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Quel che segue è un esempio dei numerosi tweets dal contenuto simile (o addirittura identico), relativi alla finale degli Europei di calcio, che girano in questi giorni:

“giuro se vedo ancora un post degli inglesi con scritto itscominghome do di matto, ma che cazzo deve tornare a casa dato che non avete mai vinto un europeo?” (letterale)

C’è scritto “sta venendo a casa”, cervellini splendenti, “sta tornando” sarebbe stato it’s coming BACK home.

Questa è precedente, ma in tema. Si tratta della “traduzione” (da bocciatura) di un testo di Bob Marley fatta da una persona contraria alle “pagliacciate” di Black Lives Matter che “non si inginocchierà mai e poi mai”:

PRENDI SU, STAI IN PIEDI

STAI IN PIEDI PER LE TUE DESTRE

PRENDI SU, STAI IN PIEDI

NON DARE VIA LA LOTTA

Get up si traduce con ALZATI (non “prendi su”)

Stand up significa sì “stai in piedi” ma in questo caso, che non è il comando di un insegnante a un allievo bensì un invito, è preferibile tradurre con ERGITI

For your rights si traduce con PER I TUOI DIRITTI (non “per le tue destre”)

Don’t give up the fight si traduce con NON ABBANDONARE LA LOTTA

Alzati, ergiti

ergiti per i tuoi diritti

alzati, ergiti

Non abbandonare la lotta

E quindi… OK NON BOOMERS! Fate un figurone!!!

Una vecchia signora scarmigliata.

(Tornerò sul tema, perché merita.)

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(lettera e testamento: devo essere a breve operata agli occhi e sto scrivendo con gran fatica – mi scuso per gli eventuali errori dovuti a ciò.)

Capisco. La comunicazione “social media style” in voga è così veloce-effimera che ascoltare, riflettere, acquisire informazioni ed elaborarle è difficile. Di più: lo si stima noioso e sorpassato.

Quindi, per incapacità o per volontà, un numero enorme di persone battibecca e non discute, fa battute e passa oltre (l’argomento del giorno scade talmente in fretta da suscitare il legittimo sospetto che sia adulterato a priori), riduce a tifoseria da stadio ogni platea e taglia con l’accetta del noi/loro qualsivoglia argomento.

Ripeto, questo lo capisco: ma oltre a non aver intenzione di adeguarmi ciò che davvero non comprendo è perché agiscano in tal modo quelli e quelle che da tale modalità non guadagnano niente. La notizia stupirà qualcuno, tuttavia fatevi forza e accettate il fatto che la maggioranza degli esseri umani non lavora nell’ambito marketing yourself / shaming others – definibile con il neologismo “itagliese” payed rincoglioned autoincensing.

Meno comprensibili ancora sono coloro che apparentemente riconoscono la situazione (Bufale.net) e però si rivolgono agli altri così:

“Analizza la situazione, anziché fare l’ultras: Fedez c’ha il cu*o al caldo ed è vero: influencer, marito della Ferragni, imprenditore, rapper. Non vive come me e te in un bilocale (anzi, nemmeno quello), non conta i centesimi a fine mese e non posta da uno smartphone riadattato, è verissimo. Però tutto questo se lo è costruito, non è che lo ha ottenuto ieri e ha lottato per ottenerlo, fra lavoro e amore. E ora può far sentire la sua voce gestendo le conseguenze di esse.” (era “essa”, presumo).”

Vedi, miserabile stronzo, tu non sei riuscito a costruire niente, lavoro e amore ti sono andati a rotoli perché non hai lottato abbastanza o non hai lottato “bene” – e nemmeno ti sei procurato gli amici “giusti” che ha lui: finanziatori, banchieri, azionisti e cialtroncelli disposti a dar spettacolo per costoro a mo’ di giullari di corte. Come se si potesse arrivare ad essere ricchi sfondati con la lotta, il lavoro e l’amore, che al massimo costituiscono il cv e il saldo del conto corrente di innumerevoli attivisti / attiviste per il cambiamento sociale su tutto il pianeta. E come se arrivare ad essere ricchi sfondati giustificasse la piramide sociale dell’esclusione.

Ora, lo so che la prossima citazione è stata strombazzata dalla destra per screditare quanto il rapper ha detto sul palco del Concertone, su cui non ho nulla da eccepire, ma non resta per questo meno problematica:

“Mi interessa che Tiziano Ferro abbia fatto outing / Ora so che ha mangiato più würstel che crauti / Si era presentato in modo strano con Cristicchi / Ciao sono Tiziano, non è che me lo ficchi?”. Le spiegazioni dell’autore sono ugualmente motivo di perplessità: 1) il pezzo si chiama “Tutto il contrario” ed esprime quindi il contrario di quel che lui pensa; 2) ha cambiato idea, proprio come Salvini (che le cambia velocissimamente); 3) era giovane.

Converrete che convivono male: rivendico, abiuro, non mi assumo responsabilità perché ho scritto ‘sta roba quando ero innocente e ignorante. Trovo inadeguato conferire a costui la palma di paladino dei diritti umani: domani potrebbe cambiare di nuovo idea. Io scrivevo anche da adolescente proprio come lui, ma non ho mai partorito stronzate del genere. L’idea per cui non esistono inferiori da sbertucciare non l’ho cambiata mai e me vanto.

Inoltre, per la milionesima volta: l’outing te lo fanno gli altri (Tizio è una checca, gne gne gne!) – quando esci tu (Sono Tizio e sono gay, e allora?) si chiama coming out. E questa è la spia del perché trovo inadeguato anche porgli in capo la corona d’alloro di difensore della comunità lgbt: conoscerà individui che ne fanno parte, ma sembra ignorare storia e istanze relative ad essa. Preferisco, gusti personali, che il pavimento me lo aggiusti un piastrellista piuttosto di uno che dice: “Sì dai, lo faccio io, ho visto online un video sul reparto piastrelle di Leroy Merlin! Poi te lo racconto su Instagram! Solidarietà al gres porcellanato! Click, like, money money money!!!”

