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Posts Tagged ‘narrativa’

Ola

La giovane donna in immagine è Ola Ince, la brillante regista di teatro di cui si discute di più in questo momento in Gran Bretagna. Ola ha trent’anni, si è diplomata con lode nel 2010 alla scuola di recitazione Rose Bruford College, ha diretto una serie impressionante di opere e collezionato una cascata di premi. Una delle sue particolarità è il modo di affrontare i pregiudizi razziali e di genere senza paura e fuori da ogni stereotipo.

La passione per il teatro, dice la regista, è nata essenzialmente come passione per la narrazione: “Con mio papà guardavo i film, mia madre mi leggeva libri: il teatro era troppo costoso, così riuscivo ad andarci qualcosa come una volta l’anno. – ha raccontato alla BBC – Il teatro stimola conversazioni importanti; è ovvio che puoi andarci solo per l’intrattenimento, ma io penso sia davvero importante tentare di cambiare il mondo. Se aiuto qualcuno a vedere il mondo in modo differente o rendo più facile affrontare determinati argomenti, penso che ciò sia splendido.”

Farsi strada nel mondo del teatro, per Ola, non è stato semplice: “Non ho un retroscena accademico, non parlo latino e non suono il pianoforte ad alto livello, così ho preso altre strade. Sono fiera di essere riuscita a trasformare una forma di espressione in un lavoro che amo.”, ne’ – ve lo aspettavate, suppongo – ha ricevuto grandi incoraggiamenti: “Quando sei una giovane artista ti dicono spesso: E’ bello che tu voglia fare la regista, ma pensaci perché sarai povera e infelice per sempre. Mentre le persone che ti sono care faranno mutui per la casa e metteranno al mondo bambini, tu sarai solo un’artista indigente. E invece quest’anno (Ndt.: 2019) ho imparato che puoi avere entrambe le cose. Qualcosa su cui ho lavorato davvero a lungo mi sta pagando le bollette e mi permette di viaggiare per il mondo. E’ bello che io non debba più soffrire per l’arte, ma che essa mi stia in effetti aiutando.”

Maria G. Di Rienzo

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(“Women never invented anything”, Radical Girlsss, 1.5.2019, trad. Maria G. Di Rienzo. Radical Girlsss è “un movimento multietnico, laico, femminista radicale di giovani donne e ragazze” formatosi all’interno della Rete Europea delle Donne Migranti – European Network of Migrant Women.)

RADICALGIRLSSS

Per tutte le nostre vite, come ragazze, come giovani donne, ci è stato detto di continuo che le donne non hanno mai inventato, non hanno mai creato, non sono mai esistite.

Quando eravamo bambine e abbiamo cominciato a leggere, i libri ci hanno insegnato che i maschietti potevano fare qualsiasi cosa – esplorare e conquistare, combattere l’ingiustizia, salvare altri e se stessi. Quegli stessi libri non hanno mai mostrato che le bambine erano in grado di fare lo stesso. Ci hanno fatto credere che il nostro ruolo fosse lo starcene ad aspettare che un ragazzo arrivasse a salvarci. Perché nei libri e nelle fiabe le solo donne con del potere sono le streghe e ci si dice che le streghe sono cattive. Sono destinate a essere brutte, meschine e sempre sole.

Quando eravamo bambine e siamo andate a scuola per la prima volta, ci siamo guardate attorno e tutto quel che abbiamo visto erano maschietti – che correvano in giro, occupavano lo spazio come se appartenesse a loro, esploravano e conquistavano proprio come nei libri che leggevamo. Le femminucce? Eravamo inchiodate ai lati, sempre discrete, sempre calme, perché da una bambina ci si aspetta questo, giusto? Graziose, con bei vestitini che ci impediscono di correre, belle acconciature che ci impediscono di vedere. Tenere e dolci, incapaci di difendere noi stesse quando i bambini arrivavano a sollevarci le gonne o a imporre baci, non in grado di ricevere aiuto perché gli adulti guardavano invariabilmente da un’altra parte e dicevano: “I maschi sono fatti così”.

