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Il nuovo romanzo di Maria G. Di Rienzo è ora disponibile online.

MERGELLINA E LE MADRI

(di Maria G. Di Rienzo)

Mergellina,

Mergellina…

Dentro questa barca fammi sognare

Rema per me

Non mi svegliare

(Serenata a Mergellina – Mario Abbate)

Letto, riletto e poi riletto ancora con piacere e coinvolgimento. I romanzi di Maria G. Di Rienzo sono sempre preziosi per la sua capacità di creare mondi possibili in cui le conseguenze dell’oggi sono la premessa per altre storie, altri timori, altre possibilità.

Il romanzo è ambientato in un tempo futuro dopo il disastro, quando oramai l’acqua la fa da padrona tra paludi e atolli dove la gente si organizza e sopravvive, con strutture simili o grandemente diverse.

Ma qualunque organizzazione, qualunque stuttura sociale riesce sempre ad avere i suoi emarginati i suoi disadattati, quelli che emigrano sperando di trovare altrove un senso diverso alla propria vita, quelli che non accettano, che subiscono, e che nonostante tutto cercano in qualche modo di restare fedeli a se stessi.

La scrittura piana e scorrevole ci accompagna dentro le emozioni e la vita di Lin, la “ragazza che non c’è” che ha ereditato un nome assegnato dagli spiriti, che rifiuta ferocemente identificandosi come Lin. Ma ciò che rifiuti ti segna e rimane una parte di te, magari tatuata sul polso come il suo nome. Altri personaggi fondamentali emergono subito accanto a lei, la figlia Ninni, “formata a modo suo”, e Jade, Geid, il compagno non compagno artista, e via via alcuni di primaria importanza ed altri minori emergono dal proseguire del racconto, e ci aiutano a comprendere l’andamento delle vite sugli atolli e fra i palificati. Nessuna vita viene trascurata o accennata solo di striscio, ognuno ha la sua storia e la sua dignità, e un ruolo magari inatteso da giocare.

Centrale e sconvolgente il ruolo della grande Madre Zulma, di Romita Sacra, la madre di Lin e di altri nove figli, che entra nel racconto con la sua morte fuori contesto che mette le basi per lo sconvolgimento che si sta preparando.

L’autrice riesce a creare un mondo diverso, in cui la memoria distorta del passato diviene la fonte di nuove speranze e nuovi miti, dalla religione dell’ Armonium, alla stessa organizzazione dei palificati, che hanno trovato nella presenza degli spiriti e la loro cura per la gravidanza l’occasione di creare una struttura sociale imperniata sulle madri. Le donne che hanno fatto il pellegrinaggio a Tirta, la casa degli spiriti, per dieci volte, partorendo altrettanti figli, divengono le Grandi madri ed entrano a far parte del circolo che governa la vita dei palificati. Sugli Atolli invece l’organizzazione civile e quella religiosa convivono senza sovrapporsi, ed in ogni caso la scelta di credere o non credere ad una delle religioni o dei miti correnti è un fatto personale, che non sempre incide sul comportamento. In questi contesti può succedere di tutto, anche che un pezzo di latta emerso dal mare venga interpretato come un messaggio degli spiriti, e divenga il nome di una bambina: Pizzeria Mergellina, che da subito si sentirà fuori posto, incompresa ed incapace di accettare il mondo in cui vive, le relazioni che sua madre intrattiene nei giorni fertili per arrivare alle dieci gravidanze ed essere una Grande Madre, tutta l’organizzazione dei palificati, ed il suo nome così caricato di aspettative, che lei cambierà in Lin.

Mi capita spesso in questi giorni, mentre sto pensando a scrivere questa recensione, di trovare post tipo questo: ERES LA VERSIÓN MEJORADA DE TUS ANCESTROS

Los miembros “ raros” que no se adaptan al sistema familiar, a sus ideologías y desde pequeños comienzan a revolucionar sus creencias, aquellos criticados, juzgados y rechazados por no adaptarse a seguir el castrador y tóxico control familiar, son los llamados a liberar historias repetitivas que frustran y estancan las generaciones futuras. Estos seres son la versión mejorada de sus ancestros y tienen el don de reparar la historia, desintoxicar y crear una nueva raíz familiar, desvelando y liberando miles de secretos, acosos, violaciones, tabúes, miedos reprimidos, sueños no realizados, talentos frustrados y apegos enfermizos.