Poi, mi ripeto ancora a beneficio degli estrapolatori di parole che faticano troppo a seguire un discorso intero, tutto quel che ha detto il 1° maggio era vero – non concordo sulle modalità espressive, ma questa è di nuovo questione di gusti – ed era stato detto da parecchie persone prima di lui e persino meglio di lui: sono quelle di cui sopra, con lotta – lavoro – amore in attivo, prive però dell’amplificatore mediatico a disposizione del rapper influencer imprenditore e quant’altro.

Una seconda vicenda che ha (per certi versi incredibilmente) sofferto della mancanza di ascolto e della comunicazione frammentata – vacua – fulminea da web è stata quella relativa a Rula Jebreal e al suo annuncio via social che avrebbe annullato la partecipazione già concordata a “Propaganda Live”, per correttezza e fedeltà ai suoi principi che non prevedono l’essere l’unica donna in un parterre di ospiti composto da uomini (sebbene le fosse già capitato, come hanno notato in molti/e). Diego Bianchi e compagnia sono cascati dalle nuvole, si sono arrampicati sugli specchi (ci sono due giornaliste fisse in studio, cerchiamo le persone per le loro competenze al di là del loro sesso, abbiamo preso il Diversity Media Award ecc.) e io credo che tutti i protagonisti di questa vicenda fossero in buona fede, una buona fede che ha però come fondamenta una notevole superficialità.

E’ possibile che Jebreal durante la conversazione telefonica di ingaggio, per così dire, non abbia chiesto chi altri era presente quella sera? Io sono la Signora Nessuno, di solito chiamata a tener conferenze e incontri a titolo gratuito, però lo faccio – e se la compagnia non mi piace spiego direttamente agli organizzatori perché non potranno contare su di me. Sono femminista da oltre 45 anni. Cerco di comportarmi come un civile essere umano da quando ne ho memoria e con chiunque: peccato che tale attitudine mi torni sempre meno indietro… anche e soprattutto da molte persone che considero “alleate” o “vicine”. Con costoro mi sembra di essere passata da The times, they are a’changin a The times have changed for the worst.

Comunque, come probabilmente saprete io non ho la tv: spesso però vedo “Propaganda Live” online la mattina successiva alla sua messa in onda. Venerdì prossimo questa sua stagione si chiude, perciò mi permetto di chiedere a chi crea e gestisce il programma se nella prossima qualcosa può davvero cambiare nell’attitudine diretta alle donne. Numeri a parte, che come vi hanno ribadito sono pure importanti (chi non c’è non si vede e non si sente), vi illustro dei piccoli esempi. Mi piacerebbe:

1. che Marco Damilano – dopo aver puntualmente ricordato come qua e là ci fossero donne, quando ha incontrato Tizia, cosa ricorda di Caia – non scendesse dal palco dopo un’ultima frase a effetto del tipo “Il mondo degli uomini”. Sono una outsider, lo so, ma questo mondo è anche mio e non sono un uomo. Ogni tanto mi piacerebbe fare brevemente esperienza dell’inclusione;

2. che Marco D’Ambrosio Makkox facesse una ricerca su quante bambine / ragazze / donne si tolgono la vita dopo aver sperimentato innumerevoli aggressioni dirette ai loro corpi non conformi; dopo, decida lui se per prendere in giro Meloni una frase del genere è accettabile: “Ricordo che da bambina a scuola tutti mi bullavano perché ero cicciona… compresi quindi la sofferenza dei discriminati perché diversi… e fu allora che decisi di diventare fascista!”.

Gli altri paragoni usati nel fumetto (pubblicato da L’Espresso) mettono a confronto situazioni che oggettivamente non sono paragonabili per magnitudo – per dirne una, dar fuoco per sbaglio alla casa e capire “chi fugge dopo aver perso tutto”: l’effetto comico sta proprio in questo. Però le “ciccione bullate” come Beatrice Inguì

https://lunanuvola.wordpress.com/2018/04/06/senza-tregua/ – si buttano sotto il treno a 15 anni e a me non fa ridere;

3. che l’ospite fisso Memo Remigi riflettesse sul rispondere con icone di applausi e pollici alzati al genio che gli scrive su Twitter: “Per incrementare le vaccinazioni suggerirei, per il periodo estivo, alle infermiere che se lo possono permettere, di indossare mascherina e grembiule trasparenti sopra un bikini”. Perché chi decide cosa io mi posso o non posso permettere, in base a quali parametri e in forza di quale investitura da mio giudice?

Il corpo di una donna NON è un luogo pubblico, non è arena di dibattito per gli uomini quali esseri superiori – consumatori – acquirenti e le donne costituiscono comunque la metà della gente che deve vaccinarsi: e guardate che suggerire un trattamento simile (con l’infermiere “figo” a torso nudo e slippini ripieni) non solo non guarisce alcuna ferita ma è impossibile. Le posizioni di potere e di legittimazione da cui donne e uomini partono sono troppo diseguali. Persino Benni rinunciò, a suo tempo, dopo aver ipotizzato di sbottonare gli abiti delle infermiere per far entrare i pazienti in sala operatoria in ottime condizioni di spirito (“Elianto”): “Era allo studio un analogo trattamento per le degenti donne”. E allo studio è rimasto e rimarrà ancora a lungo, giacché la portata dell’oggettivazione dei corpi delle donne è così enorme e pervasiva, così intessuta di discriminazione e violenza, da non permettere paragoni.

Come ho detto all’inizio l’ascolto prende tempo, può essere faticoso e persino doloroso, ma se vogliamo capirci, vivere insieme e fare di questo mondo il “mondo degli uomini e delle donne”, qualcosa che valga la pena lasciare alle future generazioni, credetemi: non abbiamo altra scelta.

