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Il Manifesto delle sardine, 21 novembre 2019:

Cari populisti, lo avete capito. La festa è finita.

Per troppo tempo avete tirato la corda dei nostri sentimenti. L’avete tesa troppo, e si è spezzata. Per anni avete rovesciato bugie e odio su noi e i nostri concittadini: avete unito verità e menzogne, rappresentando il loro mondo nel modo che più vi faceva comodo. Avete approfittato della nostra buona fede, delle nostre paure e difficoltà per rapire la nostra attenzione. Avete scelto di affogare i vostri contenuti politici sotto un oceano di comunicazione vuota. Di quei contenuti non è rimasto più nulla.

Per troppo tempo vi abbiamo lasciato fare.

Per troppo tempo avete ridicolizzato argomenti serissimi per proteggervi buttando tutto in caciara.

Per troppo tempo avete spinto i vostri più fedeli seguaci a insultare e distruggere la vita delle persone sulla rete.

Per troppo tempo vi abbiamo lasciato campo libero, perché eravamo stupiti, storditi, inorriditi da quanto in basso poteste arrivare.

Adesso ci avete risvegliato. E siete gli unici a dover avere paura. Siamo scesi in una piazza, ci siamo guardati negli occhi, ci siamo contati. E’ stata energia pura. Lo sapete cosa abbiamo capito? Che basta guardarsi attorno per scoprire che siamo tanti, e molto più forti di voi.

Siamo un popolo di persone normali, di tutte le età: amiamo le nostre case e le nostre famiglie, cerchiamo di impegnarci nel nostro lavoro, nel volontariato, nello sport, nel tempo libero. Mettiamo passione nell’aiutare gli altri, quando e come possiamo. Amiamo le cose divertenti, la bellezza, la non violenza (verbale e fisica), la creatività, l’ascolto.

Crediamo ancora nella politica e nei politici con la P maiuscola. In quelli che pur sbagliando ci provano, che pensano al proprio interesse personale solo dopo aver pensato a quello di tutti gli altri. Sono rimasti in pochi, ma ci sono. E torneremo a dargli coraggio, dicendogli grazie.

Non c’è niente da cui ci dovete liberare, siamo noi che dobbiamo liberarci della vostra onnipresenza opprimente, a partire dalla rete. E lo stiamo già facendo. Perché grazie ai nostri padri e nonni avete il diritto di parola, ma non avete il diritto di avere qualcuno che vi stia ad ascoltare.

Siamo già centinaia di migliaia, e siamo pronti a dirvi basta. Lo faremo nelle nostre case, nelle nostre piazze, e sui social network. Condivideremo questo messaggio fino a farvi venire il mal di mare. Perché siamo le persone che si sacrificheranno per convincere i nostri vicini, i parenti, gli amici, i conoscenti che per troppo tempo gli avete mentito. E state certi che li convinceremo.

Vi siete spinti troppo lontani dalle vostre acque torbide e dal vostro porto sicuro. Noi siamo le sardine, e adesso ci troverete ovunque. Benvenuti in mare aperto.

E’ chiaro che il pensiero da fastidio, anche se chi pensa è muto come un pesce. Anzi, è un pesce. E come pesce è difficile da bloccare, perché lo protegge il mare. Com’è profondo il mare”.

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FORZA

Non permettere loro di dirti che il tuo dolore dovrebbe essere confinato al passato, che non riveste alcuna importanza nel presente. Il tuo dolore è parte di chi tu sei.

Loro non sanno quanto forte ciò ti rende.

(“Strenght”, di Lang Leav, scrittrice e poeta contemporanea. Lang è nata in cui campo profughi thailandese: la sua famiglia fuggiva dalla Cambogia e nello specifico dagli khmer rossi. E’ cresciuta in Australia e oggi vive in Nuova Zelanda.)

capitana

Carola Rackete, capitana della Sea Watch. La sua biografia professionale e da attivista è lunghissima nonostante la sua giovane età: ha frequentato tre università, è laureata in conservazione ambientale, parla cinque lingue, ha lavorato per uno dei maggiori istituti oceanografici tedeschi e per Greenpeace ecc.