Muestra tu rareza al mundo, eres enviado a sanar, evolucionar y trascender la historia familiar.” (Sei la versione migliorata dei tuoi antenati: i membri strani che non si adattano al sistema familiare, alle sue ideologie e fin da piccoli cominciano a rivoluzionare le loro credenze, quelli che sono criticati giudicati e respinti perché non si adattano a seguire il controllo familiare castrante e tossico, sono quelli chiamati a liberare storie ripetitive, frustranti e stancanti per le generazioni future. Essi sono la versione migliorata dei loro antenati ed hanno il dono di riparare la storia, disintossicare e creare nuove radici familiari, svelando e liberandoi mille segreti familiari, gli abusi, le violenze, i tabù, le paure represse i sogni non realizzati, talenti frustrati e attaccamenti malati.

Mostra il tuo essere speciale al mondo, sei inviato a risanare, far progredire e trascendere la storia familiare”)

L’ho trascritto perché mi sembra che descriva bene la situazione che Maria G di Rienzo ci racconta sia nella sua protagonista, che nel suo compagno e nella sorella più piccola. A modo suo riesce ad essere sovvertitore anche Aronne, il fratellino affidato agli spiriti perché malato in modo inguaribile, che dirige la sua attitudine violenta contro la struttura che lo contiene.

Mi sembra che sia una descrizione adeguata a quel che emerge leggendo la storia di Lin, le sue rabbie per contenere la paura, il suo dibattersi per proteggere chi ama e sopravvivere, il suo fuggire dai legami, dalla famiglia, e il mantenere saldo e indiscutibile il suo legame con la figlia diversa, e poi dibattersi, non fidarsi, non affidarsi, che ne fanno la ribelle fuori le righe sempre pronta a battersi, a combattere per sopravvivere, e sarà lei, forte di qualità e profondità che nemmeno si riconosce, a smuovere dei territori divisi ed a farne un tutto unico di speranza e aperture. “Perché diamine cose del genere continuavano a capitare a lei, comunque?” Si chiede alla fine, e dopo aver incontrato “l’allargamento della umanità” torna a sistemare la barca per ritornare alla sua vita ed ai suoi affetti.

La nota finale dell’auitrice :”Questo romanzo è dedicato alle origini: “Studiate il passato, se volete dar forma al futuro”. Se non vi piace sentirlo dire da una femminista, pensate che lo sosteneva persino Confucio.

Il romanzo è dedicato anche al mio lettore-cavia, che ho l’immensa fortuna di avere al mio fianco da oltre quarant’anni. Grazie, Stefano.

Agosto 2020, Maria G. Di Rienzo”

Questo ci dice molto di come scorre il romanzo e della pacata competenza e l’attenzione che c’è dietro ad ogni storia, ad ogni sfumatura. Più volte si avvertono echi di fatti che ci attraversano, e si incontrano citazioni e rimandi ad altri tempi e luoghi, ma tutto questo avviene nel corso della narrazione, necessario antefatto o rimando ad un passato più o meno lontano, senza ostentazione, come strumento per motivare una reazione, una storia, un momento.

Nel romanzo c’è molto di più, una trama serrata, un intreccio di storie e di eventi si collegano, si sovrappongono, sembrano staccarsi per poi tornare ad intrecciarsi. C’è il tema dell’amore, incompreso, frustrato, inatteso, sorprendete, e quello della fiducia , del rispetto verso se stessi, i propri sogni e la necessità di realizzarli, mai come si era progettato, mai in modo lineare, ma guardandosi dentro, e anche un po’ indiero, si riesce a comprendere che questo è quello che volevamo, che alla fine questa à la vita, ed anche noi alla fine troveremo la nostra collocazione, e magari anche l’ultima sorpresa.

Un altro filone che scorre tra le righe del romanzo è quello della fede, della religione e della trascendenza, le credenze come si agitano si intrecciano, si rivelano deformazioni di conoscenze e tecniche precedenti, ma c’è sempre un qualcosa in più latente, che si può chiamare intuizione, percezione di legami universali, emozione, contagio, e il tutto spiegato diviene ancora emotivo e magico.

Nicoletta Crocella

Il collegamento all’articolo originale:
https://ragionandoci.wordpress.com/2020/10/24/mergellina-e-le-madri-il-nuovo-romanzo-di-maria-g-di-rienzo/

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Flying Spaghetti Monster

Io preferirei davvero che tu evitassi di usare la Mia esistenza come motivo per opprimere, sottomettere, punire, sventrare e/o, lo sai, essere meschino con gli altri. Io non richiedo sacrifici e la purezza va bene per l’acqua potabile, non per le persone.