Maria G. Di Rienzo

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Nel mentre:

* Dall’11 al 17 aprile 2021 si svolgeranno ovunque incontri, manifestazioni, conferenze, azioni dirette nonviolente nell’ambito della International Anti-Street Harassment Week – Settimana internazionale contro le molestie in strada (è l’undicesimo anno che ciò accade);

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* Francia, Perù e Filippine hanno leggi apposite che puniscono le molestie in strada;

* Le donne denunciano tali comportamenti da due secoli e ovunque vi siano strade (in riferimento a leggi che normano una condotta civile nei confronti di estranei negli spazi pubblici);

* Sono disponibili studi, ricerche, sondaggi e raccolte di testimonianze che ribadiscono senza possibilità di errore quali siano gli effetti delle molestie sulle vittime: in brevis a livello fisico nausea, difficoltà di respirazione, vertigini, tensione muscolare, sudorazione, tachicardia – a livello emotivo fastidio, rabbia, paura, vergogna;

* Sono disponibili statistiche agghiaccianti sul numero di donne che subiscono molestie in strada in tutto il mondo (più dell’80%) e sui vari tipi di escalation degli assalti;

* Il femminismo si occupa della questione, ritenendola un’espressione della violenza patriarcale, da sempre;

* La sottoscritta ha prodotto articoli e traduzioni in merito per dieci anni di fila (vi butto quattro link a caso, l’intera lista è molto lunga):

… e in questi giorni, giacché una giovane celebre si è lamentata (giustamente) in Italia c’è il “dibattito”: mmmh… ma sono molestie o complimenti?

Chiediamolo agli esperti come “Er Faina”. Il nome già dice tutto.

Rispondiamo alle intelligenti domande de “Il Corriere della Sera”: “Avete mai avuto paura?”. Ma no, certo, nessuno ci ha mai messo in guardia su come vestire, dove andare, eccetera eccetera e poi se ti riducono a un colabrodo mentre fai jogging ti arriva :”Eeeeh… mica si può andare a correre da sole, se si è femmine”. Questo cos’è se non addestramento al terrore?

Meditiamo sui pistolotti di Feltri (figlio) che ci ammonisce: se ci opponiamo a questo stato di cose, all’essere considerate proprietà pubblica e non esseri umani, e chiediamo che la legge ci tuteli lui sente puzza di attitudine “sbirresca” e desiderio di punire i comportamenti che non ci piacciono – cioè, mia cara, la libertà di un uomo di farti sentire una merda per strada deve avere tutela superiore rispetto alla tua libertà di andare per quella stessa strada senza essere valutata, giudicata, palpata, insultata a voce alta e magari aggredita a scopo stupro.

Partecipanti al “dibattito”, rileggete i pochi paragrafi marcati da asterisco che ho scritto sopra: dove diamine siete stati/e sino ad ora???

Maria G. Di Rienzo

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Francamente non mi chiedo perché Giovanni Gozzini, docente universitario a Siena, si sia sentito legittimato a usare per Giorgia Meloni il linguaggio spregiativo che investe le donne – di ogni età, censo, tipologia ecc. – ogni giorno e in qualsiasi circostanza. (Per un attimo, mi sono invece domandata come stanno le sue allieve.)

La prassi delegittimante rivolta alle donne, per cui se devi contestarne l’operato attacchi le persone su base sessuale, è talmente “comune” che probabilmente gli salta in bocca senza che neppure debba pensarci su. E sono pronta a scommettere che se i suoi insulti sono stati indirizzati in passato a una donna comune (non famosa), le rimostranze abbiano ricevuto al posto della “solidarietà bipartisan” la consueta manfrina “era uno scherzo – fatevi una risata – sei una femminazista priva di senso dell’umorismo”… Scommetto pure sul fatto che la maggioranza degli sdegnati pubblici attuali è composta da ipocriti che almeno una volta hanno detto/scritto proprio quanto sopra, ma lasciamo pur andare.

Quel che mi ha lasciato davvero perplessa è l’entusiastico bailamme scatenatosi attorno alle dichiarazioni del compagno di Meloni, definito ripetutamente “giornalista di Tgcom24” (per cui si suppone conosca l’italiano), che contengono questa frase: “(…) io spiegherò a mia figlia quanto sua madre sia valorosa e meritevole di ciò che ha fatto nella sua vita.”

Non esaminerò qui il valoroso operato pubblico, giacché non lo giudico tale, ma “meritevole di ciò che ha fatto” non ha senso ed è scorretto. Forse il giornalista Andrea Giambruno voleva dire “meritoria per ciò che ha fatto nella sua vita”. Forse potrebbe fare un altro mestiere. E, fatta salva la condanna per l’episodio di cui è stata involontaria protagonista, forse potrebbe cambiare professione anche Giorgia Meloni: nessuno dei due brilla.

Maria G. Di Rienzo

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Dall’inizio del 2021, in Italia c’è stato un femminicidio ogni 5 giorni (3 sono stati perpetrati nelle 24 ore tra il 6 e il 7 febbraio). In questi giorni, sulla stampa:

“Il procuratore aggiunto di Palermo Laura Vaccaro (…) torna a lanciare un appello a tutte le donne: “Non abbiate paura di denunciare – dice – C’è sempre qualcuno disposto ad ascoltarvi. C’è soprattutto una rete di accoglienza per tutelare voi e i vostri figli“. “

“Soltanto due settimane fa Repubblica ha aperto l’Osservatorio Femminicidi e ci troviamo già qui a contare altre donne morte. (…) E quante volte dobbiamo registrare il dolore di parenti e amici che raccontano di segnali non colti. Non c’è più tempo però, non c’è per aspettare redenzioni, non c’è per dare seconde possibilità che spesso sono quarte o quinte. Denunciare, rivolgersi ai centri antiviolenza. Dare alle donne la certezza di essere ascoltate, e aiutate.” Oriana Liso

” (…) un mese fa aveva chiamato la polizia, ma poi non aveva voluto presentare denuncia contro il compagno violento.” (riferito a Piera Napoli, 32 anni, assassinata dal partner)

“Ventinovenne uccisa a coltellate nel Salento, fermato per omicidio il suo ex: era in fuga. In passato aveva già minacciato la vittima di femminicidio: “Una tragedia annunciata“. “

Il quadro postula come al solito due assunti falsi: primo, che la responsabilità di fermare la violenza ricada sulle vittime di quest’ultima; secondo, che esista una diffusa solidarietà nei confronti delle vittime stesse.

