade in acque (sic), a mare, lui che scappa. Lei che rischia di morire e che viene salvata (…).

Sono tutti “momenti di coppia”, quindi: il primo bacio, la prima sberla, la richiesta di assomigliare a una diva all’esterno e a una pornostar a letto, il selfie dopo il pestaggio, il lancio in mare… Io credo che l’autore neppure si sia reso conto di quanto questo tipo di narrazione normalizzi e scusi la violenza contro le donne: lui ne scrive MA NON NE SA UNA BEATA MAZZA. I suoi capi non gli hanno offerto formazione, per due semplici motivi: 1) a loro non interessa fare giornalismo, ma click-bait; 2) ne sanno meno di lui.

In compenso, la reiterazione dell’oggettivazione femminile mascherata da reverente ossequio alla “bellezza” e le interminabili manfrine su stereotipi di genere prescrittivi (le donne sono così, gli uomini sono cosà, senza spazio ne’ per le differenze ne’ per l’individualità), i quali hanno l’unica funzione di presentare come naturale, santa e giusta la subordinazione delle donne, hanno formato generazioni di giovani stronzi – oltre a fornire ossigeno agli stronzi più anziani – che si beano della propria ignoranza, della propria crudeltà e del sessismo più becero a disposizione sul mercato.

Tre esempi dalla cronaca di gennaio/febbraio, il primo della lista ha 19 anni.

Gettata a diciassette anni in un burrone. Il fidanzato: “Roberta si è data fuoco da sola”

– “Il giudice per le indagini preliminari: “Quantomeno a livello gravemente indiziario può ritenersi in questa fase cautelare che Morreale Pietro, mosso da una fortissima gelosia e da un sentimento morboso maturato nei confronti di Roberta (Siragusa), la abbia uccisa (…) dopo aver comunque tentato un approccio sessuale e poi le abbia dato fuoco abbandonandola nella scarpata”.”

– “A Caccamo, raccontano che Morreale era sempre parecchio geloso nei confronti della fidanzata: “La scorsa estate era arrivato anche alle mani – sussurra un’amica della vittima – avevo visto Roberta con un occhio nero. I litigi erano proseguiti, poi di recente sembrava essere tornato il sereno”. Fino a sabato sera, quando sarebbe avvenuta un’altra scenata nel corso della festa a casa di amici.”

– “Risultati dell’autopsia: “Roberta stordita e poi bruciata dal suo assassino”. Secondo una ricostruzione emersa dai lavori dei periti la giovane sarebbe stata colpita, stordita e poi data alla fiamme, forse mentre era ancora viva.

Il secondo ne ha 24.

Rapper 1727 wrldstar arrestato, botte alla compagna con un bastone di ferro

– “Ha ferito gravemente la sua compagna con una mazza di ferro, al culmine di una lite. Per questo è stato arrestato con accuse di maltrattamenti, lesioni e droga Algero Corretini, 24 anni, che sul web è conosciuto anche come ‘1727wrldstar’ (…)”

– “(i carabinieri) hanno ricostruito una prolungata storia di maltrattamenti culminata nella mattinata di sabato in una violenta aggressione.”

Il terzo ne ha 17.

Revenge porn tra minori, la vittima ha solo 13 anni.

“Aveva solo 13 anni quando inviò al suo fidanzatino delle foto che la ritraevano senza veli. Lui, un 17enne, prima ha custodito gelosamente quegli scatti sul suo telefono poi, quando lei lo ha lasciato, li ha inoltrati sulle chat di tutti i loro amici svergognando pubblicamente la ragazzina che, presa dal panico, non voleva nemmeno più andare a scuola. Quella vendetta a luci rosse si è protratta per ben tre mesi poiché anche dopo la denuncia sporta dai genitori della 13enne, il ragazzo ha continuato a diffondere quelle immagini.”

Poi abbiamo il maestro (si fa per dire) Alberto Genovese, anni 43, esperto di festini a base di stupefacenti, serie di foto allucinanti in cui mima incontenibili entusiasmi con la bocca spalancata e bottiglie al vento. Due delle giovani donne che lo hanno denunciato per stupro hanno riportato oltre alle sue violenze i convincimenti da cui esse si originano:

“Mi diceva che la donna non deve andare all’università e non deve lavorare.”

