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robin kimmerer - foto di dale kakkak

Robin Wall Kimmerer (in immagine) insegna biologia ambientale alla State University di New York. Nel 2003 uscì il suo libro “Gathering Moss”, una raccolta di saggi in cui raccontava la trascurata storia dei vari tipi di muschi – le piante più antiche del pianeta – e suggeriva di apprendere le loro lezioni di vita, giacché sono sopravvissuti a ogni tipo di catastrofe e di cambiamento climatico e hanno attraversato milioni di anni “dando di più di quel prendono, lavorando in accordo alle leggi naturali, stando vicini e insieme”.

Sette anni fa ha dato alle stampe “Braiding Sweetgrass: Indigenous Wisdom, Scientific Knowledge, and the Teachings of Plants” che è diventato un bestseller grazie al solo passaparola fra lettori/lettrici: 400.000 copie nel nordamerica, mezzo milione di altre copie in giro per il mondo. Come dice il titolo saggezza indigena, conoscenza scientifica e gli insegnamenti delle piante si intersecano come se ne facessimo “trecce di erba dolce” (hierochloe odorata, pianta aromatica sacra per molti popoli nativi americani).

In questi giorni il testo è ristampato in Gran Bretagna, cosa che ha dato a James Yeh del Guardian l’occasione per intervistare l’Autrice. Ecco alcune delle cose che Kimmerer ha detto:

“La maggior parte della gente non vede davvero le piante ne’ capisce cosa ci danno. Perciò il mio atto di reciprocità è stato il mostrare le piante come doni, come intelligenze diverse dalla nostra, perché sono creature straordinarie e creative. Voglio contribuire a renderle visibili alla gente. Le persone non comprendono il mondo come un dono, sino a che qualcuno non mostra loro che è tale.

Quel che i lettori di “Braiding Sweetgrass” mi hanno rivelato è che avevano una profonda nostalgia della connessione con la natura. E’ come se gli individui ricordassero un antico, ancestrale luogo all’interno di loro stessi. Ricordano come potrebbe essere vivere in un luogo ove si prova un senso di affinità e compagnia per il mondo vivente, non di estraniamento.

Il coronavirus ci ha ricordato che siamo esseri biologici, soggetti alle leggi naturali. Questa da sola può essere una scossa. Ma mi domando: riusciamo a un certo punto a spostare l’attenzione sul fatto che la vulnerabilità di cui stiamo facendo esperienza ora è la stessa vulnerabilità che gli uccelli canori percepiscono ogni singolo giorno delle loro vite? Può questa percezione estendere il nostro senso di compassione ecologica al resto dei nostri parenti oltre-umani?

Io credo che quando cambiamo il nostro modo di pensare, all’improvviso cambia il modo in cui agiamo e quello in cui gli altri attorno a noi agiscono: ed è così che il mondo cambia, mutando cuori e mutando menti. E’ contagioso. Io sono diventata una scienziata ambientalista e una scrittrice per ciò di cui sono stata testimone crescendo all’interno di un mondo di gratitudine e di doni.

Un contagio di gratitudine. Sto pensando a come potrebbe essere. Agire in gratitudine, come in una pandemia. Sì, posso vederlo.”

Maria G. Di Rienzo

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Flying Spaghetti Monster

Io preferirei davvero che tu evitassi di usare la Mia esistenza come motivo per opprimere, sottomettere, punire, sventrare e/o, lo sai, essere meschino con gli altri. Io non richiedo sacrifici e la purezza va bene per l’acqua potabile, non per le persone.