Quando eravamo bambine e abbiamo cominciato a parlare, abbiamo imparato il francese, una lingua in cui le donne non ci sono, una lingua che ha regole del tipo “la forma maschile ha la precedenza sulla forma femminile”. Quando siamo cresciute e abbiamo imparato altre lingue abbiamo capito che non si tratta solo del francese. Nella maggior parte delle lingue le donne non esistono.

Quando eravamo bambine e amavamo andare a lezione, amavamo anche apprendere la storia e la letteratura, le scienze e le arti. Ma ci è stato detto solo quel che hanno creato gli uomini. Quel che gli uomini hanno fatto per la storia, quel che gli uomini hanno inventato… nessuno ci ha mai detto di Alice Guy, che ha inventato il cinema quale lo conosciamo oggi, ne’ di Nelly Bly che ha rivoluzionato il giornalismo contro ogni avversità, ne’ di Emmy Noether che è stata cruciale per lo sviluppo della matematica, ne’ di Mary Andersen, Maria Telkes, Grace Hopper, Stephanie Kwolek, Ann Tsukamoto…

Non abbiamo mai saputo che le donne hanno inventato zattere di salvataggio, refrigeratori, macchine per fare il gelato, sistemi per elaborazione di dati, tecnologia delle telecomunicazioni, trasmissione senza fili, video sorveglianza, seghe circolari, riscaldamento centrale, razzi di segnalazione, vetro trasparente, ponti sospesi, sottomarini…

Non abbiamo mai saputo di aver scoperto la struttura del DNA, il codice genetico dei batteri, la composizione chimica delle stelle, la terapia per il virus del papilloma umano, i cromosomi X e Y.

Non abbiamo mai saputo di Enheduanna, la prima scrittrice conosciuta, di Fatima el Fihriya che ha fondato la più antica delle università, di Trotula da Salerno che fu una delle prime a parlare di salute delle donne e ginecologia.

Non abbiamo mai imparato delle donne coraggiose e forti che lottarono contro la colonizzazione in ogni singolo continente: Fatma N’Souer in Algeria contro i francesi, Manuela Saenz in Sudamerica contro gli spagnoli, Tarenorerer in Australia contro gli inglesi.

Non abbiamo mai saputo di aver combattuto guerre e viaggiato, esplorato e scoperto, non abbiamo mai saputo di aver guidato popoli e eserciti, di aver ispirato e creato. Non abbiamo mai saputo di aver volato e navigato, di essere state pilote e pirate… non l’abbiamo mai saputo perché nessuno ce l’ha detto.

Per tutte le nostre vite, come bambine e ragazze, come giovani donne, ci è stato detto che andava così, che “le donne non hanno mai inventato nulla”. Non abbiamo mai visto esempi femminili forti e complessi nei libri di storia, in televisione, alla radio, in politica, nei musei, al cinema… non ci siamo trovate da nessuna parte.

Si dice spesso che le bambine cominciano a considerarsi inferiori ai bambini attorno ai sei anni. E perché non dovremmo, quando tutto è fatto per limitare il nostro universo? In un mondo in cui tutto è maschile, dai nomi delle nostre strade ai personaggi dei libri che amiamo, dagli dei ai presidenti, in che modo potremmo sognare noi stesse come forti, ispiratrici, complete?

Pensiamo a tutte queste donne che sono state cancellate… Tutte queste donne che a noi è impedito ammirare o aspirare a divenire. Le loro stesse esistenze sono annientate per indurci a credere che non possiamo realizzare nulla, che esistiamo solo per essere belle e prenderci cura degli altri… avremmo voluto conoscerle tutte prima, imparare i loro nomi. Tutte queste donne che hanno fatto la storia ma sono state dimenticate. Artiste, scienziate, attiviste, eroine, sopravvissute che sono scomparse dalla nostra memoria collettiva a causa del sessismo.

Come donne, crediamo di avere il dovere di raccontare le loro storie, di tutte loro. Alle nostre sorelle, alle bambine attorno a noi e al mondo. Perché parlare di loro è parlare di noi stesse. E’ riprenderci le nostre voci e i nostri posti. E’ riprenderci le nostre vite.

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“Le storie sono una gran cosa. Le storie possono essere mappe. Possono essere modelli. Possono essere guide. Possono essere avvertimenti. Possono essere specchi. Possono essere latitudine e longitudine. Possono essere vitamine spirituali. Possono essere prezioso retaggio.