L’afflato verso le donne investite dalla violenza assume le seguenti forme se muoiono:

– Era una ragazza semplice e solare.

– Era una donna piena di vita.

– Inspiegabile e assurda tragedia.

– Perché nel 2021 ci sono ancora queste persone per cui le donne non sono niente?

– Dobbiamo fermare tutto questo! Basta violenza sulle donne.

(Più i consueti svarioni pseudo-lirici fatti di stelle, angeli, coretti e applausi.)

Per contro, se restano vive dopo l’assalto, lo stupro o anni di pestaggi, il loro comportamento è sottoposto al più severo degli esami non solo dagli stessi che cianciano a vanvera con le frasi di cui sopra, ma da poliziotti, medici, avvocati e giudici… i quali costituiscono la parte istituzionale della succitata “rete di accoglienza” che dovrebbe “tutelarle”: gli opinionisti da strapazzo, i commentatori seriali sui social media, la grande bagarre misogina dei media tutti fanno il resto.

I parametri dello scandaglio sono la fiera patriarcale dello stereotipo di genere: era bella, non era bella (solo le belle sono degne di violenza sessuale); era brava, non era brava (quelle brave sospettano di tutti, non vanno a feste, non escono da sole, denunciano – ma anche NON sospettano, per non offendere l’uomo di turno, vanno alle feste perché il suddetto deve mostrarle agli amici come trofei, escono da sole per andare ad incontrarlo, NON denunciano perché non sono certo schifose femministe…); eccetera eccetera. Non si tratta come vedete di punire l’autore delle violenze, ma di capire grazie a quale provocazione della vittima costui – stressato, abbandonato, colto da raptus, avvilito, depresso, geloso – sia stato costretto ad agirle.

In ambo i casi, non appare mai uno straccio di analisi su cosa effettivamente crei un clima adatto alla sopraffazione e all’omicidio. E quindi, giusto: Perché nel 2021 ci sono ancora queste persone per cui le donne non sono niente?

Mah. Forse perché avete passato l’estate del 2020 a discutere della modella di Gucci e di Santa Chiara Influencer? No, non sto scherzando. E naturalmente non si tratta solo dell’estate scorsa, perché sul culo di questa e le tette di quell’altra e sulle montagne di sterco relative a trucchi – acconciature – abiti – accessori – diete – fitness che dovrebbero dar forma alla “bambola scopabile” si blatera da anni ed anni.

L’oggettivazione ossessiva, coatta, asfissiante che investe le italiane di qualsiasi età 24 ore su 24 e che neppure la morte ferma (Era così bbbeeellla…) è l’ingrediente principale della violenza di genere: a una persona si deve, in linea di principio, rispetto – a del materiale da scopare no.

Questa narrazione a senso unico, vischiosa, mai messa davvero in discussione, si è insediata come una melassa a presa rapida in cervelli di ogni genere, origine e latitudine, vedasi le fotografe che mettono in posa giovani donne nude per i calendari o producono immagini di bambine in atteggiamenti da Lolite per vendere automobili e di fronte a un minimo di reazione civile strillano: “Io sono femminista!”… che è l’equivalente di “Non sono razzista, conosco tanti immigrati”, “Non sono omofobo, ho un sacco di amici gay” e via dicendo. Ma quando io contesto una tua azione, sorella, non ti sto in alcun modo etichettando e definendo: sto dicendo che quel che hai fatto (non quel che sei) porta acqua al mulino avverso alle donne. Tutto qua, non c’è bisogno di utilizzare ad minchiam il termine “femminista”, perché è evidente che se lo usi come scudo per pararti il didietro tu non sai cosa significa.

All’oggetto-femmina, il cui dovere dalla culla alla tomba è essere bbbeeella per soddisfare sguardo e interno mutanda maschili, non è riconosciuto spessore umano, dignità, legittimazione. Perciò i sedicenti giornalisti (e le sedicenti giornaliste, certo) che in Italia scrivono di violenza di genere non solo non hanno alcuna preparazione al proposito ma ritagliano la storia in modo adeguato affinché risponda ai loro pregiudizi e al sessismo che respirano quotidianamente quanto ogni altro/a.

Solo per fare un esempio, questa notizia l’ho letta due giorni fa:

“Getta in mare la ex, poi la risarcisce: condanna lieve, soltanto sei anni”.

Il (dei tenetemi le mani) professionista della carta stampata ci spiega perché:

“(il perpetratore del tentato omicidio) ha chiesto scusa, ha lanciato segnali di pentimento e ha risarcito la sua ex. Ha staccato un assegno, oltre a scrivere lettere nelle quali ha provato a rivisitare il recente vissuto, fino a quell’ultimo – drammatico – momento di coppia: lei che sta sul muretto, lui che la spinge; lei che cade in acque (sic), a mare, lui che scappa. Lei che rischia di morire e che viene salvata (…).