Io preferirei davvero che tu evitassi di giudicare le persone per come appaiono, o per come si vestono, o per come camminano o, comunque, di giocare sporco, va bene? Ah, e ficcati questo nella tua testa dura: Donna = Persona. Uomo = Persona. Tizio noioso = Tizio noioso…

R’amen! Questi sono un paio degli eccellenti otto comandamenti – condimenti emanati dallo Spaghetto Volante (con polpette, in immagine sopra) per i fedeli del Pastafarianesimo e mi servono come apertura per dirvi che il documentario “I, Pastafari” del regista Michael Arthur sarà disponibile online da martedì prossimo, 26 maggio.

https://www.ipastafaridoc.com/

Il documentario ripercorre la nota storia di come l’allora studente Bobby Henderson – era il 2005 – reagì alla possibilità che il creazionismo fosse insegnato nelle scuole del Kansas, chiedendo che lo stesso numero di ore fosse dedicato al Flying Spaghetti Monsterè il nome originale della divinità – e alla sua creazione del mondo, e passa a illustrare numerosi casi in cui i pastafariani sono comparsi nei tribunali di diverse nazioni affinché la loro religione ricevesse le tutele che tutte le altre fedi hanno… e quindi, anche per il diritto di farsi le foto per il passaporto con lo scolapasta in testa.

Il Pastafarianesimo è stato a lungo visto come nulla di più di uno scherzo, ma il documentario analizza i suoi messaggi dando ad essi il credito che meritano; per quel che mi riguarda, credo che le idee e i concetti si possano veicolare in mille maniere e che farlo ridendo sia sicuramente meglio che farlo urlando o minacciando.

La satira di Henderson e accoliti era ed è terribilmente seria: nelle stesse parole del fondatore include la necessità di “tenere la religione fuori dalle scuole pubbliche, tenere il denaro fuori dalla religione e questo genere di cose”. Quando la scienza diventa solo un’opinione come un’altra, sostengono i pastafariani, le opinioni dei potenti diventano fatti alternativi: “Sopprimere l’istruzione e nutrire l’ignoranza è il talento di ogni autoritario di successo. Questo si è verificato durante tutta la storia umana e ne stiamo testimoniando una rinascita oggi. Non tutto è perduto. L’antidoto ai fatti alternativi e alle fake news è la scienza. Non è più razionale accettare che assassinare gli infedeli garantisca l’accesso al paradiso. Se solo fossimo tutti abbastanza istruiti da pronunciare una semplice parola, PROVALO, è possibile che molti degli odierni titoli disturbanti sulle prime pagine dei giornali scomparirebbero. Solo quando condivideremo di nuovo una base comune per definire un “fatto” potremo smettere di battibeccare e cominciare a discutere di soluzioni realistiche per raddrizzare le disgrazie del mondo.”

Maria G. Di Rienzo

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Scadenze

(tratto da: “Coronavirus: The woman behind India’s first testing kit”, di Geeta Pandey per BBC News, 28 marzo 2020. Trad. e adattamento Maria G. Di Rienzo.)

minal

Giovedì scorso, i primi test per coronavirus prodotti in India hanno raggiunto il mercato, ravvivando le speranze di un aumento nello screening dei pazienti con sintomi influenzali, per confermare o smentire l’infezione da Covid-19.

Mylab Discovery, nella città occidentale di Pune, è diventata la prima azienda indiana ad ottenere piena approvazione per la produzione e la vendita dei test. (…)

“Il nostro kit fornisce la diagnosi in due ore e mezza, mentre quelli importati ci mettono sei-sette ore.”, dice la virologa Minal Dakhave Bhosale (in immagine sopra), direttrice per la ricerca e lo sviluppo a Mylab.

Bhosale, che ha guidato la squadra creatrice del kit per l’esame del coronavirus, chiamato “Patho Detect”, specifica che è il lavoro stato fatto “in tempo record”- sei settimane invece di tre o quattro mesi. E la scienziata stava lottando anche con le proprie scadenze. La scorsa settimana ha dato alla luce una bambina e ha cominciato a lavorare al programma in febbraio, pochi giorni dopo aver lasciato l’ospedale in cui era ricoverata per complicazioni relative alla gravidanza.

“Era un’emergenza, per cui l’ho presa di petto come una sfida. Devo servire la mia nazione.”, ha detto, aggiungendo che la sua squadra di 10 persone si è impegnata duramente per fare del progetto un successo.

Alla fine, ha sottoposto il kit all’Istituto nazionale di virologia, per la valutazione, il 18 marzo e cioè giusto un giorno prima di partorire sua figlia. Quella stessa sera, un’ora prima di essere trasportata in ospedale per il cesareo, ha inviato la proposta all’Autorità indiana per il controllo alimentare e medicinale e a quella per l’approvazione commerciale.

