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(“Internet ‘is not working for women and girls’, says Berners-Lee”, di Ian Sample per The Guardian, 12 marzo 2020. Trad. Maria G. Di Rienzo.)

Le donne e le ragazze fronteggiano una “crisi crescente” di abusi online, con le molestie sessuali, i messaggi minacciosi e la discriminazione che rendono il web un posto non sicuro dove stare, ha ammonito Sir Tim Berners-Lee.

L’inventore del world wide web ha detto che la “pericolosa tendenza” dell’abuso online sta forzando donne a lasciare il lavoro, ragazze a saltare la scuola, sta danneggiando relazioni e riducendo al silenzio le opinioni femminile, inducendolo a concludere che “la rete non sta funzionando per donne e ragazze”.

“Il mondo ha ottenuto importanti progressi sull’eguaglianza di genere grazie all’incessante spinta di impegnati sostenitori. – ha scritto giovedì scorso Berners-Lee, in una lettera aperta che segna il 31° anniversario del web – Ma sono seriamente preoccupato dagli abusi online che colpiscono donne e ragazze – in special modo quelle di colore, quelle che appartengono alle comunità LGBTQ+ ed altri gruppi marginalizzati – che minacciano quel progresso.”

L’avviso arriva un anno dopo che Berners-Lee ha lanciato il Contratto per la Rete, un piano d’azione globale mirante a salvare il web dalle forze che minacciano di trascinare il mondo in una “distopia digitale”. Senza contrastare l’abuso misogino online, ha detto, gli scopi del contratto non possono essere raggiunti.

“Sta a tutti noi far sì che la rete funzioni per tutti. – attesta la lettera – Ciò richiede l’attenzione di chiunque dia forma alla tecnologia, dagli amministratori delegati e dagli ingegneri agli accademici e ai funzionari pubblici.”

Berners-Lee indica tre aree che hanno necessità di attenzione “urgente”. La prima è il divario digitale che tiene offline più di metà delle donne al mondo, in gran parte perché essere online è troppo costoso o perché non hanno accesso all’equipaggiamento e alle conoscenze necessarie.

La seconda è la sicurezza online: secondo una ricerca della Berners-Lee’s Web Foundation più di metà delle giovani donne ha fatto esperienza di violenza online, incluse le molestie sessuali, i messaggi minatori e immagini private condivise senza consenso. La grande maggioranza di esse ritiene che il problema stia peggiorando.

La terza minaccia viene da intelligenze artificiali mal disegnate che ripetono e aggravano la discriminazione. “Molte ditte stanno lavorando intensamente per contrastare questa discriminazione. Ma sino a che non dedicano risorse e diversificano le squadre per mitigare il pregiudizio, rischiano di espandere la discriminazione a un livello mai visto prima.”, scrive Berners-Lee.

Amalia Toledo, avvocata e attivista della Fundación Karisma, un gruppo con base in Colombia che fa pressione per un internet più sicuro, dice che le difensore dei diritti delle donne e le giornaliste sono bersagli privilegiati per l’abuso.

“Se stanno parlando di questioni pressanti per il paese, mettendo in discussione lo status quo, o denunciando ciò che lo stato fa, ci sono continui e coordinati assalti da parte dei troll, che aggrediscono i loro corpi, le loro famiglie e relazioni, e le insultano per il loro aspetto. – ha detto Toledo – Le loro opinioni non sono nemmeno discusse.”

Amalia Toledo

La Fundación Karisma gestisce una campagna online, “Alerta Machitroll”, che espone le attitudini misogine e l’abuso online. “Ciò che si dice alle vittime per tutto il tempo è Oh, non è nulla, ignoralo, chiudi il tuo account. Ma questo ha un grosso impatto sulle vite delle persone. Vogliono controllare le donne, vogliono che le donne stiano zitte.”, ha affermato Toledo.

