Io non sono un cliente, un consumatore, ne’ un fruitore di servizi.
Non sono un lavativo, un approfittatore, un mendicante, ne’ un ladro.
Non sono un numero della previdenza sociale, ne’ una lucetta su uno schermo.
Ho pagato le mie quote, mai un centesimo di meno, e sono fiero di averlo fatto. Non faccio inchini ma guardo il mio vicino negli occhi. Io non accetto o vado in cerca di elemosina.
Il mio nome è Daniel Blake, sono un uomo, non un cane, e come tale chiedo i miei diritti. Io domando di essere da voi trattato con rispetto.
Io, Daniel Blake, sono un cittadino, niente di più e niente di meno.
(So di essere in enorme ritardo, che in molte/i siete già andate/i al cinema e avete letto e scritto le recensioni eccetera, eccetera. Ma è dal 25 ottobre, quando ho visto il film “I, Daniel Blake” di Ken Loach – Palma d’Oro a Cannes – che avevo voglia di farlo perché questa lettera del protagonista, la sua ultima dichiarazione, che viene letta al suo funerale, esprime esattamente come mi sento. Non la dimenticherò mai. Maria G. Di Rienzo.)