“Faceva certi discorsi, che la donna è stupida e anche se è intelligente non si deve applicare e non deve lavorare. Mi diceva: ‘Tu a 24 anni ti trovi uno che ti mantiene, a 27 fai una famiglia, così hai il futuro garantito, perché una donna a 27 anni è da buttare.’ “

Genovese si è avvalso della facoltà di non rispondere alle domande del giudice per le indagini preliminari, ma ha avuto la faccia tosta di chiedergli di andare ai domiciliari a casa della madre e della compagna, aggiungendo che spera in una pena “rieducativa” che gli consenta di “guarire”: “Voglio disintossicarmi, da 4 anni sono tossicodipendente. Quando mi drogo perdo il controllo e non riconosco il confine tra legale e illegale.”

Perché è tutto lì, il problema. Ci sono ancora legislazioni, al mondo, che normano quanto si può picchiare una donna e in che circostanze sia ammesso violentarla, ma da noi comandano le femministe…

E le donne continuano a soffrire e a morire sia che denuncino sia che non denuncino, sia che rifiutino di aderire al modello imposto sia che lo accettino:

“La Procura di Milano ha chiuso le indagini, in vista della richiesta di processo, a carico di Mattia Colli, medico chirurgo del ‘Centro di chirurgia plastica ed estetica MC’ in centro a Milano, accusato di omicidio colposo per la morte di una donna di 36 anni deceduta in un hospice nel Bresciano l’11 aprile 2018 per complicanze seguite ad una grave infezione dopo un intervento di liposuzione a cui si era sottoposta il 5 luglio 2017.”

Se dopo i 27 anni una donna dovrebbe essere conferita in discarica, figuratevi a 36. Per questo gli utilizzatori, i fini conoscitori e gourmet di femmine producono notizie simili:

Bambina di 18 mesi morta nel Comasco, non è stato un incidente: arrestato il compagno della madre.

“Gli esiti della consulenza medico legale, rende noto la Procura di Como, inducono gli inquirenti a ritenere che la piccola sia stata picchiata non solo il giorno del suo decesso, (…) ma pure in altre circostanze, quando – sempre secondo gli accertamenti – la piccola sarebbe stata anche violentata.”

Era bella, suppongo.

Maria G. Di Rienzo

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“Quali sono i vostri sogni per il 2021? Sogni personali, intimi, dedicati agli amici, alla famiglia. Ma anche sogni per il futuro dell’Italia o del mondo.”

Di seguito la mia risposta a “La Repubblica”, che in questi giorni chiede il contributo di cui sopra per la sua iniziativa “L’anno che verrà”:

Terrò per me i sogni personali, ma vi confido volentieri uno degli altri: l’avvento di un giornalismo degno del proprio nome, professionale, intelligente, che smetta di disprezzare, ignorare o odiare le donne.

Il che significherebbe, anche per voi, smettere di produrre articoli che:

– glorificano e scusano la violenza in tutte le sue forme (particolarmente quella contro le donne);

– sono scritti da analfabeti;

– non hanno alcun senso perché la “notizia” non esiste (forse Tizia ha lasciato Caio, sembra che Sempronia si sia rifatta il naso… e chi se ne importa);

– chiunque sia la donna di cui trattano cominciano con una dettagliata disamina (o la incorporano) della sua tipologia fisica, abbigliamento, accessori e trucco: della scollatura di Marie Curie o del taglio di capelli di Samantha Cristoforetti non solo non ce ne importa niente, ci irrita che non sappiate riconoscerle come donne senza farne dei manichini;

– rilanciano senza controllo qualsiasi idiozia relativa al peso corporeo: il giornalismo dovrebbe verificare prima di urlare alle epidemie o proporre diete o elencare cause/rimedi per ciò – il grasso corporeo – che NON è una malattia (sono in grado di produrre vent’anni di letteratura scientifica al proposito, ma avete raccomandato “poche righe”). Inoltre, domanda retorica, perché secondo voi la modella statunitense è curvy e la ragazza che si getta sotto il treno – grazie al bullismo diretto al suo corpo – aveva problemi di obesità?

– sono inseriti in “rubriche donna”, come per esempio i vostri di oggi:

Trucco: dal rosso al blu Kandinsky su occhi e labbra. Come ricostituenti per l’umore

Moda – Gli abiti per le festività che indosserai di nuovo nel 2021

L’incipit dice già in che settore stanno: Trucco, Moda. Non DONNA. Io sono tale e come una miriade di mie simili non mi trucco e la moda non mi interessa. E’ inutile che speriate di essere i paladini del “futuro delle ragazze” (Stem ecc.) quando quel che proponete loro è la visione trucco – moda – attenta alla panza – perché lui ti ha lasciato – come essere più affascinante ecc. ecc.