Berners-Lee ha detto che l’esplosione del coronavirus ha mostrato quanto sia urgente agire. Mentre luoghi di lavoro e istituti scolastici sono costretti a chiudere, la rete dovrebbe essere un “salvagente” che permetta alle persone di continuare a lavorare e ai bambini di istruirsi. Ha chiesto alle compagnie commerciali e ai governi di fare del contrasto all’abuso online una priorità principale quest’anno. Più dati devono essere raccolti e pubblicati sulle esperienze delle donne online, mentre prodotti, politiche e servizi dovrebbero essere tutti disegnati sulla base dei dati e del riscontro da parte di donne provenienti da ogni tipo di retroscena, ha aggiunto.

Infine, ha fatto urgenza ai governi affinché rinforzino le leggi che chiedono di rispondere delle proprie azioni a chi abusa online, e all’opinione pubblica affinché parli apertamente ogni volta in cui testimonia detti abusi.

Andy Burrows, dirigente delle politiche per la sicurezza online dei bambini alla NSPCC, (Ndt. – National Society for the Prevention of Cruelty to Children – Società nazionale per la prevenzione della crudeltà verso i bambini) ha detto: “Le ditte tecnologiche non sono attori neutrali e le loro decisioni hanno conseguenze nel mondo reale. Ma per troppo tempo abbiamo visto responsi frammentari e spesso insufficienti dalle piattaforme che mettono in pericolo gli utenti.”

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(tratto da: “We Contribute to Diversity”, di Olowaili “Madre de las estrellas” – “Madre delle stelle” Green Santacruz, per Cultural Survival, dicembre 2019, trad. Maria G. Di Rienzo. L’Autrice è ritratta qui sotto.)

madre delle stelle

Noi Guna siamo un popolo dalla doppia nazionalità con una comunità a Panama e due in Colombia – una in campagna e l’altra in città.

Io vivo nella regione Guna di Abya Yala. Ho vissuto a Medellín da quando avevo 7 anni e ora ne ho 26. Sto terminando l’ultimo semestre di studi sulla comunicazione audiovisiva e sono una produttrice di audiovisivi e una direttrice culturale: la mia compagnia, che si chiama sentARTE, lavora per promuovere la diversità etnica e di genere.

Nella nostra tradizionale spirituale Guna, gli dei hanno mandato un uomo e una donna, ma poi hanno mandato anche una terza persona, un essere non definito per genere.

Dall’età di 12 anni sapevo che la mia preferenza sessuale era diretta verso le donne. E’ stato molto difficile per me, perché in numerose comunità indigene c’è un bel po’ di machismo e si richiede alle donne di assumere ruoli determinati. All’inizio è stata dura, perché le mie preferenze non erano accettate. A 15 anni avevo una partner che mi ha aiutato molto e fu allora che decisi di parlare ai miei genitori di lei. I miei genitori mi hanno accettata, ma è stata dura anche per loro.

Dopo aver discusso la faccenda con la mia famiglia, non mi sono più preoccupata di quel che pensava la gente, anche se esercito discrezione per sostenere i miei parenti.

Definire me stessa è un atto politico e con esso è arrivato il desiderio di essere un’attivista. Questo non è facile per una donna perché i testi che definiscono l’identità culturale, e che ci sono imposti, contengono troppe oppressioni di genere. Sarà una lunga lotta, ma io sento di avere il compito di aiutare altre donne, in special modo le donne indigene, i cui ruoli prescritti le opprimono doppiamente. Io non ho problemi nell’identificarmi dentro il termine LGBTQIA+. Al di là di tutto, io sono un essere umano che vuole amare un altro essere umano.

Dobbiamo istruire la società affinché essa sia informata, perché noi non siamo gente “stramba”. Siamo uguali. I miti per cui saremmo i portatori dell’AIDS devono essere banditi. Tale istruzione deve cominciare a scuola, con i bambini. Bisogna instillare educazione per suscitare consapevolezza nella società. Gli uomini gay in Colombia sono raffigurati molto male, le lesbiche meno ma ad esse si appiccica la falsa aura della bisessualità, tipica delle fantasie sessiste.

La mia professione si adatta perfettamente alle lotte dei popoli indigeni. Il fatto che vivo in città, separata dalla comunità, è disprezzato però partecipo ancora agli incontri comunitari guidati dai caciques (capi). Come persona indigena urbanizzata ho incontrato grande ignoranza rispetto ai popoli indigeni: la mia compagnia è stata creata proprio per salvaguardarli e renderli visibili. Ho realizzato un documentario per la televisione che sarà trasmesso in gennaio e che parla del potere femminile nelle comunità.