Io preferirei davvero che tu evitassi di giudicare le persone per come appaiono, o per come si vestono, o per come camminano o, comunque, di giocare sporco, va bene? Ah, e ficcati questo nella tua testa dura: Donna = Persona. Uomo = Persona. Tizio noioso = Tizio noioso…

R’amen! Questi sono un paio degli eccellenti otto comandamenti – condimenti emanati dallo Spaghetto Volante (con polpette, in immagine sopra) per i fedeli del Pastafarianesimo e mi servono come apertura per dirvi che il documentario “I, Pastafari” del regista Michael Arthur sarà disponibile online da martedì prossimo, 26 maggio.

https://www.ipastafaridoc.com/

Il documentario ripercorre la nota storia di come l’allora studente Bobby Henderson – era il 2005 – reagì alla possibilità che il creazionismo fosse insegnato nelle scuole del Kansas, chiedendo che lo stesso numero di ore fosse dedicato al Flying Spaghetti Monsterè il nome originale della divinità – e alla sua creazione del mondo, e passa a illustrare numerosi casi in cui i pastafariani sono comparsi nei tribunali di diverse nazioni affinché la loro religione ricevesse le tutele che tutte le altre fedi hanno… e quindi, anche per il diritto di farsi le foto per il passaporto con lo scolapasta in testa.

Il Pastafarianesimo è stato a lungo visto come nulla di più di uno scherzo, ma il documentario analizza i suoi messaggi dando ad essi il credito che meritano; per quel che mi riguarda, credo che le idee e i concetti si possano veicolare in mille maniere e che farlo ridendo sia sicuramente meglio che farlo urlando o minacciando.

La satira di Henderson e accoliti era ed è terribilmente seria: nelle stesse parole del fondatore include la necessità di “tenere la religione fuori dalle scuole pubbliche, tenere il denaro fuori dalla religione e questo genere di cose”. Quando la scienza diventa solo un’opinione come un’altra, sostengono i pastafariani, le opinioni dei potenti diventano fatti alternativi: “Sopprimere l’istruzione e nutrire l’ignoranza è il talento di ogni autoritario di successo. Questo si è verificato durante tutta la storia umana e ne stiamo testimoniando una rinascita oggi. Non tutto è perduto. L’antidoto ai fatti alternativi e alle fake news è la scienza. Non è più razionale accettare che assassinare gli infedeli garantisca l’accesso al paradiso. Se solo fossimo tutti abbastanza istruiti da pronunciare una semplice parola, PROVALO, è possibile che molti degli odierni titoli disturbanti sulle prime pagine dei giornali scomparirebbero. Solo quando condivideremo di nuovo una base comune per definire un “fatto” potremo smettere di battibeccare e cominciare a discutere di soluzioni realistiche per raddrizzare le disgrazie del mondo.”

Maria G. Di Rienzo

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Marylize

(“How can LGBTIQ people find solace in family or religion when these are the sources of our pain?”, di Marylize Biubwa per OpenDemocracy, testo raccolto da Arya Karijo, aprile 2020, trad. Maria G. Di Rienzo.)

Sono una difensora dei diritti umani. Sono un’attivista e sono una femminista nera, queer, radicale e intersezionale. Non ho un lavoro. Porto avanti un’iniziativa che non è un’organizzazione giacché non è finanziata. In effetti, la porto avanti con il crowdfunding e coinvolgendo le mie reti di relazioni. Mi appoggio grandemente a lezioni di facilitazione, all’attivazione di social media o al mettere insieme contenuti digitali per qualcuno.

La storia di molte persone queer è quella di chi non è riuscito neppure ad andare a scuola, perciò non hanno diplomi. Non li ho neppure io, ma mi sto arrangiando. Qualche volta la vita la devi arrangiare. Molte persone non hanno reddito. Molte persone si appoggiando ad altre persone. Molte persone hanno dovuto uscire allo scoperto. Stanno da soli. Hanno difficoltà. La gente sta usando metodi folli che nemmeno immaginereste, per sopravvivere qui fuori.

