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Posts Tagged ‘cambiamento’

So che può essere sgradevole dirlo, ma le attestazioni “dopo saremo migliori” e “stiamo imparando molto sulla vita” e “andrà tutto bene” stanno diventando retorica alla melassa e mi hanno un po’ stancato. Non necessariamente la sofferenza rende le persone “migliori”, neppure quella di proporzioni enormi come la pandemia che stiamo attraversando. Per mutare convincimenti e attitudini servono ammissione degli errori, visione alternativa all’esistente, coraggio e strumenti. Francamente, se prendiamo in esame solo come la nostra società maneggia la violenza tutto ciò è assente.

19 aprile 2020: Spara alla compagna che lo ospitava in casa per l’isolamento coronavirus e si costituisce

“Vittima Alessandra Cità, una donna di 47 anni uccisa dall’uomo con cui aveva una relazione da 9 anni. Antonio Vena era già stato denunciato due volte per violenza dalla sua ex moglie. Ha sparato alla sua compagna con un fucile a pompa, un colpo secco alla testa. La prima spiegazione data sarebbe legata a motivi passionali. A quanto si è appreso, lei voleva interrompere la relazione ma aveva accettato di ospitarlo in casa ad Albignano, un paesino alle porte di Truccazzano nel Milanese, per via delle norme relative all’emergenza Coronavirus.”

20 aprile 2020: 22enne accoltella la compagna dopo una lite in casa

Tragedia sfiorata, nella notte in una villetta multifamiliare, in via degli Olmi a Lanuvio (Roma), dove un ragazzo di 22 anni, incensurato, ha aggredito con un coltello da cucina, al termine di una discussione per futili motivi, la convivente 27enne, ferendola con diversi fendenti.

La ragazza è stata trasportata d’urgenza all’ospedale Castelli di Ariccia, dove è stata sottoposta ad un delicato intervento chirurgico. E’ in pericolo di vita.

Secondo quanto si apprende, il ragazzo da alcuni giorni era molto turbato per la perdita di un parente stretto.

20 aprile 2020: Porta neonata in ospedale: “Mia figlia piange sempre”. Scoperte costole rotte e contusioni

“I medici del “Goretti” di Latina, effettuate delle radiografie, hanno ben presto appurato che la piccola aveva una costola fratturata. Gli stessi medici hanno però notato che la bimba aveva anche i segni di una seconda costola rotta circa un mese prima, frattura che si era intanto saldata. Sul corpo della bambina sono state infine viste delle contusioni e i segni di un morso.

I genitori della bambina, una giovane coppia che ha anche un’altra figlia, sono ben inseriti nel paese. Un nucleo familiare insospettabile. Particolari che rendono ancor più complesso il lavoro degli investigatori, impegnati a far luce su cosa sia accaduto alla bimba.”

Allora, stando a quel che leggo non abbiamo imparato, sulla vita, proprio un fico secco. Le donne muoiono per motivi passionali, gli uomini accoltellano perché sono in lutto e la bimba dev’essersi rotta le costole da sola, perché i genitori sono gente per bene, “insospettabili”.

Conosco tra l’altro una ex bambina che ha avuto alla nascita lo stesso problema. Il parto era difficile (la piccola aveva il cordone ombelicale stretto attorno al collo e nacque morta) e per estrarla fu tirata con energia un po’ eccessiva, bastante a staccarle un braccio dalla clavicola. Ovviamente, una volta che l’ebbero rianimata, non riusciva a smettere di piangere. Per paura che i genitori se la prendessero con gli operatori sanitari, nessun controllo fu fatto per tre giorni di fila, mentre la neonata urlava a pieni polmoni.

Per fortuna un medico più corretto o solo più sensibile affrontò il problema e la bambina fu ingessata. Ero io. Se siete curiosi, il micro-gesso sta fra gli ex voto di Sant’Antonio a Padova, dove lo mise mia madre.

Assumersi le proprie responsabilità, riconoscere gli sbagli e attuare giustizia riparatrice, avversare la violenza in tutte le sue forme, realizzare l’eguaglianza di genere: ecco quanto ci renderebbe effettivamente migliori. Ma non sto vedendo nulla che vada in questo senso.

Maria G. Di Rienzo

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question

(brano tratto da un intervento del 19 marzo 2020 di Teresa Anderson e Niclas Hällström, per Action Aid, su cambiamento climatico e coronavirus. Teresa Anderson è la coordinatrice delle politiche sul clima per Action Aid International, Niclas Hällström è il direttore di WhatNext?, un forum svedese sulle istanze globali sociali e ambientali. Trad. e adattamento Maria G. Di Rienzo.)