Sono tutti “momenti di coppia”, quindi: il primo bacio, la prima sberla, la richiesta di assomigliare a una diva all’esterno e a una pornostar a letto, il selfie dopo il pestaggio, il lancio in mare… Io credo che l’autore neppure si sia reso conto di quanto questo tipo di narrazione normalizzi e scusi la violenza contro le donne: lui ne scrive MA NON NE SA UNA BEATA MAZZA. I suoi capi non gli hanno offerto formazione, per due semplici motivi: 1) a loro non interessa fare giornalismo, ma click-bait; 2) ne sanno meno di lui.

In compenso, la reiterazione dell’oggettivazione femminile mascherata da reverente ossequio alla “bellezza” e le interminabili manfrine su stereotipi di genere prescrittivi (le donne sono così, gli uomini sono cosà, senza spazio ne’ per le differenze ne’ per l’individualità), i quali hanno l’unica funzione di presentare come naturale, santa e giusta la subordinazione delle donne, hanno formato generazioni di giovani stronzi – oltre a fornire ossigeno agli stronzi più anziani – che si beano della propria ignoranza, della propria crudeltà e del sessismo più becero a disposizione sul mercato.

Tre esempi dalla cronaca di gennaio/febbraio, il primo della lista ha 19 anni.

Gettata a diciassette anni in un burrone. Il fidanzato: “Roberta si è data fuoco da sola”

– “Il giudice per le indagini preliminari: “Quantomeno a livello gravemente indiziario può ritenersi in questa fase cautelare che Morreale Pietro, mosso da una fortissima gelosia e da un sentimento morboso maturato nei confronti di Roberta (Siragusa), la abbia uccisa (…) dopo aver comunque tentato un approccio sessuale e poi le abbia dato fuoco abbandonandola nella scarpata”.”

– “A Caccamo, raccontano che Morreale era sempre parecchio geloso nei confronti della fidanzata: “La scorsa estate era arrivato anche alle mani – sussurra un’amica della vittima – avevo visto Roberta con un occhio nero. I litigi erano proseguiti, poi di recente sembrava essere tornato il sereno”. Fino a sabato sera, quando sarebbe avvenuta un’altra scenata nel corso della festa a casa di amici.”

– “Risultati dell’autopsia: “Roberta stordita e poi bruciata dal suo assassino”. Secondo una ricostruzione emersa dai lavori dei periti la giovane sarebbe stata colpita, stordita e poi data alla fiamme, forse mentre era ancora viva.

Il secondo ne ha 24.

Rapper 1727 wrldstar arrestato, botte alla compagna con un bastone di ferro

– “Ha ferito gravemente la sua compagna con una mazza di ferro, al culmine di una lite. Per questo è stato arrestato con accuse di maltrattamenti, lesioni e droga Algero Corretini, 24 anni, che sul web è conosciuto anche come ‘1727wrldstar’ (…)”

– “(i carabinieri) hanno ricostruito una prolungata storia di maltrattamenti culminata nella mattinata di sabato in una violenta aggressione.”

Il terzo ne ha 17.

Revenge porn tra minori, la vittima ha solo 13 anni.

“Aveva solo 13 anni quando inviò al suo fidanzatino delle foto che la ritraevano senza veli. Lui, un 17enne, prima ha custodito gelosamente quegli scatti sul suo telefono poi, quando lei lo ha lasciato, li ha inoltrati sulle chat di tutti i loro amici svergognando pubblicamente la ragazzina che, presa dal panico, non voleva nemmeno più andare a scuola. Quella vendetta a luci rosse si è protratta per ben tre mesi poiché anche dopo la denuncia sporta dai genitori della 13enne, il ragazzo ha continuato a diffondere quelle immagini.”

Poi abbiamo il maestro (si fa per dire) Alberto Genovese, anni 43, esperto di festini a base di stupefacenti, serie di foto allucinanti in cui mima incontenibili entusiasmi con la bocca spalancata e bottiglie al vento. Due delle giovani donne che lo hanno denunciato per stupro hanno riportato oltre alle sue violenze i convincimenti da cui esse si originano:

“Mi diceva che la donna non deve andare all’università e non deve lavorare.”

“Faceva certi discorsi, che la donna è stupida e anche se è intelligente non si deve applicare e non deve lavorare. Mi diceva: ‘Tu a 24 anni ti trovi uno che ti mantiene, a 27 fai una famiglia, così hai il futuro garantito, perché una donna a 27 anni è da buttare.’ “

Genovese si è avvalso della facoltà di non rispondere alle domande del giudice per le indagini preliminari, ma ha avuto la faccia tosta di chiedergli di andare ai domiciliari a casa della madre e della compagna, aggiungendo che spera in una pena “rieducativa” che gli consenta di “guarire”: “Voglio disintossicarmi, da 4 anni sono tossicodipendente. Quando mi drogo perdo il controllo e non riconosco il confine tra legale e illegale.”

Perché è tutto lì, il problema. Ci sono ancora legislazioni, al mondo, che normano quanto si può picchiare una donna e in che circostanze sia ammesso violentarla, ma da noi comandano le femministe…

E le donne continuano a soffrire e a morire sia che denuncino sia che non denuncino, sia che rifiutino di aderire al modello imposto sia che lo accettino:

“La Procura di Milano ha chiuso le indagini, in vista della richiesta di processo, a carico di Mattia Colli, medico chirurgo del ‘Centro di chirurgia plastica ed estetica MC’ in centro a Milano, accusato di omicidio colposo per la morte di una donna di 36 anni deceduta in un hospice nel Bresciano l’11 aprile 2018 per complicanze seguite ad una grave infezione dopo un intervento di liposuzione a cui si era sottoposta il 5 luglio 2017.”

Se dopo i 27 anni una donna dovrebbe essere conferita in discarica, figuratevi a 36. Per questo gli utilizzatori, i fini conoscitori e gourmet di femmine producono notizie simili:

Bambina di 18 mesi morta nel Comasco, non è stato un incidente: arrestato il compagno della madre.

