Portate pazienza un altro paio di settimane, ok?
Love, your hostess
Posted in La femme-nist fatale, tagged blog, internet, pausa, ritorno, salute on 1 agosto 2020|
Posted in Mondopoli (giochiamo a), tagged attivismo, coronavirus, diritti umani, donne, famiglie, honduras, linguaggi, migranti, nazioni unite, nonne, pandemia, popoli indigeni, radio comunitaria, salute on 17 Maggio 2020|
(“Indigenous, Afro-Honduran communities join together to fight pandemic”, 11 maggio 2020, Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, trad. Maria G. Di Rienzo.)
Tegucigalpa, Honduras – Nel mentre le nazioni lottano con la pandemia del Covid-19, le comunità indigene e di discendenza africana sono fra le più vulnerabili con molte persone che fronteggiano povertà, scarso accesso alle cure sanitarie e informazioni limitate. In Honduras, membri di queste comunità si stanno unendo per assicurarsi che informazioni e risorse raggiungano i più esposti.
“Dobbiamo essere creativi di questi tempi.”, dice Yimene Calderón, a capo dell’Organizzazione per lo Sviluppo Etnico, che sta lavorando con la comunità Garífuna per aumentare la conoscenza delle misure di controllo dell’infezione e per fornire sostegno alle famiglie in stato di bisogno.
I Garífuna si stanno “mostrando resilienti, facendo affidamento sulla medicina e sul cibo tradizionali, e cercando aiuto e solidarietà per ricevere assistenza dal governo: non individualmente, ma collettivamente, operando come un network.”, lei dice.
Sino ad ora, più di 1.800 casi della malattia sono stati confermati in Honduras. L’esplosione è concentrata lungo la costa nord del paese, dove vive la maggioranza della popolazione Garífuna. Questa comunità ha le sue radici sia in gruppi indigeni sia in gruppi di origine africana. Molte famiglie hanno a capo donne e nonne, con uno o entrambi i genitori che lavorano all’estero per mandare soldi a casa. Come in ogni altra comunità afro-honduregna e indigena, in alcuni quartieri e case manca l’elettricità, l’accesso a internet e l’acqua corrente. L’insicurezza alimentare è comune e molti non sono in grado di accedere a cure sanitarie per la distanza o perché non se le possono permettere.
Molte fonti di reddito – incluse le rimesse, il turismo e il piccolo commercio – sono state gravemente ridimensionate. I più vulnerabili possono non essere in grado di osservare il distanziamento sociale o frequenti lavaggi delle mani e altre misure di prevenzione della malattia. Ma queste comunità si sono anche dimostrate forti e flessibili.
Comunità afro-honduregne e indigene hanno unito i loro sforzi per contenere la diffusione del Covid-19. Lavorando con il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione e con la Pan American Health Organization, hanno tradotto le informazioni sulla prevenzione dell’infezione nella lingua
Garífuna, così come nelle lingue Misquito, Tawahka e Chortí. Queste informazioni sono usate dai lavoratori della sanità, dalle reti delle radio comunitarie, da programmi televisivi e da attivisti per la gioventù al fine di promuovere comportamenti sicuri.
I membri della comunità si stanno anche facendo da soli le mascherine di stoffa. “Abbiamo coordinato numerosi gruppi di discussione con medici, infermieri e personale sanitario nella comunità.”, dice Suamy Bermúdez, un dottore Garífuna che sta lavorando con altri per sviluppare una campagna allo scopo di raggiungere case isolate con accesso limitato alle cure sanitarie.
La campagna fornirà informazioni sulla prevenzione del contagio e le medicine tradizionali, disseminate nelle chat, durante conferenze e con manuali. La campagna affronterà anche la questione dei diritti dei popoli indigeni.