La poeta lesbica Muriel Rukeyser ebbe a dire: “L’universo è fatto di storie, non di atomi.” Ciò suona come un’affermazione poetica sino a che non dai uno sguardo profondo a quella che chiamiamo realtà, alla fisica quantistica. Allora, è in effetti un’affermazione abbastanza scientifica.

E qui c’è la poeta Maya Angelou: “Non esiste agonia più grande del portare una storia non detta dentro di te.” – 19 febbraio 2019, Carolyn Gage (nata nel 1952), femminista, donna lesbica, drammaturga, regista teatrale e scrittrice. E’ autrice di dodici libri e di più di 75 opere teatrali. (Trad. Maria G. Di Rienzo.)

Olga e Jan

La storyteller Jan Blake narra la storia de “La Vecchia Signora e la Zucca”, accompagnata al pianoforte da Olga Jegunova (2014).

casa donne roma

Le storytellers della Casa Internazionale delle Donne (Verona, 30 marzo 2019), narrano la storia della nostra resistenza al patriarcato: perché, citando Alice Walker, “La resistenza è il segreto della gioia”.

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(“Six Fairy Tales for the Modern Woman”, di Renee Lupica per The Hairpin, 11.6.2013, trad. Maria G. Di Rienzo. http://thehairpin.com/ )

Cappuccetto Rosso di Koxi

1. C’era una volta una donna che non si sposò mai, ma ebbe molte relazioni soddisfacenti, un lavoro che la manteneva a suo agio, un appartamento che amava decorare per se stessa e hobby che le stimolavano la mente. Fine.

2. C’erano una volta una donna e un uomo che tentavano di avere figli, ma la cosa non funzionava perciò, quando ebbero passato l’età dei tentativi, decisero che avevano abbastanza entrate per viaggiare per il mondo, e così fecero, e fu straordinario, ed entrambi si sentirono benissimo al proposito, e nemmeno rimpiansero mai nulla. Fine.

3. C’era una volta una donna che venne avvicinata da un ubriaco in un vicolo buio, ma lui era molto gentile e spiegò che aveva guidato l’auto sino al bar ma visto che era una persona responsabile non voleva guidarla per tornare a casa, però il suo cellulare era scarico e così chiese alla donna di chiamargli un taxi. Lei lo fece, e lui le fu grato, e si salutarono piacevolmente prima di andare ognuno per la propria strada. Fine.

4. C’era una volta una donna che era molto capace nel suo lavoro e sapeva di aver aggiunto valore alla compagnia per cui lavorava, perciò anche se si sentiva nervosa parlò con il suo capo, chiese un aumento di stipendio, e lo ottenne. Fine.

5. C’era una volta una donna che era cresciuta in un paese chiuso e continuava a vivere lì perché aveva sposato il ragazzo che amava sin dal liceo e perché il suo lavoro era legato all’area e inoltre voleva essere vicina ai suoi genitori, ma aveva anche sempre sognato di imparare il surf. Così, quando compì 65 anni usò del denaro dal conto in cui versava i propri risparmi, si prese la prima vacanza da sola sulla costa, andò a lezione di surf per una settimana e si divertì davvero moltissimo. Fine.

6. C’era una volta una ragazza che era cresciuta leggendo riviste che parlavano di prodotti di bellezza e di conseguenza prestava molta attenzione alla propria acne. Tentò un mucchio di trattamenti che ebbero vari gradi di successo e non usciva mai di casa se non era completamente truccata. Cominciò ad usare prodotti anti-età quando aveva vent’anni, pensando che la prevenzione era meglio della cura. Ma quando ne compì 30 aveva ancora l’acne che sperava di essersi lasciata alle spalle con l’età, e invece sembrava che l’età non c’entrasse molto. Qualche volta, ora, sbrigava delle faccende senza trucco. E nonostante la cura preventiva che aveva tentato di fare nei suoi primi vent’anni, cominciò ad avere alcune rughe sulla fronte verso i trenta. Ma, di nuovo, non dava più alla cosa la stessa importanza di quando era più giovane.

