(Estratto dalla prefazione di Roxane Gay a “Dress Like a Woman: Working Women and What They Wore” – “Vestirsi da donna: lavoratrici e quel che indossano”, Abrams Books, 2018. Trad. Maria G. Di Rienzo.)

Regolamentare come le donne si vestono, dentro o fuori dal posto di lavoro, non è nulla di nuovo. Nella Grecia antica un gruppo incaricato di magistrati, gynaikonomoi o “controllori delle donne”, si assicurava che le donne vestissero “in maniera appropriata” e decideva quanto dovessero spendere per i loro abiti. Le severe – e obbligatorie – regole erano stabilite per ricordare alle donne il loro posto nella società greca.
Nei millenni successivi non è cambiato molto. Durante la Storia, gli uomini hanno controllato i corpi delle donne e il loro abbigliamento tramite le strutture sociali e le leggi. I datori di lavoro hanno a lungo imposto codici di abbigliamento per le donne nei luoghi di lavoro, chiedendo per esempio che le donne indossassero tacchi alti, calze fine, trucco e vestiti o gonne di una lunghezza appropriata ma “femminile” e attraente. I datori di lavoro hanno anche deciso come le donne dovevano portare i capelli.
Agli inizi del 20° secolo, le donne cominciarono a entrare in massa nella forza lavoro. Ma solo le donne che lavoravano nelle fabbriche, nelle fattorie o che svolgevano altre forme di lavoro manuale avevano la possibilità di indossare indumenti come i pantaloni. Le donne che lavoravano negli uffici dovevano indossare le gonne, le scarpe con il tacco e la bigiotteria relative al loro sesso. Questa divisione sarebbe continuata sino agli anni ’70, quando l’influenza della rivoluzione sessuale lasciò il proprio segno. Sebbene le donne dovessero ancora conformarsi ai costumi sociali, ora avevano la possibilità di considerare il proprio conforto e il proprio stile personale in quello che indossavano nei luoghi di lavoro. Durante gli anni ’80 e i primi anni ’90, le donne spesso portavano completi giacca-pantaloni come i loro colleghi maschi.
Alle donne della Reale polizia equestre canadese è stato permesso indossare completi con pantaloni solo nel 2012. Nel 2017, il codice d’abbigliamento del Congresso degli Usa ancora bandiva alle donne – membri del personale e visitatrici, come le giornaliste – l’uso di magliette senza maniche. Una giornalista fu persino allontanata da un locale all’esterno della Camera perché il suo abito, che le lasciava le braccia scoperte, fu giudicato “inappropriato”.
Il femminismo ha ottenuto notevoli risultati e, oggi, ciò che le donne indossano al lavoro è vario quanto i compiti che le donne svolgono. Nel 2010, banca svizzera UBS si trovò al centro di uno scandalo quando girò voce delle 44 pagine del suo codice d’abbigliamento, colmo di linee guida su come applicarsi il trucco, sul mantenere ben curate le unghie dei piedi per evitare di stracciare le calze fine, sull’evitare scarpe strette che potrebbero causare alle donne l’avere “sorrisi tirati” e sull’indossare biancheria intima del colore della pelle, così che gli indumenti intimi restino discreti e e non diventino “spettacolo”.
Sebbene la maggior parte dei datori di lavoro abbia codici di abbigliamento anche per gli uomini, che richiedono loro di indossare completi e cravatte, tagliarsi bene capelli e barba e così via, questi codici simboleggiano un concetto di professionalità, piuttosto che le aspettative culturali sulla mascolinità. Come per molte altre cose, le regole sono diverse per le donne. Vestirsi da donna è vestirsi in modi prescritti che esaltano un rigoroso marchio di femminilità e ristorano lo sguardo maschile. Vestirsi da donna suggerisce che le donne sono meri elementi decorativi del posto di lavoro. Vestirsi da donna è ignorare che le donne hanno nozioni indipendenti e differenti sul modo in cui vogliono presentarsi al mondo.
Io non sono mai stata brava a vestirmi da donna. Ho smesso di indossare abiti quando avevo 12 anni. Sono alta un metro e novanta, perciò se dovessi mettere i tacchi troneggerei sulle altre persone più di quanto già faccio. Uso cosmetici solo se proprio devo perché, per qualche ragione, non ho mai davvero imparato a farlo. E, da quando avevo 19 anni, ho cominciato a farmi fare tatuaggi sulle braccia in basso e in alto, il che è non è proprio il segno della femminilità tradizionale.
Durante i miei vent’anni ho avuto una serie di impieghi occasionali e quel che indossavo per lavorare è spaziato dai pigiami (quando lavoravo da casa) ai jeans con maglietta nera (quando ho lavorato come barista).
Verso la fine dei miei vent’anni sono entrata nei luoghi di lavoro tradizionali e ho indossato camicie a maniche lunghe e abiti che speravo trasmettessero la mia competenza e professionalità. E, sempre, mi sono sentita fuori posto perché non ero vestita – e non volevo vestirmi – come una donna nel senso che ci aspettava da me.
Alla scuola di specializzazione ho dato per scontato che, quando divenni insegnante, avrei dovuto indossare completi per lavorare, che dovevo avere l’aspetto di una laureata, di qualcuno qualificato a gestire una classe. Ho presto compreso che non c’era un aspetto standard per questo ruolo. Avevo colleghi che insegnavano con magliette sporche e jeans macchiati di pittura. Erano, come vi sarete aspettati, uomini che sapevano come la loro autorità non sarebbe stata messa in discussione comunque si vestissero. Le mie colleghe femmine, per la maggior parte più giovani e più minute, indossavano sempre bluse eleganti e giacche, perché sapevano che la loro autorità sarebbe stata messa in discussione in virtù del loro genere, della loro statura e delle loro scelte di abbigliamento.
Come donna alta, di costituzione imponente e sulla quarantina, generalmente insegno in jeans e camicie a maniche lunghe, a volte in magliette che non valgono il loro prezzo. Io indosso abiti che mi permettono di sentirmi a mio agio e sicura di me. Questo è il modo in cui scelgo di vestirmi come una donna.
Sono sempre stata consapevole che la libertà di indossare in maggioranza quel che voglio è stata influenzata, in larga parte, dalle donne che hanno lavorato prima di me – donne che attraverso la Storia si sono rifiutate di permettere che le loro ambizioni fossero limitate da idee ristrette su cosa significhi vestirsi da donna. L’abbigliamento si è trasformato mentre si trasformavano i ruoli delle donne nella società contemporanea.
A volte, vestirsi da donna significa indossare un completo giacca-pantaloni; altre volte, significa indossare una muta subacquea, o una tuta da lavoro, o un camice da laboratorio o un’uniforme di polizia. Vestirsi da donna significa indossare qualsiasi cosa una donna giudichi appropriata e necessaria per fare il proprio lavoro.
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