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Posts Tagged ‘1° maggio’

(lettera e testamento: devo essere a breve operata agli occhi e sto scrivendo con gran fatica – mi scuso per gli eventuali errori dovuti a ciò.)

Capisco. La comunicazione “social media style” in voga è così veloce-effimera che ascoltare, riflettere, acquisire informazioni ed elaborarle è difficile. Di più: lo si stima noioso e sorpassato.

Quindi, per incapacità o per volontà, un numero enorme di persone battibecca e non discute, fa battute e passa oltre (l’argomento del giorno scade talmente in fretta da suscitare il legittimo sospetto che sia adulterato a priori), riduce a tifoseria da stadio ogni platea e taglia con l’accetta del noi/loro qualsivoglia argomento.

Ripeto, questo lo capisco: ma oltre a non aver intenzione di adeguarmi ciò che davvero non comprendo è perché agiscano in tal modo quelli e quelle che da tale modalità non guadagnano niente. La notizia stupirà qualcuno, tuttavia fatevi forza e accettate il fatto che la maggioranza degli esseri umani non lavora nell’ambito marketing yourself / shaming others – definibile con il neologismo “itagliese” payed rincoglioned autoincensing.

Meno comprensibili ancora sono coloro che apparentemente riconoscono la situazione (Bufale.net) e però si rivolgono agli altri così:

“Analizza la situazione, anziché fare l’ultras: Fedez c’ha il cu*o al caldo ed è vero: influencer, marito della Ferragni, imprenditore, rapper. Non vive come me e te in un bilocale (anzi, nemmeno quello), non conta i centesimi a fine mese e non posta da uno smartphone riadattato, è verissimo. Però tutto questo se lo è costruito, non è che lo ha ottenuto ieri e ha lottato per ottenerlo, fra lavoro e amore. E ora può far sentire la sua voce gestendo le conseguenze di esse.” (era “essa”, presumo).”

Vedi, miserabile stronzo, tu non sei riuscito a costruire niente, lavoro e amore ti sono andati a rotoli perché non hai lottato abbastanza o non hai lottato “bene” – e nemmeno ti sei procurato gli amici “giusti” che ha lui: finanziatori, banchieri, azionisti e cialtroncelli disposti a dar spettacolo per costoro a mo’ di giullari di corte. Come se si potesse arrivare ad essere ricchi sfondati con la lotta, il lavoro e l’amore, che al massimo costituiscono il cv e il saldo del conto corrente di innumerevoli attivisti / attiviste per il cambiamento sociale su tutto il pianeta. E come se arrivare ad essere ricchi sfondati giustificasse la piramide sociale dell’esclusione.

Ora, lo so che la prossima citazione è stata strombazzata dalla destra per screditare quanto il rapper ha detto sul palco del Concertone, su cui non ho nulla da eccepire, ma non resta per questo meno problematica:

“Mi interessa che Tiziano Ferro abbia fatto outing / Ora so che ha mangiato più würstel che crauti / Si era presentato in modo strano con Cristicchi / Ciao sono Tiziano, non è che me lo ficchi?”. Le spiegazioni dell’autore sono ugualmente motivo di perplessità: 1) il pezzo si chiama “Tutto il contrario” ed esprime quindi il contrario di quel che lui pensa; 2) ha cambiato idea, proprio come Salvini (che le cambia velocissimamente); 3) era giovane.

Converrete che convivono male: rivendico, abiuro, non mi assumo responsabilità perché ho scritto ‘sta roba quando ero innocente e ignorante. Trovo inadeguato conferire a costui la palma di paladino dei diritti umani: domani potrebbe cambiare di nuovo idea. Io scrivevo anche da adolescente proprio come lui, ma non ho mai partorito stronzate del genere. L’idea per cui non esistono inferiori da sbertucciare non l’ho cambiata mai e me vanto.

Inoltre, per la milionesima volta: l’outing te lo fanno gli altri (Tizio è una checca, gne gne gne!) – quando esci tu (Sono Tizio e sono gay, e allora?) si chiama coming out. E questa è la spia del perché trovo inadeguato anche porgli in capo la corona d’alloro di difensore della comunità lgbt: conoscerà individui che ne fanno parte, ma sembra ignorare storia e istanze relative ad essa. Preferisco, gusti personali, che il pavimento me lo aggiusti un piastrellista piuttosto di uno che dice: “Sì dai, lo faccio io, ho visto online un video sul reparto piastrelle di Leroy Merlin! Poi te lo racconto su Instagram! Solidarietà al gres porcellanato! Click, like, money money money!!!”

Poi, mi ripeto ancora a beneficio degli estrapolatori di parole che faticano troppo a seguire un discorso intero, tutto quel che ha detto il 1° maggio era vero – non concordo sulle modalità espressive, ma questa è di nuovo questione di gusti – ed era stato detto da parecchie persone prima di lui e persino meglio di lui: sono quelle di cui sopra, con lotta – lavoro – amore in attivo, prive però dell’amplificatore mediatico a disposizione del rapper influencer imprenditore e quant’altro.