“Storicamente, le popolazioni più vulnerabili dell’Honduras hanno subito segregazione e mancanza di investimento nella sanità. – dice Kenny Castillo, portavoce del Direttorato dei popoli indigeni e afro-honduregni del Ministero per lo Sviluppo e l’Inclusione Sociale – Abbiamo aperto canali per affrontare la situazione, includendovi il dialogo per affrontare non solo l’istanza Covid-19 ma lo scenario posteriore ad essa, dove le comunità dovrebbero avere una posizione forte nel richiedere investimenti su salute e istruzione.”
In aggiunta al suo sostegno all’azione comunitaria, il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione sta lavorando con altri per sostenere politiche che assicurino alle donne indigene e di discendenza africana i diritti a servizi e informazioni su salute sessuale e riproduttiva, all’empowerment e alla prevenzione della violenza.
Posted in La femme-nist fatale, tagged anziani, bullismo, coronavirus, femminismo, immagine del corpo, italia, malattia, politica, quarantena, salute, stereotipi on 20 aprile 2020|
La differenza fra la stupidaggine fobica e/o complottista di turno e la segnalazione a chi la spara di star sbagliando tutto, freccia e bersaglio, sta nel fatto che la prima è rapida (Maledetti, hanno creato l’epidemia per venderci il vaccino!) e la seconda richiede tempo: spieghi le definizioni, correggi gli svarioni linguistici, citi i dati e gli studi e le testimonianze, ribadisci che la matematica non è un’opinione e… non serve a un beato nulla. Innanzitutto era troppo stancante leggere tutta la tua pappardella, in secondo luogo chi ti paga, dulcis in fundo “è il concetto che conta”.
Due concetti che in questo periodo sembrano contare moltissimo per chi ha in mano i media del mainstream, sono l’inutilità e la pericolosità degli anziani e il miserabile futuro di chi non è ne’ anziano ne’ positivo al Covid-19, ne’ in terapia intensiva: la quarantena lo farà ingrassare. E perdio, se quest’ultima non è una tragedia che fa scomparire 23.660 morti come se fossero fumo, non so quale altra lo sia.
A un occhio non allenato possono sfuggire le differenze fra gli articoli composti dalla redazione o dai freelance e quelli che un giornale pubblica a pagamento, ma il mio li coglie subito: i titoli sono perentori ed eclatanti, le immagini sono create a tavolino, i contenuti vanno dal disinformato al falso, passando per l’idiota puro e semplice. I risultati di tale commistione sono spesso esilaranti e infurianti al tempo stesso.
Un paio di settimane or sono, giusto sotto un pezzo che invitava gli anziani a stare a casa, c’era lo spot: la foto di due arzilli vecchietti in tenuta sportiva su sfondo verdeggiante e il titolo “Due settimane di inattività per gli anziani aprono le porte al diabete”. Non è vero, ma questo è il meno: l’anziano/a che si interessa di tutt’altro o non ha la possibilità di approfondire, che messaggio riceve? E se come me ha ambo i tendini d’Achille lesionati e quattro ernie, si infila una tuta e va a ruzzolare rovinosamente in strada (provate voi a correre con due gambe che non sono in grado di farlo), dove magari un vigile zelante lo rimprovera perché gli anziani devono stare a casa e lo multa perché non ha rispettato le distanze o nella fretta si era scordato i guanti?
E a proposito di vecchi superflui, noiosi, rognosi e costosi per la collettività, cari quotidiani, perché tanti articoli, retrospettive, omaggi per Luis Sepùlveda? (Sono ironica, a scanso di equivoci.) Aveva 70 anni, cribbio, non l’aveva tirata abbastanza in lungo? Come, lui era un grande scrittore e perciò si fa eccezione? Ma Giacomino era uno splendido narratore e campione di bocce ed ex tornitore, Fabiola aveva i suoi quaderni di pensieri e poesie, era un’ex partigiana e ha continuato a lavorare nei campi sino alla fine… Quel che voglio dire è che NESSUNA vita può essere presa alla leggera, che nessun essere umano è inutile o “in esubero”, che dietro un nome e due date (nascita-morte) ci sono relazioni, vicende, azioni che hanno contribuito a creare il mondo in cui viviamo. Rispetto. Per tutti/e.