EGUAGLIANZA: I governi devono proteggere le donne, i poveri e i vulnerabili dalle crisi e dal loro impatto, dando uguale valore a ogni vita umana al di là di nazionalità, status economico, genere, etnia o età. Allo stesso modo, non è accettabile che una generazione continui a “fare come prima” sapendo di essere relativamente al sicuro, nel mentre aumenta il rischio e l’impatto per un’altra generazione.

PROTEZIONI SOCIALI: Sanità pubblica e gratuita, congedo pagato per malattia e benefici relativi alla disoccupazione per i lavoratori, nelle economie formali e informali, sono necessari in modo urgente, così che le persone non debbano scegliere se proteggere i loro mezzi di sussistenza o proteggere la società durante la pandemia.

SOLIDARIETÀ: Nessun Paese può “farcela da solo”. I governi devono lavorare insieme ed evitare di ritirarsi in approcci nazionalisti e competitivi. Le nazioni ricche devono contribuire con una giusta parte e aumentare il sostegno finanziario e tecnologico per le nazioni in cui i redditi sono più bassi. La vera solidarietà significa anche adottare e condividere soluzioni.

LA MANO INVISIBILE DEL MERCATO NON AGGIUSTERÀ QUESTE COSE:

Crisi climatica e pandemia mostrano la necessità di profondi cambiamenti di sistema. Queste emergenze rivelano le ingiustizie delle economie neo-liberiste, in cui potenti corporazioni economiche danno priorità ai profitti rispetto al bene comune e fanno tutto quel che possono per evitare di essere regolamentate.

Le risposte dei governi alla pandemia richiedono di prendere decisioni di ordine pubblico, incluse forti misure restrittive, nell’interesse dei cittadini piuttosto che dei loro finanziatori politici delle corporazioni.

NON E’ MAI TROPPO TARDI PER AGIRE: Ogni giorno che passa conta. Ogni azione che limita il danno ha valore. Anche se siamo stati più lenti a uscire dai blocchi di partenza di quanto avremmo dovuto, diamoci dentro ora. Rinunciare non è un’opzione, al di là di quanto grave la situazione possa apparire.

FATE QUEL CHE SERVE, MA NON ABUSATE DEL POTERE: Nel mentre molti governi sono stati lenti nel prendere misure severe per fermare la pandemia, i cittadini hanno chiesto misure più forti per contenere la crisi. La società ha mostrato la sua volontà di accettare svantaggi, forti interventi governativi, protezione sociale e sì, meno shopping e meno voli aerei, se ciò significa proteggere milioni di vite a rischio.

I governi devono tener conto di questo. Ma non devono abusare del loro potere, ne’ cementare misure prese durante le emergenze in limiti autoritari alla libertà dopo che la crisi è passata.

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ragazza impavida

La Ragazza Impavida parte per l’Australia.

https://lunanuvola.wordpress.com/2017/03/16/la-ragazza-impavida/

https://lunanuvola.wordpress.com/2017/06/01/non-ce-la-fanno-proprio/

https://lunanuvola.wordpress.com/2018/04/20/una-nuova-casa-per-la-ragazza-impavida/

In occasione del prossimo 8 marzo, la statua sarà posizionata nella zona di Federation Square a Melbourne: poiché l’area copre tre ettari e qualcosa gli australiani stanno ancora discutendo il posto preciso, ma l’entusiasmo che circonda l’evento è già palpabile.

A pagare il biglietto, per così dire, alla nostra amica sono due Fondi pensionistici di investimento (Cbus e Hesta, quest’ultimo a maggioranza di clientela femminile) e lo studio legale Maurice Blackburn, attivo dal 1919 e il cui motto è “Lottiamo per ciò che è giusto”: lo studio ha in effetti vinto cause fondamentali per i diritti umani in Australia, fra cui quella per la riduzione dell’orario di lavoro a 40 ore settimanali.

Lo fanno perché:

“Sebbene stia in piedi in silenzio e sia alta poco più di un metro, la richiesta di cambiamento della Ragazza Impavida è stata udita in tutto il mondo.” David Atkin, Presidente Cbus.

“Avere l’iconica Ragazza Impavida in Australia è un meraviglioso e permanente richiamo all’audace e coraggioso perseguimento del cambiamento necessario per ottenere eguaglianza e salari eguali per le donne in Australia ora e per le generazioni a venire.” Debby Blakey, Presidente Hesta.