Una seconda vicenda che ha (per certi versi incredibilmente) sofferto della mancanza di ascolto e della comunicazione frammentata – vacua – fulminea da web è stata quella relativa a Rula Jebreal e al suo annuncio via social che avrebbe annullato la partecipazione già concordata a “Propaganda Live”, per correttezza e fedeltà ai suoi principi che non prevedono l’essere l’unica donna in un parterre di ospiti composto da uomini (sebbene le fosse già capitato, come hanno notato in molti/e). Diego Bianchi e compagnia sono cascati dalle nuvole, si sono arrampicati sugli specchi (ci sono due giornaliste fisse in studio, cerchiamo le persone per le loro competenze al di là del loro sesso, abbiamo preso il Diversity Media Award ecc.) e io credo che tutti i protagonisti di questa vicenda fossero in buona fede, una buona fede che ha però come fondamenta una notevole superficialità.

E’ possibile che Jebreal durante la conversazione telefonica di ingaggio, per così dire, non abbia chiesto chi altri era presente quella sera? Io sono la Signora Nessuno, di solito chiamata a tener conferenze e incontri a titolo gratuito, però lo faccio – e se la compagnia non mi piace spiego direttamente agli organizzatori perché non potranno contare su di me. Sono femminista da oltre 45 anni. Cerco di comportarmi come un civile essere umano da quando ne ho memoria e con chiunque: peccato che tale attitudine mi torni sempre meno indietro… anche e soprattutto da molte persone che considero “alleate” o “vicine”. Con costoro mi sembra di essere passata da The times, they are a’changin a The times have changed for the worst.

Comunque, come probabilmente saprete io non ho la tv: spesso però vedo “Propaganda Live” online la mattina successiva alla sua messa in onda. Venerdì prossimo questa sua stagione si chiude, perciò mi permetto di chiedere a chi crea e gestisce il programma se nella prossima qualcosa può davvero cambiare nell’attitudine diretta alle donne. Numeri a parte, che come vi hanno ribadito sono pure importanti (chi non c’è non si vede e non si sente), vi illustro dei piccoli esempi. Mi piacerebbe:

1. che Marco Damilano – dopo aver puntualmente ricordato come qua e là ci fossero donne, quando ha incontrato Tizia, cosa ricorda di Caia – non scendesse dal palco dopo un’ultima frase a effetto del tipo “Il mondo degli uomini”. Sono una outsider, lo so, ma questo mondo è anche mio e non sono un uomo. Ogni tanto mi piacerebbe fare brevemente esperienza dell’inclusione;

2. che Marco D’Ambrosio Makkox facesse una ricerca su quante bambine / ragazze / donne si tolgono la vita dopo aver sperimentato innumerevoli aggressioni dirette ai loro corpi non conformi; dopo, decida lui se per prendere in giro Meloni una frase del genere è accettabile: “Ricordo che da bambina a scuola tutti mi bullavano perché ero cicciona… compresi quindi la sofferenza dei discriminati perché diversi… e fu allora che decisi di diventare fascista!”.

Gli altri paragoni usati nel fumetto (pubblicato da L’Espresso) mettono a confronto situazioni che oggettivamente non sono paragonabili per magnitudo – per dirne una, dar fuoco per sbaglio alla casa e capire “chi fugge dopo aver perso tutto”: l’effetto comico sta proprio in questo. Però le “ciccione bullate” come Beatrice Inguì

https://lunanuvola.wordpress.com/2018/04/06/senza-tregua/ – si buttano sotto il treno a 15 anni e a me non fa ridere;

3. che l’ospite fisso Memo Remigi riflettesse sul rispondere con icone di applausi e pollici alzati al genio che gli scrive su Twitter: “Per incrementare le vaccinazioni suggerirei, per il periodo estivo, alle infermiere che se lo possono permettere, di indossare mascherina e grembiule trasparenti sopra un bikini”. Perché chi decide cosa io mi posso o non posso permettere, in base a quali parametri e in forza di quale investitura da mio giudice?

Il corpo di una donna NON è un luogo pubblico, non è arena di dibattito per gli uomini quali esseri superiori – consumatori – acquirenti e le donne costituiscono comunque la metà della gente che deve vaccinarsi: e guardate che suggerire un trattamento simile (con l’infermiere “figo” a torso nudo e slippini ripieni) non solo non guarisce alcuna ferita ma è impossibile. Le posizioni di potere e di legittimazione da cui donne e uomini partono sono troppo diseguali. Persino Benni rinunciò, a suo tempo, dopo aver ipotizzato di sbottonare gli abiti delle infermiere per far entrare i pazienti in sala operatoria in ottime condizioni di spirito (“Elianto”): “Era allo studio un analogo trattamento per le degenti donne”. E allo studio è rimasto e rimarrà ancora a lungo, giacché la portata dell’oggettivazione dei corpi delle donne è così enorme e pervasiva, così intessuta di discriminazione e violenza, da non permettere paragoni.

Come ho detto all’inizio l’ascolto prende tempo, può essere faticoso e persino doloroso, ma se vogliamo capirci, vivere insieme e fare di questo mondo il “mondo degli uomini e delle donne”, qualcosa che valga la pena lasciare alle future generazioni, credetemi: non abbiamo altra scelta.