Perciò, quando il coronavirus colpisce, sei completamente destabilizzato. Non vuoi restare a casa tua, perché ciò rende la tua situazione di persona che non guadagna persino peggiore. Ma non puoi uscire in cerca di lavoro durante questo periodo in cui la gente pratica il distanziamento sociale ed è sotto quarantena. Molte persone LGBTIQ sono in difficoltà perché il coronavirus è arrivato con questo senso della famiglia e di gente che si sposta per essere accanto agli individui di cui si curano di più: familiari eccetera. Se il peggio si avvera, vuoi morire avendo almeno la tua famiglia vicina.

Ma per quel che riguarda la mia esperienza, e l’esperienza di molte persone LGBTIQ, la famiglia non è qualcosa che noi si abbia attualmente e ciò ha impatto sulla nostra salute mentale e in genere su come funzioniamo e operiamo in questo periodo.

Ci sono quelli che trovano sollievo nella religione. Ci sono quelli che trovano sollievo nella famiglia. Le persone LGBTIQ raramente trovano sollievo in questi modi, perché tanto per cominciare religione e famiglia sono le fonti della nostra sofferenza. La cosa triste dell’essere una persona queer in questo periodo è che hai la sensazione di non avere la meglio in qualsiasi cosa, sia la famiglia, sia il coronavirus, sia il governo, sia i sistemi. Puoi dover andare all’ospedale e l’omofobia strisciare all’interno della situazione. Era già abbastanza brutto prima del coronavirus e in un momento come questo non fa che amplificarsi.

La gente sta associando parecchio la morte al coronavirus. Io non sono spaventata dalla morte. Non perché la morte non sia spaventosa in sé. Se guardo indietro, so che c’è stato un periodo della mia vita che ho giudicato davvero spaventoso. Sono le esperienze che ho attraversato. E’ maneggiare il trauma. E’ sentirsi incline al suicidio. E’ tentare il suicidio. E’ l’arrivare in pratica a un punto in cui sei viva ma sai per certo che se non volessi essere viva ci sarebbe un’opzione, una via d’uscita da tutto questo.

Penso di continuo: qual è la cosa peggiore che può capitare se sei infettato dal coronavirus? Morire, giusto? Ma questo non è così terribile, alla fine. Voglio dire, tutti moriamo a un certo punto, no? Le nostre esperienze di vita, in special modo le esperienze traumatiche, ci uccidono da vivi comunque. In un dato momento avremmo dovuto vivere come esseri umani, ma siamo morti dentro.

(L’omosessualità è illegale in Kenya secondo il Codice Penale di era coloniale, il quale descrive le relazioni fra persone dello stesso sesso come “conoscenza carnale contraria all’ordine naturale” e prescrive sentenze che arrivano ai 14 anni di prigione. Nel 2019, la Corte Suprema del Kenya rifiutò di dichiarare incostituzionali queste clausole del Codice Penale.)

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“Sono 3.296 i malati per coronavirus in Italia, con un incremento di 590 persone in più rispetto a ieri e 148 i morti, 41 in più. Il nuovo dato è stato fornito dal commissario Angelo Borrelli nel corso della conferenza stampa alla Protezione Civile. La fascia di età è dai 66 ai 94 anni. Si tratta di persone fragili, per la maggior parte con diverse patologie. Il dato dei positivi è di 3.296 con un incremento di 590 persone. Il 54% del totale sono in Lombardia.” Questi i dati di oggi.

Finalmente il Presidente della Repubblica si è rivolto alla nazione con un discorso sul merito – ce lo auguravamo e lo aspettavamo in tanti – ed è stato talmente sobrio, essenziale, preciso e congruente da sembrare un alieno.

Del circo delle “ospitate” televisive, radiofoniche e giornalistiche non ne possiamo più: chi ha incarichi di governo faccia il suo lavoro nei luoghi preposti a tale scopo, che sono Parlamento e Ministeri, non Agorà, ne’ Radio Capital, ne’ Libero.

Il mondo dell’informazione, se ha ancora un minimo di decenza, smetta di fare da amplificatore a pagliacci ambosessi dall’ego straripante che non sono competenti ne’ in materia di istituzioni ne’ in materia di sanità pubblica e aumentano la comprensibile ansia che accompagna la crisi. Dateci NOTIZIE verificate, non le “opinioni” urlate di Sgarbi o Meluzzi.

E il Vaticano riporti a dimensioni civili le esternazioni del suo dipendente Livio Fanzaga su Radio Maria, anche perché le condizioni mentali del sacerdote destano preoccupazione: se prima assicurava che l’epidemia “è stata mandata dalla Madonna di Medjugorje” per indurci al pentimento, adesso è certo che “con la diffusione del Coronavirus si sta realizzando il periodo di Satana”.