Se, scusate la volgarità, il loro scopo ultimo in questa esistenza è far avere erezioni all’altra metà del genere umano, studiare servirà a poco. A meno di non andare a scuola da quelle che voi chiamate “influencer digitali” (leggi modelle/pubblicitarie online) e impegnarsi davvero davvero ad avere un trucco perfetto… Il brano che segue è tratto da un articolo che ho scritto io il 19 febbraio dell’anno scorso (non entro nei dettagli dell’antefatto, che comprendono bambine ricoverate per tumori, giacché siamo andati già molto oltre le poche righe prescritte), ma fa riferimento a come voi date le notizie:

“Repubblica specifica che lo stage (sic) grazie a cui si imparerebbe a “bucare il video, la rete e un po’ tutte le situazioni social” è cosa di gran valore: “Giusto per dare un’unità di misura a Milano è stato registrato il sold out, con biglietti da 650 euro a testa e una coda di migliaia di persone per soli 500 posti a sedere.” Capite, per le povere bimbe malate la “influencer” lo avrebbe fatto gratis, è così commovente che sto quasi per piangere, però 650 euro x 500 individui disposti a sborsarli fa 325.000 euro: una cifra spropositata per una sorta di “formazione” agli stereotipi di genere… e il fazzoletto mi torna automaticamente in tasca.”

E la chiudiamo qua. Saluti, Maria G. Di Rienzo

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Ok, questo è l’articolo che dovevo pubblicare stamattina. Il suo aspetto è il massimo che riesco a realizzare con il nuovo editor di WordPress: uno strumento così agile e facilmente accessibile e preciso (aggiungete lodi ironiche a vostro piacere) che non sono riuscita a fare quel che volevo. Probabilmente nei prossimi giorni non scriverò nulla qui.

Dati Eige – Istituto Europeo per l’eguaglianza di genere.

In Europa, dai quindici anni in poi:

1 donna su 3 subisce violenza fisica e/o violenza sessuale

1 donna su 2 subisce molestie sessuali

1 donna su 20 è stata stuprata

1 donna su 5 ha subito stalking

il 95% delle vittime di traffico a scopo di sfruttamento sessuale è composto da donne

La violenza di genere è un fenomeno composito che ha profonde radici nello sbilanciamento di potere fra uomini e donne, nelle aspettative relative ai ruoli di genere, nelle istituzioni e strutture sociali. Come tale, non può essere affrontato senza mettere in questione credenze e attitudini culturali che perpetuano la violenza contro le donne. Le più comuni di queste sono ormai note anche a chi non si interessa della questione (dopotutto, noi noiose femministe le ripetiamo da lunghissimo tempo): mascolinità intesa come espressione di potere in cui dagli uomini ci si aspetta che abbiano il dominio degli spazi pubblici, delle sedi decisionali e del maneggio delle risorse; femminilità intesa come servizio, in cui dalle donne ci si aspetta che assumano ruoli di cura e che stabiliscano relazioni sulla base dell’essere docili, sottomesse e obbedienti. In sintesi, i ruoli di genere sono categorie identitarie costruite le cui qualità e i cui attributi si escludono a vicenda.

Misurare la violenza di genere è complesso. Vittime e perpetratori possono non percepire le motivazioni dell’atto violento come radicate nei sistemi e nelle strutture sociali e persino non identificare la violenza come tale, il che produce e riproduce diseguaglianza, discriminazione e abuso attraverso molte dimensioni.

Una delle “nuove” attitudini culturali che alimenta la violenza di genere è la presentazione dell’ipersessualizzazione coatta di bambine, ragazze e donne come scelta, libertà, empowerment, intelligenza imprenditoriale, piccante ma innocuo intrattenimento (e fatevela una risata, e scopate qualche volta…)e ultima frontiera del femminismo: che grazie a ciò non avrebbe più ragione di esistere. I media hanno assunto un ruolo chiave in tale scenario. Da quelli per così dire tradizionali a quelli online, tendono purtroppo a perpetuare ossessivamente la diseguaglianza di genere.

La letteratura accademica (ricerche e studi) che si è finora concentrata sulla sessualizzazione di bambine, ragazze e donne ha attestato l’enorme influenza dei media sulla nostra percezione dei ruoli che costoro dovrebbero avere nella società e sulle loro stesse aspettative e aspirazioni.