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francesca e concetta

(Francesca Colavita e Concetta Castilletti)

Per i media italiani dev’essere stato come un fulmine a ciel sereno o un sonoro ceffone – qualcosa che ha indotto nelle redazioni uno stato di shock da cui sono usciti titoli del tipo “Gli angeli della ricerca” e assicurazioni che i mariti e le famiglie “supportano” (accettano e sostengono) questa cosa per loro stranissima, assai improbabile, mai vista, un po’ inquietante: “Sono tre donne, tre ricercatrici italiane le protagoniste dell’impresa dell’istituto Spallanzani, riuscito a isolare il nuovo coronavirus, passo fondamentale per sviluppare terapie e possibile vaccino.”

Si tratta di Maria Rosaria Capobianchi, “67enne nata a Procida, laureata in scienze biologiche e specializzata in microbiologia, a capo del Laboratorio di Virologia”, Francesca Colavita “giovane ricercatrice da 4 anni al lavoro nel laboratorio dopo diverse missioni in Sierra Leone per fronteggiare l’emergenza Ebola” e Concetta Castilletti, “responsabile della Unità dei virus emergenti (“detta ‘mani d’oro’, ha raccontato il direttore dell’Istituto Giuseppe Ippolito), classe 1963, specializzata in microbiologia e virologia”.

concetta e maria

(Concetta Castilletti e Maria Rosaria Capobianchi)

Ai giornalisti rintronati e preoccupatissimi del benessere dei loro familiari (non in relazione ai virus, ma al ruolo di servizio delle donne) le ricercatrici hanno semplicemente risposto che questa è la loro vita, sono state umili e hanno definito il loro successo una “vittoria di squadra” (due uomini ne facevano parte: Fabrizio Carletti, test molecolari e Antonino Di Caro, collegamenti sanitari internazionali), hanno persino detto di dover qualcosa alla fortuna.

Tuttavia la loro intelligenza, la loro brillantezza, le loro capacità e le loro storie di preparazione e di impegno sono salite sul palcoscenico e lo hanno inondato di luce. Una volta tanto, trattando di donne, non si è parlato della “bellezza”, di spacchi vertiginosi, di prodotti cosmetici e dimagranti, di chi va a letto con chi e delle centinaia di stronzate sessiste e misogine che provengono dai media ogni singolo giorno.

Ora il grande pubblico ha visto tre delle donne normali e comuni e splendide che rendono la nostra vita migliore solo essendo se stesse. Pensate a quante altre ce ne sono – e se siete donne e mi state leggendo pensate a voi stesse.

Maria G. Di Rienzo

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Jennifer Gunter è una ginecologa che è diventata famosa negli ultimi anni per le sue battaglie contro la pseudo-scienza e in genere contro le patacche e le bufale vendute alle donne dai “guru” del benessere. Il mese scorso ha dato alle stampe “The Vagina Bible” – “La Bibbia della Vagina”, il cui sottotitolo ne spiega l’intenzione: “separare il mito dalla medicina” (Twitter ha bloccato la sua promozione, perché “vagina” è per loro una parola oscena, ma tutti gli insulti sparati contro le donne tramite tweet no).

vagina bible

L’8 settembre Eva Wiseman ha condotto per il Guardian una lunga intervista con la ginecologa e nell’articolo ha inserito un estratto del libro, che di seguito traduco:

MITI E MEDICINA:

Prezzemolo in vagina

Il ramoscello. Infilato su per la vagina ogni notte, per tre o quatto volte, per indurre le mestruazioni. Guardate, non me lo sto inventando, lo sto denunciando. Sembra che alcune persone – sbagliando – pensino che il prezzemolo possa stimolare le contrazioni uterine. Non ci sono prove che l’applicazione vaginale di prezzemolo possa fare ciò, ma persino se potesse ciò non vi farà avere le mestruazioni. E’ il regresso del progesterone che causa le mestruazioni, non le contrazioni uterine.