A sentire i nostri poco letterati ma ostinatamente feroci politici è “una sbruffoncella che fa politica sulla pelle degli immigrati” (Salvini, che forse si stava guardando allo specchio), vuole solo farsi pubblicità (Di Maio, probabilmente osservando il proprio riflesso in una vetrina), dovrebbe essere arrestata e la sua imbarcazione colata a picco (Meloni in C-3: colpito e affondato) – ma più che di battaglia navale in quest’ultimo caso si è trattato del gioco “Se la crudeltà guadagna consenso elettorale, riusciamo a dire cose più disumane di quelle che dice e fa sotto forma di leggi il Ministro dell’Interno?”. Ok, brava, Meloni per il momento ha vinto: nessuno ha ancora proposto la tortura e il plotone d’esecuzione (ufficialmente: fra i seguaci dei tre sui social media è un’altra faccenda).

Nessuno dei politici che ha rovesciato su Carola Rackete i propri giudizi sommari e denigratori ha fatto lo sforzo di cercare di parlarle direttamente. Nessuno ha cercato di avere informazioni sullo stato psicofisico delle persone che si trovano a bordo. Risolvere la situazione in maniera civile non è alla loro portata. Al massimo sanno sputare insulti, intimare altolà, schierare carabinieri e lagnarsi dell’Europa (“Assente, come al solito!”, strilla il vero assente, il ministro che se n’è sbattuto di tutti gli appuntamenti europei in cui avrebbe potuto e dovuto discutere di politiche condivise sull’immigrazione – prima gli italiani e meglio un comizietto in più).

La capitana Rackete e il suo equipaggio hanno salvato esseri umani che senza il loro intervento ora potrebbero ornare come cadaveri le reti dei pescatori; secondo il diritto marittimo devono sbarcarli nel porto sicuro più vicino – e non c’è altro da dire.

Fateli scendere. FATELI SCENDERE e basta.

Maria G. Di Rienzo

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C’è una scuola statale, in Gran Bretagna, che si chiama “Oxford Spires Academy”, che non ha nulla di altisonante oltre il nome e dove gli/le studenti parlano fra loro più di 30 lingue. Ci lavora la professoressa e scrittrice Kate Clanchy (in immagine sotto questo paragrafo) che ha trascorso gli ultimi dieci anni insegnando poesia a bambini e ragazzi – in maggioranza rifugiati o migranti – per aiutarli a guadagnare fiducia in se stessi e a dar forma alle loro proprie narrazioni.

teacher kate

L’anno scorso, guidati da questa donna, gli alunni e le alunne hanno pubblicato un’antologia dal titolo “Inghilterra: Poesie da una scuola”, che ha ottenuto risonanza e lodi a livello nazionale. I due migliori studenti della scuola, una femmina e un maschio, sono anche vincitori di concorsi di poesia.

“Non c’era un grande piano al proposito. – ha spiegato Clanchy – Il successo è arrivato mentre andavamo avanti. E’ il modo in cui alcune scuole diventano famose per il cricket: noi siamo molto bravi a fare poesia.”

L’insegnante racconta di essersi trovata ad avere una scolaresca fatta di “rifugiati dalla guerra e rifugiati dalla povertà”, i cui retroscena di esperienze difficili e in cui avevano sperimentato o testimoniato violenza, davano origine a una serie di memorie e narrazioni taciute, spesso intrise di vergogna. Clanchy ha pensato giustamente che le ferite non curate si infettano – perciò, ha cominciato a guarirle con la poesia: “Penso sia particolarmente importante per i migranti raccontare le loro storie e avere il controllo su di esse. Le loro storie gli sono sottratte non appena arrivano, perché entrando nel paese devono attenersi a una versione precisa e da quella non possono deviare. Molto spesso le narrano in una lingua diversa, mentre hanno paura, e le loro storie finiscono per essere distorte in diversi modi. La poesia ha un’importanza speciale in moltissime tradizioni, per esempio in Afghanistan, soprattutto per le donne: si parlano l’una con l’altra in versi, fanno giochi e gare con la poesia. Perciò, se tu dai modo a queste persone di raccontare le loro storie con la poesia permetti loro di parlare e di essere ascoltate. I miei studenti rifugiati arrivano in una scuola accogliente in cui possono parlare, in cui la poesia permette loro di parlare e l’intera istruzione che ricevono li autorizza a parlare, a essere ascoltati, ad ascoltare gli altri. La scuola è la comunità, e la scuola è l’Inghilterra.”