Il mio lavoro contribuisce alla costruzione di una società maggiormente egualitaria. Contribuiamo alla visibilità delle nostre culture indigene e della diversità in generale.

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lopez

La donna in immagine è Claudia López, la nuova sindaca di Bogotà (Colombia), durante la festa per il suo insediamento tenutasi il 1° gennaio scorso nel parco pubblico Simón Bolívar. Claudia, 49enne, ci è arrivata in bicicletta (casa sua è a sette chilometri di distanza), ha ricevuto la fascia cerimoniale che vedete da sua madre e si è scusata scherzosamente con la sua compagna, Angélica Lozano, perché l’elezione ha ridotto la loro luna di miele: le due donne si sono infatti sposate con rito civile il 17 dicembre 2019.

“Questa è la prima amministrazione guidata da una donna, ma non sarà l’ultima. – ha detto dal podio – Sarà aperta al pubblico e ascolterà, rappresentando le aspirazioni dei giovani, delle donne, dei movimenti della società civile, dei gruppi etnici, degli ambientalisti e dei movimenti per i diritti degli animali: di coloro, cioè, che sono spontaneamente scesi nelle strade al di là dei partiti e dei leader politici. Questa città ci sta parlando. Ogni strada, ogni piazza e ogni parco parlano, cantano, si muovono per le richieste di una città e di un paese che sognano.”

I sogni per cui Claudia ha ricevuto oltre un milione e centomila voti ed è diventata la prima sindaca apertamente lesbica in Colombia sono, fra gli altri, l’inclusione sociale, il rispetto delle diversità, istruzione pubblica di qualità e gratuita, tutela dell’ambiente e sviluppo sostenibile: compiere scelte ecologiche, per un’amministrazione pubblica, “non è fantascienza ne’ fisica nucleare”, ha ribadito nel suo discorso d’insediamento.

Claudia López è una stratega della nonviolenza: sa che per “vivere senza paura” è necessario “costruire empatia e fiducia”, imparare a “riconoscere quel che ci unisce, valutare e rispettare le differenze negli altri”. Perciò, ha coinvolto il suo principale avversario politico Carlos Fernando Galán nel piano per la ristrutturazione dei trasporti pubblici, chiedendo ai partiti della sua coalizione di votarlo quale direttore del progetto – e così è stato.

“Sarò schietta: dobbiamo muoverci in avanti invece di ritirarci ed è quello che faremo.”, ha detto anche la sindaca. Il mio sogno per muoverci in avanti è poter votare in Italia una donna che le somigli.

Maria G. Di Rienzo

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tatiana - foto di rotmi enciso

(“Pathway to Lesbianism”, di Tatiana de la Tierra (1961 – 2012), scrittrice, poeta, attivista, strega dianica (una forma di paganesimo) di origine colombiana, emigrata con la famiglia negli Usa a 8 anni. Trad. Maria G. Di Rienzo. Tatiana creò la prima rivista internazionale che trattava delle donne lesbiche latino-americane, “Esto no tiene nombre” – “Questo non ha nome”. L’impegno a rendere visibili e forti le voci delle lesbiche latino-americane sta al cuore di tutto il suo lavoro, che non abbandonò mai nonostante i problemi di salute.)

Sentiero verso il lesbismo

Il sentiero per il lesbismo implica la rinuncia al sentiero che era già stato scritto. Tutto quel che dovrebbe essere ed essere fatto è rimpiazzato da qualsiasi scopo tu sogni.

Essere una lesbica significa cambiare le mani che hanno potere. E’ vero che quel potere è sempre nostro, ma molte volte permettiamo ad altri di maneggiarlo per noi. Una lesbica reclama il proprio potere.

La cerimonia di iniziazione è un matrimonio con te stessa. Cammina verso l’altare, sola e vestita con l’abito da cerimonia che è la tua pelle. A ogni passo ti lasci alle spalle il destino che non hai mai posseduto e ti avvicini a quello che sarà creato da te.

Trattieniti alla soglia d’ingresso al lesbismo. Prometti di essere fedele a te stessa, bacia e abbraccia il tuo corpo.

