(‘Boys Will Be Boys’ Is No Excuse For Bad Behavior, di Soraya Chemaly, 7.10.2012, trad. e adattamento Maria G. Di Rienzo. Soraya Chemaly scrive di genere, femminismo e cultura per The Huffington Post, Fem2.0, Reality Check, BitchFlicks, Alternet ed altri. E’ particolarmente interessata a come i sistemi di pregiudizio ed oppressione sono trasmessi ai bambini attraverso l’intrattenimento, i media e le culture religiose.)

Per mesi, ogni mattina, all’epoca in cui una delle mie figlie era all’asilo, l’ho guardata costruire un elaborato castello di blocchi, dischi di plastica colorata, pezzi di corda, nastri e piume. Solo per vederselo distrutto con gusto da un altro bambino pochi secondi dopo averlo completato.
Era evidente che il bimbo provava una grande gioia nel farlo. La prima volta, mia figlia ed io lo abbiamo guardato stupite ed io ho tentato di aiutarla a ricostruire il castello. La seconda volta mia figlia era triste. La terza: E’ un’ingiustizia! Perché lo ha fatto ancora? Alla quarta la mia bambina molto seccata voleva sapere perché i suoi genitori non lo fermavano. Alla quinta era pronta e ha tentato di bloccarlo.
Durante questo corso di socializzazione per i genitori tentammo diverse strategie, e di parlare con madre e padre del piccolo, soprattutto io. Uno o l’altro dei due, occasionalmente, dopo il fatto sorrideva, si scusava e portava via il figlio. Immaginare cos’avrebbero detto la volta successiva divenne uno dei nostri giochi:
“Be’ lo sapete, i maschi sono fatti così.”
“Sta solo attraversando una fase.”
“E’ proprio un maschietto! AMA distruggere le cose!”
“Oh, cielo, bambine e bambini sono COSI’ diversi!”
“Non – ha – potuto – trattenersi.”
Non importava quante volte lo aveva già fatto: i suoi genitori non lo fermarono mai PRIMA.
Tentai di insegnare a mia figlia come fermarlo. Parlammo insieme di alcune tecniche. Lei si mise a costruire il castello in un punto differente. Gli chiese gentilmente di non distruggerlo. Si mise di mezzo. Costruì delle fondamenta più solide, così che se il bambino lo avesse di nuovo distrutto lei non avrebbe dovuto ricostruirlo interamente. Nel frattempo, io immaginavo i suoi genitori pensare: “Che vuole, quella? Quale bambino che abbia del sangue nelle vene non lo butterebbe giù?”
Lei ha costruito un bellissimo castello scintillante.
Era un castello così invitante e tentatore.
Lui non ha potuto controllarsi e, essendo un maschio, ha inclinazione per la violenza.
Lei avrebbe dovuto tenere al sicuro la sua costruzione.
Il suo consenso non ha importanza. Ad ogni modo, non è che abbia piantato un gran casino quando lui ha distrutto la cosa.
Non era “legittimamente” una distruzione se lei non ha fatto una scenata.
Il desiderio di lui per il potere, la distruzione, il controllo o quant’altro è comprensibile.
Forse lei non avrebbe dovuto andare all’asilo. Meglio farle fare le costruzioni a casa.
So che è una metafora “sporca”, ma io ho insegnato a mia figlia l’equivalente da scuola materna del “non farti stuprare”, mentre il bimbo non ha imparato l’equivalente da scuola materna del “non stuprare”. Non una volta i suoi genitori gli hanno parlato dell’invadere lo spazio di una seconda piccola persona e del reclamare per i propri scopi qualcosa che non era suo. Per loro, l’XY lo intitolava in qualche modo a farlo. Quant’altro del comportamento del bambino sarebbe stato scusato, negli anni a venire, calibrato per rispondere a queste aspettative e mettere in pratica di forza le “regole” che i suoi genitori continuano a ripetere?
Ci fu un altro bimbo che decise ugualmente di buttar giù il castello di mia figlia, un giorno. Sua madre lo prese per mano, gli spiegò che quella cosa non era sua e non aveva il diritto di distruggerla, gli chiese se aveva pensato a come si sentiva mia figlia dopo aver lavorato così tanto alla sua costruzione e lo portò a chiederle scusa. Probabilmente non fu piacevole, per lui, ma non lo fece più.