“La Ragazza Impavida sarà un promemoria per i luoghi di lavoro australiani del fatto che dobbiamo continuare la lotta per l’eguaglianza di genere, creando in essi cambiamenti per l’eguaglianza che tendano al meglio, e che dobbiamo agire su questo subito per le future generazioni di donne, incluso l’affrontare i divari radicati sui salari, l’aumentare il numero di donne nelle posizioni guida e il fornire ambienti di lavoro flessibili.” Jacob Varghese, Presidente “Maurice Blackburn”.

(Il divario sui salari in Australia vede ancora un 21,3% in più a favore degli uomini: a parità di qualifica e orario.)

con mamma kristen

La “mamma” della Ragazza Impavida, la scultrice Kristen Visbal – in immagine qui sopra – è ovviamente felice, ritenendo la sua creazione un “simbolo di cui c’è molto bisogno”: “Lei rappresenta ciò che ogni bambina può diventare. Il messaggio può essere iniziato come una dichiarazione su Wall Street, ma la statua vive ormai di vita propria.”

Maria G. Di Rienzo

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“Il femminismo non concerne il rendere le donne più forti. Forti le donne lo sono già. Concerne il cambiare il modo in cui il mondo percepisce tale forza.” G.D. Anderson (in immagine sotto – trad. M.G. DR)

g.d. anderson

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(“Grassroots Organizations are Often the First to Sound the Alarm”, di Agar Nana Mbianda per Women Thrive Worldwide, 7 agosto 2017, trad. Maria G. Di Rienzo.)

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Difendere i diritti umani e coloro i cui diritti umani sono stati violati è un compito pericoloso in tutto il mondo. I difensori dei diritti umani sono spesso la sola forza che sta fra la gente comune e i poteri in carica. Donne e ragazze sovente hanno bisogno di sostegno non solo per i loro sforzi quotidiani diretti a migliorare le loro entrate e il loro status ma, soprattutto, necessitano di sostegno per la loro ricerca di cambiamento.

Le organizzazioni di base della società civile possono amplificare le voci di donne e ragazze con cui lavorano su base giornaliera. Nel caso di Women Thrive, i nostri circa 300 membri in oltre 50 paesi usano campagne di sensibilizzazione come mezzi per influenzare il cambiamento politico, sviluppando consapevolezza sull’importanza dell’eguaglianza di genere. Uno dei membri della nostra Alleanza, il “Forum International des Femmes de l’Espace Francophone” (FIFEF), lavora nella Repubblica Democratica del Congo dal 2012, con lo scopo di migliorare le condizioni di vita socio-politiche delle donne e delle ragazze denunciando gli abusi, la violenza e le diseguaglianze a cui sono soggette. Hanno anche creato un forum internazionale per la difesa e l’avanzamento di donne e ragazze con altri paesi francofoni, aumentando la conoscenza dei loro bisogni e delle loro voci.

FIFEF è stata la prima organizzazione della società civile a far luce sul traffico di circa 500 ragazze e donne congolesi in Libano. Dal 2 al 5 dicembre 2013 hanno organizzato una campagna di sensibilizzazione che ha incluso marce per la pace, dibattiti con gli altri portatori di interesse primario e incontri con le famiglie delle trafficate per ascoltare le loro preoccupazioni. FIFEF ha fatto pressione sulle ambasciate e ha contattato i media per attirare attenzione e mostrare l’impatto che il traffico di esseri umani ha sulle comunità e sulla nazione.

La lotta contro il traffico di esseri umani è la lotta contro coloro che predano sulle fragilità sociali e fisiche come mestiere. Una delle sopravvissute trafficate ricorda: “Appena arrivate, siamo state vittime di stupro e siamo state picchiate. E ci è stato detto che eravamo schiave, persino peggio che schiave.” E’ stato grazie agli sforzi di FIFEF che il 30% di queste ragazze e donne è stato portato a casa.

Essendo FIFEF la prima organizzazione a lavorare sulle istanze delle donne e sulle istanze di genere a Kolwezi City, la sua coordinatrice Denise Nzila è ben consapevole delle molte sfide che il gruppo deve affrontare ma è impegnata con la sua squadra a “lottare per raggiungere gli scopi che conducono alla liberazione delle donne. Io so che vinceremo la partita, amiamo il nostro lavoro… grazie alle donne e alle ragazze.” La campagna di successo di FIFEF è un esempio importante del perché le organizzazioni della società civile devono essere coinvolte nei più grandi spazi decisionali, giacché il loro lavoro può avere un considerevole impatto sul cambiamento sociale e politico. Dal 2013, FIFEF ha contribuito al rimpatrio di alcune ragazze trafficate, tuttavia molte restano in Libano sotto il giogo della schiavitù. Quindi sorge la domanda: FIFEF ha le risorse necessarie per questo lavoro? E ha accesso a fondi che permetterebbero all’organizzazione di avere maggiore impatto sull’istanza?

