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Posts Tagged ‘calcio’

Quel che segue è un esempio dei numerosi tweets dal contenuto simile (o addirittura identico), relativi alla finale degli Europei di calcio, che girano in questi giorni:

“giuro se vedo ancora un post degli inglesi con scritto itscominghome do di matto, ma che cazzo deve tornare a casa dato che non avete mai vinto un europeo?” (letterale)

C’è scritto “sta venendo a casa”, cervellini splendenti, “sta tornando” sarebbe stato it’s coming BACK home.

Questa è precedente, ma in tema. Si tratta della “traduzione” (da bocciatura) di un testo di Bob Marley fatta da una persona contraria alle “pagliacciate” di Black Lives Matter che “non si inginocchierà mai e poi mai”:

PRENDI SU, STAI IN PIEDI

STAI IN PIEDI PER LE TUE DESTRE

PRENDI SU, STAI IN PIEDI

NON DARE VIA LA LOTTA

Get up si traduce con ALZATI (non “prendi su”)

Stand up significa sì “stai in piedi” ma in questo caso, che non è il comando di un insegnante a un allievo bensì un invito, è preferibile tradurre con ERGITI

For your rights si traduce con PER I TUOI DIRITTI (non “per le tue destre”)

Don’t give up the fight si traduce con NON ABBANDONARE LA LOTTA

Alzati, ergiti

ergiti per i tuoi diritti

alzati, ergiti

Non abbandonare la lotta

E quindi… OK NON BOOMERS! Fate un figurone!!!

Una vecchia signora scarmigliata.

(Tornerò sul tema, perché merita.)

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calciatrici

Da quando ha accettato di partecipare come partner ai progetti dell’UNFPA (Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione), il Football Club Shakhtar ha messo in moto in Ucraina un circolo virtuoso che promuove l’eguaglianza di genere, la paternità responsabile, il superamento degli stereotipi di genere. Tramite la campagna “Felicità a quattro mani” i giocatori hanno raggiunto l’anno scorso un milione e mezzo di persone con messaggi riguardanti l’importanza di condividere responsabilità e lavoro di cura fra uomini e donne.

Nel frattempo, avevano dato vita a un’altra iniziativa, chiamata “Vieni, giochiamo!”, tesa ad aprire il mondo del calcio anche alle bambine interessate a questo sport. In Ucraina (ma non solo, lo sappiamo) a una ragazzina che dica “Voglio giocare a pallone” si risponde molto spesso che il calcio è roba da maschi e che è meglio per lei fare danza o ginnastica ritmica, ma adesso ci sono allenamenti gratis in 23 città ucraine e 150 bambine fra i 7 e 12 anni che fanno parte di squadre ufficiali.

Per indurre le famiglie ad accettare il progetto, gli organizzatori del Football Club Shakhtar sono andati nelle scuole con manifesti che mostravano bambine sul campo di calcio: “Probabilmente siamo i primi ad aver detto ai genitori: non abbiate timore di iscrivere le vostre ragazze alla scuola di calcio. Se a tua figlia piace questo gioco, perché non dovrebbe giocare?”, dice Oleksandr Ovcharenko, uno dei direttori dei progetti sociali del Club. Lo stratagemma per superare il possibile rigetto dei piccoli giocatori maschi è questo: nei tornei interni, il goal di una bambina vale due punti anziché uno, perciò i ragazzini sono assai interessati ad averle nelle loro squadre.

milena

Una delle star dell’iniziativa è Milena Ivanchenko. Quando il progetto “Vieni, giochiamo!” ebbe inizio, nel 2013, Milena aveva tre anni ed aveva semplicemente seguito il fratellino che voleva partecipare agli allenamenti. Ha osservato a bordo campo e ha deciso che la cosa le piaceva: oggi è in grado di tenere la sfera al piede in palleggio per 67 volte di seguito. E’ riconosciuta come la più promettente giocatrice fra le ragazzine e gli adulti attorno a lei le pronosticano un grande futuro.