Uova di giada per la tua “yoni”

E’ l’idea che se metti un sasso di giada a forma d’uovo nella tua vagina ciò ti metterà in sintonia con la tua energia femminile o qualcosa del genere. Le uova di giada sono state pubblicizzate come antico segreto delle concubine e regine cinesi. Io ho fatto ricerca su questo e ho pubblicato i miei dati su una rivista medica a revisione paritaria – non lo sono affatto. La sola cosa antica al proposito è l’assenza di scienza.

Le pillole anticoncezionali causano aumento di peso

Questo è stato molto ben studiato e la risposta è no. Non si tratta di non credere alle donne, sto facendo l’esatto opposto. Si tratta di ricevere le segnalazioni delle donne e studiarle. Questi dati riflettono veramente l’ascolto delle donne da parte di medici. Numerosi studi hanno dimostrato che non c’è collegamento fra pillole anticoncezionali e aumento di peso. Le condizioni di vita associate all’iniziare una nuova contraccezione possono essere collegate al peso, ma la pillola no.

La contraccezione ormonale causa “infertilità”

Per niente ma il patriarcato, tentando di spaventarti affinché tu ti astenga dal controllare la tua salute riproduttiva, ha investito in questo mito. Tristemente, molti sostenitori della salute “naturale” fomentano questa stessa paura. Con l’iniezione può esserci un ritardo di parecchi mesi per il ritorno alla fertilità, ma nel giro di un anno tutte le donne ritornano alle condizioni standard. Come per tutti gli altri metodi contraccettivi, una volta che si smetta di assumerli o che siano stati rimossi, si torna in direzione della gravidanza il mese successivo.

Acqua di lusso

L’ultima è la cosiddetta “acqua alcalina”. L’acqua ha pH 7 e l’acqua alcalina è stata modificata affinché il suo pH sia 8 o 9. Questa è un’estensione della cosiddetta dieta alcalina, promossa per “neutralizzare l’acido nel tuo corpo” (finto linguaggio medico) e curare praticamente tutto, persino il cancro. NON LO FA. Perché tutte maiuscole? Perché delle persone hanno seguito la dieta alcalina per il cancro e sono morte. L’uomo autore del libro che ha contribuito a rendere popolare il trend alcalino è stato arrestato per aver esercitato la professione medica senza licenza e ha ricevuto una condanna a 3 anni e 8 mesi di prigione. Questa è una truffa di proporzioni epiche.

Magneti in prossimità della vagina per la vampate di calore

A volte temo che mi slogherò il collo per quanto i miei occhi roteano su queste affermazioni e la “scientificità” (ehm ehm) che ci sta dietro.

Yogurt per le infezioni da candida

Non contiene i ceppi di lattobacilli che sono importanti per la salute vaginale. Quando una donna mette yogurt in vagina, sta mettendo in essa altri batteri e le conseguenze di ciò non sono note. Può dare una sensazione di sollievo poiché ha la consistenza di una crema, ma i rischi non sono conosciuti e sarà comunque inefficace.

Clisteri di caffè

Buon Dio, no. Ci sono persone, persino alcuni medici, che promuovono questa roba per curare la depressione! Io – non – posso – proprio. Parlando in senso medico, credere che il caffè nel retto possa curare qualsiasi cosa è grottesco. Voglio dire, perché berlo non otterrebbe lo stesso effetto? E’ un’idiozia surreale di proporzioni epiche.

Fare vapori alla vagina

Questo è pubblicizzato per “ripulire” l’utero. Si lega al mito distruttivo che l’utero sia sporco o che le mestruazioni siano una pulizia dell’utero. L’idea dell’utero pieno di tossine è usata, letteralmente, da numerose culture per escludere le donne dalla società – una caratteristica che definisce il patriarcato. Perciò dire alle donne che questo è vero è promuovere un’idea patriarcale.

Riflessioni finali

Potere e salute sono collegati. Tu non puoi essere una paziente con del potere ed avere i risultati che vuoi per la tua salute con informazioni inaccurate e mezze verità. Io sono stata assalita per essermi esposta contro le informazioni errate e la disinformazione che sono offerte alle donne come degne di considerazione. Una vera scelta – valutare la tua proporzione di rischi / benefici e prendere una decisione basandoti su tale informazione – richiede fatti. Ed è questa ricerca per dare fatti alle donne che mi tiene sveglia la notte. E’ la ragione per cui continuo a lottare.