Qualche giorno fa, un articolo ci riporta le dichiarazioni di Sandra Zampa, che secondo il sito del Ministero è “il sottosegretario di Stato alla Salute nel secondo Governo Conte”. Per non offenderla, quindi, non userò il più corretto “la sottosegretaria”: sarebbe roba da femministe isteriche (l’importanza della sessuazione nel linguaggio l’abbiamo già spiegata in circa tremila per un ventennio, ma quel che nella maggior parte dei casi ci torna indietro è una spaventosa ignoranza volontaria). Di seguito un brano del testo in questione:
“Il problema della ‘Fase 2’ riguarda gli anziani ma anche “tante fasce vulnerabili: diabete, ipertensione, immunodepressione, obesità sono cause di mortalità associate al Covid-19. Questo non significa che pensiamo di segregare tutte queste persone in casa a tempo indeterminato”. (…)
Ad un piano dedicato agli anziani “sta lavorando il professor Bernabei, che è un geriatra eccezionale. Non ci saranno delle prescrizioni ad hoc, ma un’attenzione speciale. Incrociando i dati delle cronicità, si può pensare che i medici di base debbano avere doveri particolari, tipo una telefonata a settimana per vedere come va. E poi magari una App che misuri pressione e glicemia. Contiamo poi sul bonus vacanze a cui sta lavorando il ministro Franceschini: speriamo che gli anziani quest’estate possano fare qualche giorno di vacanza in più, non in meno”, ha spiegato Sandra Zampa.”
Schiaffateci dentro il grasso e tutto andrà bene: dopo anni di terrorismo mediatico, di disinformazione, di ossessione per la “bellezza” da BMI e di inflazione dei “nutrizionisti” (purtroppo molti sono intelligenti e capaci quanto Panzironi), basta agitare metaforicamente una bilancia sotto gli occhi di una persona per mandarla in panico. Ma il fatto è che del coronavirus attuale sappiamo queste poche cose: è assai resistente, efficace in modo diabolico nella propria diffusione e parte dei guariti si riammalano. Non abbiamo studi affidabili sulle correlazioni del virus con le “vulnerabilità” dei singoli individui (è troppo presto) e non abbiamo un vaccino.
Comunque. Ve la ricordate la donna anziana – credo centenaria – fra le prime a sconfiggere la malattia? Era diabetica. E dove sono le bare extralarge per tutti gli “obesi” falciati dall’epidemia? La relazione causa-effetto con il diabete o il grasso corporeo NON è provata da nessuna evidenza scientifica: buttare questa roba in pasto al grande pubblico non è cosa che membri del governo possano permettersi, non stiamo giocando alla “prova costume per la nonna”.
Io sono un’autodidatta con la passione per la conoscenza, affamata di letture di ogni tipo, fan della logica elementare e vado possibilmente a verificare ogni singola notizia che leggo. Ho già segnalato qui tonnellate di studi, ricerche e analisi e non lo farò di nuovo. In fin dei conti, ci si può fidare o no di quel che dico e per me non cambia assolutamente nulla (e neppure per chi legge).
Il caso è diverso per il sottosegretario del Ministero della Salute, per di più durante una pandemia. Io non sono un’esperta, dite? Neppure lei lo è: la laurea in “Storia della Chiesa” non prepara esattamente a trattare temi medici. Potete scommettere quel che volete che al proposito io mi sono sciroppata ben più mattoni scientifici (e in inglese).