Questo è il modo in cui entri nel lesbismo: nuda e innamorata.

foto di Riasko e Enciso

“Mentre sentiva l’avvicinarsi della fine della sua vita, Tatiana de la Tierra rinominò se stessa Suerte Sirena (Sirena Fortunata, o Sirena della Fortuna). Per lei, le cellule cancerogene che stavano invadendo il suo corpo erano la prova della sua metamorfosi definitiva, quella che l’avrebbe resa una sirena affinché nuotasse nell’oceano cosmico.” Audrey Goodnight, 7 aprile 2018.

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libia grueso

Libia Grueso (in immagine) è un’assistente sociale, un’ambientalista e un’attivista per i diritti umani colombiana. Finora, difendendo le comunità rurali afro-colombiane dagli espropri e dagli sfratti ha messo al sicuro 14.912 miglia – circa 24.000 chilometri – di territorio sulle rive del fiume Yurumangui. Sta inoltre proteggendo la foresta pluviale del Pacifico, una delle aree del nostro pianeta maggiormente segnata dalla biodiversità. Ogni tanto le chiedono perché lo fa:

“E’ una storia lunga e personale, ma molte persone sono come me consapevoli che se non ci assumiamo in prima persona la difesa della nostra cultura, la difesa del nostro territorio, la difesa della natura e dell’ambiente, non solo la nostra cultura sparirà ma anche la natura ad essa associata. Ho avuto numerose esperienze che mi hanno resa conscia dell’importanza della nostra regione e di come quest’ultima sia minacciata dal cosiddetto sviluppo.”

Maria G. Di Rienzo

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gordas

Alla richiesta di presentarsi, le donne colombiane in immagine qui sopra rispondono così:

“Colectiva Feminista Gordas sin Chaqueta (“Collettiva Femminista Grasse senza Giacca”) è un’organizzazione femminista che cerca di contribuire alla trasformazione culturale della violenza esercitata sui corpi delle donne, così come degli stereotipi che riproducono diseguaglianza nel contesto del patriarcato. Entro il 2020, l’organizzazione mira a essere riconosciuta a livello locale, nazionale e internazionale per il suo contributo alla trasformazione degli stereotipi che riproducono la violenza nel più largo sistema patriarcale.

Internamente, il gruppo crede che il suo più grande successo consista nell’essere state in grado di creare uno spazio di affetto per guarire dalle ferite inflitte dal “machismo” nelle vite delle donne. Esternamente, le donne del gruppo credono sia molto importante riuscire a mobilitare spazi per incontri, riflessioni e costruzione collettiva di attrezzi per la guarigione e la resistenza fra le donne della città di Bogotà. Esse tengono in considerazione anche l’impatto creato sulle vite altrui da ciò che hanno prodotto: documentari, mostre fotografiche, seminari, canzoni, programmi, testi eccetera, come un significativo successo.”

Ledys Sanjuan, del fondo per giovani femministe FRIDA che ha finanziato il gruppo – https://lunanuvola.wordpress.com/2014/07/06/frida/ – ha passato con loro le scorse vacanze invernali e qui c’è la traduzione di una parte del suo resoconto:

“Le donne in tutto il mondo affrontano la pressione ad apparire in uno specifico modo per essere “desiderabili”. I nostri corpi sono i campi di battaglia delle corporazioni, dei governi e degli uomini patriarcali. Questa “desiderabilità” ha ripercussione sulle nostre possibilità di impiego, sul nostro status sociale e persino su come giudichiamo noi stesse.

Gordas sin Chaqueta mira alla guarigione dalle aspettative sociali di perfezione e al potenziamento di noi stesse affinché noi si ami i nostri corpi e quelli delle altre, così come sono. Il loro slogan è “Siamo più forti facendo gruppo di quanto lo siamo da sole” e io ho scoperto che non è mai stato così vero. In compagnia – oltre venti donne di tutte le forme e le taglie – abbiamo iniziato un viaggio di guarigione, comunità e amore reciproco. Abbiamo usato arte, giochi, esercizi, musica e danza per entrare in contatto con i nostri corpi, guarire dal trauma e muoverci dalla vittimizzazione a potenti identità femministe. Sono più forte oggi, perché ho un branco di giovani femministe che mi guardano le spalle.”

gordas2

Grazie, care Gordas: quel “senza giacca” che io credo di interpretare correttamente come “non mi copro di certo per farvi un piacere” mi ha aperto il cuore. Ognuna di voi è hermosa y preciosa più di quanto io sappia esprimere. Maria G. Di Rienzo

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(“In small-town Colombia, a group empowers girls one bike at a time”, di Natalia Bonilla, 18 dicembre 2017, trad. Maria G. Di Rienzo.)