Maria G. Di Rienzo

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woman soccer player - dan sproul

“Apriti cielo.”, dice l’articolo di Repubblica mostrando tutto il fastidio di chi scrive, “E alla fine il dirigente giallorosso si scusa con le donne che si sono sentite offese.” I lettori (uomini) concordano: polemiche pretestuose, dibattiti ridicoli, polemiche senza senso, politicamente corretto portato alle estreme conseguenze (???).

E’ successo che il sig. Petrachi, direttore sportivo della Roma, protestando per un gol annullato alla sua squadra – nell’occasione il difensore del Cagliari Pisacane è stato portato fuori dal campo in barella con collare e maschera d’ossigeno – abbia spiegato furibondo che “Il calcio è un gioco maschio, non è per ballerine. Altrimenti ci mettiamo tutti le scarpine e andiamo a fare danza classica no? Questo è un gioco di maschi”.

Ribadendo che epoche e società si evolvono, la ct della nazionale di calcio femminile Milena Bertolini e la capitana della stessa Sara Gama hanno detto al proposito la stessa cosa che ripetiamo in tantissime da anni e anni e anni: “Quando si parla si deve stare attenti, le parole sono importanti e danno significato ai nostri pensieri.” (Bertolini) – “Il linguaggio plasma la realtà (…) è importante e dimostra che, per quanto cerchiamo di progredire, per il cambio culturale serve tempo. (…) E’ un’uscita ampiamente infelice in un tempo ampiamente sbagliato.” (Gama)

L’articolista però non ci sente: “Carolina Morace lo difende”, fa notare e riporta la dichiarazione della stessa per cui lei direbbe le stesse cose se le sue calciatrici “giocassero in punta di piedi”, sino a ricordare loro “non siamo ne’ signorine ne’ ballerine”. A questo punto, secondo Repubblica, parlando con l’Ansa “Gianluca Petrachi, ds della Roma, ripristina la realtà storica” (sic): era arrabbiato, voleva sottolineare che il calcio è ed “è sempre stato uno sport fisico e di contatto” e “alla Roma siamo molto orgogliosi della nostra squadra femminile e di promuovere il calcio femminile”. Naturalmente, “se qualcuno si è sentito offeso” il mister si scusa.

Ecco, femministe del menga, incartate e portate a casa: avreste dovuto tenere la bocca chiusa, invece di “cercare visibilità” con questi mezzucci (come rimprovera severo un lettore).

A me si apre un cielo di disperazione in testa quando constato che l’espressione linguistica è sempre meno collegata a senso e comprensione. Seguitemi un attimo:

1. La menzione del “gioco maschio” fisico e di contatto ecc. è una giustificazione della violenza in campo e la reiterazione della violenza stessa come tratto mascolino ab origine: è quindi lecito e normale sfasciare un avversario e farlo uscire dal campo in barella.

2. La mascolinità così espressa è definita e affermata per paragone che svilisce e svaluta la femminilità. Se gli uomini sono forti e aggressivi e naturalmente violenti, le donne non possono che essere riflesse in questo specchio come deboli e passive e “signorine ballerine”.

3. Ne’ Petrachi ne’ Morace, ne’ chi ha redatto il pezzo ne’ i commentatori, hanno la più pallida idea della durezza dell’addestramento a cui si sottopongono le bambine, le ragazze e le donne che fanno danza classica. Probabilmente a volte preferirebbero tirar calci a un pallone in un campo fangoso sotto una pioggia torrenziale: per faticare un po’ di meno.

4. Asserire che dopo i mondiali femminili di calcio Bertolini e Gama abbiano bisogno di visibilità a spese del ds Petrachi (chi è, scusate?) dimostra solo un pensiero per cui gli uomini sono l’ombelico del mondo, il centro di tutto e la giusta misura per qualsiasi cosa.

5. La frase “Se qualcuno si è sentito offeso” implica che chi la dice non può aver offeso nessuno. L’onere della violenza, verbale e fisica, ricade sempre su chi la subisce – costui o costei deve provare non che sanguina (questo quando accade è evidente e non può essere negato) ma che sia davvero “violenza” l’azione che gli ha aperto la carne. Qualcuno può “sentirsi” ferito, ma se chi impugnava la lancia dice che l’ha solo scossa per farsi vento basta far seguire all’atto delle scuse insincere e inutili: quanto alla richiesta di rimettere la lancia nella rastrelliera e di sventolarsi con un ventaglio, questo no, mai, per nessuna ragione.