Infine, Sandra Zampa ha tre anni più di me e le “prescrizioni speciali” dovrebbero arrivarle prima; il mio tipo di corpo non mi rende parte di nessuna “fascia vulnerabile” ne’ è di nocumento a terzi; non ho il cellulare (sapete dove possono mettersi la App) e in ogni caso mi rifiuto di essere monitorata dallo stato come se fossi una lebbrosa; non vado in vacanza perché non posso permettermelo; nel momento in cui sarà sicuro farlo, osservando tutte le precauzioni del caso, io uscirò di casa quando mi pare e mi piace.
E quando morirò, spero che la mia lapide sia questa:
Sotto ci voglio scritto: Non, je ne regrette rien.
Maria G. Di Rienzo
Update del 27 aprile, just in case:
Paolo, di mestiere, gira i social femministi e decide cosa va bene e cosa no. Cerca video femministi su YouTube e fa la stessa cosa. Spiega alle donne cosa vuol dire essere donne. Spiega alle femministe cosa è femminista e cosa no. Fa del vero e proprio gaslighting (forma di violenza psicologica il cui intento è far dubitare una persona delle sue stesse memoria e percezione) sulle storie di vita narrate da donne – che NON conosce – in prima persona: “Questo è vero, questo no”. Gli sembra normale, capite. A volte qualcuna lo manda a quel paese e Paolo urla: “Ah, è questo il femminismo? Che schifo! Censura!” E’ incomprensibile, nevvero, non cadere fulminate dal superiore intelletto di Paolo, l’Onnisciente.
E’ passato parecchio tempo da quando ho detto a Paolo che non mi interessava ricevere le sue opinioni via mail – e commentare qui non può. Tuttavia, si accanisce fedelmente su qualunque mio post sia condiviso da altri. Non li legge, ovvio. Perché se leggesse davvero non farebbe le sue sprezzanti domande idiote: Di Rienzo è medico? Perché, Paolo sì? E se fosse medico, direbbe per antonomasia tutta la verità e nient’altro che la verità, immune da errori, pregiudizi, preferenze? Bastasse essere medici per questo, dovremmo iscriverci tutte/i all’università domani.
Comunque, Di Rienzo ha studiato e studia ricerche mediche, svolte principalmente (ma non solo) all’estero. Molte le ha riportate qui con tanto di link (e non si rimette a farlo ora, tanto Paolo non ha tempo, deve cazziare la prossima femminista che non gli obbedisce). Ne ha derivato che la scienza non ha le certezze granitiche dell’Onnisciente e che ciò è un bene, perché altrimenti oggi staremmo curando il Covid-19 con le sanguisughe. Perciò NO. La scienza non dice tutte le cazzate immani sparate dai media sul grasso e sul diabete e su ogni non conformità a un ideale del menga basato su un modello matematico. Paolo può continuare a crederci. Parecchi MEDICI e SCIENZIATI hanno opinioni diverse dalle sue – che sono quelle di Di Rienzo: perciò sgasati un po’, pallone gonfiato.
Posted in La femme-nist fatale, tagged cronaca, donne, femminismo, immagine del corpo, italia, patriarcato, salute, stereotipi on 12 aprile 2020|
11 aprile, Alessia Ferrante, 37enne di Bisceglie (Bari) muore durante un intervento di chirurgia plastica.
“La donna, influencer nel campo dell’estetica con 106 mila follower su Instagram (…) si sarebbe dovuta sottoporre, in anestesia locale, ad un intervento di asportazione di tessuto adiposo dalle gambe. Immediatamente dopo la somministrazione del farmaco anestetico, la 37enne ha avvertito un malore. In passato si era sottoposta a diversi altri interventi di chirurgia plastica in altri studi medici, mentre l’ultimo, risalente all’ottobre 2019, era stato eseguito nel poliambulatorio di Monopoli.”
Il chirurgo che avrebbe dovuto effettuare l’intervento è “affranto per l’accaduto”, dice il suo legale: il dott. Reho “è particolarmente dispiaciuto perché con la donna c’era un anche un rapporto di collaborazione professionale, in quanto lei era una promoter delle attività dell’ambulatorio”.