Nel 2013, l’insegnante creò un club di poesia per un piccolo numero di “ragazze straniere molto riservate”, appena arrivate a scuola, che si riuniva al giovedì per parlare e scrivere. Nei successivi cinque anni, il gruppo produsse lavori che sono stati inondati da premi e riconoscimenti in tutta la nazione.

Da allora, racconta Clanchy, lei ha potuto vedere le ragazze fiorire. Una è avvocata; una si è diplomata con il massimo dei voti e ora studia lingue, inglese e scrittura creativa all’università; sempre all’università ce n’è un’altra che ha vinto una borsa di studio per rifugiati e un’altra ancora che si sta laureando in scienze politiche. Le restanti due stanno studiando per diventare insegnanti.

“Non c’è bisogno che la poesia sia il loro focus e non devono necessariamente diventare scrittrici: la poesia dà solo loro un diverso tipo di fiducia in se stesse. E’ nelle loro vite e ancora la leggono e la creano, le ha aiutate ad acquisire sicurezza e cambiamento. Penso sia semplicemente qualcosa che hanno il diritto di avere.”

Maria G. Di Rienzo

Quella che segue è una composizione di Amineh Abou Kerech, che è arrivata in Gran Bretagna e alla scuola suddetta dalla Siria, nel 2014. Oggi scrive poesia nella propria lingua e in inglese: in ciò che sto per tradurvi Amineh parla al Mediterraneo.

I giorni passano, ma il passato non si muove

In passato

andavo al mare

per camminare sulla sabbia dorata

per ricevere ciò che il mare mandava dalle acque profonde, fuori nello spazio vuoto: conchiglie, ostriche, ogni cosa bella che veniva dall’interno del suo cuore abissale,

e guardare tutto come fosse un dipinto appeso al muro.

Mare, come e perché hai cominciato a mandare pezzi

da dentro di te: barche rotte, gente morta, vestiti,

scarpe, giubbotti di salvataggio lacerati e rivoltati?

Ma il Mare non ha risposto. Io ho detto:

Tu hai rubato sogni. Giù sui fondali

hai rubato bambini, come se fossi affamato, hai continuato a mangiare

senza mai dire sono sazio.

Ma il Mare ancora non ha risposto. Io ho detto:

Mare, dimmi quanto grande è la tua terra,

quanto profonda è la tua acqua, quanto vasto è il fondale che

può sistemare milioni di esseri umani morti.

E ancora il Mare non ha risposto. Io ho detto:

Mare, spero che un giorno tornerai a questo mondo

come una madre che salva il suo piccolo dal pericolo.

E il Mare non aveva nulla da dire.

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(tratto da: “Being a female scientist: marine biologist and computer scientist Laura Uusitalo”, una più lunga intervista di Vvaitkeviciene alla Dott. Uusitalo per Ocean Blogs, 23 ottobre 2017, trad. e adattamento Maria G. Di Rienzo. Laura Uusitalo, in immagine, lavora all’Istituto per l’Ambiente Finlandese come direttrice e capo-ricercatrice.)

laura

Cosa ti ha ispirata a perseguire una carriera nelle scienze e nelle tecnologie marine?

Quando ero adolescente ho desiderato, per un po’, diventare una sociologa. Più tardi, mi sono interessata sempre di più alle scienze naturali e ho scelto di studiare limnologia (ndt. settore dell’idrologia relativo alle acque continentali) all’università a causa del suo ampio scopo che include tutto: dall’idrologia e dalla fisica acquatica, passando per la chimica e l’ecologia, sino ad arrivare agli aspetti sociali dell’uso delle acque naturali. Ho trovato tale diversità altamente ispirante e non mi sono mai pentita di aver scelto questa carriera.