Ed è proprio ciò che vi stiamo chiedendo, di deporre le armi sessiste con cui infestate il linguaggio, di porre fine alla vostra guerra insensata contro le donne, di riflettere su quanta sofferenza sta dietro agli stereotipi che ci appiccicate addosso. Apriti, cielo.

Maria G. Di Rienzo

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carciofi

“Sono pronte un milione di bottiglie, tutte numerate, e sono sicuro che non ne rimarrà nemmeno una. Soltanto da Predappio ce ne hanno richieste 50 mila. Il 99% di chi ha un bar, un ristorante o un esercizio pubblico è di destra: l’Amaro del Duce sarà un grande successo. Prevedo tempi duri per gli altri amari: il nostro sconquasserà il mercato, facendo piazza pulita. Il popolo italiano è di destra: tanti non lo dicono, ma Salvini è al 40%. Grazie alla nostra ricetta daremo al popolo di destra una bevanda che saprà calmare i nervi e portare benessere. Certo, non la consiglierei ai comunisti, ai quali potrebbe risultare indigesta.” – Ferdinando Polegato, ristoratore di Sequals (Pn), imitatore di Mussolini, creatore con Andrea Lunardelli dell’Amaro del Duce.

Benvenuto, popolo d’Italia, alla diretta della finale del Torneo calcistico degli Amari, offertavi come sempre dell’Istituto Luce e sponsorizzata dagli Alcolisti Non Anonimi, i cui moniti a “carburarsi” in giusta dose per essere sempre pronti alla battaglia sono visibili alla base degli spalti, con tanto di firme di bevitori celebri (di destra, come il 99% degli italiani). Mancano una decina di minuti al fischio dell’arbitro (neofascista, come il 40% dei veri italiani) e perciò riassumiamo gli eventi che hanno portato a questo decisivo incontro.

Al Torneo hanno partecipato, in rigoroso ordine alfabetico le squadre Amaro del Duce, Amaro del Capo (sottofondo dalla regia: Ma questa veniva prima! – Chiudi il becco, o la prossima diretta la fai dal confino a Ventotene.), Amaro Lucano, Amaro Montenegro, Amaro Ramazzotti, Braulio, Cynar e Fernet Branca.

Oggi, dopo aver sconfitto trionfalmente tutti gli avversari, l’Amaro del Duce affronta fiero e indomito nella finale il Cynar, una squadretta di panciafichisti che si lagnano del logorio della vita moderna e che sono arrivati alla fine del torneo grazie a scandalosi arbitraggi comunisti a loro favore.

Sentiamo i due allenatori: l’immigrato clandestino in attesa di espulsione Marinato Articiocco, per il Cynar, e l’italiano doc Romano Ardito Patriota per la formazione di casa.

“Innanzitutto vorrei dire che nella mia presentazione c’è qualche errore…”

“Dux vera Lux non sbaglia mai, caro il mio signor Articiocco!”

“Va bene, ma io mi chiamo Marinated Artichoke e non sono clandestino, mia madre è siciliana e la domesticazione del carciofo, nome scientifico Cynara scolymus, sembra essere avvenuta proprio in Sicilia…”

“Il nostro grande Paese non ha bisogno di questi rimarchi di indigesto buonismo da radical-chic. Se non vuole che chiuda tutto, porti siciliani compresi, a “bacioni” mi dica invece come intendete opporvi alla travolgente forza d’animo, all’incrollabile lealtà e all’evidente superiorità calcistica degli avanguardisti dell’Amaro del Duce!”

“Be’, li abbiamo visti in campo e sono molto aggressivi, un po’ rozzi e scorretti direi, ma in questo caso credo sia importante non adattare il nostro modulo di gioco agli avversari e surclassarli piuttosto con lo stile e la tecnica. Inoltre, definirli la formazione di casa mi sembra ingiusto, anche noi siamo italiani.”