“Gli esiti della consulenza medico legale, rende noto la Procura di Como, inducono gli inquirenti a ritenere che la piccola sia stata picchiata non solo il giorno del suo decesso, (…) ma pure in altre circostanze, quando – sempre secondo gli accertamenti – la piccola sarebbe stata anche violentata.”

Era bella, suppongo.

Maria G. Di Rienzo

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“Come ci si affranca da un destino che sembra inesorabilmente segnato? Fa il provino al primo Grande Fratello nella speranza di avere l’occasione per un cambiamento.

Lascia poi la tv e inizia un percorso da giornalista. Qualche anno più tardi, approdato alla politica, scala il Movimento 5 Stelle con la grinta che ha imparato a coltivare.

Ama uomini e donne, seduce e si lascia amare, avido di sentimenti veri.

Rocco è ambizioso ma è anche bravo, impara la comunicazione politica da Gianroberto Casaleggio, per poi cambiare quella del Movimento 5 Stelle, stando fianco a fianco con Di Maio e Di Battista, e cresce su, su fino ad arrivare alla carica attuale”

Rocco Casalino, “Il Portavoce – La mia storia”

La comunicazione non avviene in lingua italiana (casomai zia Rocco, che ha amato anche donne ma probabilmente in modo platonico, stava “fianco a fianco di” e “crescere su” è abominevole), però gli stampano un libro, che in Italia è ormai solo ed esclusivamente uno dei tanti gadget dei “famosi”. E io che di mestiere scrivo, posso solo pubblicare online e vomitare.

Maria G. Di Rienzo

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… è doveroso un pensiero per i più bisognosi.

L’Ansa riporta in data odierna che il “maestro della cucina italiana” Gianfranco Vissani è “triste e amareggiato”: non potrà vendere il cenone di fine anno nel suo ristorante a causa delle misure sanitarie di prevenzione per il coronavirus.

E’ inoltre “imbestialito” perché ieri o oggi noi italiani/e “in migliaia” abbiamo fatto la spesa nei supermercati mentre “noi ristoratori siamo costretti a chiudere i locali che al massimo ospitano 50-60 clienti, è una vergogna” ed è insoddisfatto degli aiuti provvisti dal governo (che, sarà bene ricordarlo, non è tenuto a fornirli): è convinto che in Giappone e in Germania siano a disposizione dei suoi colleghi “centinaia e centinaia di miliardi”.

Stasera il bisognoso sarà solo, “a Casa Vissani” (e già mi sento in colpa perché, per esempio, noi siamo in due, in una casa popolare in cui piove dentro) e secondo l’Ansa “annuncia” (annunciaziò!):

“Mi apro una scatoletta di caviale, quello che avevamo comprato per le festività se fossimo restati aperti e brinderò con uno spumante rigorosamente italiano.”

Sig. Salvini, potrebbe cortesemente lanciare una colletta a suo favore su TikTok o passare a fare del volontariato consegnandogli dei generi di conforto? Penso a una borsettina con un paio di bistecche di manzo Kobe giapponese (più di cento euro cadauna), un melone Yubari (10.000 euro prezzo medio), caffè Kopi Luwak (100 euro l’etto), ricotta d’asina della Serbia (1.200 euro al chilo), formaggio svedese di latte d’alce (1.000 euro al chilo), guarnita di un coro di “va’ a quel paese” rigorosamente italiano.

Maria G. Di Rienzo

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“Quali sono i vostri sogni per il 2021? Sogni personali, intimi, dedicati agli amici, alla famiglia. Ma anche sogni per il futuro dell’Italia o del mondo.”

Di seguito la mia risposta a “La Repubblica”, che in questi giorni chiede il contributo di cui sopra per la sua iniziativa “L’anno che verrà”:

Terrò per me i sogni personali, ma vi confido volentieri uno degli altri: l’avvento di un giornalismo degno del proprio nome, professionale, intelligente, che smetta di disprezzare, ignorare o odiare le donne.

Il che significherebbe, anche per voi, smettere di produrre articoli che:

– glorificano e scusano la violenza in tutte le sue forme (particolarmente quella contro le donne);

– sono scritti da analfabeti;

– non hanno alcun senso perché la “notizia” non esiste (forse Tizia ha lasciato Caio, sembra che Sempronia si sia rifatta il naso… e chi se ne importa);

– chiunque sia la donna di cui trattano cominciano con una dettagliata disamina (o la incorporano) della sua tipologia fisica, abbigliamento, accessori e trucco: della scollatura di Marie Curie o del taglio di capelli di Samantha Cristoforetti non solo non ce ne importa niente, ci irrita che non sappiate riconoscerle come donne senza farne dei manichini;

– rilanciano senza controllo qualsiasi idiozia relativa al peso corporeo: il giornalismo dovrebbe verificare prima di urlare alle epidemie o proporre diete o elencare cause/rimedi per ciò – il grasso corporeo – che NON è una malattia (sono in grado di produrre vent’anni di letteratura scientifica al proposito, ma avete raccomandato “poche righe”). Inoltre, domanda retorica, perché secondo voi la modella statunitense è curvy e la ragazza che si getta sotto il treno – grazie al bullismo diretto al suo corpo – aveva problemi di obesità?

– sono inseriti in “rubriche donna”, come per esempio i vostri di oggi:

Trucco: dal rosso al blu Kandinsky su occhi e labbra. Come ricostituenti per l’umore

Moda – Gli abiti per le festività che indosserai di nuovo nel 2021

L’incipit dice già in che settore stanno: Trucco, Moda. Non DONNA. Io sono tale e come una miriade di mie simili non mi trucco e la moda non mi interessa. E’ inutile che speriate di essere i paladini del “futuro delle ragazze” (Stem ecc.) quando quel che proponete loro è la visione trucco – moda – attenta alla panza – perché lui ti ha lasciato – come essere più affascinante ecc. ecc.