Date un’occhiata a questo Paese e fermatevi. Riflettete. Non cercate di lucrare sulla sofferenza, sulla fatica e sull’impegno delle italiane e degli italiani. Meritiamo rispetto.

Maria G. Di Rienzo

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Scaffali vuoti e zuffe nei supermercati, truffa dei tamponi a domicilio, notizie false e denunce per procurato allarme, disinfettanti e mascherine che costano come diamanti: tutto questo è disturbante e ignobile quanto era prevedibile, perché in condizioni di ansia e incertezza estreme ci sono molte persone che danno il peggio di se stesse, mentre i farabutti conclamati tentano di volgere la situazione in profitto.

Quel che non riesco a sopportare, attualmente, sono i sedicenti “padri” che esternano – di continuo – la loro comprensione per le preoccupazioni dei “figli” (il popolo italiano) infilando un’idiozia dietro l’altra e facendo sfoggio di onniscienza e/o onnipotenza. Un caso è quello del vescovo Massimo Camisasca, che vede un’emergenza sanitaria come “un’occasione di ravvedimento e conversione”, poi si domanda pensoso da dove venga il coronavirus e così si risponde (ma non occorreva ce ne rendesse edotti): “Dal cuore della Cina, non certo dal cuore di Dio, ma è anche vero che Dio si sta servendo di esso per richiamarci tutti a uno sguardo più profondo sulla nostra vita”.

E’ anche vero: Dio gli ha mandato un messaggio al proposito su Tik Tok proprio ieri, ma non ve lo mostrerà, perché dovete aver fede.

Poi c’è “Jackal” Salvini, che invoca la crisi di governo nel momento in cui averla getterebbe la nazione nel caos più devastante, straparla di barconi, ulula contro governatori di regioni in cui non ci sono focolai dell’epidemia e se ne esce in (infiniti) post di questo tipo:

24 febbraio – “Non è il momento delle mezze misure: servono provvedimenti radicali, serve l’ascolto dei virologi e degli scienziati, servono trasparenza, verità e un’informazione corretta, servono controlli ferrei ai confini su chi entra nel nostro Paese. Già da oggi sarò in Lombardia, poi in Umbria, a Roma, in Veneto, in Trentino e ovunque ci sarà bisogno.

Capito? Lui incorpora tutto quel che serve: è allo stesso tempo provvedimento radicale, virologo, scienziato, trasparente e vero nonché divulgatore di informazioni corrette e bastione ai confini. Erede di Edoardo il Confessore e dei re suoi successori, ritenuti in grado di guarire la scrofola, imporrà le mani sui sofferenti – probabilmente lasciando macchie d’unto e Nutella – e tutto andrà a posto.

Il giorno in cui il suo staff gli scrive questa ed altre scemenze, partecipa a una cena con 1.500 sodali leghisti giunti a Genova da Piemonte, Lombardia e Veneto. Partecipa anche, ovviamente, il governatore ligure Giovanni Toti, il quale dispone con ordinanza la sospensione di manifestazioni pubbliche o aperte al pubblico un’ora dopo. Alle 22.49 andava bene farsi i selfies con Salvini durante un assembramento, a mezzanotte la carrozza si è mutata in zucca e il coronavirus è diventato un problema.

C’è una sola cosa buona che può uscire dalle grandi difficoltà di questi giorni e cioè che gli italiani si rendano finalmente conto di non poter affidare la cosa pubblica a cialtroni e incompetenti, ma non oso sperarvi.

Maria G. Di Rienzo

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(tratto da: “Former IS Woman Combats Online Radicalization in Indonesia”, di Sirwan Kajjo e Rio Tuasika, 26 dicembre 2019, trad. e adattamento Maria G. Di Rienzo.)

Naila Syafarina

Naila Syafarina – in immagine sopra – aveva 19 anni quando si trasferì con la famiglia in Siria nel 2015. Tutto ebbe inizio quando sua sorella minore cominciò a cercare letture religiose su internet e più tardi ebbe a conoscere qualcuno online che la persuase ad andare in Siria.

La sorella ebbe successo nel convincere la famiglia a trasferirsi. Ma la vita sotto il dominio dello stato islamico (IS) era completamente differente da quella che era stata promessa online. Determinati a fuggire dalla terribile realtà siriana, Naila Syafarina e i suoi riuscirono a tornare in Indonesia nel 2017.

