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Posts Tagged ‘nicoletta crocella’

Il nuovo romanzo di Maria G. Di Rienzo è ora disponibile online.

MERGELLINA E LE MADRI

(di Maria G. Di Rienzo)

Mergellina,

Mergellina…

Dentro questa barca fammi sognare

Rema per me

Non mi svegliare

(Serenata a Mergellina – Mario Abbate)

Letto, riletto e poi riletto ancora con piacere e coinvolgimento. I romanzi di Maria G. Di Rienzo sono sempre preziosi per la sua capacità di creare mondi possibili in cui le conseguenze dell’oggi sono la premessa per altre storie, altri timori, altre possibilità.

Il romanzo è ambientato in un tempo futuro dopo il disastro, quando oramai l’acqua la fa da padrona tra paludi e atolli dove la gente si organizza e sopravvive, con strutture simili o grandemente diverse.

Ma qualunque organizzazione, qualunque stuttura sociale riesce sempre ad avere i suoi emarginati i suoi disadattati, quelli che emigrano sperando di trovare altrove un senso diverso alla propria vita, quelli che non accettano, che subiscono, e che nonostante tutto cercano in qualche modo di restare fedeli a se stessi.

La scrittura piana e scorrevole ci accompagna dentro le emozioni e la vita di Lin, la “ragazza che non c’è” che ha ereditato un nome assegnato dagli spiriti, che rifiuta ferocemente identificandosi come Lin. Ma ciò che rifiuti ti segna e rimane una parte di te, magari tatuata sul polso come il suo nome. Altri personaggi fondamentali emergono subito accanto a lei, la figlia Ninni, “formata a modo suo”, e Jade, Geid, il compagno non compagno artista, e via via alcuni di primaria importanza ed altri minori emergono dal proseguire del racconto, e ci aiutano a comprendere l’andamento delle vite sugli atolli e fra i palificati. Nessuna vita viene trascurata o accennata solo di striscio, ognuno ha la sua storia e la sua dignità, e un ruolo magari inatteso da giocare.

Centrale e sconvolgente il ruolo della grande Madre Zulma, di Romita Sacra, la madre di Lin e di altri nove figli, che entra nel racconto con la sua morte fuori contesto che mette le basi per lo sconvolgimento che si sta preparando.

L’autrice riesce a creare un mondo diverso, in cui la memoria distorta del passato diviene la fonte di nuove speranze e nuovi miti, dalla religione dell’ Armonium, alla stessa organizzazione dei palificati, che hanno trovato nella presenza degli spiriti e la loro cura per la gravidanza l’occasione di creare una struttura sociale imperniata sulle madri. Le donne che hanno fatto il pellegrinaggio a Tirta, la casa degli spiriti, per dieci volte, partorendo altrettanti figli, divengono le Grandi madri ed entrano a far parte del circolo che governa la vita dei palificati. Sugli Atolli invece l’organizzazione civile e quella religiosa convivono senza sovrapporsi, ed in ogni caso la scelta di credere o non credere ad una delle religioni o dei miti correnti è un fatto personale, che non sempre incide sul comportamento. In questi contesti può succedere di tutto, anche che un pezzo di latta emerso dal mare venga interpretato come un messaggio degli spiriti, e divenga il nome di una bambina: Pizzeria Mergellina, che da subito si sentirà fuori posto, incompresa ed incapace di accettare il mondo in cui vive, le relazioni che sua madre intrattiene nei giorni fertili per arrivare alle dieci gravidanze ed essere una Grande Madre, tutta l’organizzazione dei palificati, ed il suo nome così caricato di aspettative, che lei cambierà in Lin.

Mi capita spesso in questi giorni, mentre sto pensando a scrivere questa recensione, di trovare post tipo questo: ERES LA VERSIÓN MEJORADA DE TUS ANCESTROS

Los miembros “ raros” que no se adaptan al sistema familiar, a sus ideologías y desde pequeños comienzan a revolucionar sus creencias, aquellos criticados, juzgados y rechazados por no adaptarse a seguir el castrador y tóxico control familiar, son los llamados a liberar historias repetitivas que frustran y estancan las generaciones futuras. Estos seres son la versión mejorada de sus ancestros y tienen el don de reparar la historia, desintoxicar y crear una nueva raíz familiar, desvelando y liberando miles de secretos, acosos, violaciones, tabúes, miedos reprimidos, sueños no realizados, talentos frustrados y apegos enfermizos.

Muestra tu rareza al mundo, eres enviado a sanar, evolucionar y trascender la historia familiar.” (Sei la versione migliorata dei tuoi antenati: i membri strani che non si adattano al sistema familiare, alle sue ideologie e fin da piccoli cominciano a rivoluzionare le loro credenze, quelli che sono criticati giudicati e respinti perché non si adattano a seguire il controllo familiare castrante e tossico, sono quelli chiamati a liberare storie ripetitive, frustranti e stancanti per le generazioni future. Essi sono la versione migliorata dei loro antenati ed hanno il dono di riparare la storia, disintossicare e creare nuove radici familiari, svelando e liberandoi mille segreti familiari, gli abusi, le violenze, i tabù, le paure represse i sogni non realizzati, talenti frustrati e attaccamenti malati.

Mostra il tuo essere speciale al mondo, sei inviato a risanare, far progredire e trascendere la storia familiare”)

L’ho trascritto perché mi sembra che descriva bene la situazione che Maria G di Rienzo ci racconta sia nella sua protagonista, che nel suo compagno e nella sorella più piccola. A modo suo riesce ad essere sovvertitore anche Aronne, il fratellino affidato agli spiriti perché malato in modo inguaribile, che dirige la sua attitudine violenta contro la struttura che lo contiene.