Quali sono le cose che ti piacciono di più dell’essere una scienziata/ingegnera marina?

Moltissime cose mi piacciono del mio lavoro: poter fare scienza; la varietà del campo che va dall’ecologia d’avanguardia alle questioni sociali; poter lavorare con colleghe/i brillanti sia nel mio Istituto sia a livello internazionale; avere un alto grado di libertà nel definire il mio proprio lavoro e sapere che sto facendo la mia parte per la protezione dei mari.

Pensi ci sia necessità di sostenere in modo speciale le ragazze affinché studino scienze/tecnologie marine?

Io penso ci sia la generale necessità di liberarci dai ruoli di genere nella società e lasciar scegliere a chiunque la carriera e lo stile di vita che meglio si confà a costei o costui. Uno dei passi per arrivarci è incoraggiare le persone a far scelte relative alla carriera che non sarebbero tipiche per il loro genere; ciò può includere il sostenere le donne nella scelta delle scienze marine. In Finlandia, tuttavia, la mia impressione è fra gli studenti di scienze marine tutti i generi siano rappresentati in modo bilanciato. Le scienze tecnologiche sono ancora però un dominio maschile e incoraggiare le ragazze a entrare in tali campi è un compito che gli insegnanti di scuole e università dovrebbero prendere seriamente.

Pensi ci sia bisogno di un sostegno speciale per trattenere le donne nella scienza?

Ci sono ricerche che mostrano come le donne “abbandonino” la scienza più degli uomini in particolar modo nello stadio post-dottorato, perciò sarebbe importante capire quali sono le cause e come possono essere evitate. Probabilmente le ragioni sono molteplici, incluse le possibilità di ottenere fondi per continuare il lavoro, l’attitudine dei colleghi e della comunità scientifica in generale, e il fatto che lo stadio post-dottorato è spesso anche l’età in cui hai bambini, e combinare carriera e famiglia può essere difficile.

Come possiamo superare le istanze che spingono le donne fuori dalle carriere scientifiche?

Alcune misure che sarebbero d’aiuto consistono nel migliorare la sensibilità al genere nei processi di selezione e valutazione (per evitare i pregiudizi culturali profondamente radicati e largamente subconsci contro le donne), nel migliorare le possibilità di combinare lavoro e famiglia (inclusi buoni servizi per l’infanzia, congedi familiari, il tornare al lavoro in modo agevole dopo i congedi) e dar sostegno a una cultura che permetta ad ambo i genitori in una famiglia di lavorare (servizi per l’infanzia accessibili e di alta qualità, politica delle tasse che preveda benefici ecc.).

Che consigli daresti a una donna che sta considerando l’idea di intraprendere una carriera nella scienza?

Vai! La scienza è fantastica! Ricordati che non devi compiacere nessuno: è sufficiente fare un buon lavoro. E controlla la bilancia vita/lavoro, non lavorare tutte le notti e nei fine settimana, non solo perché non è buono per il tuo benessere: non è neppure buono per la tua creatività. Avrai bisogno di permettere alla tua mente di rinfrescarsi e ricaricarsi per poter avere buone idee e lavorare in maniera efficiente.

Qual è il modo più efficace, per te, di mantenere il bilanciamento fra la vita professionale e quella personale?

Non ho mai fatto molti straordinari. A volte mi è risultato difficile, ma è valsa anche la pena di provare a me stessa che quel che potevo fare in 40 ore settimanali era abbastanza.

Mi piace ballare – ho fatto tip tap, danza irlandese, balletto, danze orientali, tribal fusioni, danze folk e swing, tra l’altro; per me è un gran modo per scollegarmi dal lavoro e concentrarmi su qualcosa che è sia fisico sia mentale, intellettuale e intuitivo allo stesso tempo.

