Elon James White è il direttore generale di “This week in blackness”, un magazine che riporta storie e presenze delle persone di colore nei media. Qualche giorno fa è entrato nel dibattito riguardante le molestie in strada scatenato dal video di New York (e dai suoi immediati “cloni” girati in altre nazioni). Poiché molti uomini insistono trattarsi di semplici conversazioni e di gentilezze e di complimenti, White ha chiesto: “Se gli uomini stanno solo facendo conversazione quando parlano alle donne che passano per strada, perché non dicono le stesse cose ad altri uomini? Mi confonde il sentire che degli uomini si stanno lamentando perché non possono dire “ciao” alle donne. Ditelo ad altri uomini, se avete così bisogno di dirlo. Queste donne non vogliono capire, giusto? Tutti voi volete solo dire “ciao”, cosa ci sarà di male? E allora lasciamole fuori completamente, diciamo “ciao” l’uno all’altro.”
E in questo modo è nato l’hashtag #DudesGreetingDudes, che fa luce sull’ipocrisia di quelli che “stanno solo dicendo ciao” a donne sconosciute. Rivolti da uomini ad altri uomini, i cosiddetti complimenti non diventano solo ridicoli ma rivelano il loro contenuto minaccioso, offensivo e sguaiato. Donne ed uomini hanno accolto con entusiasmo l’invito di White ed ecco alcuni esempi, suoi e di altri, di “tizi che salutano tizi”:
“Tanto per dire, io sono un tipo a posto. Voglio solo dirti “ciao”. E tu accetterai questo cazzo di saluto che ti piaccia o no.”
“Vedi un tipo in un bel vestito, lo affianchi e dici: Dannazione, lo porti proprio bene questo abito, tesoro. Mmm!”
“Vedi un tipo tutto impettito e serio. Lo avvicini così: E dai, sorridi, figlio. Su, un bel sorriso. Sei più bello quando sorridi.”
“Ehi, siamo tutti sudati eh? Hai fatto sport? Cosa vuol dire “va’ via”? Perché ti comporti così?”
“Ciao bello, stai andando a giocare a pallone? Vuoi vedere una partita con me? Sembra che tu giochi a pallone. Dove giochi, eh, in che ruolo?”
“Senti, ti ho visto scendere dal treno e le tue gambe sono favolose, ragazzo. Posso darti il mio numero di telefono?”
“Sei proprio esotico, fratello. Posso toccarti i capelli?”
“Cosa leggi, amico? Ti piacciono i libri? A me piacciono i tipi intelligenti. Tieni allenato il cervello, eh? Bravo.”
“E che cazzo, hai tutti i peli fuori dalla scollatura. Perché porti quella maglietta, se non vuoi attenzione, eh?”
“Come mai così di fretta? Dove vai? Rallenta, ragazzo. Dai, fermati un po’.”
“Dopo aver fischiato: Ehi, bello! Ma guardati! Sei favoloso oggi. Vuoi parlare con me? Perché non vuoi parlare con me?”
“Mmm, che profumo usi? E’ ambra, muschio? Santo cielo, mi piace da impazzire il tuo odore, amico.”
“Dopo aver tolto un auricolare dall’orecchio di un tipo che sta ascoltando musica: Cosa stai sentendo, fratello?”
“Ah, ti offendi per un complimento, sul serio? Vaffanculo, sei un cesso!”
“Dammi il tuo numero, dai. Perché no? Voglio solo giocare a tennis con te. No? Ma va’ a cagare, racchio schifoso!”
“Alcuni uomini vedono come un diritto l’avvicinarsi alle donne in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo. – dice ancora White – E a loro manca la più elementare empatia di base per capire che il nostro desiderio o le nostre intenzioni non cancellano ciò che quella donna sta facendo. Andare dal droghiere o andare a prendere il bambino a scuola non dovrebbero essere guanti di sfida a cui poi devi rispondere. I tizi che argomentavano di avere il diritto di salutare le donne per strada contro la volontà di queste ultime si sono assai seccati per #DudesGreetingDudes e mi hanno rivolto un campionario di insulti, ma niente di così brutto da essere paragonabile a quel che ricevono le donne che fanno questo lavoro da anni. Ma il ritorno positivo è stato comunque straordinario. Ogni giorno ricevo ringraziamenti dalle donne per aver semplicemente ascoltato le loro preoccupazioni e tentato di sostenerle. Per me, si tratta di semplice educazione. E il fatto che gli uomini non si dicano l’un l’altro quel che dicono alle donne è la prova provata che si tratta di aggressioni di genere, anche se gli uomini che le compiono non le considerano tali. E per farle finire dobbiamo parlarne.” Maria G. Di Rienzo