Syafarina, ora 23enne, assieme a diversi giovani indonesiani che si erano uniti all’IS, sta facendo campagna fra la gioventù contro i pericoli della radicalizzazione online, giacché essa è una delle principali preoccupazioni da alcuni anni in Indonesia, il più grande paese musulmano al mondo.

“Cercate una seconda e una terza opinione. Dopo di che, non accettate tutto di colpo, continuate a pensare in modo critico.” consiglia Syafarina, aggiungendo che molti versetti nel Corano chiedono alle persone di riflettere.

Ci sono circa 600 persone di nazionalità indonesiana che sono tornate a casa dopo essersi unite allo stato islamico in Siria, secondo la rete di ong “Società civile contro l’estremismo violento” (C-SAVE). “Fra esse, circa il 20% è pronto a reinserirsi nella società. – spiega Mira Kusumarini (in immagine sotto), direttrice di C-SAVE – E’ più facile lavorare con quelli che sono tornati, poiché hanno visto con i loro occhi che le promesse erano false, che la realtà era davvero diversa da ciò che la propaganda dell’ISIS dice. Facebook è il canale preferito dagli estremisti per individuare possibili adepti. Poi i contatti proseguono su canali privati come Telegram.”

Mira Kusumarini

Naila Syafarina crede che un modo efficace di contrastare l’estremismo nei giovani sia l’incoraggiare il dialogo fra le fedi: “Continuate a impegnarvi in conversazioni con altre persone, in special modo con quelle che appartengono a una differente etnia e hanno una differente religione. Questo è ciò che apre le nostre menti.”

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“Come può una persona a cui è stato insegnato che le orchidee sono solo bianche compiere una scelta seria fra orchidee bianche e orchidee di altri colori? Come può una persona a cui non è mai stato neppure insegnato che esistono orchidee di altri colori compiere del tutto una scelta per esse?”

Maryam Lee

Così scrive Maryam Lee (in immagine), malese, attivista per i diritti delle donne, nel libro “Unveiling Choice” ove spiega la sua scelta di non indossare l’hijab. Non lo considera un problema in sé, mettendolo in relazione a situazioni e contesti, ma trova assai problematiche “le condizioni sociali che costringono le donne a metterlo o toglierlo”. E’ inoltre convinta che “le donne musulmane, con fazzoletto o senza (…) devono convenire che il loro nemico comune sono uomini ipocriti che continuano a dire alle donne cosa mettersi addosso.”

Maryam in questo momento è indagata dalle autorità religiose (Jabatan Agama Islam Selangor) per possibile violazione dell’articolo di legge che criminalizza “ogni persona la quale tramite parole in grado di essere udite o lette o viste in disegno, tramite segni o altre forme di rappresentazione visibili o in grado di essere viste in ogni altra maniera: (a) insulti o rechi disprezzo alla religione islamica (…)”.

Se l’indagine condurrà a una denuncia e la denuncia a una condanna, la scrittrice può ricevere una multa di 1.080 euro o tre anni di prigione – o entrambi, la cosa sembra dipendere dall’umore dei giudici.

“Unveiling Choice” – “Scelta di svelamento” è stato pubblicato all’inizio di quest’anno e già l’evento pubblico organizzato per il suo lancio fu indagato dal Dipartimento per gli Affari Religiosi. Donne, femministe, gruppi della società civile stanno protestando per l’intimidazione diretta a Maryam Lee, citando nelle loro dichiarazioni numerosi casi simili.

MAJU – Malaysian Action for Justice and Unity, associazione apolitica pro diritti umani, sostiene che siano proprio le autorità religiose a insultare l’Islam, dandone un’immagine fatta di costrizioni e imposizioni: “L’Islam è una religione di discernimento e permette le differenze di opinione (…) Quest’azione (contro la scrittrice) umilia e insulta l’essenza stessa dell’Islam.”

Unveiling Choice cover

Spero ovviamente che le accuse contro Maryam siano lasciate cadere. La sto immaginando fra molti anni, in un’occasione festiva e attorniata da amici e parenti, con una nipotina che le chiede: “Ma per cosa ce l’avevano con il tuo primo libro, nonna?” “Non ci crederai, tesoro, ma ci sono persone che odiano le orchidee e ancora di più le donne che ne parlano.”