Giusto, bisogna continuare a promuovere un’attività così salutare, ma forse è meglio – per essere corretti – cambiare slogan: basta con “prova costume”, “sexy – hot – da urlo”, “lotta al grasso”, “resta in forma”, “belle e brave” e l’infinita serie di odiose stronzate simili.
La dicitura esatta che fotografa la situazione è “belle e morte”.
Posted in Mondopoli (giochiamo a), tagged diritti umani, donne, eguaglianza, legislazioni, misoginia, nazioni unite, patriarcato, ricerca, salute, sessismo on 3 aprile 2020|
(“UNFPA study shows limits on women’s reproductive decision-making worldwide – one quarter of women cannot refuse sex” – sito del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, 1° aprile 2020, trad. Maria G. Di Rienzo.)
Circa un quarto delle donne non possono rifiutare il sesso o prendere le loro proprie decisioni sull’accesso ad appropriate cure sanitarie, lo ha scoperto un importante studio internazionale. Il Fondo delle NU per la popolazione, l’Agenzia delle NU per la salute sessuale e riproduttiva, ha rilasciato oggi una nuova ricerca all’avanguardia che rivela quanto avanti si è spinto il mondo nel permettere alle donne e alle ragazze di compiere scelte informate rispetto ai loro diritti riproduttivi.
La maggior parte delle nazioni ha leggi forti che assicurano alle donne di poter accedere alla loro salute sessuale e riproduttiva e ai loro diritti. Ma la realtà che le donne affrontano è spesso assai differente.
Il Fondo delle NU per la popolazione ha misurato il processo decisionale delle donne sulla riproduzione in 57 paesi e la legislazione su salute e diritti in 107 e i risultati mostrano, fra le altre tendenze, che in oltre il 40% delle nazioni i diritti riproduttivi delle donne stanno regredendo.
“Una donna su quattro, nei paesi che abbiamo esaminato, non è in grado di prendere decisioni proprie sull’accesso alle cure sanitarie. Questo è sconvolgente e inaccettabile. – ha detto la dott. Natalia Kamen, direttrice esecutiva del Fondo – Questa nuova ricerca offre un’esauriente quadro dello stato dei diritti sessuali e riproduttivi nel mondo, sia per quel che riguarda la legge sia per la realtà vissuta da donne e ragazze. Ci aiuterà a capire meglio cosa funziona e a definire con precisione le sfide rimanenti a un livello dettagliato che non avevamo in precedenza.
I nuovi dati ci aiutano a misurare il progresso verso l’ottenimento dell’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile n. 5 (OSS 5), equità di genere e potenziamento delle donne. Più precisamente, essi coprono due indicatori dell’OSS 5 per raggiungere l’accesso universale alla salute sessuale e riproduttiva e ai diritti relativi (Target 5.6). L’indicatore 5.6.1 misura l’autonomia riproduttiva delle donne e l’indicatore 5.6.2 misura le cornici legali e di regolamentazione che esistono nei paesi per permettere l’accesso a salute sessuale e riproduttiva e diritti.
Le risultanze chiave della ricerca includono:
* Solo il 55% delle donne può prendere le proprie decisioni su salute sessuale e riproduttiva e diritti.
* Un quarto delle donne non è in grado di prendere le proprie decisioni rispetto all’accesso alle cure sanitarie.
* Le nazioni di media hanno il 73% delle leggi e delle norme in funzione necessarie per garantire eguale accesso a salute sessuale e riproduttiva e diritti.
* Quasi il 100% delle leggi e delle norme delle nazioni garantisce l’accesso a consulenza volontaria e test per l’HIV e protegge l’anonimato delle persone che vivono con l’HIV.
* Numerosi stati impongono restrizioni legali che impediscono l’accesso alla salute sessuale e riproduttiva e ai diritti per determinati gruppi – specificatamente per donne e adolescenti.