Mi sembra che sia una descrizione adeguata a quel che emerge leggendo la storia di Lin, le sue rabbie per contenere la paura, il suo dibattersi per proteggere chi ama e sopravvivere, il suo fuggire dai legami, dalla famiglia, e il mantenere saldo e indiscutibile il suo legame con la figlia diversa, e poi dibattersi, non fidarsi, non affidarsi, che ne fanno la ribelle fuori le righe sempre pronta a battersi, a combattere per sopravvivere, e sarà lei, forte di qualità e profondità che nemmeno si riconosce, a smuovere dei territori divisi ed a farne un tutto unico di speranza e aperture. “Perché diamine cose del genere continuavano a capitare a lei, comunque?” Si chiede alla fine, e dopo aver incontrato “l’allargamento della umanità” torna a sistemare la barca per ritornare alla sua vita ed ai suoi affetti.

La nota finale dell’auitrice :”Questo romanzo è dedicato alle origini: “Studiate il passato, se volete dar forma al futuro”. Se non vi piace sentirlo dire da una femminista, pensate che lo sosteneva persino Confucio.

Il romanzo è dedicato anche al mio lettore-cavia, che ho l’immensa fortuna di avere al mio fianco da oltre quarant’anni. Grazie, Stefano.

Agosto 2020, Maria G. Di Rienzo”

Questo ci dice molto di come scorre il romanzo e della pacata competenza e l’attenzione che c’è dietro ad ogni storia, ad ogni sfumatura. Più volte si avvertono echi di fatti che ci attraversano, e si incontrano citazioni e rimandi ad altri tempi e luoghi, ma tutto questo avviene nel corso della narrazione, necessario antefatto o rimando ad un passato più o meno lontano, senza ostentazione, come strumento per motivare una reazione, una storia, un momento.

Nel romanzo c’è molto di più, una trama serrata, un intreccio di storie e di eventi si collegano, si sovrappongono, sembrano staccarsi per poi tornare ad intrecciarsi. C’è il tema dell’amore, incompreso, frustrato, inatteso, sorprendete, e quello della fiducia , del rispetto verso se stessi, i propri sogni e la necessità di realizzarli, mai come si era progettato, mai in modo lineare, ma guardandosi dentro, e anche un po’ indiero, si riesce a comprendere che questo è quello che volevamo, che alla fine questa à la vita, ed anche noi alla fine troveremo la nostra collocazione, e magari anche l’ultima sorpresa.

Un altro filone che scorre tra le righe del romanzo è quello della fede, della religione e della trascendenza, le credenze come si agitano si intrecciano, si rivelano deformazioni di conoscenze e tecniche precedenti, ma c’è sempre un qualcosa in più latente, che si può chiamare intuizione, percezione di legami universali, emozione, contagio, e il tutto spiegato diviene ancora emotivo e magico.

Nicoletta Crocella

Il collegamento all’articolo originale:
https://ragionandoci.wordpress.com/2020/10/24/mergellina-e-le-madri-il-nuovo-romanzo-di-maria-g-di-rienzo/

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“Effetto farfalla”: immagino che se non conoscete il significato di questa terminologia ne abbiate almeno sentito parlare. Senza scomodare in dettaglio precursori e sistematizzatori del concetto (da Fichte a Lorenz, passando per Alan Turing e Ray Bradbury) il suo senso è questo: tutto ciò che esiste è interconnesso a tal punto che persino la più minuscola delle azioni in un luogo qualsiasi può avere un effetto immenso da qualche altra parte.

maschera farfalla

A guisa di metafora, ciò è particolarmente vero per i circoli di donne o per gli spazi misti e non in cui le donne condividono le loro esperienze. La testimonianza dell’una risuona con il vissuto dell’altra, le parole che Tizia dice sono quelle che Caia cercava, il modo in cui lei ha attraversato e risolto una determinata difficoltà potrebbe essere esportato nella situazione che io vivo… e così via.

La visione che si spezza, durante questi incontri, è quella che iscrive mondo e natura nella cornice di una macchina soggetta a dominio e controllo. Le donne, equiparate dal patriarcato alla “natura” nella forma di risorse da sfruttare (inferiori a una vera umanità e incapaci di raggiungerla), costruiscono in tal modo prospettive diverse e multidimensionali che rompono il paradigma dell’oppressione e indicano nuove strade.

Volete provare? Magari per celebrare in modo significativo il Solstizio d’Estate? Potreste partecipare a “LA MAGIA DELLA PAROLA: PAROLE E AZIONI PER IL BENESSERE DI SÉ E DEL MONDO”, in quel di Bassano in Teverina (Viterbo) : “Le parole dette e ascoltate influenzano le nostre vite, sino a orientare credenze e atteggiamenti. La magia della parola agisce con l’accettazione, la diffusione la ripetizione delle stesse parole dette e ridette in ambiti diversi. La vita delle donne e degli uomini è influenzata sin dalla nascita dalle parole che ascoltiamo, e poi che diciamo. L’ascolto, l’intreccio tra le diverse culture e i modi di vivere, il riconoscersi nelle parole delle altre e degli altri, tra identità e differenza sono il primo passo per ascoltare anche il senso delle nostre parole, e dar loro intento e significato. Sabato e domenica 24/25 giugno 2017 – festeggiando il Solstizio – fermiamoci nella luce ad ascoltare, riconoscere e esprimere le nostre parole per un mondo migliore.”

Chiedete ulteriori informazioni all’Autrice dal cui testo ho tratto questo brano, Nicoletta Crocella: l’indirizzo del suo blog “Ragionandoci” è qui a destra, nella colonna delle Amiche.

Siete troppo distanti, in questo momento vi sentite timide o non state benissimo, siete impegnate in quei due giorni? Ok, non vi lascio a piedi. Guardate un attimo questo disegno.

sun spiral

Siete in grado di riprodurlo incidendolo sul terreno, disegnandolo su grandi fogli di carta, usando sassolini – gessetti – foglie e fiori – mattoncini delle costruzioni della vostra bambina o bambino? Se non volete uscire di casa, potete assemblarlo sul tavolo della cucina.