Noi di “Women Thrive” crediamo che finanziare i gruppi di base della società civile sia un passo cruciale per il cambiamento sociale e politico. Inoltre, questi gruppi possono essere sostenuti con strategie e azioni che li aiutino a produrre risultati migliori e a diffondere le notizie sul loro attivismo e le loro potenzialità. Rinforzando le iniziative in queste aree, continuando a costruire relazioni associative con loro e coinvolgendoli nelle piattaforme decisionali, i governi potrebbero fare grandi passi nella promozione dell’eguaglianza di genere e nella lotta contro la schiavitù moderna.

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(“Meet Fartuun Adan, Somalia” – Nobel Women’s Initiative, 2017, trad. e adattamento Maria G. Di Rienzo.)

fartuun adan

Fartuun Adan è nata e cresciuta in Somalia e là ha vissuto durante la guerra sino al 1999, quando emigrò in Canada con le sue bambine. Nel 2007 ritornò per onorare la memoria del marito morto aprendo il “Centro Elman per la pace e i diritti umani” e, più tardi, “Sorella Somalia” – il primo centro di assistenza alle vittime di stupro che si trova a Mogadiscio. (http://www.sistersomalia.org/)

Nel 2007 sei tornata in Somalia dopo aver vissuto in Canada. Cosa ti ha fatto tornare?

Ho sempre voluto fare ritorno. Era qualcosa a cui pensavo costantemente, ma all’epoca le mie figlie erano molto giovani e non potevo partire. Nel 2007 erano ormai cresciute e in grado di prendersi cura di se stesse. Volevo tornare per dare riconoscimento al lavoro che mio marito aveva fatto da vivo. Era un attivista molto impegnato in Somalia e un mucchio di gente lo conosceva e lo ricorda ancora oggi.

Che tipo di lavoro hai fatto appena arrivata?

Quando sono tornata ho cominciato a lavorare con i bambini soldati e per i diritti umani. Non era facile, ma sentivo di dovermene occupare. All’epoca c’erano le forze della milizia e quelle del governo somalo in conflitto, e dappertutto vedevi bimbi con fucile a tracolla. Perciò abbiamo aperto il Centro per riabilitare i bambini e difendere i loro diritti.

Nel 2011 hai aperto a Mogadiscio il primo centro antistupro in assoluto, “Sorella Somalia”. Cosa ti ha ispirata a farlo?

Abbiamo iniziato questo lavoro quando visitavamo i campi degli sfollati e incontravamo moltissime donne che erano state violentate e nessuna aveva presentato denuncia. Alcune di queste donne non potevano permettersi neppure i costi delle cure mediche relative all’aggressione subita. Ci prendevamo cura delle donne e chiedevamo aiuto per loro ai governi locali. Le donne potevano venire al nostro Centro e avere cure mediche, potevano restarci e potevano finalmente riposare.

Quali sono gli ostacoli e le sfide che affronti nel dar sostegno a queste donne?

La sfida è che non c’è giustizia. Quando suggeriamo di andare alla polizia, le donne dicono no. Chiedono: “Chi mi proteggerà se lo faccio, dove andrò dopo?”. E’ una grossa sfida perché io non ho risposte per questo. Non posso dire: “Ti proteggerò io.” Parlare apertamente di ciò che hanno subito può arrecare rischi ancora più gravi a queste donne. Cambiare il sistema è difficile. Ma se continuiamo a parlare prima o poi dovranno ascoltarci. Noi non ci arrendiamo mai. Attualmente la portata della questione non è più negata dalle ong, dalle comunità e persino dal governo: tutti sanno che la violenza sessuale sta accadendo. Adesso che siamo d’accordo nel riconoscere che un problema esiste, come lo risolviamo? Cosa possiamo fare? Questo è lo stadio in cui ci troviamo al momento.

Cosa ti dà la forza di continuare a svolgere questo lavoro?

Sono una madre e ho figlie. Quando incontro le ragazze e vedo quanto soffrono mi chiedo “Cosa farei se ciò accadesse a mia figlia?”. Perciò faccio ciò che posso, in qualunque modo. Ogni sera quando torno a casa mi chiedo: “Cos’ho compiuto oggi, a chi ho dato una mano?” e questo mi dà la sensazione di aver raggiunto qualcosa. Quando so di aver contribuito al cambiamento, questo mi motiva al cento per cento.

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