Anche i miei figli mi rendono necessario lasciare l’ufficio di buon ora; a volte, quando il flusso delle idee mi trascina, mi piacerebbe restare semplicemente in ufficio e lavorare sino a notte.

Quali sono i tuoi sogni professionali e personali?

Mi piace proprio fare ricerca e amerei avere l’opportunità di continuare. Mi piacerebbe che tale ricerca facesse la differenza su come capiamo e maneggiamo i mari. Mi piacerebbe anche essere in grado di ispirare le giovani scienziate e i giovani scienziati a trovare il meglio in se stesse/i e a raggiungere i loro sogni.

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(“Cows come from the sea…”, di Kristiina Ehin, poeta e scrittrice contemporanea, trad. Maria G. Di Rienzo. L’Autrice è nata nel 1977 in Estonia e là vive con il marito, il musicista Silver Sepp, e il loro figlio. I suoi lavori sono stati tradotti in tredici lingue e hanno vinto riconoscimenti un po’ ovunque. La quarta raccolta di versi di Kristiina ha ricevuto il più prestigioso premio per la poesia del suo paese: è stata scritta durante l’anno che lei ha passato come guardiana ambientalista su un’isola deserta, al largo della costa nord dell’Estonia.)

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Le mucche vengono dal mare

in questa mattina all’inizio del tempo

mucche verdi-blu

mammelle piene di latte marino salato

e la Madre del Mare le guida a riva

con una frusta di alghe (1)

Fanciulle del Mare venite a curare le mucche

e tenetevi al sicuro

di notte dai lascivi mandriani

Possano in autunno cento mucche verdi-blu

tornare qui nella baia fra pietre chiazzate

Possano le loro corna brillare nella foschia

e possano scintillare i vostri occhi

Ma mantenete i vostri cuori chiari e freddi

come la rugiada del mattino

Non potreste mai abituarvi alla vita delle donne umane

mette catene al cuore

i sogni non si avverano mai

e i sentimenti danno solo la stura al dolore

Gli individui sono belli ma crudeli

Si tengono fra simili come insetti

raccolgono l’oro dei sogni la notte

e lo sperperano tutto la mattina

Diventare la persona giusta per qualcuno significa essere

pericolosamente vicine a una stella umana

Ma i vostri occhi sono come il mare del mondo

e le stelle annegano in esso

Fanciulle del Mare venite a curare le mucche

Ma mantenete i vostri cuori chiari e freddi

come la rugiada del mattino

(1) di angiosperme – nell’originale sea-grass più esattamente: “erbe marine” che si riproducono grazie ai fiori

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Sampaguita

(“Legend of the Sampaguita”, di Saquina Karla Guiam, poeta contemporanea, trad. Maria G. Di Rienzo. Saquina ha 25 anni e vive nelle Filippine a General Santos City, che lei preferisce chiamare Pacquiao Central. “Sampaguita” è l’evoluzione della frase “Sumpa kita” e cioè “Te lo prometto” o “Te lo giuro”; è il nome del fiore – jasminum sambac – che vedete in immagine ed è l’emblema di una leggenda locale sull’amore eterno di due amanti divisi.)

sampaquita

Sumpa kita, hai detto, sollevando le mani.

Reggevi fiori pallidi come la luna,

baciati al loro centro da oro tenue.

Ho tolto un petalo, ho morso la sua levigatezza

e sentito il sapore di sale marino e una promessa di tornare.

Ma non l’ho mai fatto, e tu sei diventata Ofelia:

coronata di fiori,

come io ero coronata di alghe.

Tu sei diventata tutt’una con la terra,

immortalata nel linguaggio della fioritura

di verde e bianco e giallo.

Io sono annegata in una tempesta, spazzata via da

acqua salata e schiuma, divenuta un nome su una lista

di morti in mare.

Non ho potuto tornare.

soul art di sedona

(Nel 2015 sono morti per naufragio nel Mediterraneo oltre 3.200 migranti, di cui circa 700 bambini. L’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha confermato che sarebbero svariate centinaia – forse 500 – i morti nell’ultimo “incidente” della scorsa settimana, occorso a un barcone partito dalla Libia e diretto in Italia che i trafficanti hanno caricato con troppe persone.)