Percorretelo, a piedi se l’avete creato all’esterno, con un “avatar” che vi rappresenti se sta sul tavolo (una volta li chiamavamo “segnalini”…), in senso orario, a partire dalla più alta delle cinque spirali esterne. Essa rappresenta quel che sapete, perciò comincerete dicendo a voce alta: “Tutto quello che so”. Muovendovi verso destra finirete su “Tutto quello che sento dentro di me”, “Tutto quello che penso”, “Tutto quello che faccio”, “Tutto quello che amo”. Ripetete il giro pronunciando queste parole sino a che non vi sentirete abbastanza forti da andare al centro, occupando la spirale maggiore: “TUTTO QUELLO CHE SONO”.

Tutto quello che siete, amiche mie, ha senso. Tutto quello che siete ha valore. Tutto quello che siete ha un posto e uno scopo. Se compirete il giro in compagnia di altre persone, quando alla fine ognuna di voi sarà al centro prendetevi per mano e danzate come se festeggiaste la prima alba del mondo: perché, in rinnovata consapevolezza, per voi lo sarà. Maria G. Di Rienzo

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Sabato 3 ottobre 2015 (dalle ore 15) / domenica 4 ottobre 2015 (sino alle ore 18) a Bassano in Teverina seminario su: I circoli femminili di consapevolezza, l’arte, l’ambiente. La responsabilità verso se stesse, verso le altre e gli altri, verso la natura tutta.

Dalla presentazione di Nicoletta Crocella (in immagine):

Nica

Obiettivo: offrire un tempo di scambio e di reciproco arricchimento personale, emotivo, culturale e sociale, mediante l’incontro con donne di diverse culture, e con le diverse esperienze, studi e ricerche storiche, antropologiche, scientifiche. E fare il punto sul nostro circolo, per sostenerne i progetti futuri.

Metodo: un lavoro attivo teorico pratico dove ognuna sarà corresponsabile dell’andamento dell’attività collettiva, con un coinvolgimento personale globale. Un aiuto verrà fornito dalla proiezione di filmati e dall’uso di strumenti audiovisivi.

Partecipanti: sono invitate tutte le donne che si sono interessate o hanno partecipato ai circoli della luna piena , quelle che ricevono le nostre notizie e che intendono approfondire i temi che abbiamo affrontato in questi mesi, sono ammessi, anzi invitati, gli uomini che ci hanno accompagnato in questa esperienza, e coloro che eventualmente volessero accostarsi ad essa con rispetto ed ascolto.

women circle

Indicativamente avranno il ruolo di conduttrici conduttori Nicoletta Crocella, Mario Palmieri, Maria G. Di Rienzo, di cui saranno messi a disposizione anche alcuni testi, e le donne del circolo della Luna (Miriam, Grazia, Cinzia, Fiammetta, Marinella)

Maria G. Di Rienzo, scrittrice, ricercatrice, esperta della storia delle donne, e formatrice alla nonviolenza, è una delle polarità da cui si muove il nostro lavoro. Il testo della conferenza divenuto poi il libro delle edizioni Stelle Cadenti “La dea sei tu” è una delle ancore di conoscenza non solo intellettuale, ma anche emotiva e coinvolgente, rispetto al prendersi carico della storia delle donne, e della eredità delle generazioni precedenti, per ritrovare il sacro che agisce in noi, il senso del nostro valore, il legame con le altre donne.

Nicoletta Crocella, assistente sociale, formatrice, con esperienza nella conduzione di gruppi e nella formazione e promozione della persona. Esperta di fiori di Bach, femminista ed ecologista, ha seguito per dieci anni il Laboratorio psicologico delle differenze di cui è stata presidente. Dall’incontro con Tanya Duarte e con le cerimonie de il Ritual Feminino ha tratto lo spunto per iniziare una ricerca sul senso magico delle nostre vite, e sulle tracce della magia femminile che le donne prima di noi ci hanno lasciato, spesso in gesti non dichiarati, in usi e cerimonie della vita quotidiana. Ha iniziato così a riunire le donne del circolo della Luna di Bassano in Teverina, di cui sino ad ora ha condotto tutti gli incontri. Il fascicolo “La Luna e noi” raccoglie le esperienze di più di un anno di cerimonie, incontri, corsi.

Mario Palmieri, artista, presidente dell’associazione Stelle Cadenti, a cui il circolo della Luna si appoggia, ha messo a disposizione la sua conoscenza profonda dei Tarocchi e le sue ricerche sulla filosofia ermetica, su testi cabalisti e gnostici, e sulle forme di energia che attraversano i mondi.”

mappa

Interessate/i? Volete saperne di più?

https://ragionandoci.wordpress.com/2015/09/27/preparando-il-seminario-del-tre-e-quattro-ottobre/

Siete nei paraggi e volete partecipare? Ditelo a Nicoletta:

nicoletta@edizionistellecadenti.org

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48 secondi cop… questo libro sarà fra le vostre mani, grazie a Nicoletta Crocella, alle opere sue e di Grazia Marino e Giovanna Farinella che fungono da illustrazioni e al sogno persistente delle Edizioni Stelle Cadenti.

E’ consigliato con una buona tazza di tè e un miciozzo o un cagnone che vi dorme in grembo, ma andrà benissimo leggerlo anche se sulle ginocchia tenete la testolina del vostro bimbo/bimba o la testona del vostro amato/amata.

Se è scritto bene lo deciderete voi dopo averlo letto, ma posso intanto assicurarvi che si tratta di un libro straordinario. Volete sapere perché? Be’, perché non ho pagato per pubblicarlo, non mi sono autorecensita entusiasticamente sotto falso nome, ne’ ho usato account fittizi per far seguire alla recensione commenti sbrodolanti e una spumeggiante discussione fra me, me e me.

Non ho usato uno pseudonimo e finto di aver scoperto una promessa della letteratura fantastica e me ne sono strafregata dei poveri piccoli pirla convinti che per scrivere fantascienza io abbia bisogno del loro permesso o della loro approvazione. Se non è straordinario questo…

Prenotate, prenotate!