Questa ricerca sarà una risorsa cruciale per il Fondo delle NU per la popolazione, i governi e gli associati per rispondere efficacemente ai bisogni più pressanti di donne e ragazze in tutto il mondo. Per la prima volta, ci consente di identificare la problematiche che paesi diversi ancora fronteggiano verso la piena realizzazione della salute sessuale e riproduttiva e dei diritti che le cornici legali possono non comprendere.
Potete avere accesso alla ricerca qui: https://www.unfpa.org/sdg-5-6
Per maggiori informazioni, per favore contattate Eddie Wright: ewright@unfpa.org; +1 917 831 2074
Posted in La femme-nist fatale, Mondopoli (giochiamo a), tagged cittadinanza, coraggio, corea, coronavirus, donne, resistenza, salute, solidarietà, televisione on 13 marzo 2020|
La donna in immagine è Jung Dae-rye – pronuncia: giong de ri – che è stata intervistata l’11 marzo u.s. nell’ambito di un programma di intrattenimento della tv coreana. Il format prevede di solito che i conduttori girino per le strade per incontrare gente comune (a cui sottopongono quiz), ma con la crisi da coronavirus tutto ovviamente resta in studio.
Jung Dae-rye, che è un’infermiera, è apparsa in video per raccontare come stanno andando le cose a Daegu, la città attualmente più colpita dal Covid-19 in Corea del Sud. La donna ha descritto una situazione durissima: medici e paramedici fanno turni di 15-17 ore, i letti sono tutti occupati, mancano mascherine, guanti e altro materiale.
Jung Dae-rye è una volontaria. Normalmente vive e lavora a Seul, ma ha risposto alla richiesta di aiuto delle autorità locali. Le hanno chiesto perché lo ha fatto.
“E’ il mio senso del dovere: sento che, al di là delle circostanze, devo per prima cosa fare un passo avanti. Ho sempre pensato che di fronte a una crisi nazionale avrei preso l’iniziativa. Quando mi hanno domandato se sarei venuta qui non ho pensato a me stessa, ho detto di sì. A volte sono preoccupata per la mia famiglia, ma non sono ansiosa per nessun altro motivo. Spero che i pazienti guariranno in fretta e che sconfiggeremo il Covid-19. Gente da tutto il paese sta dando una mano e mandando pacchi di generi alimentari e spero che l’intera nazione attraverserà insieme questo periodo difficile.”
A questo punto conduttori e personale hanno cominciato a piangere. Non hanno saputo dire perché e Dae-rye li ha esortati a non farlo, commuovendosi un po’ ma ribadendo di non avere problemi. Poi le hanno chiesto se voleva mandare un messaggio ai suoi parenti: “Alla mia famiglia voglio dire solo che sto bene. Non c’è altro, non preoccupatevi troppo per me. Non ho niente di cui lamentarmi. I miei familiari mi mancano, ma so che se la crisi nazionale continua può diffondersi oltre frontiera. Noi infermiere siamo in prima linea, trattiamo i pazienti faccia a faccia, stiamo loro vicini e stiamo facendo del nostro meglio.”
Il motivo per cui la testimonianza di Jung Dae-rye ha suscitato il pianto non era in effetti facile da spiegare per chi si è emozionato: questa donna non è una celebrità, è una persona comune che mostra il coraggio e la resistenza e la fiducia e la capacità di vivere insieme in modo consapevole e compassionevole delle persone comuni – quando si sentono popolo, quando si giudicano umane e di valore, quando pensano di essere parte di qualcosa che è più grande di loro ma che senza la loro attiva presenza non sarebbe completo e funzionante.
L’infermiera Dae-rye e le sue simili e i suoi simili, in tutto il mondo, siamo noi. Non eroi, non “bellezza”, non speciali: veri. Versi lacrime d’amore, quando lo capisci.
