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Posts Tagged ‘speranza’

Parable of the Sower

“La società generalmente vede la fantascienza come un genere per il tempo libero. La leggi perché hai tempo, non perché vuoi imparare qualcosa. Tuttavia, questo non potrebbe essere più lontano dalla verità.

Alcune delle nostre migliori pensatrici, e certamente le migliori a esprimere speranze globali, sono scrittrici di fantascienza. N.K. Jemisin ci ha dato semi-dee nere che, nonostante i loro poteri, ancora soffrono per mano di società oppressive. Octavia Butler ci ha dato mutatrici di forma, viaggiatrici temporali e pellegrine che hanno dovuto reagire e sopravvivere sotto il patriarcato e il razzismo.

Dobbiamo cambiare. Ognuno di noi ha bisogno di più coraggio. Il testo informativo è importante, ma quello emotivo è cruciale.

Mentre lottiamo per il mondo dei nostri sogni, dovremmo leggere le opere di coloro che l’hanno già creato.”

Tratto da: “If You Really Want to Unlearn Racism, Read Black Sci-Fi Authors”, di Cree Myles, 22 giugno 2020. Trad. Maria G. Di Rienzo.

afrofuturism

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Ascoltami davvero

(“Trouble is not my middle name” di Liz Lochhead, poeta – drammaturga – traduttrice scozzese contemporanea nata nel 1947. Liz è stata la Makar, o Poeta Nazionale, della Scozia dal 2011 al 2016; è indipendentista, sostenitrice della causa palestinese e femminista: “Il femminismo è come passare l’aspirapolvere, devi semplicemente continuare a farlo”.)

Liz Lochhead

Guaio non è il mio secondo nome.

Non è quel che io sono.

Non sono nata per questo.

Guaio non è un luogo

sebbene io ci sia dentro più profondamente che nel più fitto dei boschi

e ne uscirei (chi non lo farebbe?) se potessi.

La speranza è ciò che non ho all’inferno –

non senza del buon aiuto, ora. Potresti

ascoltare, ascoltare intensamente e bene

quel che non posso dire se non tramite quel che faccio?

E quando dici che lo faccio per cattiveria

è vero sino a questo punto:

lo faccio per la cattiveria agita contro di me prima

di ogni cattiveria che io rivolgo a te.

Difficile dipanare ciò.

Ma tu puoi aiutarmi. Allenta

tutti questi nodi e ascolta davvero.

Non posso dirtelo chiaramente ma, se ti importa,

allora – al di là di tutto il male e il dolore –

la vera speranza c’è.

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deborah levy

“Dà speranza quando i bambini creano una lingua che nessuno, tranne i loro compagni, può capire. E’ sperimentale, arguto, un po’ folle – il che è una buona cosa. Al minimo, i bimbi della nostra nazione hanno realizzato un’innovazione collettiva. Sì, lascia ben sperare che il linguaggio possa essere smontato e rimesso insieme in modo differente. E’ qualcosa di cui tutti dovrebbero far pratica.

Dà speranza che la lingua del patriarcato, che attualmente sta avendo il suo ultimo rantolo nel distruggere la Terra, sia stata smascherata dal movimento femminista globale, il che ha fornito a ciascuno un altro tipo di linguaggio. A un certo livello intuitivo, tutti sappiamo che il personale è politico.

Quando gli uomini si eccitano nell’insultare studenti di sesso femminile perché ci hanno dato informazioni scientifiche corrette sul clima, noi capiamo che le donne e i bambini nelle loro vite non sono al sicuro. Lascia davvero ben sperare che più gente al mondo sappia questo, piuttosto che non lo sappia.”

Deborah Levy – poeta, scrittrice, drammaturga inglese nata nel 1959 – dal suo libro “The Man Who Saw Everything” (2019), trad. Maria G. Di Rienzo.

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ocean swarm

Il Manifesto delle sardine, 21 novembre 2019:

Cari populisti, lo avete capito. La festa è finita.

Per troppo tempo avete tirato la corda dei nostri sentimenti. L’avete tesa troppo, e si è spezzata. Per anni avete rovesciato bugie e odio su noi e i nostri concittadini: avete unito verità e menzogne, rappresentando il loro mondo nel modo che più vi faceva comodo. Avete approfittato della nostra buona fede, delle nostre paure e difficoltà per rapire la nostra attenzione. Avete scelto di affogare i vostri contenuti politici sotto un oceano di comunicazione vuota. Di quei contenuti non è rimasto più nulla.

Per troppo tempo vi abbiamo lasciato fare.

Per troppo tempo avete ridicolizzato argomenti serissimi per proteggervi buttando tutto in caciara.

Per troppo tempo avete spinto i vostri più fedeli seguaci a insultare e distruggere la vita delle persone sulla rete.

Per troppo tempo vi abbiamo lasciato campo libero, perché eravamo stupiti, storditi, inorriditi da quanto in basso poteste arrivare.

Adesso ci avete risvegliato. E siete gli unici a dover avere paura. Siamo scesi in una piazza, ci siamo guardati negli occhi, ci siamo contati. E’ stata energia pura. Lo sapete cosa abbiamo capito? Che basta guardarsi attorno per scoprire che siamo tanti, e molto più forti di voi.