E poi ci fu il terzo bambino. Questo era davvero intelligente. Chiese a mia figlia se poteva buttar giù il suo castello. Lei, benevola governatrice del tempo pre attività-per-costruire-castelli, disse di sì… ma solo dopo che lei avesse terminato e solo se lei dava effettivamente l’ok. I due cominciarono a far piani insieme, e a costruire insieme e poi, insieme, a distruggere tutto.
Prendete ciascuno di questi tre bambini e considerate cosa potrebbe fare da più grande, diciamo quando va al college, ed è mezzo ubriaco ad una festa e la sua ex ragazza lo respinge dicendo: “No, non voglio. Smettila. Vattene.”
Basandosi sulle aspettative di genere dei genitori del primo bambino, mia figlia e tutto il resto dei piccoli avrebbero potuto arrivare alla conclusione che tutti i maschi attraversano quella fase, che sono così differenti dalle femmine, che non possono controllarsi e che adorano distruggere le cose. Ma non è vero. Alcuni agiscono così. Altri no. E ci sono un mucchio di bambine che sono assai interessate a fare a pezzi sistematicamente gli oggetti. Io ne ho una fra le mie figlie. Se le si forniva la più piccola opportunità di farlo afferrava qualsiasi giocattolo avesse in mano una delle sue sorelle e correva via, gongolando, su per due piani di scale e da là scagliava giù l’oggetto, risplendendo di gioia se questo andava in pezzi.
Ma, pensammo noi, solo perché poteva farlo non significava che dovesse farlo, e infine lei capì che anche se lo desiderava e anche se era divertente, non poteva continuare a violare i diritti delle sue sorelline come cittadine della nostra famiglia. “Le femmine sono fatte così.”? Non penso proprio. E nemmeno diciamo “Lei non ha potuto trattenersi”. Ho sentito genitori di figlie “distruttrici” dire: “E’ così turbolenta!” Oppure: “Non ha ancora la misura della propria forza.” Per quanto ne so, generalmente le persone credono che le bambine, considerate come un insieme, possano controllarsi meglio, più velocemente e completamente e che per i bambini questo sia più difficile. Ci sono molti studi che indicano le ragioni per cui questo accade, incluso il fatto che noi insegniamo alle bambine a differire la gratificazione e a mettere i propri bisogni per ultimi. Ma nessuno studio indica che questo sia innato.
Il bambino n. 1? Sì, magari aveva delle difficoltà a controllare gli impulsi. Forse ci sarebbe voluto più tempo per insegnargli l’autocontrollo, come è stato per la mia seconda figlia. Forse ci sarebbe voluto ancora più tempo per insegnargli qualcosa sui limiti personali e sui diritti delle altre persone. Ma quel bimbo, e molti altri come lui, non ha neppure mai avuto il beneficio del dubbio. Questo tipo di comportamento verrà ricompensato o no, amplificato o no, sanzionato tacitamente o no. Per chiarirci: io non sto dicendo che c’è una relazione diretta fra il buttar giù cubi da costruzione all’asilo e assalire persone successivamente. Non sto dicendo che tutti i bambini maleducati, incapaci di controllare i propri impulsi eccetera diventeranno stupratori o mariti violenti. Sto dicendo che il mondo sarebbe un posto diverso se ai bambini fosse insegnato sin dall’inizio a rispettare i diritti degli altri bambini. I diritti ad essere, fare, apparire in certi modi e non in altri. E dico anche che insegnare ai bambini queste cose ha implicazioni profonde per la società intera.
Di solito, io mi attengo al principio “giù le mani dai figli altrui”. Ma una mattina, quando fu completamente chiaro che i genitori del bambino n. 1 erano incapaci di insegnare al figlio che esistevano anche gli altri, o ad essere più empatico e sì, più gentile, lo presi in braccio e lo allontanai da mia figlia. Mettendolo giù gli chiesi gentilmente se conosceva il significato delle parole “per sempre”. Lui rispose di sì. Perciò aggiunsi che lui doveva star distante da mia figlia per quel periodo di tempo. Sino ad ora, dieci anni sono trascorsi verso l’infinito, e lui è riuscito a farlo.
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