Per Natalia Espitia, imparare ad andare in bicicletta divenne una forma di terapia dopo che lei sopravvisse a un tentativo di assalto sessuale. Andare in bicicletta, dice, l’ha aiutata ad andare oltre la paura di camminare in spazi pubblici: “Hai bisogno di bilanciamento mentale per pedalare… la bicicletta permette alle donne di sentirsi indipendenti e mobili.”

Perciò, nel marzo 2016, Espitia ha fondato “Niñas sin Miedo” (“Bambine/Ragazze senza paura”), un’organizzazione che lavora per promuovere i diritti umani istruendo le ragazzine sulla violenza sessualizzata e offrendo conferenze e seminari sulla prevenzione della gravidanza durante l’adolescenza, l’abuso sessuale e le molestie. Rinforza anche le ragazze insegnando loro ad andare in bicicletta insieme. “Ho preso la decisione pensando che la bici avrebbe fatto alle bambine lo stesso bene che ha fatto a me.”, spiega Espitia.

colombia ragazze

Il 1° ottobre scorso, “Niñas sin Miedo” ha tenuto la sua prima maratona ciclistica a Bogotà (ndt.: in immagine sopra) durante i preparativi per il Giorno internazionale della Bambina, commemorato annualmente dalle Nazioni Unite dal 2012. Circa 100 persone hanno partecipato alla maratona, che è stata guidata da dozzine di ragazzine con le magliette rosa.

L’evento è stato significativo, ha detto Espitia, perché era la prima volta che le ragazzine viaggiavano sino a Bogotà. “Vogliamo mettere nell’agenda mondiale il potenziamento di donne e ragazze tramite gli sport. Con l’aiuto di altri alleati internazionale e del mondo accademico, possiamo contribuire a ridurre la violenza sessualizzata contro le ragazze.”

“Niñas sin Miedo” lavora principalmente a Soacha, una piccola città a sud di Bogotà, ove circa il 40% dei residenti sono colombiani provenienti da altre parti del paese che sono stati costretti ad abbandonare le proprie case, secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. La lunga guerra, durata decenni, fra governo, ribelli, paramilitari e trafficanti di droga ha reso sfollati all’interno del paese almeno 7 milioni di colombiani, secondo i dati delle NU.

Soacha è fatta di molteplici quartieri, in precedenza considerati insediamenti. Ma le sue condizioni sono catastrofiche. I crimini violenti continuano ad aumentare e la disoccupazione è alta. Le strade sono di terra battuta, non c’è sistema fognario ne’ acqua corrente. E minimo un 20% della popolazione è composto da bambine minori di 14 anni, dice l’organizzazione. “Abbiamo scoperto che ci sono due questioni principali, qui: l’abuso sessuale e le adolescenti incinte.”, racconta Espitia.

L’organizzazione offre lezioni su sessualità, autostima, cura di sé e discussioni so come identificare e prevenire situazioni di abuso. Aiuta anche le ragazzine a creare relazioni salutare interpersonali e familiari. Lo scopo del programma è dare fiducia alle bambine e alle adolescenti affinché usino le loro proprie voci. Su un corso di circa 30 partecipanti, alcune sono studentesse universitarie che sono d’aiuto nello stabilire legami più importanti con le ragazze più giovani, offrendo loro spazi sicuri per la conversazione sulle loro esperienze.

Da quando l’organizzazione è stata creata, Espitia ha visto che “le ragazze hanno migliorato il loro pensiero critico in termini di violenza di genere e di violenza sessuale.” Ora, dice, “sanno che possono essere discriminate per il loro genere o perché hanno le mestruazioni.”