Il patriarcato e l’olio di serpente hanno avuto una lunga durata, ma io ho chiuso con il modo in cui hanno impatto negativo sulla salute delle donne e fanno di essa un’arma. Perciò non smetterò di agitare la mia mazza sino a che ognuno avrà gli attrezzi per essere un paziente con del potere e quelli che cercano di mantenere soggiogate le donne tenendole distanti dai fatti che riguardano i loro corpi chiuderanno la bocca e andranno a sedersi a fondo classe. Questa è la mia “vagenda”.

Maria G. Di Rienzo

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currano

La fotografia ritrae la dott. Ellen Currano, docente associata di paleobotanica (studio dei resti fossili vegetali) all’Università del Wyoming. Il suo abbigliamento è quello del lavoro sul campo, ma in effetti Ellen ha qui dotato il suo equipaggiamento di un accessorio nuovo: la barba.

Il fatto è che la scienziata, nonostante faccia le identiche cose dei suoi colleghi di sesso maschile, ottiene da sempre ascolto zero. La sua pazienza è giunta al limite quando uno di questi colleghi è stato accreditato e lodato per le idee che lei aveva espresso pochi minuti prima. Ovviamente la dott. Currano non è la sola donna a sperimentare di continuo situazioni simili nell’ambito scientifico e a quel punto ha deciso che avrebbe tentato di darne conto all’esterno di esso.

“Confidò all’amica regista Lexi Jamieson Marsh – scrivono Kate Ryan e Belinda Goldsmith per Thomson Reuters Foundation – di essere stanca di sentirsi invisibile e di vedere che erano sempre gli scienziati maschi a essere intervistati in televisione quando c’era necessità di un esperto: “Ho detto: se mi mettessi addosso una barba, allora forse ascolterebbero quel che ho da dire.” Marsh ha aggiunto che quell’osservazione colpiva nel segno e ha ispirato “The Bearded Lady Project: Challenging the Face of Science” – “Il Progetto Signora Barbuta: Sfida al Volto della Scienza”, un’ironica celebrazione delle donne che dedicano le loro vite alle geoscienze. “Con qualche pelo ben messo, ogni donna scienziata può essere percepita come egualmente vigorosa, tosta e determinata.”, attesta il Progetto sul proprio sito web.”

bearded lady project

Il progetto include due documentari e una mostra itinerante con i ritratti di 100 paleontologhe (tre sono qui sopra) dotate di barba finta che condividono le loro storie di lotta per la parità salariale, per le opportunità di lavoro sul campo e per le promozioni. Ogni ricavo della mostra finisce in un fondo per le future paleontologhe. Un filmato più lungo è in post-produzione e potete vederne il trailer qui: https://vimeo.com/user32129629

Maria G. Di Rienzo

P.S.: Che barba per noi donne dover continuare a rivendicare la nostra stessa esistenza!

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Siamo membri di gruppi di minoranza razziale, etnica, e religiosa. Siamo immigrate. Siamo persone diversamente abili. Siamo LGBTQIA. Siamo scienziate. Siamo donne.

500 women scientists

Nel 2016 erano abbastanza frustrate – dalla mancanza di rappresentazione, dal maneggiare continuamente pregiudizi e dalla cascata di bufale antiscientifiche veicolate da politici – da tentare di creare una banca dati per le donne nella loro professione, la scienza. Hanno lanciato il messaggio chiamandolo “500 scienziate” perché questa era la cifra delle firme che aspiravano ad ottenere: ne hanno rapidamente ottenute 20.000.

Oggi il gruppo conta 9.000 aderenti, ha creato più di 300 sezioni in tutto il mondo, offre sostegno alle madri scienziate e strumenti e strategie per assicurarsi che le donne siano rappresentate in incontri, conferenze, dibattiti che riguardano la scienza, organizza i “Wikipedia Edit-a-thons” per combattere gli stereotipi (e le vere e proprie sciocchezze) sulle donne e sulla scienza che si trovano sulle pagine dell’enciclopedia online, e ha lanciato un settore gemello che si chiama “500 donne mediche”.