Se, scusate la volgarità, il loro scopo ultimo in questa esistenza è far avere erezioni all’altra metà del genere umano, studiare servirà a poco. A meno di non andare a scuola da quelle che voi chiamate “influencer digitali” (leggi modelle/pubblicitarie online) e impegnarsi davvero davvero ad avere un trucco perfetto… Il brano che segue è tratto da un articolo che ho scritto io il 19 febbraio dell’anno scorso (non entro nei dettagli dell’antefatto, che comprendono bambine ricoverate per tumori, giacché siamo andati già molto oltre le poche righe prescritte), ma fa riferimento a come voi date le notizie:

“Repubblica specifica che lo stage (sic) grazie a cui si imparerebbe a “bucare il video, la rete e un po’ tutte le situazioni social” è cosa di gran valore: “Giusto per dare un’unità di misura a Milano è stato registrato il sold out, con biglietti da 650 euro a testa e una coda di migliaia di persone per soli 500 posti a sedere.” Capite, per le povere bimbe malate la “influencer” lo avrebbe fatto gratis, è così commovente che sto quasi per piangere, però 650 euro x 500 individui disposti a sborsarli fa 325.000 euro: una cifra spropositata per una sorta di “formazione” agli stereotipi di genere… e il fazzoletto mi torna automaticamente in tasca.”

E la chiudiamo qua. Saluti, Maria G. Di Rienzo

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Il Covid si è portato via anche Lidia Menapace.
Leggerete necrologi e biografia altrove. Io voglio solo dire che era una di quelle persone indispensabili allo sforzo produttivo del Paese per restare civile.
La ferita che la sua scomparsa ci infligge potrà guarire solo se ognuna/o di noi farà la propria parte in tale sforzo.
Arrivederci, Lidia. Resisto senz’armi, come tu insegnavi.
Maria G. Di Rienzo

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Ora che la Rai (servizio pubblico), nel mezzo di ipocrite e superficiali manfrine sulla violenza contro le donne, vi ha fornito il tutorial su come si fa la spesa sembrando una perfetta cretina (eseguito da professionista di balletti attorno a un palo e presentato da professionista che asserisce di rappresentare la “categoria donna” e ci assicura di combattere ogni giorno per ciò in cui crede, ma purtroppo non ci dice in cosa le sue credenze consistano), mi sento perfettamente legittimata a produrre tutorial anche io.

Oggi, perciò, la vecchia cessa femminista vi spiegherà professionalmente – come attivista antiviolenza e trainer alla nonviolenza – quali concetti avreste dovuto trovare in articoli e servizi relativi al 25 novembre, Giorno internazionale contro la violenza di genere. Questi:

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Si definisce violenza di genere la violenza diretta contro una persona sulla base del suo genere o sesso.

Il termine “sesso” si riferisce alle differenze biologiche esistenti fra maschio e femmina, mentre “genere” si riferisce alle differenze sociali tra essi: che sono apprese, che possono cambiare nel tempo e che variano grandemente sia fra le culture che all’interno delle culture stesse. Il genere è una variabile socio-economica, culturale e politica che può essere utilizzata per analizzare ruoli, responsabilità, opportunità e bisogni di donne e uomini.

La violenza di genere prende molte forme – può essere fisica, sessuale, psicologica, economica, legale, sociale, culturale ed essere tollerata o attivamente alimentata all’interno della famiglia e della comunità o dagli stati e dalle istituzioni.

Dall’insulto alla molestia, dalla minaccia al pestaggio, dall’umiliazione alla restrizione del godimento di diritti umani universali, dallo stupro all’omicidio – ogni manifestazione della violenza di genere è profondamente radicata in convincimenti culturali discriminatori e attitudini che perpetuano diseguaglianza e mancanza di potere, in particolare per donne, ragazze e bambine.

Contrastare la violenza di genere richiede la comprensione delle sue cause e dei fattori che ad essa contribuiscono, i quali spesso fungono da barriera a responsi e prevenzioni efficaci.

La causa principale della violenza di genere è lo status diseguale di uomini e donne (patriarcato) nato dal convincimento che queste ultime siano inferiori e che, assieme ai bambini / alle bambine e ad altri soggetti di “basso rango”, debbano essere controllate, dirette e dominate. La violenza riceve giustificazione da questa e altre idee socio-culturali normative su ciò che la “mascolinità” e la “femminilità” dovrebbero essere.

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Poiché tracciare la violenza in cronaca, nelle buste paga o nelle sentenze dei tribunali è – relativamente – abbastanza facile, nella prossima tranche del tutorial ci concentreremo sui fattori culturali che legittimano la violenza QUOTIDIANAMENTE su media e social media, il cui effetto “sfugge” di continuo agli occhi del pubblico nonostante la loro tossicità sia persino comprovata da una tonnellata di studi e ricerche.

Ripartiamo dalla pagliacciata della spesa “sexy” citata all’inizio: le reazioni ad essa avevano prodotto la cancellazione del programma, ma Rai 2 lo ha mandato tranquillamente in replica il mattino dopo, assieme a signorine in lingerie e a una professionista di reggiseni che spiegava le meraviglie del push-up (colonna sonora: “9 settimane e ½”). Vi sembra che abbiano capito qualcosa delle rimostranze? No, ovviamente: ignorano o preferiscono non considerare le basi che ho citato sopra.

La tizia in micro-gonna (una mini sarebbe stata troppo lunga), con ombelico scoperto e un chilometro di tacchi, che spiegava come mostrare meglio il culo se qualcosa durante la spesa cade sul pavimento doveva essere divertente, atta ad alleggerire questo clima opprimente da pandemia, ha dichiarato sempre la conduttrice sedicente paladina delle sue simili, ma qualcosa non ha funzionato in troppe/i si sono posti infatti questa domanda: si può sapere perché se dobbiamo divertirci la prima cosa che viene in mente agli sceneggiatori televisivi è sbeffeggiare le donne in quanto tali?