Scrivendo a

nicoletta@edizionistellecadenti.org

o andando sul sito http://www.edizionistellecadenti.org

Maria G. Di Rienzo

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dragon shadow

Ci sono tesori segreti nelle parole, che non troverete analizzando etimologia o grammatica. Sono tesori così preziosi che – come da antiche tradizioni – sulla soglia della comprensione sta un drago, a custodirli. Le loro forme, le forme del pensiero nello spazio, i loro suoni, il loro significato, il perché nascono, come noi creiamo parole e come le parole creino noi… come i suoni si fondano e si differenzino in un canto interiore che preme per uscire alla luce.
Non lo farà prima che la protagonista nel nuovo romanzo breve di Nicoletta Crocella sia pronta. Non lo farà prima che tu, lettrice o lettore, ti sia immerso abbastanza nella profondità delle parole da emergerne soffuso di quella stessa luce, perché la via che le parole del romanzo indicano è la tua vita, e quel che ne hai fatto, e quel che ne farai d’ora in avanti. In quarta di copertina, la sinossi de “L’Ombra del Drago” ci parla del “ritrovamento di un antico manoscritto” e di come ciò conduca la giovane studiosa protagonista a scoprire il valore delle relazioni con altri e altre e l’importanza della realtà quotidiana, che assieme allo studio e all’intuito le apriranno nuove realtà. Infatti, con l’aiuto delle amiche, di un bimbo zingaro, di uomini di buona volontà (e anche quelli di cattiva volontà contribuiscono a modo loro) e sì, pure di topi e di una gatta, la studiosa apprenderà a “trarre da sé il proprio cammino”, come dice parte della poesia che a guisa di spira di drago si snoda lungo le pagine, forte e bella, di una dolcezza aliena dapprima, che diventa via via sempre più “nostrana”, familiare, sempre più nostra.
Pozzo dei mondi
riposa nel tuo sguardo
la tua mano è salda nella carezza
da te trai il tuo cammino
L’incontro
specchio doppio in cui non ti perdi
L’Autrice avrebbe potuto limitarsi a mettere nelle nostre mani una sorta di mantra per il risveglio della consapevolezza, e sarebbe già stato un dono enorme, ma è stata così abile da fornirci invece degli attrezzi finissimi con cui noi possiamo creare mantra a nostro piacimento e nelle forme e nei tempi che più ci aggradano. Mistero, avventura e rivelazioni ci terranno nella storia mentre lo facciamo e impariamo che si comincia a vivere davvero quando davvero si comincia ad amare, a conoscere l’amore come energia e guarigione e lotta e rinnovamento, nonché invisibile ma non intangibile parte centrale di un bel mucchio di concetti che usiamo per indicare ambienti ed esseri viventi con cui siamo in relazione, non ultima la parola “io”.
Doni d’amore: così comincia l’ultimo brano poetico del romanzo – che non riporto per intero per non rovinarvi la sorpresa – ed è quel che l’Autrice dà ai suoi lettori e alle sue lettrici ogni volta in cui scrive, si tratti di analisi politiche o di immagini poetiche. Tra l’altro, Nicoletta è una delle rare persone capaci di tenere insieme le due cose in modo armonico e conseguente, come ha fatto proprio ne “L’Ombra del Drago”.
Dunque, come fate a leggerlo, ora che ve l’ho recensito? Lo chiedete alle Edizioni Stelle Cadenti (il link è a destra, nella categoria “Amiche”) o direttamente a Nicoletta:

nicoletta@edizionistellecadenti.org

Il libro è bello da leggere, bello da vedere in copertina per l’immagine dell’opera di Mario Palmieri, autoprodotto in modo rispettoso per l’ambiente e buonissimo da annusare (come al solito!). Cosa volete di più? Maria G. Di Rienzo

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‘Tis but thy name that is my enemy… (Solo il tuo nome mi è nemico… Romeo e Giulietta, atto secondo, scena seconda)

Ma l'ha scritto un gatto?

Ma l’ha scritto un gatto?

“Qualche volta è sensato per un’autrice usare uno pseudonimo, in particolare quando i protagonisti principali del libro sono maschi, o quando si tratta di un genere che attira molto gli uomini, come la fantascienza militare o certi tipi di fantasy e di thriller.”, dice Anne Sowards, editrice di Penguin, in un recente articolo del Wall Street Journal. Tre degli “autori” fantasy che la Penguin pubblica, K.A. Stewart, Rob Thurman and K.J. Taylor sono donne ma, come vedete, niente nei nomi che usano per firmare i propri libri lo rivela. La nuova promessa del settore con il libro “Città della Magia Nera”, il signor Magnus Flyte, non esiste: si tratta dello pseudonimo di due donne, Christina Lynch e Meg Howrey.

“Con un autore nuovo, ad esempio,” prosegue Anne Sowards, “vogliamo evitare qualsiasi cosa possa indurre un potenziale lettore a metter giù il libro dicendo: non è per me. Quando pensiamo che un testo sia appetibile per i lettori di sesso maschile vogliamo che tutto del libro lo dica, dalla copertina al nome dell’autore.” Le ricerche di mercato attestano che mentre le donne leggono senza problemi i libri firmati da maschi, gli uomini non leggono quelli firmati da femmine, e che questo è particolarmente vero per certi generi della fiction. Chi pensava che i tempi di James Tiptree Jr. (Raccoona Sheldon) e di U.K. Le Guin (Ursula) fossero finiti, è servito. Persino John Scalzi, presidente dell’Associazione americana degli scrittori di fantascienza, ha commentato che J.K. Rowling, l’autrice di Harry Potter, avrebbe potuto avere diverso destino se avesse firmato i suoi lavori come Joanne Rowling. A volte gli statunitensi mi sembrano neanderthaliani infilati a forza in tute spaziali…

Comunque, non so quanto il discorso sia applicabile, nei generi letterari menzionati, alla situazione italiana. Ho l’impressione che per i nostrani appassionati ed editori di sf e fantasy il discrimine possa più facilmente essere la nazionalità dell’autore: chi volete si compri l’ultima ciofeca fantasy di Milena Piripacchi o di Gianfrancesco Mullazzoni quando può avere le infinitologie di George R. R. Martin – che tra l’altro sono trasposte in sceneggiati televisivi di successo (Game of Thrones)? Ma come autrice di sf e fantasy mi devo almeno porre il problema.