Potete leggere, in italiano – e eventualmente in altre nove lingue – la loro originale dichiarazione d’intenti qui:

https://500womenscientists.org/italiano

Le due co-fondatrici sono Kelly Ramirez-Donders (specializzata in ecologia microbica e ricercatrice all’Istituto Olandese per l’Ecologia) e Jane Zelikova (ecologa, biologa, regista cinematografica). Le loro citazioni riportate di seguito provengono dall’intervista televisiva che hanno rilasciato di recente al programma “Good Morning America”.

Kelly Ramirez-Donders: “Dire che non si è riusciti a trovare una donna (ndt. scienziata, esperta per il dato ruolo) è solo pigro, perché ci sono un mucchio di donne eccezionalmente qualificate che possono parlare con voi del loro lavoro. (…) Noi vogliamo unirci e prendere posizione nelle nostre comunità per dire: siamo per l’equità e l’integrazione nella scienza.”

Jane Zelikova: “Nella nostra esperienza e negli studi che abbiamo visto non c’è meritocrazia nella scienza. C’è un sistema gerarchico strutturato in cui la gente al potere beneficia della propria posizione e gli uomini bianchi continuano a beneficiare delle strutture che hanno creato. Il sistema lavora nel senso per cui è stato prodotto: semplicemente non funziona per noi (ndt. donne, persone di colore, gruppi poco rappresentati). Desidero dirvi (ndt. a costoro) che la scienza vi vuole e ha bisogno di voi. La vostra prospettiva è importante e la scienza è migliore quando tutti partecipano. Abbiamo bisogno di ciascuna voce.”

Maria G. Di Rienzo

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greta

Per quando Greta Thunberg compirà 45 anni, i profughi ambientali saranno decine di milioni: il cambiamento climatico avrà distrutto la loro possibilità di continuare a vivere sulla loro terra con temperature estreme, raccolti avvizziti, incendi di foreste ecc. E’ la sua generazione che porterà l’intero fardello creato dall’avidità, dal disinteresse e dall’ignoranza di quelle precedenti.

Ogni cosa che Greta ha detto pubblicamente finora a proposito del cambiamento climatico è scientificamente corretta: chi non credesse a me, può chiederlo a due eminenti scienziati finlandesi, Christian Breyer – docente di Economia solare all’Università di Tecnologia di Lappeenranta e Markku Ollikainen – docente di Ambiente e Risorse economiche all’Università di Helsinki, che hanno esaminato punto per punto il suo discorso del 21 febbraio 2019 a Bruxelles trovandolo del tutto attendibile, o a qualcuno degli oltre 25.000 scienziati tedeschi, svizzeri e austriaci che hanno aderito a Friday for Future. (La data del prossimo venerdì di sciopero è il 12 aprile.)

Le motivazioni di Greta e degli/delle studenti che le condividono sono semplici e cristalline:

Agli scolari si chiede di frequentare la scuola. Ma con il peggioramento della distruzione climatica questo scopo dell’andare a scuola comincia a non avere senso.

Perché studiare per il futuro, se il futuro potrebbe non esserci?

Perché mettere tanto impegno nel diventare istruiti, quando i nostri governi non ascoltano chi è istruito?

Intelligente, preparata, resistente, determinata, Greta Thunberg ha espresso le proprie preoccupazioni in modo così efficace da schiudere le voci dei suoi coetanei (e non solo) e da motivarne all’impegno ecologista, nel primo Friday for Future del 15 marzo scorso, più di un milione e seicentomila in 125 diversi paesi.

Il contesto sono le azioni che questa ragazza ha intrapreso e le ricadute delle stesse – e nessuno dei suoi detrattori è in grado di demolire le premesse scientifiche che stanno alla base di dette azioni. Perciò, continuano ad aggredire la sua persona (le sue trecce, il suo viso, la sua età, la sindrome di Asperger, i suoi genitori) e a prodursi in battute squallide del tipo “metterla sotto con la macchina”: uno scenario patetico in cui perfette/i ignoranti sbavano per un posto sotto i riflettori sgomitando la figura di Greta, che probabilmente a loro parere sta ricevendo troppa luce.