Siamo un popolo di persone normali, di tutte le età: amiamo le nostre case e le nostre famiglie, cerchiamo di impegnarci nel nostro lavoro, nel volontariato, nello sport, nel tempo libero. Mettiamo passione nell’aiutare gli altri, quando e come possiamo. Amiamo le cose divertenti, la bellezza, la non violenza (verbale e fisica), la creatività, l’ascolto.

Crediamo ancora nella politica e nei politici con la P maiuscola. In quelli che pur sbagliando ci provano, che pensano al proprio interesse personale solo dopo aver pensato a quello di tutti gli altri. Sono rimasti in pochi, ma ci sono. E torneremo a dargli coraggio, dicendogli grazie.

Non c’è niente da cui ci dovete liberare, siamo noi che dobbiamo liberarci della vostra onnipresenza opprimente, a partire dalla rete. E lo stiamo già facendo. Perché grazie ai nostri padri e nonni avete il diritto di parola, ma non avete il diritto di avere qualcuno che vi stia ad ascoltare.

Siamo già centinaia di migliaia, e siamo pronti a dirvi basta. Lo faremo nelle nostre case, nelle nostre piazze, e sui social network. Condivideremo questo messaggio fino a farvi venire il mal di mare. Perché siamo le persone che si sacrificheranno per convincere i nostri vicini, i parenti, gli amici, i conoscenti che per troppo tempo gli avete mentito. E state certi che li convinceremo.

Vi siete spinti troppo lontani dalle vostre acque torbide e dal vostro porto sicuro. Noi siamo le sardine, e adesso ci troverete ovunque. Benvenuti in mare aperto.

E’ chiaro che il pensiero da fastidio, anche se chi pensa è muto come un pesce. Anzi, è un pesce. E come pesce è difficile da bloccare, perché lo protegge il mare. Com’è profondo il mare”.

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mari e il robot

Se avete quindici minuti di tempo e vi fidate delle mie recensioni, potreste trascorrerli guardando questo breve film d’animazione del 2017, “Green Light” – “Luce Verde”.

https://www.youtube.com/watch?v=UT-mA673hLs

La squadra che l’ha creato è sudcoreana, però non vi servirà sapere altre lingue per vederlo (i dialoghi fra i due protagonisti principali, in immagine, sono comprensibili ma non vocalizzati; se siete curiosi delle sole due parole in coreano che si sentono nel filmato, la prima è “questo” e la seconda è “Yu-na”, un nome proprio).

Il regista Kim Seong-min racconta la sua storia così: “Luce Verde parla di una ragazzina e di un robot soldato che si trovano nella peggior situazione possibile causata dall’uso improprio di tecnologia scientifica altamente sviluppata. Ho tentato di mostrare il legame fra Mari, che tenta di costruire un futuro migliore senza abbandonare la speranza in una situazione tragica dove tutto è stato distrutto, e un automa che comincia una nuova vita grazie a lei, e come entrambi creino un nuovo mondo.”

In un quarto d’ora di tenerezza e magnificenza tecnica “Green Light” vi dirà che comunicare con chi è diverso da noi è sempre possibile e spegne la violenza. Vi dirà persino che anche quando scomparite i vostri sogni non devono necessariamente andare in frantumi.

Uno dei commenti più comuni al video è: “Sono un uomo adulto e sto piangendo”. Anche la scrivente vecchietta si è trovata una lacrima sulla guancia.

Maria G. Di Rienzo

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anna quon

(“sitting with” – minuscolo nell’originale – di Anna Quon, in immagine con uno dei suoi quadri. Trad. Maria G. Di Rienzo. Anna è un’artista a 360° che vive in Canada. Oltre alle poesie e ai quadri ha al suo attivo romanzi e brevi film d’animazione e tiene seminari di scrittura.

Di recente, il 28 marzo scorso, ha fatto scalpore la sua poesia “Cliff” – “Precipizio”, che parla del suo disagio mentale, del tempo che ha trascorso in una clinica psichiatrica e della reazione delle persone quando lei dà loro tali informazioni. “Il precipizio di ciò che significa essere umani è uno dal quale è facile cadere, se rifiuti o neghi riconoscimento all’umanità di qualcuno, inclusa la tua.”, ha spiegato Anna al proposito.)

Se siedi con la sofferenza

e tieni le sue mani

nelle tue, esse saranno fredde,

è vero, ma non

ti ruberanno da te stessa.

Se siedi con la tristezza,

e la tieni stretta sul cuore,

proverai dolore

ma non ti porterà via con sé

quando ti lascerà andare.

Se siedi con la speranza

lei fluttua sopra di te

sino a che la scegli

afferrando la sua coda e tirandola

sulla tua spalla.

E poi è tua,

per la vita intera, sino a che questa dura.

Nutrila, grattala sotto il mento

e lascia che vaghi libera.

Potrebbe portarti un ciottolo,

un tesoro, un frutto

e quando tristezza e sofferenza

arriveranno gridando,

siederà sulla tua spalla

mangiando pistacchi

guardandole con i suoi occhi luminosi

sino a che loro sapranno

che è ora di andare.