Ehi, Nica (la mia meravigliosa editrice che è anche meravigliosa scrittrice, Nicoletta Crocella) che ne dici se per le prossime cose da pubblicare usiamo qualche pseudonimo? Potremmo essere virilmente patriottiche con Bruto Filiomeo, Firmino Semper, Vittorio Maschio, Armando La Flotta; o rifarci al retaggio nordico-vichingo con Hole Palle e sperare ci comprino a Casa Pound; o ancora tentare di appellarci alla sensibilità etnica e diventare il balcanico Ioson Veruom, o il teutonico Mein Katz (sono rari quelli che penseranno correttamente al gatto), oppure sbaragliare l’arena americana con uno straordinario Rocky Phallus!

Be’, tutto sommato credo che resteremo felicemente femmine anche nei nostri nomi. Se non volete leggerci per questo siete voi a perderci, ragazzi. Maria G. Di Rienzo

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(testo della mia presentazione del romanzo “Nostra Signora della Luce” alla Fiera della Microeditoria di Chiari, 13.11.2010. N.B. Fino a domani sera avete ancora l’occasione di partecipare alla Fiera e di conoscere le edizioni Stelle Cadenti… Mi auguro cogliate il suggerimento!)

Come ho immaginato una delle protagoniste, grazie a questo disegno

 

“Nostra Signora della Luce” è essenzialmente un’anti-utopia, classificabile nella fantascienza post-catastrofe. Voi sapete che “utopia” significa “non-luogo”, ma il significato attuale del termine – non solo per quanto riguarda la letteratura – è “luogo buono”, o “luogo perfetto”, dove i problemi del tempo presente sono stati risolti; un’anti-utopia, per contro, può condurre all’estremo i problemi del tempo presente e mostrarci il peggiore possibile dei mondi.

L’utopia e l’anti-utopia sono sempre state usate come forma immaginativa della critica sociale: sembrano distantissime dalla realtà, ma di solito sono una sfida di chi scrive all’assetto presente in cui si trova. Per le donne in particolare, sin dal 1600, scrivere utopie o anti-utopie è stato il poter dare voce a sogni e pratiche di libertà. Il fantastico femminile di questo tipo fornisce, infatti, un’esperienza di lettura trasformativa, e cioè rende ad esempio i lettori consci delle strutture del genere e delle metafore concettuali che le sostengono: abilita quindi i lettori a mettere in questione le cosiddette “verità” quotidiane su cosa sia essere uomini o essere donne.

Le donne che hanno scritto all’interno del genere utopico/fantastico hanno contribuito grandemente a far uscire il genere stesso dalla classificazione “intrattenimento superficiale” (leggi spazzatura) con cui era stato bollato dalle accademie. Vi hanno introdotto psicologia, biologia, filosofia, spiritualità, esperimenti sui ruoli sociali e di genere, costruzione di linguaggi non gerarchici, portando il fantastico fuori dal ghetto: adesso la fantascienza e la fantasy scritte da donne sono soggetto frequente di studi e seminari universitari, di saggi e di cicli di conferenze in tutto il mondo, anche se davvero poco in Italia.

Ci sarebbe molto da scoprire, e sicuramente anche da imparare, se riuscissimo a conoscere qualcun altra, oltre alla bravissima Mary Shelley ed al suo “Frankenstein” del 1818. Perché dopo sono venute Roquia Sakhawat Hussain, femminista musulmana bengalese con il suo “Il sogno della sultana”, nel 1905, dove descrive una segregazione sessuale all’incontrario in un universo alternativo. E dieci anni dopo, 1915, Charlotte Perkins Gilman creerà “Herland”, la “terra di lei” dove le donne si riproducono per partogenesi. E queste saranno le madri simboliche delle future Ursula Le Guin, Marge Piercy, Suzette Elgin, Margaret Atwood, Joanna Russ, Sheri Tepper, Joan Slonczewski, e persino Toni Morrison.

Questo per spiegarvi da cosa nasce la mia propensione ad usare il fantastico per quello che ho da dire, nonché per sottolineare il fatto che non ritengo il genere “minore” o “più facile” rispetto allo scrivere all’interno di un’altra cornice letteraria. Nello specifico, con “Nostra Signora della Luce” ho cercato di affrontare più aspetti del tempo presente proiettandoli nel futuro. Naturalmente, il lavoro risente delle riflessioni che io andavo portando avanti quando è stato scritto, qualche anno fa; queste riflessioni concernevano per lo più i contatti che avevo, ed ho tuttora, con le attiviste per i diritti umani delle donne (che in moltissimi casi sono anche delle attiviste ecologiste) in giro per il mondo, e specialmente in quelli che ora sono i luoghi peggiori, per viverci, del pianeta: tipo l’Afghanistan, l’Iran, l’Iraq, la Palestina, eccetera. I punti di vista di queste donne, le loro fatiche, le loro sofferenze, le loro vittorie, la loro resistenza, il loro coraggio, e le loro incrollabili voglia e gioia di vivere, sono cose che io cerco di trasmettere solitamente con articoli e traduzioni. Le traduzioni sono il più letterali possibile, quindi io sono solo il megafono per la voce di un’altra donna; gli articoli devono, com’è ovvio, presentare dei fatti ed argomentare in modo logico, razionale e convincente delle opinioni. In entrambi i casi c’è certo anche spazio per l’emozione e per i sentimenti, un po’ meno per le sensazioni e le esplorazioni speculative, meno ancora per la presentazione polivocale della situazione basata su queste ultime.

In breve, con “Nostra Signora della Luce” io ho voluto immergermi in una situazione (il classico “come sarebbe se…?”) e descriverla dagli svariati punti di vista dei personaggi. Nella maggioranza degli altri miei lavori io adotto il punto di vista della o del protagonista e racconto la storia come lei o lui la racconterebbe. Usualmente questo tipo di narrazione rende più agevole l’identificazione di chi legge con il personaggio o il provare almeno simpatia e trepidazione per lui (o per lei). In questo romanzo, invece, la cosa non è così scontata, sia appunto perché la narrazione è polivocale, sia perché tutti i personaggi presentano in maggior o minor misura ambiguità e chiaroscuri.