“Avete ascoltato tutta la violenza verbale di quest’immigrato arrogante che vive alle nostre spalle e ruba il lavoro ai nostri allenatori. Mentre la Digos lo perquisisce, sentiamo invece il Mister dell’Amaro del Duce, l’invitto signor Patriota! Prevede che il Cynar vi darà qualche difficoltà?”

“Nessuna. Spezzeremo le reni a questi disgustosi carciofi alla giudia. I miei ragazzi sono responsabilmente imbibiti di Amaro, perfettamente in forma e concentrati sulla nostra inevitabile vittoria.”

“Come li mantiene motivati? Vincere sempre può indurre un certo rilassamento, al sottovalutare i pericoli: non tanti lo dicono, ma sembra che 100 meno 40 dia come risultato 60 – e quindi il 60% degli italiani non ha ancora capito da che parte è meglio stare?”

“Lo capiranno quando invece dell’Amaro butteremo giù olio di ricino per le loro gole traditrici. Aggiungi due manganellate, li rapi a zero, gli fai fare il giro del quartiere a calci in culo, gli butti giù la casa con la ruspa e capiscono eccome! Per la motivazione, in campo come nella vita, è importante continuare a indicare nemici esterni, scaricare loro addosso tutti i problemi del mondo, compresi quelli interni che ci siamo procurati da soli, e negare l’evidenza anche quando ciò sembra impossibile. In pratica, si va in giro urlando: “Mamma non sono stato io, è stato lui, lui ha rubato, lui ha truffato, lui è un incapace, lui è un criminale, lui ha cannato il rigore, non io, mai, è stato lui, lui, lui!” e in questo modo manteniamo intatta la nostra innocenza, cioè il bambino che è in noi.”

“Profondo e toccante il nostro Mister! Sta per iniziare la partita. Qual è l’ultimo rituale di buon augurio che fate negli spogliatoi?”

“A parte toccarci virilmente e reciprocamente i coglioni, recitiamo la Preghiera del Balilla, eccola qui: Io credo nel sommo Duce, creatore delle camicie nere, e in Gesù Cristo suo unico protettore. Il nostro salvatore fu concepito da buona maestra e da laborioso fabbro. Fu prode soldato, ebbe dei nemici. Discese a Roma, il terzo giorno ristabilì lo Stato. Salì all’alto ufficio. Siede alla destra del nostro Sovrano. Di là ha da venire a giudicare il bolscevismo. Credo nelle savie leggi. La comunione dei cittadini. La remissione delle pene. La resurrezione dell’Italia, la forza eterna, così sia.” (Questa non è inventata. Ho riportato il testo originale e integrale.)

Maria G. Di Rienzo

dipinto di anna claret

P.S. La “Venere dei Carciofi” sorride misteriosamente: come sarà andata la partita?

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italia donne.jpg

Giovanotte, grazie. Siete già andate oltre gli obiettivi prefissati (qualificazione agli ottavi) e oltre ogni aspettativa di riconoscimento da parte del pubblico – quale che sia il risultato finale della vostra impresa ai mondiali, il passo successivo dev’essere ottenere lo status da professioniste e le tutele relative.

Ma il motivo principale per cui vi ringrazio è che mi avete restituito le ragioni di una passione.

Da bambina giocavo, come voi avete giocato da bambine, per quanto dovessi spesso farlo da sola – era difficile essere accettate nei gruppi di maschi. Avevo il mio quadernino autoprodotto con foto di squadre e calendari e coppe e arbitri – questi ultimi nella sezione “dannati”. Memorizzavo le formazioni e gli schemi di gioco. Ovviamente guardavo i campionati europei e mondiali.

Poi, pian piano, il piacere e l’interesse si sono sbriciolati.

Cos’avevo a che fare, io, con giovani miliardari e modelle sugli spalti e scommesse e società quotate in borsa e giri astronomici di soldi? La parte “epica” della faccenda – la sfida, il legame di un gruppo teso a uno scopo comune – non esisteva già più.

Prima di questo mondiale femminile, prima di Giuliani e Bonansea e Gama ecc. e una commissaria tecnica e due donne che in Rai fanno la radiocronaca… erano trent’anni che non guardavo una partita.