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emma

(“Hope”, di Emma Wright – in immagine – poeta inglese di origine asiatica. Trad. Maria G. Di Rienzo. L’Autrice, che ora ha 33 anni, ha fondato la propria casa editrice “The Emma Press” quando ne aveva 25, dopo aver preso nota che le maggiori case editrici e le riviste di poesia erano dirette da uomini e che determinati stili di poesia non erano pubblicati: “Non si trattava del fatto che un tipo di poesia non andasse bene. Solo del non rappresentarla. Non era di moda. Ma la forma, il soggetto e lo stile entravano in risonanza con me. Ho pensato: chi è che decide i trend? Tendevano a essere questi uomini più vecchi di me.” Emma sceglie di pubblicare solo lavori che la interessano personalmente: “Sto facendo questo per una ragione che ovviamente non è il denaro. Il mio guadagno è pubblicare poesia che voglio leggere. E’ il motivo per cui ho cominciato e il motivo per cui continuo.”)

Speranza.

Una maledizione, un sogno,

una luce nell’oscurità,

quando tutto dovrebbe essere inchiostro;

un rigonfiarsi di vita,

quando tutto dovrebbe essere immobile;

un tepore vicino a te,

quando tutto dovrebbe essere freddo

e morto e andato.

Speranza.

Un amore, un amico,

una risata felice

anche quando vuoi piangere;

un sorriso al tuo riflesso,

anche quando stai annegando;

fluttuare su una nuvola,

anche quando il peso delle

aspettative del mondo ti sta

schiacciando giù e giù

e giù.

Speranza.

Vivere attraverso i tempi peggiori;

tentare la sorte su qualcuno;

credere nel paradiso anche quando tutto quel che vedi è inferno.

Speranza.

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Chiuso per ferie

Happy Snowflake

Hello, surfers, qua chiudiamo per ferie invernali. Ci risentiamo l’anno prossimo… il quale, visto il clamoroso fallimento del 2018, non avrà altra scelta che essere migliore. Vero? (Dite di sì!)

Love, MG

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Sì, io riderò a dispetto delle mie lacrime,

canterò canzoni ad alta voce nel mezzo delle mie sventure:

avrò speranza avendo contro tutte le probabilità.

Io vivrò! Andatevene, tristi pensieri!

(tratto da: “Contra Spem Spero” di Lesya Ukrainka, pseudonimo della poeta e drammaturga Larysa Petrivna Kosach-Kvitka, 1871 – 1913.)

lesya

In Ucraina è possibile vedere l’immagine di Lesya su cartamoneta e francobolli, resa in statue e dipinti e vi sono film e libri che narrano la sua vita. Lo pseudonimo – Lesya l’Ucraina – glielo diede sua madre, femminista e scrittrice, ed era in se stesso un atto radicale giacché identificarsi in tal maniera nella Russia imperiale e usare l’ucraino per poesie e pezzi teatrali bastava per essere condannati per tradimento e spediti in Siberia.

Lesya impara a scrivere a quattro anni. Crea a otto la prima poesia, “Speranza” per sua zia Olena che è stata appena arrestata per attività antizariste. Impara durante l’infanzia il russo, il tedesco, il polacco, il greco, il latino e l’inglese. Studia per diventare pianista professionista ma a dodici anni contrae la tubercolosi delle ossa che le impedisce di esercitarsi per lunghi periodi: ma scrivere può – ed è quello che fa. A diciassette anni, assieme al fratello, traduce in ucraino Shakespeare, Dickens e altri classici e ne dà letture private: altro atto “sovversivo” e proibito. L’anno successivo rischia la vita per contrabbandare a Kiev il suo primo libro di poesie, stampato nell’Impero austro-ungarico.

I genitori di Lesya cercarono in ogni modo di curare la sua malattia, portandola diverse volte in paesi esteri dove la giovane osservò con acutezza le differenti culture e specialmente come le donne erano trattate in esse. Tutto si riversò nei suoi lavori: femminismo, alienazione sociale, liberazione nazionale, solitudine. Nel 1903 tradusse in ucraino il “Manifesto del Partito Comunista”, il che condusse al suo arresto e a un periodo di prigionia. Nel tentativo di preservare la propria lingua proibita, Lesya raccolse per tutta la vita leggende e fiabe e canzoni popolari ucraine.

Sperò contro la speranza, come dice la sua poesia citata all’inizio. Nulla avrebbe potuto costringere alla resa un tale spirito. Maria G. Di Rienzo

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portale

Le nostre radici sono nell’oscurità; la Terra è il nostro paese.

Perché guardiamo in alto per avere benedizioni, invece che attorno a noi o in basso?

Qualsiasi speranza noi si abbia è là.

Non nel cielo pieno di occhi-spia orbitanti e di armamenti, ma nella Terra che abbiamo disdegnato.

Non viene da sopra, ma da sotto.

Non è nella luce che acceca, ma nel buio che nutre, là dove gli esseri umani sviluppano anime umane.

Ursula K. Le Guin (Trad. Maria G. Di Rienzo)

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