Una quindicenne, che ha chiesto di restare anonima per proteggere la sua privacy, dice che il tempo passato con le volontarie dell’organizzazione l’ha spinta ad aprirsi di più: “Sento che posso raccontare loro i miei problemi più profondi e che loro mi ascolteranno. Ci hanno parlato di cosa posso fare in caso qualcuno non mi rispetti. Ho capito di avere dei diritti. Non avevo mai raccontato a nessuno cosa mi è successo. Loro mi hanno aiutata a guarire il passato.” Il programma, ha aggiunto la quindicenne, l’ha aiutata a credere nei suoi sogni.

Sin dal suo lancio nel 2016, l’organizzazione ha ricevuto grande sostengo da gruppi locali e internazionali. Nello scorso novembre, ha ricevuto il Premio “Jaime Esparza Rhénals” che dà riconoscimento alle iniziative di spirito imprenditoriale che hanno impatto sociale sul paese. “Niñas sin Miedo” ha anche ricevuto 15 milioni di pesos (ndt.: 4.257 euro), il che permette all’organizzazione di sviluppare i suoi programmi su scala più vasta.

Nel frattempo, ogni fine settimana, dozzine di bambine e adolescenti si radunano per partecipare ai seminari e andare in bicicletta insieme. A volte scherzano e fanno battute con le amiche, a volte fanno gare fra di loro. E nel mentre tutte in fondo condividono la stessa pena, ora avranno per sempre uno sbocco per la gioia.

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(“All Together, We Can Create Miracles” di Martha Llano per World Pulse, 20 dicembre 2016, trad. Maria G. Di Rienzo. Martha è, nelle sue stesse parole, una narratrice – l’originale cuentista suona e spiega meglio, ma ahimè non ho trovato una traduzione migliore – fotografa, sognatrice, poeta e innamorata degli alberi. E’ anche una straordinaria e resistente attivista ambientalista. Martha è nata e vive in Colombia.)

martha

Se preservare le nostre specie viventi è una sfida, proteggere i nostri alberi è una sfida ancora più grande. Una terra protetta sembra un’utopia. La mia visione del proteggere gli alberi sostenendo nel contempo le nostre specie viventi è stata considerata una sorta di follia.

Ma io non sono una pazza.

Io credo che noi abbiamo bisogno degli alberi quanto abbiamo bisogno di acqua, aria e terra. Sapendo questo nel profondo del cuore, ho deciso più di vent’anni fa di proteggere la terra, di proteggere gli alberi, di proteggere l’aria, di proteggere l’acqua. Queste sono le risorse di cui abbiamo bisogno per proteggere tutte le specie viventi. Conservare il nostro pianeta mentre avanziamo richiede un delicato equilibrio.

Nei due decenni passati ho lavorato per proteggere la terra attorno a una città in espansione. Dove io posso vedere aria pura, altri vedono solo fumo. Dove io posso vedere acqua pura, altri vedono piscine. Dove io vedo alberi, altri vedono edifici. Quando cammino io vedo uccelli, mammiferi e farfalle: i fautori dello “sviluppo” vedono solo spazio per più edifici.

Ci sono molti che stanno tentando di arrivare a questi straordinari territori per conquistarli con lo scopo di aver più soldi nei loro conti bancari. Per molti anni, ho tentato di istruire le persone che vivono in città sul fatto che il miglior conto bancario è lasciare la natura intatta. In natura noi scopriamo la capacità di essere flessibili e recuperare come il principio più importante: può insegnarci tutto il resto.

Il mio progetto, che io chiamo “Resiliencias”, è lo sforzo di collegare le aree preservate private del mio paese. Nel mio sforzo ho incontrato moltissime difficoltà, ma almeno altrettanti miracoli. Sì, miracoli. I miracoli accadono ogni volta in cui fronteggio un ostacolo nel connettere terra, donne e alberi. Questi miracoli sono possibili solo quando noi crediamo profondamente in noi stesse e in ciò che i nostri corpi ci dicono.