L’ambientazione è la città in cui vivo, il tempo è un lontano futuro, le questioni in gioco sono: le conseguenze di politiche ambientali di sfruttamento e di militarizzazione dei territori, la relazione che con esse ha la libertà delle donne (per esempio, queste politiche tendono ad enfatizzare una gerarchizzazione estrema dei ruoli di genere), il ruolo che la spiritualità può giocare sia sul piano costrittivo sia sul piano della liberazione e della guarigione.

Il sole è scomparso dal mondo, una cappa lo nasconde agli abitanti di questo futuro tranne che per poche occasionali visioni della durata di qualche ora; le relazioni sociali sono normate da una sorta di “vangelo” (la “Rivelazione del Secondo Avvento”) che considera la creatività umana come il peggiore dei mali: in particolare, le macchine e la tecnologia sono le icone della malvagità, perché è attraverso macchine e tecnologia che abbiamo bombardato, distrutto, inquinato, ucciso sino a riuscire persino a separare il pianeta dalla sua stella. La conoscenza dev’essere rigidamente controllata, se si deve scrivere qualcosa non può che essere un commentario o una lode alla Rivelazione del Secondo Avvento, e se si trovano libri che non corrispondono a queste caratteristiche è meglio bruciarli che leggerli. La città agonizza in uno stato di lento ma inesorabile disfacimento, animali non ve ne sono più tranne pochi insetti, le piante continuano a morire. L’unica speranza è appunto il ritorno di dio sulla terra; nel frattempo, nulla può ne’ deve essere fatto per migliorare la situazione.

In questo scenario, il racconto segue – per la prima parte – le vicende di una famiglia, di modo che noi si possa percepire come si vive, o meglio come si sopravvive, giorno dopo giorno, senza luce, fra muffe e oggetti che si disfano, piogge e nevicate continue, in una condizione in cui la costrizione e la sofferenza derivate dal bisogno si pensa di maneggiarle dichiarando la necessità, e financo la santità, della costrizione e della sofferenza. Naturalmente c’è sempre chi deve soffrire un po’ di più, c’è sempre chi è un po’ più peccatore e un po’ meno umano, e il genere femminile che è stato costretto a recitare questa parte per circa 4.000 anni di storia reale, anche nella mia storia fittizia si trova un gradino più in basso. Più esattamente, si trova ad uno dei due estremi dell’oggettificazione sessuale, quello che vuole il corpo femminile completamente coperto a causa degli impuri desideri che suscita negli uomini. All’altro capo di questa linea stanno le ballerine seminude sui cubi delle discoteche, ma chi definisce la linea è sempre e solo lo sguardo patriarcale; le donne devono essere velate o svelate a seconda della volontà degli uomini che stanno loro attorno, per cui nessuno riuscirà mai a convincermi che l’una o l’altra opzione siano scelte libere.

La seconda parte del romanzo vede personaggi che già conosciamo come co-protagonisti prendere il centro della scena e l’ingresso di nuove figure. La situazione politica è cambiata, ed è cambiata in peggio, perché la città è stata conquistata da un esercito religiosamente ispirato che ritiene di avere la “vera” versione della Rivelazione. E questo è stato il mio sberleffo ai fanatici, agli zeloti, ai sedicenti fondamentalisti, ai quali ho praticamente detto: fate attenzione, in nome dello stesso dogma che usate per inneggiare alla discriminazione ed alla distruzione altri possono discriminare e distruggere voi.

La metafora della sparizione della luce per descrivere un’epoca oscurantista è semplice e scoperta. E dal momento che la prima parte del romanzo, a causa di questa oscurità, non offre consolazioni a chi legge, volevo che il finale fosse positivo. Si trattava quindi, nella seconda parte, di rispondere alla domanda: chi riporta la luce alla Terra, chi libera il Sole? I trevigiani potevano resistere e confrontarsi in modo nonviolento con la dittatura militare sino a sconfiggerla, e così accadrà, ma il ritorno del Sole presupponeva sia l’utilizzo di tecnologia avanzata, sia la riscrittura del simbolismo concernente la sua scomparsa. Così, avevo bisogno che qualcuno tornasse dal passato per far funzionare in modo diverso le macchine (e cioè la Rete Climatica che mantiene in essere la cappa che nasconde il Sole), e avevo bisogno che qualcuno raccontasse in modo diverso la storia della scomparsa. Questo è il compito che si assumono una clone umana, priva di qualsiasi indizio rispetto alla situazione attuale e persino rispetto a se stessa, giacché è la copia fisica di una persona ormai deceduta, ma non la copia della personalità che apparteneva a quella persona, e un ragazzino classificato alternativamente come ritardato mentale o indemoniato. Volevo infatti fossero quelli visti come ultimi, i non considerati, i non capiti, i disprezzati, a sollevare la tenda che nel mio romanzo mantiene nel buio non solo i corpi, ma anche la ragione ed il sentimento.

In conclusione, lasciatemi chiudere su un registro leggero, per così dire. Io sono profondamente grata e molto orgogliosa di poter lavorare con una persona come Nicoletta Crocella, per cui credo che il mio romanzo non potesse aver miglior destino che quello di incontrare le sue mani e il suo cuore, e la sua associazione di artisti. Generalmente, la cosiddetta editoria “maggiore” non si prende la briga neppure di leggere una pagina di quel che gli mando, mi propone di pagare io stessa per la pubblicazione (cosa che non sono in grado di fare e non sono disposta a fare), o neppure mi risponde. “Nostra Signora della Luce” vanta però un primato in questo campo. Un editore non “micro” ha effettivamente sfogliato il testo e mi ha risposto che non poteva pubblicarlo: perché era scritto troppo bene. Il mio mondo è effettivamente cambiato, quel giorno. E’ chiaro che non mi trovo più sul pianeta che conosco, su cui sono nata, ma che sono stata trasferita – probabilmente a causa di una distorsione spazio-temporale – in un’anti-utopia per cui i medici che curano male i pazienti sono promossi a primari, i politici che approfittano del loro status per truffare e rubare e spassarsela vengono ossessivamente rivotati, i poliziotti che abusano della loro autorità sono trasferiti a mansioni superiori, e chi non sa fare nulla tranne che vendersi al miglior offerente vince premi per il suo “talento futuro”. Spero di poter tornare in un mondo decente, prima o poi, ma nel frattempo non mi tirerò indietro nel cercare di cambiare questo, e continuerò a scrivere.