Il calcio ha comunque definitivamente perso molto per me e non credo proprio che in futuro darò la minima occhiata al campionato maschile o quant’altro. Ma voi giovani donne meritavate attenzione, sostegno e gratitudine e tifo scatenato per la partita di stasera (mannaggia, non so niente delle calciatrici cinesi… vado a informarmi). Auguri, Italia!

Maria G. Di Rienzo

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federation

“Pregherei la regia di inquadrare l’assistente donna che è una cosa inguardabile (…) Annalisa Moccia, cosa impresentabile per un campo di calcio (…) E’ uno schifo vedere le donne venire a fare gli arbitri in un campionato in cui le società spendono centinaia di migliaia di euro, è una barzelletta della Federazione una cosa del genere.” Sergio Vessicchio, giornalista e telecronista calcistico per l’emittente locale CanaleCinqueTv.

Ho visto il video, ho ascoltato le parole e devo ancora capire perché la normalissima sig.a Moccia fosse “inguardabile” e “impresentabile”, sebbene abbia compreso subito perché fosse una cosa, anzi più esattamente perché fosse uno scioglilingua: una cosa che deve stare in casa e in chiesa e tenere la bocca chiusa. Id est, una femmina.

Vessicchio è stato sospeso dall’Ordine dei giornalisti della Campania (e non per la prima volta) senza mercé e senza che nessuno gli allungasse un bicchiere di effervescente Brioschi per alleviare la sua nausea alla vista di una donna arbitro. Potrebbe avere l’ulcera, essere incinto o aver rimasticato un po’ troppa misoginia ritrovandosela poi attaccata ai denti… cerchiamo di capirlo, questo poveretto.

E comunque si è scusato e ha spiegato come lo abbiamo frainteso, davvero, leggete qua:

1. “Mi rendo conto di avere usato degli attributi forti, per questo chiedo totalmente scusa, anche perché ritengo che le donne abbiano un’intelligenza straordinaria.”

Quali attributi, mister? Si riferisce agli aggettivi “inguardabile” e “impresentabile” (“schifo” è un sostantivo)? Non sono forti, nel contesto sono inappropriati e insultanti, esattamente come il “senso di disgusto provocato da cosa o persona fisicamente o moralmente ripugnante” che il dizionario fornisce quale definizione del sostantivo suddetto. Lei non ha detto di nulla di altamente controverso e quindi non giudicabile e da rubricare come “forte opinione”, lei ha espresso un profondo disprezzo per Annalisa Moccia e per ogni donna che non si conformi alla sua abominevole visione patriarcale del genere femminile. Non occorre un’intelligenza straordinaria, per capirlo, può riuscirci anche lei.

2. “La cosa è stata travisata e strumentalizzata a tutti i livelli.”

Come, dove? La sua telecronaca è accessibile e verificabile. Le parole che lei ha pronunciato sono quelle riportate fra virgolette nell’incipit e sono espresse così chiaramente da rendere impossibile il mistificarle.

3. “Non sono sessista, non sono razzista, sono per l’integrazione a 360°, ho fatto una stupidaggine, ho sbagliato i modi nell’esprimere il mio pensiero.”

Modalità inadeguate, quindi, ma pensiero corretto: lei crede sul serio che riformulare le sue frasi in tono più educato le trasformerebbe in qualcosa di accettabile? Vediamo: “Pregherei la regia di inquadrare l’assistente donna, Annalisa Moccia, che riveste a mio parere un ruolo improprio in quanto il denaro speso dalle società deve beneficiare esclusivamente il genere maschile, dopotutto pagare meno una donna o non pagarla affatto significa amarla di più, come afferma anche un nobile filosofo della discriminazione…” Eh, mi dispiace, resta sempre una stronzata.

4. Tenetevi forte, perché questa è la VERA RIVELAZIONE: Vessicchio non ce l’aveva con le donne, perbacco, voleva “attaccare la Federazione”!

