L’Autore del brano che state per leggere si chiama Claudio Schuftan, è dottore in pediatria e medicina internazionale, è nato in Cile e attualmente lavora nella salute pubblica a Ho Chi Minh City, in Vietnam. Sta anche coordinando la campagna quinquennale del Movimento per la Salute Popolare, attivo in più di settanta nazioni: “Equità, sviluppo eco-sostenibile e pace sono al cuore della nostra visione di un mondo migliore – un mondo in cui una vita sana per tutti è una realtà; un mondo che rispetta, apprezza e celebra tutta la vita e le diversità; un mondo che consente il fiorire dei talenti e delle abilità delle persone affinché si arricchiscano l’una con l’altra; un mondo in cui le voci del popolo guidano le decisioni che danno forma alle nostre vite…”
In passato ha lavorato per: Unicef, Programma alimentare mondiale, FAO, Unione Europea, Banca africana di sviluppo, Università delle Nazioni Unite, Organizzazione mondiale della sanità, Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo, Agenzia svedese per la cooperazione e lo sviluppo, Peace Corps, Ministeri della Salute di Kenya e Vietnam, Ministero per la Pianificazione economica del Camerun, ecc. ecc.
Potete andare a farvi un’idea di quant’è lungo il suo cv su:
http://www.claudioschuftan.com
E questo ci porta alla prima ragione per cui ho deciso di tradurre il brano (di un pezzo più lungo, che è un assemblaggio di citazioni di altri autori e di riflessioni personali): se volesse gonfiare il curriculum vitae con tutte le persone autorevoli che ha semplicemente incontrato o con tutte le banche dati / biblioteche che ha utilizzato, il dott. Schuftan rischierebbe di non finire mai, a differenza dell’avv. Conte – che nessuno ha votato, ma che ha ricevuto l’incarico di formare il nuovo governo italiano.
La seconda è che lo scritto è particolarmente efficace nel definire la politica e i politici.
Tratto da: “Power, Politics, Politicians & Human Rights – Analysis”, di Claudio Schuftan, maggio 2018, trad. Maria G. Di Rienzo:
Maggiore è lo squilibrio di diseguaglianza nella bilancia del potere, maggiore è l’oppressione e maggiori sono gli abusi dei diritti umani.
La politica è ciò che facciamo (o non facciamo), la politica è ciò che creiamo, la politica è ciò per cui lavoriamo, ciò in cui speriamo e che osiamo immaginare. (Paul Wellstone)
Il perenne dominio politico, sociale e culturale esercitato dai paesi industrializzati è il risultato di una distribuzione diseguale di potere, a causa della quale coloro che non hanno potere o ne hanno molto meno vedono le loro aspettative di vita limitate o distrutte e i loro diritti umani violati dai più potenti. Questa mano pesante si manifesta in modi diversi: dalla discriminazione all’esclusione, dalla marginalizzazione allo sterminio fisico, psicologico e/o culturale, e dalla demonizzazione alla forzata invisibilità.
Tutte queste forme di dominio possono essere ridotte a una sola parola: oppressione. Le società con gli squilibri di potere più longevi sono in effetti società divise fra oppressori e oppressi. I fattori che stanno alla base del dominio variano da epoca a epoca. Nei tempi moderni, diciamo fin dal 16° secolo, i tre principali fattori del dominio sono stati: capitalismo, colonialismo e patriarcato.
Attualmente viviamo in società capitaliste, colonialiste e patriarcali. Per avere una resistenza di successo contro queste forme di dominio dobbiamo intraprendere simultaneamente lotte anticapitaliste, anticolonialiste e antipatriarcali.
Da questo dato storico consegue che gli avanzamenti sono stati, quando ci sono stati, minimi come se – e ne abbiamo fatto esperienza – gli elementi del dominio restassero uniti e l’opposizione restasse divisa. Il potenziale della democrazia liberale nel rispondere alle aspirazione e ai diritti umani degli popolazioni oppresse e discriminate è sempre stato molto limitato, e i suoi limiti sono diventati sempre più seri in tempi recenti.
Ovunque, movimenti democratici a livello di base sono strangolati da forze antidemocratiche e, in alcuni paesi, da dittature. Nel mondo odierno, la democrazia è presa in ostaggio da potentati economici che tutto sono fuorché democratici.
Le politiche di potere guidano le politiche generali.
Coloro che hanno potere politico usano modi diversi per alterare le nostre percezioni al fine di rendere se stessi socialmente e politicamente accettabili. E’ quando tali meccanismi non li sorreggono che comincia la tirannia, per esempio la criminalizzazione degli oppositori e dei difensori dei diritti umani. Il potere esamina continuamente le strutture sociali e gli individui usando una concezione distorta di ciò che è giusto o sbagliato e buono o cattivo. In pratica non risponde mai ad alcuna chiamata morale e al rispetto dei diritti umani. (Alberto Acosta)
Quando potenti gruppi politici sistematicamente operano in un determinato modo, questo modo non diventa “la norma” solo per i loro membri, giacché essi chiedono la stessa accettazione agli altri.
La ragione fondamentale è l’obbligo per ogni individuo attivo nel gruppo ad assimilare il proprio comportamento a quello del gruppo, cioè a adattare se stesso al comportamento dell’insieme cui appartiene. La norma diviene quindi il modo collettivo di comportarsi e l’anormalità è ogni azione che tenti di sovvertire tali pratiche comportamentali (Manuel Acunia) [State pensando a Trump?] (chiede l’Autore fra parentesi quadre: io, guardando l’Italia, stento a trovare un politico da NON nominare).
La demagogia sembra funzionare ancora: i demagoghi vendono supremazia e non eguaglianza, seminano sospetto e non quiete, e gettano la categoria “nemico” contro determinate categorie di persone vulnerabili – facili capri espiatori degni del loro odio. Questo tipo di politici, campioni nel costruire ambiguità, appaiono più intenti a profittare delle autentiche paure di specifici gruppi di elettori, piuttosto del promuovere cura del benessere collettivo e dei diritti umani di tutti.
Questi praticanti estremisti di un’agenda ristretta la fanno franca nell’ignorare molte delle leggi internazionali vigenti, incluse quelle relativi ai diritti umani. E poiché, per chi di legge non sa, il sistema del diritto internazionale è complicato, è difficile sollevare l’opinione pubblica contro i demagoghi: le persone, sfortunatamente, non vedono sempre tutte le minacce loro dirette.
E così fanno le dittature. I dittatori non vagliano i dubbi, ne’ propri ne’ altrui; i loro giudizi sono categorici come gli aggettivi che usano. I dittatori fungono da possessori di un destino e si danno da soli il diritto di decidere delle vite di coloro che da essi dissentono. Le argomentazioni corrette raramente sono servite o servono a cambiare le loro decisioni.
Molti politici, per i quali i diritti economici, sociali e culturali significano poco o nulla, sono indifferenti alle conseguenze di un’austerità economica su coloro che sono meno abbienti. Vedono i diritti umani solo come un irritante ostacolo ai vantaggi personali che cercano tramite le loro iniziative. Per altri politici ancora, la mera indifferenza non è abbastanza; il loro rigetto dell’agenda sui diritti umani è espresso in termini satolli del loro totale spregio per i poveri.
Solo pochissimi politici hanno il coraggio di accettare il loro reale livello di abilità.
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