Quando sono stata scelta come “guida influente” da World Pulse, il mio problema principale era dovermi concentrare su un solo soggetto. Vivere in Colombia, un paese in guerra, significa che non ti è concesso fare una cosa alla volta. Dobbiamo pensare velocemente e creare differenti e complesse strategie. E’ normale avere approcci multipli allo stesso problema, solo per precauzione.

Ma le cose stanno cambiando nel mio paese. Nella sezione centrale delle Ande, a 2.600 metri sul livello del mare, la vita sembra diversa ora. E’ un habitat più pacifico e mi ha dato la forza, il tempo e l’energia per cominciare a parlare alle donne di argomenti di cui non avevo mai parlato loro in precedenza. La sopravvivenza veniva sempre prima: cibo, rifugio, salute. Ora, stiamo facendo lavoro di conservazione e abbiamo creato una prima rete tramite WhatsApp per condividere idee su come preservare le nostre specie viventi, alcuni semi, alcuni alberi. Questa rete sarà connessa a una più vasta, prima in Colombia, poi nel resto del mondo.

Dobbiamo essere tutte collegate per poterci aiutare reciprocamente. Possiamo trovare soluzioni. Possiamo condividere esperienze. Possiamo educare la società civile sull’importanza degli alberi e della preservazione delle terre per la nostra stessa sopravvivenza.

L’altra mia difficoltà è stata il tempo. Ho avuto solo un breve periodo per raccogliere informazioni per un nuovo sito web e per disegnarlo. Sono stata in grado di comprare il dominio solo pochi giorni fa e presto riempirò il sito con tutte le informazioni necessarie a proteggere suolo e alberi e a collegare la gente “verde” ai verdi alberi in tutto il pianeta. Tutto questo in un unico spazio.

Insieme, se abbiamo le informazioni giuste e le connessioni adeguate, e se crediamo in noi stesse, noi possiamo creare miracoli.

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benerexa

Benerexa Marquez è un’Anziana del popolo Arhuaco (Sierra Nevada di Santa Marta, Colombia). E’ nota e stimata per il suo lavoro con le donne Arhuaco, un attivismo “spirituale” che ha lo scopo di ricollegarle alla Terra affinché agiscano in armonia con essa e per essa lottino. In special modo, Benerexa è preoccupata per l’acqua: “Abbiamo dimenticato come avere relazioni di reciprocità con la Terra. I nostri fiumi sono in pericolo. Il nostro governo ha venduto i nostri fiumi alla Coca Cola. Abbiamo bisogno di sapienza indigena tradizionale per difendere le nostre acque e i nostri territori.”

Attualmente l’Anziana siede al tavolo dei negoziati con il governo colombiano, quale rappresentante dei popoli indigeni, per le questioni che riguardano la salute legate alle politiche economiche e ambientali governative.

Capa Sisk

Caleen Sisk è la Capa della tribù Winnemem Wintu – che significa “Popolo dell’acqua di mezzo” – originariamente stanziale lungo il fiume McCloud in Californa: ora, sopra la diga Shasta. Quando quest’ultima fu costruita nel 1945 mandò sott’acqua la quasi la totalità dei territori della tribù e il 90% dei suoi luoghi sacri. Oggi, una legge vergata con lo scopo di far fronte alla siccità minaccia il poco che resta loro. “Noi siamo uno stato-salmone. Ciò che succede al salmone, succede a noi. – dice Capa Sisk – Il salmone è un sacro parente per i Winnemen: la diga Shasta ha distrutto i salmoni nei nostri territori tradizionali.” Caleen crede che molti dei problemi del mondo moderno siano legati alla perdita della connessione sacra con l’acqua e con le altre forme di vita.

Sacred Salmon di Julie Higgins

Sono solo delle vecchiette benintenzionate e altrettanto squinternate, dite? Però (dati stranoti reperibili su siti delle Nazioni Unite e agenzie internazionali per l’acqua):

1 persona su 10, al mondo, non ha accesso ad acqua potabile “sicura” e ogni 90 secondi un bimbo muore per malattie contratte dal consumo di acqua contaminata;

donne e bambine, al mondo, assommano giornalmente 125 milioni di ore cercando acqua e trasportando acqua: tutta l’acqua di cui le loro famiglie hanno bisogno per bere, lavarsi, cucinare, pulire. E’ un fardello posato interamente su spalle femminili.