Visto lo stato del pianeta Terra, le tre cose che noi “vecchi” possiamo e dobbiamo dire, a questa 16enne come alle sue simili in tutto il mondo, giovani attiviste meno note ma non meno capaci o ostinate, sono: Scusa, grazie e sono al tuo fianco.

Una quarta è facoltativa ma personalmente, oggi, sento il bisogno di dirla: Felice Equinozio di Primavera, ti giuro che continuerò a fare del mio meglio perché la tua generazione e quelle future godano di tutte le primavere a venire.

Maria G. Di Rienzo

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(tratto da: “Science doesn’t belong to men. Here’s the proof”, di Afua Hirsch per The Guardian, 2 ottobre 2018, trad. e adattamento Maria G. Di Rienzo)

cern logo

Se c’è un posto che dovrebbe essere immune dal nostro flagello planetario di bufale, pensereste che tale luogo è il regno della fisica nucleare. Il Cern – il Centro di ricerca nucleare a Ginevra, attualmente al centro di un baccano sessista – spende un miliardo di dollari l’anno cercando prove su una particella, per l’amor di dio. Questi individui maneggiano i fatti come nessun altro.

Ciò non ha impedito al fisico di sesso maschile Alessandro Strumia di usare un discorso al Centro per fare affermazioni totalmente prive di senso sulle donne che non avrebbero dato contributi alla fisica e che ora godono di così tanto sostegno per entrare nella scienza che gli uomini sono diventati vittime di discriminazione.

Posso solo pensare che Strumia stia seguendo la ben collaudata tecnica del fare qualche commento essenzialista che non ha base nei fatti e quando si è investiti dal contraccolpo – Strumia è già stato sospeso dall’Università di Pisa – diventare martiri, cadendo nobilmente sulla spada tenuta dalle mani della militanza politicamente corretta.

Solo i politicamente corretti, presumibilmente, sarebbero distratti da una storia di donne che hanno dato contributi fondamentali alla fisica, sebbene a molte sia stato negato lo stesso riconoscimento conferito ai loro contemporanei maschi perché, come Sophie Germain – una pioniera delle scoperte sull’elasticità in era napoleonica – sono state ignorate a causa del loro sesso; o, come Rosalind Franklin, che ha scoperto le strutture interne del DNA, sono morte giovani; o, come nel caso di Ipazia, sono state assassinate da zeloti maschi.

E non perdete troppo tempo con le statistiche contemporanee sulle donne nella scienza, che mostrano come lo scorso anno esse formavano poco meno di un quarto della forza lavoro scientifica nel Regno Unito. La cifra globale delle donne in ruoli di ricerca e sviluppo nella scienza ammonta a poco meno di un terzo.

Non sono sicura di quanto Strumia abbia elaborato al proposito – i suoi commenti sono stati rimossi dal sito web del Cern che, incidentalmente, è guidato da Fabiola Gianotti, una delle fisiche più prominenti. Forse è d’accordo con Tim Hunt, il fisico dell’University College di Londra che nel 2015 disse come il problema nel permette alle “ragazze” di entrare nei laboratori fosse che “ti innamori di loro, loro si innamorano di te, e quando le critichi piangono.”

Questi scienziati possono essere misogini isolati. Ma io sospetto ci sia qualcosa di più profondo che sta accadendo. Viviamo in una società guidata da credenze altamente relative ai generi sulle abilità essenziali. Gli uomini, siamo incoraggiate/i a credere – non per ultimo da una litania di libri di auto-aiuto – sono razionali, orientati al prestigio, competitivi e, è probabilmente ragionevole presumere, bravi nella fisica nucleare. Le donne sono empatiche, emotive e brave nella comunicazione e nel familiarizzare. Affermazioni per cui le donne direbbero 13.000 parole al giorno più degli uomini, sebbene regolarmente sconfessate dagli accademici, aiutano a condizionarci a credere che le donne sono veramente migliori nelle doti comunicative.