Maria G. Di Rienzo

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Fintanto che era possibile contenere il tutto accusando la bambina di cui abusava di “farneticare”, don Michele Mottola negava appassionatamente. Fosse anche la vicenda diventata in qualche modo pubblica, era pur sempre la parola dello stimato sacerdote contro quella di una undicenne e in più l’aggressore poteva contare, com’è consueto, sulla vasta acquiescenza sociale per la violenza di genere che produce discredito e sospetto verso qualsiasi testimonianza femminile: psicologi che cianciano della fantasia delle adolescenti e dell’inconscio desiderio di essere stuprate ecc., opinionisti che lamentano il chiasso delle denunce e la scomparsa del “romanticismo”, odiatori squinternati che sbandierano dati inventati di sana pianta su padri / mariti / compagni accusati falsamente e così via.

Però sono successe due cose: la bambina ha registrato gli incontri con il prete sul cellulare e la famiglia, oltre ad informarne la diocesi, ha contattato la tv (Le Iene). “Lasciami stare, non mi devi più toccare.”, ripete l’undicenne nelle registrazioni. “E’ solo un gioco, non facciamo niente di male.”, risponde don Mottola. E dite di no, diamine, non siete capaci di dire di no? Certo che siamo capaci, ma il NO cade sempre in orecchie sorde: se hai undici anni è “solo un gioco” e se nei hai quindici ti eri vestita da puttana e andavi in cerca e se ne hai venti con lui c’eri già stata quindi non hai il diritto di rifiutare e se ne hai trenta mica sei una verginella lo stai solo provocando e se ne hai quaranta ad assalirti ti si fa un favore… lo sanno tutti che le donne lo vogliono, che le donne amano soffrire, che le donne mentono come respirano e che sono loro le vere violente – così hanno istruito “i tutti” gli psicologi, gli opinionisti e gli sbalestrati di cui sopra.

Adesso il sacerdote non può più negare e può solo puntare a minimizzare la condanna, per cui la sua strategia è cambiata: “Mi assumo tutte le responsabilità. Sono colpevole di tutte le accuse che mi vengono contestate. E’ tutto vero. – ha dichiarato al giudice per le indagini preliminari, aggiungendo – Chiedo scusa alla famiglia della bambina. Spero riescano a perdonarmi. Ho intrapreso un percorso spirituale. Mi affido alla giustizia divina e terrena.” Il suo legale ha subito chiesto che fosse premiato con i domiciliari per la bella confessione.

Tuttavia, persino quando si pente, questo figuro conferma le convinzioni che lo hanno portato ad abusare di una undicenne:

1) quest’ultima non vale niente, è una cosa, non ha dignità ne’ diritto al rispetto, al massimo si può chiedere scusa alla famiglia di cui è proprietà, ma a lei – a lei di cui ha ripetutamente abusato, a lei che ha accusato di essere una bugiarda, a lei a cui ha infranto brutalmente la fiducia negli adulti e nel mondo, a lei a cui ha lasciato addosso una cicatrice di dolorosa memoria indelebile… a lei no – ci mancherebbe, la furba troietta lo ha fatto allontanare dalla parrocchia e cerca di spedirlo in galera (e detto fra noi veri uomini non era neanche un granché);

2) l’unico benessere che conta – fisico o emotivo – è il suo. Il don, maschio e consacrato, sta al centro dell’universo. Perciò ci informa di aver “intrapreso un percorso spirituale” che verosimilmente lo monderà, lo redimerà, lo rinnoverà e da cui emergerà splendente e puro come un diamante. Tutto sarà dimenticato e apparterrà a un passato nebuloso da non nominare mai più. Che dire, ne siamo davvero lieti e sollevati. Per la sua vittima le cose andranno in modo un po’ diverso, ma chi se ne frega, è solo una femmina, essere inferiore emerso da una costola maschile, responsabile della cacciata dall’Eden, peccatrice per antonomasia, utile solo per i servizi (sessuali e non) resi agli uomini. E questa si è pure ribellata! Che tempi!

Maria G. Di Rienzo

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leah

Sembro grassa con questo? Sento per caso una ragazzina dalla taglia ordinaria chiederlo a un’amica nel camerino accanto al mio, mentre io – una vera persona grassa – sono al quinto indumento che non passa oltre le mie cosce e il mio didietro. Sono indumenti “della mia taglia ma non proprio”, giacché molti abiti non corrispondono alla taglia che dichiarano. Resto là, stuzzicata del suo commento, mentre un altro paio di jeans giace alle mie caviglie.