Stereotipi e pregiudizi sono formidabili alimentatori della violenza: tutti i cosiddetti “crimini dell’odio” si costruiscono attorno al disprezzo che stereotipi e pregiudizi veicolano; le aggressioni, i pestaggi “domestici”, gli stupri, i femicidi e la ri-vittimizzazione di chi ciò subisce hanno come base tale disprezzo. La ridicolizzazione delle donne può farvi avere qualche “like” in più o divertirvi personalmente ma la sua ricaduta resta il sangue: perché la violenza ha bisogno, per essere agita, della disumanizzazione dei suoi bersagli.

Ieri 26 novembre 2020 in cronaca c’erano i soliti risultati della ricetta:

Pordenone: “E’ arrivato in Questura con le mani ancora sporche di sangue, dopo aver ucciso la compagna con numerose coltellate al collo. La vittima, 33 anni, era la mamma di due bambini di 8 e 3 anni.”

Firenze: “Picchia la compagna e non apre la porta ai soccorritori. Arrestato un uomo di 25 anni per maltrattamenti e lesioni gravi. La donna ha 25 giorni di prognosi. Era già stata aggredita altre volte.”

Come la società italiana ha preparato questo?

1. Dando la colpa alle vittime (“L’aggressore fiuta la preda”, “Cosa si aspettava, di andare a recitare il rosario”, “E’ stata ingenua – stupida – complice”);

2. Giustificando gli assalitori (colti da raptus, obnubilati da alcolici e sostanze varie, giustamente furiosi per le azioni compiute dalle loro vittime, depressi, abbandonati, ecc. ecc. ecc.);

3. Scusando e premiando ed esaltando l’oggettivazione delle femmine di qualsiasi età: (“Ben venga, con le giuste precauzioni, anche la sensualità dei bambini come parte dell’essenza umana, che non ha nulla che vedere con la perversione.” riferito alle adolescenti con le dita in bocca e l’ombelico al vento usate per pubblicizzare automobili);

4. Aggredendo a colpi di svergognamento qualsiasi femmina, di qualsiasi età, rifiuti di aderire al modello in voga (magra – preferibilmente bionda tinta – tette gonfiate – cosce liposucchiate – professione obbligata influencer o youtuber o fashionista) o ne sia impossibilitata per qualsivoglia motivo;

5. Continuando a sparare ignoranti cazzate immani e ignoranti volgarità abissali su cosa sono le donne e cosa sono gli uomini tramite social media, programmi televisivi e simili.

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Fase 3 del tutorial: BREAK FREE!!!

L’immagine “sociale”, ossia la visione che altri hanno di noi e dei gruppi a cui apparteniamo (per caso o per scelta), gioca un ruolo assai importante in un vasto raggio di processi psicologici – relazioni interpersonali, scelta del/della partner, espressione delle emozioni, solo per citarne alcuni.

Tuttavia, ognuno di noi ha molto più controllo su questo lato della propria vita di quanto sia stato indotto a credere: possiamo decidere cosa fare dei messaggi che ci investono.

* Cominciate prestando attenzione a come vi sentite rispetto a essi.

Vacca, troia, puttana, cicciona, brutta, sciatta, “inchiavabile” eccetera non sono “critiche costruttive” di cui dovete tener conto per programmare le vostre azioni future, sono insulti tesi a ferirvi: non hanno alle spalle alcuna logica, alcun dato, alcun ragionamento e meno che mai vengono proferiti “per il vostro bene” visto che l’unico loro scopo è distruggere la vostra autostima e zittirvi.

Perché mai la cosiddetta opinione sul vostro conto del primo stronzo che passa dovrebbe avere più valore della vostra e perché mai dovrebbe esserle delegata la capacità di dirigere la vostra vita (di cui il suo detentore- o la sua detentrice – non sa un piffero)? C’è un’unica esperta della mia esistenza, che vive nella mia pelle: me stessa. Mi sembra ovvio che le decisioni su tale esistenza io sia più qualificata a prenderle rispetto al suddetto stronzo.

* Escludere dalla vostra cerchia le persone distruttive non è censura, è buonsenso.

Però, se “bannare” il tal follower è una semplice azione alla vostra portata, è molto più difficile evitare i messaggi pubblicitari o le narrazioni abominevoli contenute nei programmi televisivi e negli articoli di giornale. Cercate narrazioni alternative: non solo esistono ma sono prodotte in base a principi di civiltà e ad analisi scientifiche, storiche, sociologiche. Una volta che vi siate formate/i una base di conoscenza sulla relazione fra pregiudizi, stereotipi e violenza diffondetela come se non ci fosse un domani… anche perché in questo modo favorirete per altri esseri umani la possibilità di averlo, un domani.

* Sottraete il vostro consenso alla violenza.

So che non l’avete dato formalmente, ma il silenzio è spesso interpretato per tale, perciò protestate, urlate, dissentite, battete mestoli sulle casseruole. E come vi arriva “eeeh… questo è bigottismo” oppure “bisognerebbe capire quanto violenta era la donna psicologicamente” o ancora “questo è un delinquente, il fatto che sia maschio non ha nessuna importanza” e “ma invece hai letto di quella che ha ucciso il suo bambino?”… tornate al punto precedente e cancellate questi ipocriti dai vostri contatti. Non vogliono discutere con voi, non gli interessa una mazza quel che dite, non sono disposti ad imparare niente e la violenza (soprattutto quella contro le donne) gli piace. Avete tempo da perdere, voi?

Maria G. Di Rienzo

P.S. A differenza di note personalità che fissano a circa 600 euro il biglietto per assistere a una loro “lezione di trucco”, l’autrice sunnominata vi ha offerto questo tutorial del tutto gratuitamente – e ne va fiera.

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