Queste idee sono sempre state problematiche in se stesse, ma sono anche caricate di un’ideologia del tutto nuova. Nel Regno Unito, per esempio, la globalizzazione ha creato maggiori opportunità di lavoro nel settore dei servizi e nella manifattura. E questi lavori, in particolare quando implicano il contatto diretto con i clienti, premiano le doti relative a linguaggio e comunicazione. I ricercatori hanno scoperto, per esempio, che i direttori dei call center hanno interiorizzato le credenze sulla superiorità di parola delle donne e favoriscono le loro assunzioni.

Il risultato è un vicolo cieco in cui perdono tutti. L’ansia della classe lavoratrice maschile può ben essere collegata alla sensazione – conscia o no – che gli uomini sono fondamentalmente mal equipaggiati per gli impieghi del futuro, mentre le donne continuano a sperimentare gli stereotipi sessisti e ad essere assiepate in ruoli dal basso salario e di basso livello.

Perché nel mentre l’avere una buona alfabetizzazione emotiva aiuta a lavorare nei call center, non è una strada per arrivare a quel tipo di ruoli guida altamente retribuiti che sono ancora dominio degli uomini. Di certo, non fa nulla per dissolvere vecchi pregiudizi sulla capacità delle donne di lavorare nella scienza e nella tecnologia.

Non posso fare a meno di chiedermi se Strumia stia eseguendo una sorta di rituale territoriale. Prendendo in prestito un altro stereotipo obsoleto sul tipico comportamento maschile: se le donne stanno andando a prendersi altri settori allora la scienza, più che mai, dovrebbe appartenere agli uomini.

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dark ages

Sai, c’è stata un’altra epoca

in cui la scienza non era presa sul serio

e la religione governava il mondo.

Li abbiamo chiamati secoli bui.

L’Espresso ha pubblicato ieri un’intervista al sacerdote Vilmar Pavesi, indicato come consigliere spirituale del ministro “della famiglia” Lorenzo Fontana. Le dichiarazioni di entrambi sembrano posizionarli abbastanza lontani nel tempo e nello spazio: in pratica scollegati dalla realtà e desiderosi di una replica del medioevo.

Le prime due frasi sono di Pavesi, la terza e la quarta sono state dette da Fontana in un’intervista concessa a La Stampa:

“C’è il diavolo dietro ogni peccato di superbia, di sensualità, di lussuria. L’omosessualità è un peccato contro natura. Istigato dal maligno.”

“In questa Chiesa vengono solo uomini perché ci vuole uno sforzo mentale per seguire la messa in latino.”

“Impediremo alle donne di abortire.”

“Abolirei le unioni civili, la famiglia è quella naturale.”

Se le gerarchie ecclesiastiche per il sacerdote e il governo per il ministro non hanno niente da dire al proposito, noi siamo costretti a supporre che queste affermazioni abbiano la loro approvazione e il loro consenso.

Se per quel che riguarda la chiesa cattolica, non essendo credente e quindi a essa non affiliata, io possa dire che non mi interessano anatemi, scomuniche e fantasie paranoiche sul demonio, per quel che concerne il governo del mio paese è tutt’altra musica: la garanzia che i diritti umani miei e altrui (Costituzione della Repubblica, Dichiarazione Universale delle Nazioni Unite) siano rispettati sta ampiamente nelle mani di chi fa le leggi.

Credo sia ora di preoccuparsi, entusiasti elettori e sostenitori dell’attuale coalizione al potere, perché Probitas laudatur et alget – L’onestà è lodata ma muore di freddo (Giovenale) e Nam tua res agitur, paries cum proximus ardet – Se brucia la casa del vicino, è in ballo anche casa tua (Orazio).

Sì, Pavesi e Fontana, sono una donna e ho fatto uno sforzo mentale. Sono ancora viva. Il prossimo sforzo mentale dovrebbe toccare a voi, magari – visti i vostri ruoli – dopo un esame di coscienza.

Maria G. Di Rienzo

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