“Sembro grassa con questo?” è una frase che molte di noi usano, hanno usato o hanno sentito dire da altre. Quel che significa davvero è: “Sono brutta?” Significa che nessuna vuol sembrare grassa perché pensa che grassa equivalga a pigra, sciatta, indegna. Significa “Non posso essere uno sballo con questo vestito se mi fa apparire come se avessi un chilo in più.” Una frase del genere urla “insicurezza” da parte di chi la dice. (Lo affermo e sostengo!)

Quando qualcuna la rivolge a me, io la guardo e replico: “Be’, io sono grassa.” La persona in questione diventa rossa in faccia, sgrana gli occhi. “No, no. – balbetta – Non sei grassa!” Oh sì che lo sono.

Sono grassa e nera.

Grassa e musulmana.

Grassa e sto bene.

Grassa e vulnerabile.

Grassa e atletica.

Grassa e grande viaggiatrice.

Grassa non è una parolaccia. Perciò, smettete di usare tale parola per descrivere le vostre insicurezze.”

Leah Vernon, in immagine sopra, è una video-blogger, stilista, conferenziera e scrittrice. Nello scorso ottobre è uscito il suo libro autobiografico “Unashamed: Musings of a Fat Black Muslim” – “Senza vergogna: riflessioni di una grassa nera musulmana”.

unashamed

E’ un testo dall’onestà “feroce”, dove l’Autrice dà conto del processo che l’ha portata a considerare il proprio corpo un simbolo di ribellione e speranza. Povertà, le regole e i gli stereotipi di genere specifici per essere una “brava ragazza musulmana”, un padre perdigiorno e una madre affetta da disagio mentale, dieci anni di matrimonio con un uomo violento, un’interruzione volontaria di gravidanza praticata in segreto – Leah ha vissuto tutto questo e ne è uscita come un raggio di sole da una nube.

Maria G. Di Rienzo

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“Donne in vetrina per rilanciare il turismo”: questa proposta di un altro Salvini leghista (Roberto), consigliere della Regione Toscana, ha ricevuto grande reazione negativa, è stata respinta dal partito e il suo ideatore sospeso dal gruppo consiliare. La Lega, spiegano dalla direzione, è “in prima linea per difendere dignità e diritti delle donne, sotto tutti i punti di vista, familiare, sociale e lavorativo”. E’ bello saperlo: fino a questo momento, confuse dalle bambole gonfiabili e dal senatore con farfallino, non ce n’eravamo proprio accorte.

Quest’altra proposta

firenze

ha parimenti ricevuto grande reazione negativa ed è stata ritirata. Uno dei promotori, il consigliere comunale leghista Andrea Asciuti, è rimasto parecchio seccato dal fatto e si è sfogato su Facebook: “Firenze è prima in Italia per consumo di droga, è tra le prime per consumo di alcol, ed è la città dove ci sono il maggior numero di single e di depressi. Aggiungiamo a questo il disastro delle famiglie distrutte e la piaga dell’aborto che viene continuamente sottovalutata”.

A questo punto, la confusione su quale sia l’idea che i leghisti hanno delle donne scompare: è la “buona” vecchia dicotomia patriarcale santa/puttana. E’ abominevole doverci avere ancora a che fare nel 2019, ma la concezione della cosa pubblica e della fede che l’ordine del giorno e la sua difesa rivelano è persino peggiore.

Forse servirà ricordare che dopo il voto alle elezioni amministrative gli eletti non entrano in uno speciale seminario per aspiranti esorcisti, ma in consigli laici a cui è demandato amministrare il territorio di competenza. Un Comune, quindi, affronta i problemi relativi alle tossicodipendenze con programmi di prevenzione, assistenza e recupero il che comporta analisi sulle cause dei disagi – in privato i suoi componenti possono anche pregare perché i disagi stessi scompaiano per miracolo ma vi assicuro che non è per questo che sono pagati dai contribuenti.

Ignoro da che statistiche salti fuori una Firenze piena di “single e depressi e famiglie distrutte” (da cosa?), ma anche qui un’amministrazione pubblica interviene tramite i Servizi Sociali, lasciando perdere i single perché è appunto un’amministrazione pubblica e non un gruppo di sensali per matrimoni. Con l’interruzione volontaria di gravidanza, infine, essendo quest’ultima garantita e normata con legge statale, i consiglieri comunali non hanno nulla a che fare e meno ancora sono titolati a definirla una “piaga”.

Per quel che riguarda la fede, chi davvero ce l’ha solitamente non la riduce a bancomat (io ti consacro la città e tu la risani, do ut des).

Maria G. Di Rienzo

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