Moda e pubblicità ripetono stereotipi che nella mente delle donne di qualsiasi età diventano scarsa autostima e vulnerabilità. Facebook, Instagram, Snapchat ecc. sono diventate vetrine in cui ragazze e adulte pubblicano immagini di se stesse chiedendo commenti sulla loro bellezza, sul loro trucco, sui loro vestiti, sul loro grado di appetibilità sessuale. I social media hanno amplificato la pressione già esistente a conformarsi a narrative sessualizzate che hanno diretto impatto negativo sulla salute mentale, emotiva e fisica delle donne su scala globale: ansia rispetto alla propria apparenza, sentimenti di vergogna, disturbi alimentari, depressione, autolesionismo, suicidio. Che dieci, cento o persino mille influencer, celebrità, show-girls stiano benone e facciano un sacco di soldi vendendo la tiritera dell’abito stretto e dell’immagine sexy o pornografica non diminuisce di un milligrammo il danno fatto da tale narrativa a milioni di altre donne. Perciò, quando qualcuno pensa che dimenando il culo in tv o su Youtube in un certo modo e con determinato abbigliamento una donna diventi una paladina della libertà femminile, sta in pratica accettando che scodinzolare allegre per la soddisfazione dello sguardo maschile e presentarsi virtualmente sempre pronte al servizio sessuale per i possessori di tale sguardo sia il massimo traguardo raggiungibile da una donna. Di più: è l’unico traguardo proposto / imposto, con una virulenza tale da far impallidire il Covid-19.

La sessualizzazione coatta è ovunque: nei programmi televisivi – persino in quelli per bambini, nei film, negli annunci pubblicitari, nei videogiochi, nei giocattoli, nelle campagne di marketing… E se le ragazze diventano ossessionate dal loro aspetto e da come renderlo più sessualmente attraente per i membri dell’altro sesso, i ragazzi imparano dal modo in cui i loro corpi sono rappresentati in relazione alle donne a interiorizzare la nozione che il loro successo è strettamente legato al potere, all’aggressività, al dominio sulle donne, alla violenza.

Quando i media rinforzano le dinamiche di potere che degradano e feriscono le donne e fanno apparire triviale la violenza di genere (e fatevela una risata, e scopate qualche volta…) oltre a favorirne la continuazione riducono la possibilità che gli atti di violenza contro bambine, ragazze e donne siano denunciati: in particolar modo aggressioni sessuali, molestie e stupri. Le donne devono essere carine (sexy), gli uomini potenti; le donne devono farsi notare (sexy), gli uomini devono farsi rispettare. Avete idea di che impatto ha questa manfrina non solo sullo sviluppo di una bambina, ma sulla nostra cultura in generale?

Esaminate questa vicenda, in cronaca ieri 2 settembre 2020. E’ squallida, ma le coperture offerte dai quotidiani non sono da meno:

Titolo: Festini con coca e baby prostitute a Bologna, sei indagati: ai domiciliari politico leghista

(Trattasi del 27enne Luca Cavazza, candidato per la Lega con Lucia Borgonzoni alle ultime elezioni regionali, estimatore di Mussolini, ora appunto agli arresti domiciliari.)

Dall’articolo: “Secondo quanto ricostruito l’ipotesi degli investigatori è di un giro di ragazzine arruolate e portate in un residence fuori città, per prestazioni sessuali in cambio di droga. Tutto è partito dalla denuncia di una madre che aveva intercettato dei video nel cellulare della figlia.”

Titolo: Villa Inferno: orge con minorenni e cocaina. Avvocati e politici, trema la Bologna bene

Occhiello: Tutti stimati professionisti gli otto uomini finiti nei guai per i festini con una 17enne. Le accuse: prostituzione minorile e spaccio.

Dall’articolo: “Una vita come quella dei film, anzi sembra proprio un telefilm di Netflix, ’Baby’, che racconta di ragazzine annoiate dei Parioli che entrano in un giro di prostituzione e droga ben più grande di loro. Invece, almeno secondo quanto ricostruito dagli inquirenti della Procura di Bologna (…) questa volta sarebbe accaduto per davvero. È la storia di una ragazzina di diciassette anni, il cui racconto ha permesso di svelare un presunto giro di festini a base di cocaina e prostituzione, anche minorile. E la principale location in cui tutto questo avveniva sarebbe la villa di un imprenditore bolognese, soprannominata non certo a caso ’Villa Inferno’. A finire nei guai, otto uomini (ecc.)”

Titolo: Orge con minorenni e cocaina: arresti nella Bologna ‘bene’

Occhiello: “In carcere un noto imprenditore edile e un capo-ultras con un passato da candidato politico. Nei guai anche un avvocato e un socio di un noto ristorante.”

Dall’articolo: “Secondo le carte dell’indagine (…) lo scenario dei festini a luci rosse è quello della villa fuori Bologna di un noto imprenditore 48enne, unico ora in carcere, dove da almeno ottobre 2019 a febbraio di quest’anno si sarebbero tenuti incontri riservati a base di sesso e cocaina, con la partecipazioni delle ragazzine, non ancora maggiorenni.”