Maria G. Di Rienzo
Posted in La femme-nist fatale, tagged coronavirus, epidemia, giornalismo, istituzioni, italia, media, politica, religioni, salute, sanità, sciacallaggio, televisione on 6 marzo 2020|
“Sono 3.296 i malati per coronavirus in Italia, con un incremento di 590 persone in più rispetto a ieri e 148 i morti, 41 in più. Il nuovo dato è stato fornito dal commissario Angelo Borrelli nel corso della conferenza stampa alla Protezione Civile. La fascia di età è dai 66 ai 94 anni. Si tratta di persone fragili, per la maggior parte con diverse patologie. Il dato dei positivi è di 3.296 con un incremento di 590 persone. Il 54% del totale sono in Lombardia.” Questi i dati di oggi.
Finalmente il Presidente della Repubblica si è rivolto alla nazione con un discorso sul merito – ce lo auguravamo e lo aspettavamo in tanti – ed è stato talmente sobrio, essenziale, preciso e congruente da sembrare un alieno.
Del circo delle “ospitate” televisive, radiofoniche e giornalistiche non ne possiamo più: chi ha incarichi di governo faccia il suo lavoro nei luoghi preposti a tale scopo, che sono Parlamento e Ministeri, non Agorà, ne’ Radio Capital, ne’ Libero.
Il mondo dell’informazione, se ha ancora un minimo di decenza, smetta di fare da amplificatore a pagliacci ambosessi dall’ego straripante che non sono competenti ne’ in materia di istituzioni ne’ in materia di sanità pubblica e aumentano la comprensibile ansia che accompagna la crisi. Dateci NOTIZIE verificate, non le “opinioni” urlate di Sgarbi o Meluzzi.
E il Vaticano riporti a dimensioni civili le esternazioni del suo dipendente Livio Fanzaga su Radio Maria, anche perché le condizioni mentali del sacerdote destano preoccupazione: se prima assicurava che l’epidemia “è stata mandata dalla Madonna di Medjugorje” per indurci al pentimento, adesso è certo che “con la diffusione del Coronavirus si sta realizzando il periodo di Satana”.
Date un’occhiata a questo Paese e fermatevi. Riflettete. Non cercate di lucrare sulla sofferenza, sulla fatica e sull’impegno delle italiane e degli italiani. Meritiamo rispetto.
Maria G. Di Rienzo
Posted in La femme-nist fatale, tagged analfabetismo, contraccezione, donne, educazione sessuale, femminismo, giornalismo, ignoranza, interruzione volontaria di gravidanza, italia, legge 194, migranti, politica, propaganda, razzismo, salute, sessismo on 17 febbraio 2020|
Il brano seguente – tratto da un articolo di giornale, data odierna – non è propriamente in lingua italiana (analfabetismo), ma la cosa peggiore è che non ha nulla a che fare con la realtà italiana o con le problematiche che investono la vita di italiani e stranieri presenti in Italia (ignoranza) e di cui un politico italiano potrebbe / dovrebbe occuparsi (qui abbiamo solo propaganda razzista e sessista):
“Ci sono immigrati che hanno scambiato i pronto soccorso per un bancomat sanitario per farsi gli affari suoi senza pagare una lira. È ora di smetterla che ci siano migliaia di cittadini non italiani che hanno preso il pronto soccorso come l’anticamera di casa loro. Io dico che la terza volta che ti presenti paghi.
Delle infermiere del pronto soccorso di Milano mi hanno segnalato che ci sono delle donne che si sono presentate per la sesta volta per una interruzione di gravidanza. Non entro nel merito di una scelta che compete solo alla donna. Non è compito mio né dello Stato dare lezioni di morale o di etica a chiunque, è giusto che sia la donna a scegliere per sé e per la sua vita. Però non puoi arrivare a prendere il pronto soccorso come la soluzione a uno stile di vita incivile per il 2020.
Se si arriva alla settima interruzione di gravidanza significa che si sbaglia stile di vita. Sono d’accordo con i medici che dicono che la donna è libera di scegliere ma se in poco tempo si viene a chiedere la settima interruzione di gravidanza… bisogna spiegarle come ci si comporta”.