Le crisi relative all’acqua potabile inchiodano donne e bambine in un ciclo di sofferenze e povertà (il lavoro è pesantissimo, a scuola non possono andare) e spesso sono messe di fronte a una scelta impossibile – morte certa senz’acqua, morte possibile con acqua contaminata.

Spero davvero che Benexa e Capa Sisk inculchino un po’ di buon senso ai loro governanti. Perché sovente l’attivismo spirituale e la magia delle donne sono solo questo, radiante e sacro e disperatamente necessario buon senso. Maria G. Di Rienzo

madre fiume

(La Madre Fiume sulla riva sud del Fiume Giallo nella città cinese di Lanzhou.)

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ali stone

“Essere una donna è essere una guerriera e sconfiggere i limiti e gli stereotipi che la società ci impone.” ALI STONE. DJ colombiana e produttrice discografica. E’ una delle più giovani compositrici mondiali di musica per il cinema.

“Mujeres Trabajando por Mujeres – Donne che lavorano per le Donne è un progetto per gli spazi pubblici che recupera la memoria storica tramite ritratti di personalità femminili che hanno forgiato cambiamento e lottato per migliorare la situazione del proprio genere. Ogni immagine è il risultato di un’indagine in svariati archivi; l’indagine racconta una storia di lotta che ha portato mutamenti importanti al modo in cui percepiamo il genere e, di conseguenza, alla storia dell’umanità. I disegni sono realizzati con penna digitale ed ispirati alla pop art, ai fumetti e ai poster politici degli anni ’70. Li ho stampati in grande formato su tela cerata come riferimento al linguaggio dei messaggi politici e commerciali che abbodano nelle città latinoamericane.” Il brano è tratto dalla presentazione scritta da María María Acha-Kutscher (non c’è errore, è proprio una… doppia Maria) per HECHA EN LATINOAMERICA – FATTO IN AMERICA LATINA.

http://www.acha-kutscher.com/mujerestrabajando/hecha%20en%20latino/hecha%20en%20latino.html

La serie di immagini – io ve ne ho ripostate due – ha occupato gli spazi per gli annunci pubblicitari nella metropolitana e nelle stazioni relative al trasporto passeggeri di Città del Messico dal novembre 2014 al gennaio 2015, grazie alla collaborazione fra il governo federale, l’Istituto delle Donne di Città del Messico e l’Antimuseo.

Mare Advertencia

Credere… vincere… avere… potere… Donna, non limitarti a ciò che ti chiedono di essere! MARE ADVERTENCIA LIRIKA. Rapper di Oaxaca (Messico). Fondatrice della band Advertencia Lirika.

Adesso non so se sto dicendo una stupidaggine, ma una cosa del genere è proprio impossibile in Italia? Donne che hanno fatto e stanno facendo la storia con l’impegno in favore del proprio genere non ci mancano. Artiste e fumettiste neppure: Pat Carra e Anarkikka, per esempio, in un progetto di questo tipo potrebbero essere sia disegnatrici sia soggetti. Qualcuna di noi è anche “infiltrata” (scherzo) o ha contatti in governi regionali, commissioni pari opportunità, consigli comunali eccetera.

HECHA EN LATINOAMERICA ha concentrato l’attenzione su giovani donne che si sono fatte spazio in ambiti considerati “maschili” ed è un’ottima idea – ehi, noi avremmo Samantha fra le stelle! – ma un progetto italiano potrebbe prendere qualsiasi altra direzione. Potrebbe persino essere ricorrente e onorare donne di generazioni diverse.

Sapete cosa vorrebbe dire per me, anche se solo per 3 mesi, vedere cartelloni con le immagini – cito a caso, la lista sarebbe lunghissima – di Lidia Menapace, Nicoletta Crocella o Ileana Montini (e leggere le loro parole) al posto dei “corpi da spiaggia” e delle chiappe / tette che pubblicizzano tutto, dal salame piccante all’ultimo modello di GPS? Soprattutto: sapete cosa vorrebbe dire per la mia nipotina tredicenne?

La butto là. Ma se qualcuna volesse provarci conti sul mio sostegno. Maria G. Di Rienzo

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