La legge italiana ritiene illecito agevolare, favorire o indurre alla prostituzione le persone anche quando esse sono maggiorenni (chi si prostituisce non infrange la legge). Il reato di prostituzione minorile è previsto dal codice penale (art. 600 bis) e se ne macchia chi induce alla prostituzione minorenni o la favorisce, la gestisce, la organizza e la sfrutta; parimenti è reo chi compie atti sessuali con un/una minore di età compresa tra i quattordici e i diciotto anni, in cambio di un corrispettivo in denaro o altra ricompensa. Il/la minore coinvolto/a non è colpevole di niente.

In altre parole, pagare le ragazzine in qualsiasi modo non rende quel che è accaduto loro qualcosa di differente da un atto di violenza subita: resta un reato contro la persona e definire “baby prostitute” le ragazze in questione è spostare scientemente su di loro il biasimo che dovrebbe andare a proprietario e frequentatori della villa… che invece, come spiega l’articolo n. 2, sono tutti “stimati professionisti” finiti “nei guai” (sono indagati, sotto indagine: dirlo è così difficile da necessitare parafrasi?). L’autrice del pezzo, non sapendo nulla delle minori reali, le inventa: sono ragazzine annoiate che volevano vivere come nei film. L’effetto di svergognamento è persino migliore di quello ottenuto dalle “baby prostitute”.

Poi c’è il terzo prodotto di fine giornalismo che, oltre a reiterare la compassione per i poveracci a cui è capitato un guaio (tipo fulmine giù per il caminetto o sbandata in auto su strada scivolosa: sono sfortunati incidenti, non vorrete mica dar loro qualche responsabilità?), ci informa che usare le frasi indurre alla prostituzione minorenni e abusare sessualmente di loro sarebbe metterla in maniera troppo grezza, meglio parlare di “incontri riservati”, qualcosa di piccante e molto elegante e trasgressivo e hot – hot – hot che i ricchi fanno quando (loro sì) si annoiano di andare a letto con mogli, fidanzate, amanti fisse, amanti occasionali, sex-workers nei resort o puttane sui viali.

Le dichiarazioni della minorenne che hanno portato alla luce la vicenda si inquadrano alla perfezione nello scenario che vi ho dettagliato sopra:

“Secondo quanto emerso, gli incontri non avvenivano solo in una villa nel Bolognese (ribattezzata “Villa Inferno”) di proprietà di uno degli indagati, Davide Bacci, ma in un caso anche in albergo o in altre abitazioni private. La 17enne racconta che una volta è rimasta tre giorni a casa di uno degli indagati, ora sottoposto alla misura dell’obbligo di firma alla polizia giudiziaria. Dopo aver consumato cocaina, spiega di “essersi prestata a fare giochi sessuali” con un’altra donna, per “il piacere visivo” dell’uomo che era con loro. (…)

Ascoltata nuovamente dai carabinieri, la minorenne racconta un altro episodio, stavolta nella villa, dove ha un rapporto sessuale con una ragazza di circa 29 anni. “Ad un certo punto – dice – Bacci seguito da alcuni amici si è avvicinato alla stanza e ricordo ha cominciato a filmarci”. Quella sera stessa, “a casa sua, dopo che mi aveva videofilmato, l’ho seguito insieme ad altri in sauna e lì ricordo di aver avuto un rapporto sessuale con lui che non sono riuscita a negare anche perché ero in casa sua dove avevo assunto gratuitamente parecchia coca.

La ragazzina spiega inoltre di aver in seguito “rallentato” i rapporti con Bacci perché lui aveva fatto “circolare il video” e aggiunge inoltre che “Bacci non mi ha mai dato completamente dei soldi per l’attività sessuale, ma ricordo di aver ricevuto da lui una somma di denaro a gennaio 2020, soldi che mi servivano per fare le unghie delle mani“.

La ragazza non potrebbe avere più chiaro qual è il suo ruolo in quanto femmina: il servizio. Si presta per il piacere altrui. Non può negarsi, è in casa del padrone maschio che le ha anche offerto droga. Dev’essere bella, dev’essere notata, deve essere gradevole – desiderabile – scopabile per gli uomini: e quindi ci sono le unghie da fare, i capelli da fare, la dieta da fare, i vestiti da comprare, le scarpe con il tacco da comprare, i cosmetici da comprare… fra qualche anno le tette da gonfiare, le cosce da “liposucchiare”, le rughe da stirare.