Non possiamo accettarlo – non io, non il Capitano Kirk, non la Tenente Uhura e non il signor Spock. Non esiste alcuna giustificazione per l’attacco alla Federazione Unita dei Pianeti (o Federazione dei Pianeti Uniti e comunemente chiamata Federazione), repubblica federale interstellare basata su principi universali di libertà, diritti, uguaglianza e condivisione di conoscenze e risorse nella cooperazione pacifica per l’esplorazione spaziale. La Flotta Stellare è in stato di allarme e pronta a respingere qualsiasi aggressione.

Il sedicente giornalista televisivo ammetta di essere un Romulano guerrafondaio e si consegni alla clemenza della Federazione prima di provocare (altri) danni. Non impedirà all’astronave Enterprise, e tanto meno a noi donne, di “esplorare strani nuovi mondi, di cercare nuova vita e nuove civiltà, di andare coraggiosamente dove nessun altro è mai andato prima” – anche nei campi di calcio.

Maria G. Di Rienzo

weyoun

“Romulani. Così prevedibilmente infidi!” – Weyoun, Star Trek: Deep Space Nine – Stagione 7

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mia

Il mio allenatore disse che correvo come una femminuccia e io gli risposi che anche lui poteva farlo, se solo fosse stato un po’ più veloce.

(Mariel Margaret Hamm, detta Mia, nata nel 1972, ex attaccante inclusa nella lista FIFA dei migliori giocatori mondiali di calcio.)

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Eh no, non è un pezzo su Frank Zappa. “Mothers of Invention” (Madri dell’Invenzione) è il nome del premio conferito annualmente dalla fondazione Women in the World a donne che: “vedono problemi sociali e usano la loro creatività e il loro dinamismo per tentare di risolverli”. Lo scopo di Women in the World è unire a livello globale donne leader, artiste, attiviste e innovatrici per realizzare una vita migliore per donne e bambine – e in ultima analisi per ogni essere umano. Eccovi due esempi pescati fra le vincitrici del 2013.

Kavita M. Shukla

Questa è Kavita M. Shukla, l’inventrice di una carta infusa di spezie e altri ingredienti organici – FreshPaper – che quando viene posta accanto a prodotti freschi inibisce la crescita di batteri e funghi. L’idea è venuta a Kavita da adolescente, in India, quando sua nonna le diede una mistura di spezie (un rimedio familiare) per tener lontane le malattie che avrebbe potuto contrarre dall’aver bevuto dell’acqua forse contaminata; un po’ di tempo dopo si è messa al tavolo di cucina con le amiche, ha prodotto la carta e ha cominciato a distribuirla nei mercati agricoli locali. Dal momento in cui Women in the World ha dato riconoscimento all’invenzione sono passati pochi mesi: ma il risultato è che ora FreshPaper è in vendita in 35 diversi paesi. “Sto per tornare in India”, ha detto di recente Kavita, “perché voglio assicurarmi di rendere il prodotto accessibile agli agricoltori là. Pensando a come tutto questo è cominciato, è come chiudere il cerchio.”

Julia e Jessica

E queste sono Julia Silverman e Jessica Matthews, le inventrici di “sOccket”. Si tratta di una palla da calcio che genera energia elettrica accessibile e pulita, e l’idea è venuta loro in mente perché ci sono un miliardo e trecentomila persone, al mondo, che all’elettricità non hanno accesso. Date una palla ai bambini e alle bambine: ogni calcio carica LED o piccole batterie; lasciateli giocare 30 minuti e avrete ore e ore di luce. Jessica e Julia hanno fondato la propria ditta, Uncharted Plays, per continuare a lavorare sull’unione fra nuova tecnologia e buon vecchio gioco. Nel dicembre scorso hanno mostrato la versione beta di “Pulse”, una corda per saltare che funziona con lo stesso principio della palla da calcio. Il premio di Women in the World è stato ciò che le ha spinte in avanti. “Ha significato davvero tanto, per noi, in un momento in cui nessuno voleva prenderci sul serio e non eravamo sicure di farcela.”, dice Jessica Matthews. Ma l’estate scorsa, persino il Presidente Obama ha giocato con il “sOccket” mentre si trovava in Tanzania, assieme al Presidente del paese Jakaya Kikiwete. Maria G. Di Rienzo