Quando raggiunse i quaranta, sulla sua pelle c’erano più rughe, ma a lei importava ancora di meno, ed era contenta di vedere quelle ai lati degli occhi, perché facevano pensare che lei avesse sorriso tanto, il che la fece sorridere ancora di più, e darsi pena ancora di meno, e ora si truccava solo quando aveva voglia di farlo, e non più perché si sentiva obbligata. Quando compì 80 anni la sua pelle era più fina e più delicata, ma le ricordava un bellissimo tessuto di carta e lei era felice e si sentiva ancora più fiduciosa in se stessa di quanto lo fosse mai stata.

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NOSTRA SIGNORA DELLA LUCE, il romanzo di Maria G. Di Rienzo giunto in dirittura d’arrivo pochi giorni prima della fiera è secondo me un libro importante.

Sconcertante sempre scoprire come le capacità profetiche di una artista riescano ad esprimersi e a dar voce alle nostre peggiori paure, ed a coagulare in un racconto ben scritto, godibile, coinvolgente, la massa di problemi che da soli ci stiamo costruendo per farli divenire la Treviso post cancellazione del sole, rimasta ormai senza animali, se non qualche piccolo insetto, incapace di fare altro che mantenere e rammendare gli oggetti in disfacimento.

La scoperta delle possibilità di vita, la contemplazione, la bellezza, l’ansia con cui la giovane Abra registra la perdita di ogni albero, i segni di sofferenza e di morte che ritrova in un salice, ci porta a guardare con occhio più attento anche alla nostra realtà, alle nostre vite, alla vita delle piante e degli animali intorno a noi. Scoprire una lucciola è tuttora una esperienza che ci rende felici, mentre accorgersi che troppo spesso, accanto al rigoglio di foglie, gli alberi che incontriamo hanno rami secchi, cime ormai morte, ci fa ricordare che la distruzione è in atto, urge un cambiamento di rotta e la nostra cura, se non vogliamo assistere al degrado ed alla distruzione del nostro mondo.

Nel racconto sprazzi di ironia mostrano come l’ignoranza, l’aver rifiutato la memoria e la storia, ed i libri, possono portarci a mitizzare le cose più assurde, così Ilaria ricorda come un anello in ferro con inciso Motorhead trovato in qualche anfratto dove è sopravvissuto, può divenire un prezioso oggetto di famiglia, una reliquia con significati religiosi profondi.

E la religione, la Rivelazione del secondo avvento, diviene unica norma e regola, nuova religione di stato che regola le vite, condanna, impedisce, approva, in una confusione di idee e di mezzi, di poteri che ad essa si rifanno.

Il riscatto alla fine avverrà con il lento lavorio della storia che porta le coscienze a prendersi la responsabilità di se stesse, a divenire attori della propria vita, a rifiutare l’oppressione, ed il momento si intreccia con il giungere di questo essere nuovo e sconosciuto, una donna sapiente e forte, ma nuova anche a se stessa, clone che non ha ricevuto le conoscenze della sua origine-madre …

Nicoletta Crocella (dal resconto della FIERA DELLA PICCOLA EDITORIA E DELLE AUTOPRODUZIONI LIBRARIE – 4^ EDIZIONE – BASSANO IN TEVERINA – 25/27 GIUGNO 2010)

EDIZIONI STELLE CADENTI

Via Aniene 40 Bassano in Teverina VT – http://www.edizionistellecadenti.org/ http://www.autistici.org/stellecadenti/home.htm

tel. 0761 407403 email:

stellecadenti@tiscali.it

nicoletta@edizionistellecadenti.org

nicam6/gmail.com

Nata in un’associazione che si occupa innanzi tutto di arti visive, la casa editrice segue un progetto di interazione tra le varie anime realizzando libri a tiratura limitata con testi poetici, di narrativa, saggi, esperimenti letterari a più mani. Si hanno così alcuni libri in numero molto ridotto di copie ed altri con una tiratura variabile, ripetuta all’occorrenza in base alla necessità di copie e in cui l’intervento dell’artista è spesso inserito nello scorrere del testo oltre che comparire in alcune preziose copie in originale.

Una nuova collana scritti per leggere, permette di realizzare anche testi più importanti in cui la grafica e l’impaginazione sono pensate per evitare lo spreco delle risorse del pianeta e proporre interventi semplici ma che segnano la cadenza del discorso.

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