Il comandante dei carabinieri di Bologna che ha coordinato l’indagine si è appellato alle famiglie, a cui raccomanda di “avere sempre la guardia molto alta e non trascurare alcun segnale. È evidente che, in situazioni di questo tipo, la differenza la fa proprio famiglia e l’attenzione che la famiglia pone verso ogni comportamento sospetto dei propri figli.”

Purtroppo è prima che la famiglia ha difficoltà a fare qualcosa. Prima, quando tutti i canali televisivi, una valanga di prodotti cinematografici, i quotidiani e le riviste, i social media ecc. istruiscono la figlia a considerare una che pubblicizza online marchi appiccicati al suo corpo un modello di successo femminile (nonché “imprenditrice digitale”) e le ripetono 24 ore al giorno che o è BELLA o è NIENTE. O piace agli uomini e li soddisfa o è solo una “cessa” da prendere per i fondelli.

Prima, quando alle elementari dovrà fare i compitini sul “valore della bellezza” e leggere sui testi schifezze presentate come verità assolute, come normalità: “Rossella è così bella da sembrare un angelo, mentre sua sorella è talmente brutta che nessun ragazzo la degna di uno sguardo.”

( https://lunanuvola.wordpress.com/2020/05/18/elementare-fabbri/ )

Quando arriva ad avere “comportamenti sospetti” a diciassette anni il danno è già stato fatto. Fare uscire dalla storia del nostro paese le “ville infernali” richiede cambiamenti sistemici e sociali che i genitori, pur con tutta la loro buona volontà, non possono conseguire da soli. Sul piano generale, avere leggi che sanzionano la violenza diretta a bambine, ragazze e donne è sempre una buona cosa, avere più donne nelle sedi decisionali è sempre una buona cosa, chiedere una rappresentazione mediatica più realistica delle donne è sempre una buona cosa, ma concretamente e in ultima analisi la sessualizzazione coatta e lo sfruttamento sessuale e l’abuso smetteranno di esistere solo se scomparirà la domanda per essi. Terra terra: gli uomini che queste violenze desiderano, che le organizzano, che ne godono, che le impongono devono darci un taglio.

“Giù le mani dai bambini” scriveva su FB il 23 gennaio scorso, in occasione della manifestazione leghista a Bibbiano, il 27enne frequentatore di “incontri riservati con minorenni” Luca Cavazza. Per le bambine non vale?

Maria G. Di Rienzo

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(tratto da: “It is ‘all men’, to varying degrees: men’s violence against women is a systemic crisis”, di Brad Chilcott, nuovo direttore esecutivo di “White Ribbon”, per The Guardian, 7 luglio 2020. Trad. e adattamento Maria G. Di Rienzo. Il “Nastro Bianco” cominciò come campagna contro la violenza di genere nel 1991, invitando gli uomini a prendere pubblicamente posizione. Oggi è un’associazione che lavora con individui e gruppi in tutto il mondo per prevenire la violenza contro le donne e ispirare cambiamento, con lo scopo di “creare un mondo equo e sicuro e una nuova visione della mascolinità”.)

White Ribbon

La diseguaglianza di genere è violenza strutturale. Crea lo spazio per atti di violenza di genere normalizzando la mancanza di rispetto nel mentre socializza l’idea che un genere ha più valore o è più capace di un altro.

La violenza di genere comincia con l’idea che tu sia titolato all’obbedienza, al sesso, all’autorità o a una differente serie di libertà perché sei un uomo; che hai l’intrinseco diritto di trattare qualcun altro in un modo in cui tu non vuoi essere trattato.

Ci è stato insegnato – sia sottilmente sia apertamente – che a causa del nostro genere meritiamo un tipo speciale di rispetto. Siamo stati cresciuti con determinate aspettative sul potere maschile e istruiti per avere controllo sulle nostre case, compagne, figli, comunità di fede, club sportivi e luoghi di lavoro. Istruiti a credere che gli uomini hanno diritto di decidere cosa accade ai corpi delle donne.

Molti di noi sono stati modellati in prospettiva su questo ruolo e abbiamo di certo visto la violenza – che fosse fisica, manipolazione emotiva, sfruttamento sessuale o abuso spirituale – che gli uomini hanno usato per dominare, controllare e ferire le donne. Abbiamo visto uomini che volevano disperatamente attaccarsi al loro potere nel mentre diventavano insicuri in una società che cambia.

Potremmo dire che non tutta la misoginia conduce alla violenza, ma tutta la violenza comincia con la misoginia.

