“Hot Girls Wanted” (“Si cercano ragazze calde”) è un documentario di Rashida Jones – visibile su Netflix – che racconta il business in crescita della pornografia amatoriale. I gestori dei siti che postano i video mettono annunci su internet e reclutano donne il più possibile giovani e il più possibile dall’aspetto adolescenziale. La fascia va dai 18 anni ai 25 e il periodo delle performance tocca al massimo 12 mesi: dopo i 25 anni sei “vecchia” e destinata al massimo al porno più di nicchia (estremo e particolare) e dopo due o tre mesi sei “già vista” e non più eccitante. Nel 2014, i siti della pornografia amatoriale hanno registrato, di media, più di 60 milioni di visite al mese.
Meghan Murphy ha recensito il documentario qualche giorno fa (i brani seguenti sono tratti dal suo articolo: “Hot Girls Wanted’… For a month or two”del 4 giugno 2015 per Feminist Current, trad. Maria G. Di Rienzo):
“Il messaggio molto chiaro che “Hot Girls Wanted” trasmette è come la “scelta” e l’essere “consenzienti” siano lenti profondamente insufficienti e mistificatorie per vedere l’impatto della pornografia sulle donne e sulla società per intero.
E’ vero che non vi è coercizione in senso stretto. La coercizione, piuttosto, è già avvenuta durante gli anni in cui bambini/e e adolescenti sono istruiti/e a vedere la pornografia come divertente, affascinante e, in effetti, inseparabile dalla cultura popolare che ingeriscono per così lungo tempo.
Le giovani donne presenti nel film, ingressi nuovi di zecca nell’industria, credono che il mondo della pornografia sia eccitante, che porterà loro fama e fortuna, che sia una fuga dalla mediocrità. Credono che le performance nel porno le renderanno potenti. Quando diventerò qualcuno, quando diventerò qualcuno, quando diventerò qualcuno, ripetono a iosa. Hanno imparato che è questo il modo in cui le star diventano star: da Kim Kardashian a Belle Knox a così tante star del pop come Nicki Minaj e Miley Cyrus il messaggio è che la pornificazione è sexy, normale e una strada verso il successo. Parlano dei loro futuri immaginari come se pensassero di fare video rap. Soldi, sesso, potere.
Ma questo “potere”, come tutto il “potere” ottenuto tramite la sessualizzazione, ha vita breve. Uno dei performer maschi dei video, John Anthony, spiega quanto velocemente le giovani donne sono usate e buttate fuori dall’industria: “Una ragazza sta sullo scaffale, nel peggiore dei casi, da uno a tre mesi. In caso positivo, ci sta dai tre ai sei mesi. Lo scenario migliore? Un anno, non di più.”
“Sei solo carne da manipolare.”, dice nel documentario una giovane donna di nome Rachel (nota come Ava Taylor nel mondo della pornografia). L’industria, prosegue, vede le donne che usa come “tette, vagina e culo – questo è tutto quel che importa. Non gliene frega niente di chi tu sia veramente.”
I temi di questi video porno sono l’incesto e il non-consenso – il che insegna ad uomini e ragazzi che stupro e coercizione sono eccitanti. I titoli includono “Manipolazioni di una vergine” e “La cocca di papà viene riempita” e mettono in scena uomini molto più anziani (figure paterne e parentali) con quelle che devono apparire come ragazzine. Uno dei siti più popolari si chiama “L’utilizzo delle adolescenti”. La storia degli “adulti consenzienti” continuamente propagandata dai media diventa ridicola quando prendi atto di ciò che i consumatori vogliono veramente: ragazze minorenni, sfruttate e non consenzienti che non si godono affatto gli atti loro inflitti. I consumatori non vogliono donne adulte con del potere. Gli uomini non guardano la pornografia per vedere donne potenti sessualmente liberate.
Una donna latino-americana di nome Jade (conosciuta come Ava Kelley) racconta che la sua prima ripresa porno è stata una scena di “Abuso Facciale” (una fellatio forzata, in altri termini). La scena, spiega, consiste di sesso orale estremo mirato a far vomitare la ragazza. Nel caso di Jade, come lei specifica, si tratta di “Abuso Latino”, dove mentre viene abusata sessualmente gli uomini presenti le urlano insulti razzisti. Quando infine vomita, è costretta da questi stessi uomini a mangiare quel che ha rigettato mentre loro continuano ad insultarla.
L’industria del sesso è una delle più razziste che ci siano. Gli uomini che pagano per il sesso, tramite la pornografia o la prostituzione, non amano ne’ rispettano le donne che usano. Piuttosto, le odiano.
“Se lo guardano su internet non pensano che la ragazza sia vera.”, dice Jade delle sue scene di “Abuso Latino”. Come se le donne nella pornografia non fossero donne reali. Come se dovessimo credere che Jade non esiste davvero e come se lei stessa dovesse credere di non esistere.”
Come, sì? Adulti – consenzienti – sano sesso – le donne “liberate” sono gnocche yum yum? L’immagine qui sotto è la mia risposta, so che siete tutti abbastanza intelligenti perché io non abbia necessità di tradurne la scritta. Maria G. Di Rienzo