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Dal 1994, la Women’s World Summit Foundation conferisce il “Premio per la creatività femminile nella vita rurale” a “donne e gruppi di donne in tutto il mondo che mostrano eccezionale creatività, coraggio ed impegno nel migliorare la qualità della vita nelle comunità rurali.” Una delle vincitrici di quest’anno è Eunice Agu.

eunice

Eunice, 29enne, è un’orfana ed è stata cresciuta da sua nonna, in una comunità nigeriana molto povera. Non accettando il suo “destino”, che prevedeva il non ricevere un’istruzione e lo sposarsi il prima possibile, Eunice si è guadagnata le tasse scolastiche dalle elementari all’università, lavorando nei campi altrui e portando carichi al mercato. Ottenuto un diploma universitario in gestione amministrativa, Eunice ha cominciato a lavorare in una banca, ma non c’è rimasta molto. Da là non riusciva a fare quello che veramente desiderava: dare un’opportunità ai bambini che non ne avevano nessuna. Nel 2007 ha dato le dimissioni e ha fondato l’Accademia di calcio internazionale che porta il suo nome:

“Mentre mi licenziavo dalla banca, per dedicarmi completamente a questo lavoro, sapevo che in cima alla mia lista stava la creazione di una squadra per le bambine. Crescendo, avevo visto che uso si può fare del calcio per dare influenze positive alla vita di una ragazzina. Quando portai una palla da calcio nel villaggio di Agbor, a bambini che avevano sino ad allora giocato con sfere fatte di sacchetti di plastica, nel giro di cinque minuti fui circondata da almeno venti bimbi che volevano giocare con me. Poiché il numero continuava a crescere, ci spostammo al campo di calcio vero e proprio, e là suggerii che le bambine formassero una loro squadra. All’inizio erano riluttanti a giocare contro i maschi, ma io le incoraggiai e dissi loro che avremmo tenuto duro di fronte a qualsiasi circostanza. Per i due mesi successivi le bambine riempirono casa mia: io le guidavo al campo e giocavamo, abbiamo giocato sino a che la mia palla è diventata inutilizzabile. Alla fine della stagione, non se ne stavano più sedute in silenzio mentre i ragazzi o gli anziani del villaggio dicevano loro che non potevano giocare a calcio, non potevano andare a scuola, non potevano fare nulla se non aspettare un uomo che le sposasse e fare figli. Si difendevano, erano orgogliose, e a me dicevano: “Quando potremo andare a scuola come i maschi?” Io promisi loro che avrei agito per far arrivare quel momento.” E ha mantenuto la promessa.

L’Accademia di Eunice fa molto di più che dare palloni e uniformi ai bambini poveri, maschi e femmine, degli stati nigeriani Anambra e Delta: insegna loro a leggere e scrivere, li forma su uguaglianza di genere e salute riproduttiva; la formazione base comprende sessioni interattive che assicurano la comprensione da parte dei piccoli di cos’è l’Hiv/Aids. Mentre crescono, la formazione si allarga, e imparano a prendere decisioni in materia di salute e sessualità che non li mettano in pericolo, a costruire reti di sostegno, a ridurre la stigmatizzazione e la discriminazione. Infine, l’Accademia finanzia tramite il microcredito imprese agricole e commerciali delle donne. Nel villaggio di Eunice un numero sempre crescente di famiglie manda a scuola le bambine; una ragazza sta diventando infermiera e sei sono all’università; due sono diventate calciatrici professioniste. Una di queste ultime, Grace Amarachi Okoronkwo, gioca in Finlandia dall’aprile 2012.

amarachi okonkwo

Alla sua maestra Eunice ha scritto subito dopo: “Sin da quando sono nata non ho mai sognato di poter raggiungere alcunché, perché prima del suo arrivo, signora Eunice, non c’era ne’ speranza ne’ vita per le ragazze nella mia comunità. Ma lei ci ha portato il calcio e l’istruzione e ci ha dimostrato che possiamo fare tutto quel che i ragazzi fanno. Lei ci ha anche fatto capire che non siamo solo fattrici di bambini, perché crescendo saremo anche grandi donne: io sono la testimonianza vivente dei suoi insegnamenti. I miei genitori, in special modo mio padre, non credevano che sarei arrivata dove sono ora. La mia preghiera per l’Accademia è che organizzazioni e persone che possono aiutarla odano il suo grido, perché oggi come oggi il pesante carico di lavoro è tutto su di lei.” E sembra che con il premio della Women’s World Summit Foundation anche questo desiderio stia cominciando a realizzarsi. Eunice Agu e le sue giovani amiche stanno giocando una grande partita. Maria G. Di Rienzo