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Il giovane Marco Rossi, giocatore del Monregale calcio, ha avuto qualche difficoltà “stradale” il mese scorso e ha ritenuto di doverne dare pubblicamente conto con un video. La trascrizione della sua testimonianza è questa:

In poche parole c’è una negra di merda che pensa di avere dei diritti, e tra l’altro ‘sta negra è pure donna, quindi già “donna” e “diritti” non dovrebbero stare nella stessa frase, in più se aggiungi un “negra”… quindi fa già ridere così, no? Però, in poche parole sto orangotango del cazzo ha avuto la brillante idea di denunciarmi per falsa testimonianza. Che però forse è vero, un po’ di falso l’ho dichiarato perché ero fuso e ubriaco, ci sta. Però per principio non mi devi rompere il cazzo anche perché you are black, diocan, negra di merda! E niente, bon, in poche parole io adesso dovrei pagare la macchina a una solo perché sa fare il cous cous: ma baciami il cazzo va’, puttana! Puttana! Troia! Poi ho preso la macchina di mia madre, ho preso l’autovelox, non ho pagato una lira e devo pagare la macchina a te diocan, sempre se si può chiamare macchina quella merda di triciclo che c’hai. Troia, lavami i pavimenti.”

Nelson Mandela la pensava così:

“Lo sport ha il potere di cambiare il mondo. Ha il potere di ispirare, ha il potere di unire le persone in un modo che poche altre cose sanno fare. Parla ai giovani in un linguaggio che loro capiscono. Lo sport può creare speranza dove prima vi era solo disperazione. E’ più potente dei governi nell’abbattere le barriere razziali. Ride in faccia a ogni tipo di discriminazione.”

Vero, in teoria e in linea di massima. Poi nella pratica c’è qualche dissonanza come Marco Rossi. Perché gli strumenti – dallo sport ai video – sono in essenza l’uso che ne fai.

C’è un po’ di gente che sta chiedendo alla dirigenza del Monregale di buttare fuori il suo giocatore. Io dilazionerei la proposta. Tenetelo in squadra, per il momento, e fate un po’ di “rieducational channel” per tutti.

Cominciate con lo studio di questi tre testi: Costituzione della Repubblica Italiana, Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, CEDAW – Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne. Fase due: invitate Aboubakar Soumahoro e Leaticia Ouedraogo a tenere una lezione ai vostri calciatori sugli effetti del razzismo e del sessismo nelle loro vite.

Poi portate Rossi e compagnia in tour al campo di sterminio di Auschwitz.

Infine informateli: “Adesso non avete più scuse, non potete dire che non sapevate e che non avevate capito e che stavate scherzando eccetera. Vi abbiamo dato la possibilità di smettere di essere stupidi e crudeli. Il prossimo che fa/dice una stronzata razzista, sessista, omofoba eccetera se ne va a calci nel didietro.”

Maria G. Di Rienzo

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Il 30 giugno scorso è uscito il rapporto distintivo del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, “State of World Population 2020”: dà conto delle centinaia di migliaia di bambine e ragazze al mondo che sono sistematicamente danneggiate a livello fisico e psicologico con la piena consapevolezza e il pieno consenso delle loro famiglie e comunità.

Fatma Mamoud Salama Raslan

(illustrazione di Fatma Mahmoud Salama Raslan, contenuta nel rapporto)

“Contro la mia volontà – Sfidare le pratiche che feriscono donne e bambine e minano l’eguaglianza” identifica 19 “pratiche” – dall’appiattimento dei seni con i ferri da stiro ai test di verginità – che sono mere violazioni di diritti umani, ma si concentra in particolare su tre casi persistenti e diffusi nonostante la condanna nei loro confronti sia in pratica universale: le mutilazioni genitali femminili (mgf), i matrimoni di bambine e la preferenza per il figlio maschio.

Duecento milioni di donne viventi hanno subito mutilazioni genitali, 650 milioni sono state date in spose da bambine, 140 milioni mancano invece all’appello a causa degli aborti selettivi o di abbandono / omicidio subito dopo la nascita.

L’orrore nel dettaglio potete scandagliarlo in inglese, spagnolo, francese, arabo e russo qui: https://www.unfpa.org/swop

La causa che sta alla radice di tutto questo, scrivono al Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, è la diseguaglianza di genere: “Le pratiche dannose perpetuano il dominio degli uomini sulle donne, dei maschi sulle femmine. Il loro fulcro è assegnare minor valore a donne e bambine. Non solo rinforzano la subordinazione femminile, sono veri e propri attrezzi per il controllo della sessualità e della fertilità delle donne.