A dire questo è il sig. Salvini che non sa come funzionano le unità operative sanitarie nel suo Paese, perciò glielo spiego io – anche se avrebbero dovuto spiegarglielo i sedicenti giornalisti che hanno riportato le sue affermazioni senza contestualizzarle ne’ porre una singola domanda al proposito: il pronto soccorso è il reparto di un ospedale che tratta i casi di emergenza (come possono essere forti traumi o arresti cardiaci), li classifica in base all’urgenza assegnando loro un codice e se i primi tre (rosso-giallo-verde) prevedono un ingresso immediato o di poco differito, il quarto (bianco) è stimato come non pericoloso – a volte come “accesso improprio” – e prevede il pagamento del ticket. Lo prego anche di prendere nota che il pronto soccorso non effettua interruzioni di gravidanza, le quali sono di competenza del reparto ginecologico/ostetrico.
Riassumendo: una persona con la febbre a 40° o con una ferita la cui relativa emorragia non si arresta, qualunque sia il suo colore, non sta “usando” il pronto soccorso per passare il tempo in un surrogato dell’ “anticamera di casa propria”, sta cercando di sopravvivere – e il farlo è suo pieno e incontestabile diritto; viceversa, qualcuno che va al pronto soccorso per una storta al mignolo può essere fastidioso per il personale ma non interrompe o ritarda le procedure di emergenza ne’ grava sulla sanità statale: perché paga per il servizio ogni volta, senza che ci sia bisogno di contare gli accessi per affibbiargli un balzello ogni tre di essi.
Per quel che riguarda la gravidanza nei mammiferi, innanzitutto Salvini dovrebbe sapere – dovrebbe perché ha due figli – che non è frutto dello “stile di vita” (civile o incivile, qualsiasi cosa in questo caso ciò voglia dire) della femmina interessata, necessitando della cooperazione di un maschio della specie. Perciò, spiegare come ci si comporta per ottenere un controllo delle nascite è semmai attività da rivolgere ad ambosessi. In Italia lo fanno i consultori familiari (Legge 405/75) il cui intervento in caso di interruzione volontaria di gravidanza è previsto dalla normativa relativa (Legge 194/78). Se Salvini voleva con le sue esternazioni suggerire il pieno ingresso dell’educazione sessuale nelle scuole io sono d’accordo: ma temo non sia così, perché ad ogni singola iniziativa in materia lui, i membri del suo partito e quelli della sua coalizione “sovranista” urlano come sciacalli “giù le mani dai bambini” / “complotto gender” e se possono la bloccano.
“Delle infermiere del pronto soccorso di Milano mi hanno segnalato che ci sono delle donne che si sono presentate per la sesta volta per una interruzione di gravidanza“ è un’affermazione non comprovata a sostegno della quale abbiamo solo la parola del leader leghista, che purtroppo è discretamente noto per la capacità di contraddirsi nel giro della stessa giornata e di dire cose che non hanno alcun riscontro fattuale. Perciò, io ritengo sia teoricamente possibile tradurla così: Quando, nello scorso dicembre, sono andato a Cinisello Balsamo per vedere le ruspe in movimento (l’abbattimento del cosiddetto “ecomostro”) ho incontrato un mio fan: lui conosce un’infermiera del pronto soccorso dell’Ospedale Bassini, la quale gli ha raccontato di una donna che si è ormai presentata sei volte per ottenere la pillola del giorno dopo.
Poi, lo sapete, la fantasia fa miracoli e Cinisello può diventare Milano, un’infermiera moltiplicarsi in dozzine di infermiere e una donna qualsiasi trasformarsi in un’orda incivile di “zingaracce” e “clandestine” che chiedono di abortire. Tanto i seguaci del “capitano” si bevono tutto questo veleno come fosse un elisir.
Maria G. Di Rienzo