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(brano tratto da: “Fighting for Women: Become a Super-Shero”, di Charlotte Taft, 26.9.2012 per Reality Check, trad. Maria G. Di Rienzo)

“(…) In tempi come questi abbiamo bisogno di trovare la nostra eroina interiore. E’ cruciale che noi ci si aiuti l’un l’altra a trovare coraggio e la nostra visione del mondo, il mondo come vorremmo che fosse. Si può partire da questo e poi muoversi per capire cosa dobbiamo essere e fare perché quel mondo diventi reale. Non sto suggerendo il martirio: le donne ne hanno sicuramente avuto abbastanza. Sto suggerendo che ognuna di noi si ricordi di avere dentro di sé una… Supereroina. Di questa Supereroina facciamo esperienza quando:

Difendiamo ciò in cui crediamo nonostante quel che ci costa.

Parliamo a voce alta e rompiamo il silenzio creato da migliaia di anni di vergogna e stigmatizzazione gettate su tutto ciò che è femminile.

Incoraggiamo una seconda persona a lottare per se stessa e gli altri.

Ci permettiamo di immaginare come il mondo potrebbe essere, e poi agiamo come se fosse già così.

Usiamo umorismo, potere, intelligenza, lavoro in rete e fegato e rischi per dire “no” a tutte le cose che non ci nutrono come persone e per diventare proprio ora la donna che abbiamo sempre sognato di diventare.”

Ciò tradotto, vi presento le mie eroine di oggi:

 

Sima Samar, medica afgana e attivista per i diritti umani, ha ricevuto il Right Livelihood Award (Premio Nobel Alternativo) il 27 settembre scorso, per “il suo lungo e coraggioso impegno a favore dei diritti umani, in special modo dei diritti delle donne, in una delle regioni più complesse e pericolose del mondo”. Sima viene spesso chiamata “la dottoressa dei poveri” e “la maestra degli emarginati”. Dal 2004 presidente della Commissione indipendente afgana per i diritti umani (cosa che l’ha messa più volte in pericolo di vita), è fondatrice dell’associazione Shuhada che, a tutt’oggi, ha aperto più di 100 scuole e 15 fra cliniche e ospedali, concentrandosi particolarmente sulla salute e l’istruzione delle donne. Allora non è vero che la situazione è troppo disperata e non si può fare niente.

 

Daisy Goldsmith ha cominciato a giocare a calcio quando aveva 10 anni. Il suo sogno era diventare un arbitro e oggi che ne ha 16 è la persona più giovane al mondo a rivestire questo ruolo ufficialmente per la FIFA, dopo aver sostenuto e passato con successo gli esami relativi. Allora non è vero che l’unica cosa che una ragazza può sognare sono le comparsate da velina in televisione.

 

Mufaro Chakabuda arrivò in Canada dallo Zimbabwe a 19 anni, con pochi spiccioli in tasca e un’enorme voglia di cambiare il mondo. Ha lavorato, studiato, fatto volontariato a 360° gradi. Oggi è la presidente del “Maritime Centre for African Dance” (progetto che ha iniziato a partire da venti dollari di fondi e da un bel po’ di fegato) e della casa editrice “Chaks”, ed è citata ovunque come imprenditrice di successo. Quando economicamente le cose sono cominciate ad andare bene, nel 2010, Mufaro ha fondato un’ong per fornire borse di studio ai giovani ed alle giovani dello Zimbabwe. L’immagine la mostra mentre insegna danza nel suo Centro. Allora non è vero che devi avere l’apparenza di uno stuzzicadenti per ballare ed essere splendida.

Maria G. Di Rienzo

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