Per quanto riguarda il libro, se è scritto bene, troppo bene, male, decentemente, eccetera, gli unici legittimati a deciderlo sono le lettrici e i lettori. Quindi, tocca a voi. Grazie.  Maria G. Di Rienzo

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Microeditoria – Comune di Chiari (Brescia) – Villa Mazzotti

http://www.rassegnamicroeditoria.it

 

12-13-14 novembre 2010 (gli appuntamenti sono moltissimi, ne segnalo due importanti per me)

Venerdì 12/11 – Sala Zodiaco ore 20.30:

Donne e resistenza ieri e oggi

con Lidia Menapace, femminista e pacifista, partigiana,

Luisa Morgantini, già vice Presidente del Parlamento Europeo, tra le fondatrici di Donne in nero, già candidata con “mille donne del mondo” al Nobel per la Pace,

Bruna Franceschini, vicepresidente dell’ANPI Brescia.

Sabato 13/11 – Sala Drappi – ore 15.00:

Nostra signora della luce

romanzo di Maria G. Di Rienzo (femminista, saggista, giornalista), presenta Nicoletta Crocella – Edizioni Stellecadenti.

(L’immagine non è della rassegna, mi piaceva l’idea di illustrarla con una bimba che scrive)

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NOSTRA SIGNORA DELLA LUCE, il romanzo di Maria G. Di Rienzo giunto in dirittura d’arrivo pochi giorni prima della fiera è secondo me un libro importante.

Sconcertante sempre scoprire come le capacità profetiche di una artista riescano ad esprimersi e a dar voce alle nostre peggiori paure, ed a coagulare in un racconto ben scritto, godibile, coinvolgente, la massa di problemi che da soli ci stiamo costruendo per farli divenire la Treviso post cancellazione del sole, rimasta ormai senza animali, se non qualche piccolo insetto, incapace di fare altro che mantenere e rammendare gli oggetti in disfacimento.

La scoperta delle possibilità di vita, la contemplazione, la bellezza, l’ansia con cui la giovane Abra registra la perdita di ogni albero, i segni di sofferenza e di morte che ritrova in un salice, ci porta a guardare con occhio più attento anche alla nostra realtà, alle nostre vite, alla vita delle piante e degli animali intorno a noi. Scoprire una lucciola è tuttora una esperienza che ci rende felici, mentre accorgersi che troppo spesso, accanto al rigoglio di foglie, gli alberi che incontriamo hanno rami secchi, cime ormai morte, ci fa ricordare che la distruzione è in atto, urge un cambiamento di rotta e la nostra cura, se non vogliamo assistere al degrado ed alla distruzione del nostro mondo.

Nel racconto sprazzi di ironia mostrano come l’ignoranza, l’aver rifiutato la memoria e la storia, ed i libri, possono portarci a mitizzare le cose più assurde, così Ilaria ricorda come un anello in ferro con inciso Motorhead trovato in qualche anfratto dove è sopravvissuto, può divenire un prezioso oggetto di famiglia, una reliquia con significati religiosi profondi.

E la religione, la Rivelazione del secondo avvento, diviene unica norma e regola, nuova religione di stato che regola le vite, condanna, impedisce, approva, in una confusione di idee e di mezzi, di poteri che ad essa si rifanno.

Il riscatto alla fine avverrà con il lento lavorio della storia che porta le coscienze a prendersi la responsabilità di se stesse, a divenire attori della propria vita, a rifiutare l’oppressione, ed il momento si intreccia con il giungere di questo essere nuovo e sconosciuto, una donna sapiente e forte, ma nuova anche a se stessa, clone che non ha ricevuto le conoscenze della sua origine-madre …

Nicoletta Crocella (dal resconto della FIERA DELLA PICCOLA EDITORIA E DELLE AUTOPRODUZIONI LIBRARIE – 4^ EDIZIONE – BASSANO IN TEVERINA – 25/27 GIUGNO 2010)

EDIZIONI STELLE CADENTI

Via Aniene 40 Bassano in Teverina VT – http://www.edizionistellecadenti.org/ http://www.autistici.org/stellecadenti/home.htm

tel. 0761 407403 email:

stellecadenti@tiscali.it

nicoletta@edizionistellecadenti.org

nicam6/gmail.com

Nata in un’associazione che si occupa innanzi tutto di arti visive, la casa editrice segue un progetto di interazione tra le varie anime realizzando libri a tiratura limitata con testi poetici, di narrativa, saggi, esperimenti letterari a più mani. Si hanno così alcuni libri in numero molto ridotto di copie ed altri con una tiratura variabile, ripetuta all’occorrenza in base alla necessità di copie e in cui l’intervento dell’artista è spesso inserito nello scorrere del testo oltre che comparire in alcune preziose copie in originale.

Una nuova collana scritti per leggere, permette di realizzare anche testi più importanti in cui la grafica e l’impaginazione sono pensate per evitare lo spreco delle risorse del pianeta e proporre interventi semplici ma che segnano la cadenza del discorso.