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(“Turtle Watchers” di Linda Hogan, poeta contemporanea della nazione nativa americana Chickasaw. Linda usa spesso la tradizionale combinazione di danza, musica e parlato per narrare le sue storie. Trad. Maria G. Di Rienzo)

Linda Hogan

La vecchia madre sul bordo dell’acqua

era solita inchinarsi a loro,

le tartarughe che arrivavano dal mare,

le loro numerose uova,

i loro occhi grondanti acqua come lacrime

e io vedevo tutto,

la vecchia madre che sembrava in preghiera,

le tartarughe richiamate al luogo in cui erano nate,

gli osservatori affamati in attesa al margine degli alberi

sperare nel cibo quando l’oscurità si fosse raccolta.

sea turtle

Anni più tardi, mentre nuoto in acque buie

una tartaruga nuota al mio fianco:

entrambe osserviamo, come strette insieme

nella stirpe originaria dello stesso mondo,

nell’onda trascinante della stessa corrente,

persino emergiamo a prendere una boccata d’aria nello stesso momento,

sempre osservando.

I miei antenati le chiamavano

“guardiane delle porte”

e chiamavano la spiaggia un regno per l’accesso ad altri mondi,

in ambo i sensi

e l’acqua muove il profondo cambiamento della vita

di nuovo verso la nascita e prima ancora,

come se ci fosse un sentiero in cui gli esseri davvero si incontrano,

come se io stessi curvando gli angoli umani.

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(tratto da: “Our squid, ourselves” un più ampio pezzo di Natalie Eve Garrett per The Hairpin, 10 ottobre 2013, trad. e adattamento Maria G. Di Rienzo. Natalie è pittrice e scrittrice.)

Alcune donne dimorano nell’oscurità più totale, a profondità immensurabili. Emergono solo la notte, salendo alla superficie per nutrirsi.

floating in water

Per anni, ci sono state segnalazioni non confermate di donne che saltano e volano attraverso i mari: “Abbiamo scoperto che le donne non solo saltano fuori dall’acqua, ma assumono una postura di volo altamente sviluppata. Questa scoperta significa che non possiamo più a lungo considerare le donne come creature che vivono solo nell’acqua.”

Le donne possono lacerare la carne e rompere ossa. Le loro lingue hanno bordi dentati. Il loro sputo può paralizzare. Mangiano di tutto.

Le donne sono piccole, sono giganti, sono dovunque, sono elusive.

Le donne giganti, come la maggior parte delle donne, sono un mistero nonostante siano “giganti”. Nessuno sa veramente cosa le donne giganti facciano là sotto.

C’è una sola specie di donne giganti e di base sono “identiche”: “Quelle che vivono in una determinata area possono differire da quelle di altre aree, ma di base sono identiche ovunque.”

Moonlight meditation, TJ

Le donne sono leggendarie. Consumano la nostra immaginazione.

In un lampo, le donne posso cambiare colore e struttura della loro pelle, diventando virtualmente irriconoscibili. La loro pelle è elastica e iridescente. Possono mimare qualsiasi cosa, dovunque, in ogni momento. Potreste star guardando una donna, proprio adesso, e non saperlo.

Maestre del travestimento, le donne possono persino mostrare falsi testicoli per sfuggire ad attenzioni non desiderate. La donna opalescente delle spiagge, per esempio, possiede cellule dalla luminosità tremolante che possono cambiare colore per il camuffamento o la comunicazione o – per creare l’illusione dei testicoli.

Le donne sono assurdamente veloci, e usano una propulsione tipo jet per schizzare attraverso le acque. Sono intelligenti, forti e di bell’aspetto. E crescono in fretta.

Le donne emettono luce. Non hanno paura del buio. E non hanno paura di te.

The Friendly Ghost Squid - N.E. Garrett

Felice Giorno del Calamaro (Femmina).

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