Maria G. Di Rienzo

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Milano, 1° maggio 2015

Milano, 1° maggio 2015

Quanti erano i manifestanti devastatori? Nessuno lo sa. I numeri vanno da 90 a 500. Persino io, che non frequento la matematica con passione, se fossi stata presente come giornalista avrei fatto di meglio. Quante persone sono state arrestate (e non è dato sapere con certezza se facessero parte o meno del gruppo summenzionato)? Idem. I numeri vanno da 5 a 20.

Perché la polizia non riesce a fermarli, prevenirli, contrastarli da circa 15 anni?

Tutti i politici italiani, compresi quelli che chiedono le dimissioni del Ministro Alfano, si sono diffusi nelle lodi dell’operato delle forze dell’ordine. La stampa estera manifesta alcune perplessità sulle avvisaglie non prese sufficientemente sul serio; io vorrei chiedere conto delle tecniche. E’ dagli anni ’70 dello scorso secolo che in fotografie e filmati (e di persona quando ero presente) vedo poliziotti travestiti da manifestanti. I solidi, muscolosi e sovente attempati “black-blocconi” di stato erano, chiedo loro di perdonarmi, francamente ridicoli. Ai giorni nostri non sono costretti a tenere i capelli lunghi o a indossare camicie fiorite con le frangette – la divisa nera gli si confà maggiormente – ma sono sempre riconoscibili a colpo d’occhio, se non altro perché vanno avanti e indietro dai furgoni dei colleghi e scambiano informazioni con questi ultimi.

Quindi, sono almeno 35 anni che i poliziotti adottano questa tecnica. E’ almeno da Genova 2001 che chi vuol disfare una città durante una manifestazione – di solito indetta e organizzata da altri, che i devastatori usano come copertura – lo fa senza incontrare alcun ostacolo degno di nota. Non desidero conoscere particolari attinenti le indagini, per carità, ma se i risultati visibili e noti di questo artificio poliziesco si concretizzano nell’arresto di (al massimo) 15 persone – e il loro arresto non significa automaticamente che siano colpevoli, che facciano parte del gruppo dei demolitori o che possano fornire contributi significativi al non ripetersi della situazione – non sarebbe il caso di riflettere sulle strategie, almeno per il futuro?

Quanti sono i volontari che stanno lavorando gratuitamente per l’Expo? Ho letto “migliaia” e “centinaia”: sapete, fra 1.000 e 100 c’è una dannata differenza, ma fossero soltanto una decina NON CAPISCO perché non li si remunera anche se solo “simbolicamente” e non a regolare tariffa oraria. L’Expo non è un’asta di beneficenza per i bambini che muoiono di fame, è uno show commerciale: e per entrare paghi il biglietto.

E a proposito di bambini moribondi, la definizione dell’Expo del buon Papa Bergoglio è citata a profusione: è “un paradosso dell’abbondanza” che “obbedisce alla cultura dello spreco e non contribuisce ad un modello di sviluppo equo e sostenibile”. Wow, grande! Ma allora perché il Vaticano ha speso 3 MILIONI DI EURO per il proprio padiglione all’Expo stessa?

Perché i manifestanti devastatori hanno dato fuoco ad automobili, infranto vetrine, gettato fumogeni all’interno di negozi, rovesciato bidoni dell’immondizia eccetera?

Se dobbiamo dar credito a Mattia Sangermano, 21 anni, la ragione è: “Minchia, boh, cioè: nel senso si fa bordello”. E’ anche vero che il giorno dopo Mattia ha dichiarato al Corriere : “Forse non sono stato capito.” Be’, figliolo, in effetti cavare significato – politico, sociale o quant’altro – da quel che hai detto è mestiere per solutori più che abili.

Se dobbiamo dar credito a un po’ di sedicenti rivoluzionari queste creature avrebbero incarnato la rabbia del popolo vessato, dei marginalizzati, dei disoccupati… insomma, dei poveri. Ora, il rolex al polso e l’anello d’oro bianco al dito della fiera manifestante che impietosamente le fotografie hanno immortalato potrebbero – come ha detto qualcuno arrampicandosi non sugli specchi, ma sui fili di paglia – essere delle “patacche”. Perché mai la rivoluzione debba ornarsi degli sfarzi del capitale mi è leggermente incomprensibile, come anche il mutamento di pelle che ha indotto i “poveri” a disfarsi di caschi, abiti, fazzoletti, accessori, persino scarpe, una volta terminata l’incarnazione della rabbia. Per favore, smettete di sforzarvi di impersonare una categoria di cui evidentemente non conoscete nulla e, se proprio insistete in questa attitudine, fate un attimo di ricerca sul nostro gruppo sociale: NESSUNO di noi poveri può permettersi di buttar via tutta quella roba. Nessuno di noi poveri sarebbe riuscito a comprarla: con il danaro relativo avremmo preferito fare la spesa o pagare una bolletta. E quando partecipiamo ad una manifestazione lo facciamo nei nostri vestiti vecchi, marciando nelle nostre scarpe bucate. E orgogliosamente a volto scoperto. Maria G. Di Rienzo

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