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Non conosco l’opinione che avete di me come scrittrice, ma desidero assicurarvi una cosa: come lettrice sarò sempre assai più brava. Posso leggere per ore e ore senza stancarmi: se ne avessi l’opportunità, ovvero se non dovessi dormire, mangiare, pulire e tutte quelle altre cose così noiose in confronto all’avere un libro in mano, potrei probabilmente leggere per quanto il giorno è lungo. (E se qualcuno mi pagasse per farlo sarei incommensurabilmente facoltosa)

Quindi, ogni libro che leggo fa del mio giorno una festa: ma ogni libro che le Edizioni Stelle Cadenti stampano mi appare sempre come una festa speciale. Perché so cosa c’è dietro l’odore sano e fresco della carta riciclata, dietro l’immediatezza delle immagini che accompagnano prosa e poesia, dietro la cura manuale che orna ogni copia. C’è la passione di una donna. C’è la ragione di una donna. C’è la visione politica di una donna. C’è il tradurre tutto questo in un oggetto pensato per passare di mano in mano, come una torcia accesa destinata ad accenderne mille altre.

Nicoletta Crocella è questa donna. Scrittrice, poeta, editrice (e molto altro ancora), Nicoletta ha raccolto in “Ci ragiono e scrivo” due anni di vita: aneddoti e cronache, resoconti e commentari, speranze e paure, gioie e delusioni. Se qualcuno mi chiedesse un titolo alternativo per il testo, o un sottotitolo, direi che ci starebbe bene: “Guarda con me”. Nicoletta non media le sue idee e le sue emozioni, pure non è mai invasiva o arrogante: vuole mostrare al lettore/alla lettrice ciò che vede e ciò che pensa, e lo invita a riflettere con lei. Guarda il nostro paese, la sua scellerata classe politica, i suoi bambini e le sue bambine per cui non vi è vera attenzione e che godono di assai poco rispetto; guarda gli scenari di guerra, l’inferno di Gaza, l’infinita violenza contro le donne. Non si sottrae al dolore, lo nomina e immagina come trasformarlo.

E allora, mi piace come scrittrice perché è femmina? No, mi piace perché è brava, perché le sue parole sono limpide e vere. E se vogliamo perché è una donna che, a differenza della quasi totalità degli scrittori italiani, dice appunto “guarda con me” e non “guardami, guardami, guardami”. Nel nostro paese si suppone ancora che scrivere sia un’attività maschile, che chi scrive debba essere un uomo, (fate il conto di chi riesce ad essere pubblicato, di come e perché e non avrete bisogno di altre spiegazioni) e ancora le scrittrici usano pseudonimi maschili per farsi prendere sul serio. Le antologie scolastiche presentano un profluvio di scrittori definiti “minori” ma che pure vengono menzionati, e fanno sempre tanta fatica a nominare le donne. Donne che non solo hanno scritto, e scritto bene, ma che con quel che hanno scritto hanno cambiato la vita di molte altre persone, hanno segnato epoche, hanno posto basi per successivi sviluppi di pensiero e azione. Quando mia nipote, liceale, informò l’insegnante di italiano (maschio) che intendeva comporre la sua “tesina” su Sibilla Aleramo si sentì rispondere: Chi è?

Ursula K. LeGuin spiegò una volta la sua visione della scrittura rifacendosi ad una teoria antropologica, secondo la quale il primo attrezzo usato dall’umanità non era un bastone con cui colpire qualcuno, ma una borsa in cui trasportare qualcosa: le noci e le bacche, o il bimbo che altrimenti poteva perdersi o farsi male, per mancanza d’attenzione, nel mentre noci e bacche venivano raccolte. LeGuin immagina quindi la forma della narrazione come questa borsa: non la vicenda lineare dell’eroe che uccide il nemico e sfila trionfante in parata, ma piuttosto un misto di cose messe vicine l’una all’altra, che si toccano, giostrano insieme, che a volte contrastano e a volte si combinano. La vita non è una strada dritta dalla terra al cielo: è terra e cielo, è acqua e fuoco, è ascoltare e dire. Elementi mischiati, condivisi, danzanti. Per me, “Ci ragiono e scrivo” illustra alla perfezione tale concetto.

E’ arcinota l’asserzione di Virgina Woolf, quando disse che per poter scrivere una donna ha bisogno di una stanza tutta per sé, di poterla chiudere, e di avere sicurezza economica. Non aveva torto, ma resta il fatto che la maggioranza di noi, Nicoletta compresa, io compresa, riesce a scrivere anche quando ha in tasca quattro palanche e deve destreggiarsi fra un paio di bambini, un/una partner, un cagnolino da portar fuori e un gatto che si sdraia sulla tastiera del computer. E c’è ancora di meglio: da tutto ciò riusciamo a trarre riflessione e innovazione, commento e riassunto, slogan e libello, poesia e prosa, cronaca e romanzo, sapendo di essere immediatamente comprese dalle nostre lettrici. E quest’ultimo è un altro pregio di “Ci ragiono e scrivo”.

Nel saggio “La figlia della pescatrice”, Ursula K. LeGuin prende spunto da una seconda citazione famosa della Woolf, quella in cui si descrive una scrittrice come “una donna che pesca nel lago dell’ispirazione con la propria fantasia”. Nel saggio, la protagonista è una bimba che gioca nel fango mentre sua madre sta scrivendo. La Fantasia, questa volta con la maiuscola, va da lei. La bimba chiede: “Dimmi, zia, che cosa deve avere qualcuno che scrive?”

“Te lo dirò.”, risponde Fantasia, “Non sono i testicoli. Non è uno spazio senza bambini intorno. (…) Certo, la buona volontà e la cooperazione dell’altro sesso sono d’aiuto, ma una donna che scrive non ne ha strettamente bisogno. Le cose che una scrittrice deve avere sono una penna e della carta. Questo basta, fintanto che lei sa di essere l’unica ad avere in carico quella penna e quella carta, e che lei, lei sola, è responsabile per ciò che su quella carta viene scritto. In altre parole, fintanto che sa di essere libera. Magari non del tutto. Magari in modo molto parziale. Magari solo nell’atto dello scrivere, in questo momento preso al volo in cui pesca nel lago della mente: ma in questo, responsabile; in questo, autonoma; in questo, libera.”

Grazie del libro, mia libera Nica, grazie davvero.

(per saperne di più, fate un salto su www.edizionistellecadenti.org )

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