Decenni di trattati e altri accordi hanno inequivocabilmente definito tali pratiche violazioni dei diritti umani e i governi, le comunità e gli individui hanno il dovere di mettervi fine. L’approvazione di leggi è importante, ma è solo il punto d’inizio. Devono essere fatti sforzi per cambiare la mentalità. I programmi per il cambiamento delle norme sociali sono efficaci nello sradicare le pratiche dannose, ma non devono concentrarsi in modo ristretto solo su di esse. Dovrebbero affrontare istanze più vaste, inclusa la posizione subordinata di donne e bambine, i loro diritti umani e i modi per portare più in alto il loro stato e il loro accesso alle opportunità.”

Lei NON è

un prodotto da commerciare

un oggetto del desiderio

un fardello di cui liberarsi –

E’ UNA BAMBINA

recita uno degli slogan all’interno del rapporto.

Maria G. Di Rienzo

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(tratto: “Arthur Conan Doyle Estate Sues Netflix’s ‘Enola Holmes’ For Depicting Sherlock As… A Feminist?”, di Aliza Pelto per Bust Magazine, luglio 2020, trad. e adattamento Maria G. Di Rienzo.)

Il film “Enola Holmes”, in programma a settembre su Netflix, ha Millie Bobby Brown di “Stranger Things” come protagonista, nel ruolo della sorella minore di Sherlock e Mycroft Holmes. Basato sulla serie per giovani adulti del 2006 di Nancy Springer, segue l’adolescente Enola mentre indaga sul mistero della scomparsa della madre, rivelandosi a volte più arguta del suo talentuoso fratello detective.

enola book cover

La Conan Doyle Estate LTD, che sta facendo causa a Netflix, ai produttori statunitensi del film, a Nancy Springer, alla casa editrice Penguin Random House ed altri, sostiene che gli scritti di Springer, così come la rappresentazione che Henry Cavill dà del detective nel film summenzionato, vanno direttamente contro il personaggio dei romanzi originali. “Nel mentre Sherlock Holmes è famoso per i suoi grandi poteri di osservazione e logica – recita la denuncia – è almeno altrettanto famoso per essere distaccato e privo di emozioni.”

Le prime storie di Sherlock Holmes, scritte dalla fine del 1800 agli inizi del 1900, sono ora disponibili e di pubblico dominio, nel senso che chiunque può adattare le storie stesse come meglio crede. C’è stato, tuttavia, un certo numero di racconti scritti durante la prima guerra mondiale in cui il detective dalla famigerata freddezza si trasforma in una persona più dolce e comprensiva. Queste storie più tarde sono ancora protette dal diritto d’autore, il che ha consentito agli amministratori dell’eredità di Conan Doyle di fare causa contro “Enola Holmes”. Nella denuncia si legge: “I romanzi di Springer fanno un esteso illegale uso della trasformazione operata da Conan Doyle per cui Holmes da freddo e critico diventa rispettoso e gentile nelle sue relazioni. Springer mette Enola Holmes al centro dei racconti e mostra Sherlock Holmes che all’inizio la tratta con distacco, per poi risponderle con calore e gentilezza.”

Questa, tuttavia, non è la prima volta che la Conan Doyle LTD tenta di denunciare una scrittrice per aver violato il diritto d’autore. Nel 2014 tentarono e fallirono di impedire all’autrice Laurie R. King di scrivere storie sul personaggio di fantasia Mary Russell, una donna detective che è ispirata da interazioni e amicizia con Sherlock Holmes.

Durante gli anni, abbiamo avuto dozzine di libri e di adattamenti cinematografici e televisivi su Sherlock Holmes. Alcuni dei più memorabili sono la serie tv degli anni ’80 “Le avventure di Sherlock Holmes”, i due filmi del 2009 e del 2011 con protagonista Robert Downey Jr., la serie della CBS “Elementary” in cui Lucy Liu era Watson e, naturalmente, la serie tv BBC Masterpiece Theater, “Sherlock”. Se la serie del 1984 si atteneva al ritrarre Holmes come un investigatore freddo e privo di emozioni, è difficile discernere se lo stesso possa essere detto per gli adattamenti successivi della storia. A differenza della situazione attuale e del caso Laurie R. King del 2014, la Conan Doyle LTD non ha mai fatto causa alle produzioni sunnominate, nonostante esse si siano prese la loro bella fetta di libertà nell’adattare Holmes in un personaggio più piacevole e rispettoso.

Di base, quest’intera faccenda ci lascia a cercare di dedurre perché le uniche due volte in cui gli amministratori dell’eredità di Conan Doyle presentano denunce, esse coinvolgono donne che scrivono di donne detective e delle loro relazioni con Holmes. Elementare, cari miei. Elementare.

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