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Posts Tagged ‘resistenza’

Il Covid si è portato via anche Lidia Menapace.
Leggerete necrologi e biografia altrove. Io voglio solo dire che era una di quelle persone indispensabili allo sforzo produttivo del Paese per restare civile.
La ferita che la sua scomparsa ci infligge potrà guarire solo se ognuna/o di noi farà la propria parte in tale sforzo.
Arrivederci, Lidia. Resisto senz’armi, come tu insegnavi.
Maria G. Di Rienzo

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breonna

Ieri Breonna Taylor avrebbe compiuto 27 anni. Il 13 marzo scorso, mentre dormiva, un gruppo di poliziotti in abiti civili le ha sfondato la porta di casa con un ariete, è entrato e ha aperto il fuoco: almeno otto colpi sono stati mortali per la giovane donna.

I poliziotti hanno detto che cercavano due spacciatori di droga, i quali però erano soliti “lavorare” nei pressi di una casa situata a più di dieci miglia da quella di Breonna – e uno dei due si trovava già in carcere al momento dell’irruzione.

Il ragazzo di Breonna, giacché gli agenti non si sono identificati, li ha presi per delinquenti e ha ferito la gamba di uno di loro: è stato accusato di tentato omicidio (l’accusa è stata lasciata cadere all’inizio di questo mese) ma non un singolo poliziotto è sotto accusa per l’assassinio di Breonna.

Solo in questi giorni, dopo due mesi, il governatore del Kentucky – il fatto è accaduto a Louisville – ha chiesto sia aperta un’inchiesta.

Quello che segue è un brano di “Unanswered Questions from Black Women Protestors Against Police Violence” – “Domande senza risposta fatte dalle dimostranti nere contro la violenza poliziesca”, che Shannon Malone Gonzalez ha scritto per Ms. Magazine il 4 giugno scorso.

Quanti altri? (Ndt: è una domanda ricorrente scritta sui cartelli)

Uno o un migliaio

prima che vi fermaste

Due o due migliaia

prima che guardaste

Tre o tre migliaia

prima che chiedeste

Quattro o quattro migliaia

prima che ascoltaste

Cinque o cinque migliaia

prima che ve ne importasse

Sei o sei migliaia

prima che ne parlaste pubblicamente

Sette o sette migliaia

prima che camminaste con noi

Otto o otto migliaia

prima che capiste

per cosa stavamo davvero marciando

Nove o nove migliaia

prima che comprendeste

che neppure voi eravate liberi

Quante migliaia di noi devono morire

prima del vostro risveglio

Maria G. Di Rienzo

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carla

“Una memoria ha molte altre memorie, attaccate al tronco di un albero come rami scomposti ma pure armoniosi.”

Carla Capponi, 1918-2000, dalla prefazione al suo libro “Con cuore di donna”: partigiana, vice comandante del Gruppo d’Azione Patriottica centrale, Medaglia d’oro al valor militare, due volte eletta al Parlamento nelle liste del PCI, membro del Comitato di presidenza dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (ANPI) sino alla sua scomparsa.

libro capponi

La memoria è necessaria alla vita come il respiro. Maria G. Di Rienzo

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Jung Dae Rye

La donna in immagine è Jung Dae-rye – pronuncia: giong de ri – che è stata intervistata l’11 marzo u.s. nell’ambito di un programma di intrattenimento della tv coreana. Il format prevede di solito che i conduttori girino per le strade per incontrare gente comune (a cui sottopongono quiz), ma con la crisi da coronavirus tutto ovviamente resta in studio.

Jung Dae-rye, che è un’infermiera, è apparsa in video per raccontare come stanno andando le cose a Daegu, la città attualmente più colpita dal Covid-19 in Corea del Sud. La donna ha descritto una situazione durissima: medici e paramedici fanno turni di 15-17 ore, i letti sono tutti occupati, mancano mascherine, guanti e altro materiale.

Jung Dae-rye è una volontaria. Normalmente vive e lavora a Seul, ma ha risposto alla richiesta di aiuto delle autorità locali. Le hanno chiesto perché lo ha fatto.

“E’ il mio senso del dovere: sento che, al di là delle circostanze, devo per prima cosa fare un passo avanti. Ho sempre pensato che di fronte a una crisi nazionale avrei preso l’iniziativa. Quando mi hanno domandato se sarei venuta qui non ho pensato a me stessa, ho detto di sì. A volte sono preoccupata per la mia famiglia, ma non sono ansiosa per nessun altro motivo. Spero che i pazienti guariranno in fretta e che sconfiggeremo il Covid-19. Gente da tutto il paese sta dando una mano e mandando pacchi di generi alimentari e spero che l’intera nazione attraverserà insieme questo periodo difficile.”

A questo punto conduttori e personale hanno cominciato a piangere. Non hanno saputo dire perché e Dae-rye li ha esortati a non farlo, commuovendosi un po’ ma ribadendo di non avere problemi. Poi le hanno chiesto se voleva mandare un messaggio ai suoi parenti: “Alla mia famiglia voglio dire solo che sto bene. Non c’è altro, non preoccupatevi troppo per me. Non ho niente di cui lamentarmi. I miei familiari mi mancano, ma so che se la crisi nazionale continua può diffondersi oltre frontiera. Noi infermiere siamo in prima linea, trattiamo i pazienti faccia a faccia, stiamo loro vicini e stiamo facendo del nostro meglio.”

Il motivo per cui la testimonianza di Jung Dae-rye ha suscitato il pianto non era in effetti facile da spiegare per chi si è emozionato: questa donna non è una celebrità, è una persona comune che mostra il coraggio e la resistenza e la fiducia e la capacità di vivere insieme in modo consapevole e compassionevole delle persone comuni – quando si sentono popolo, quando si giudicano umane e di valore, quando pensano di essere parte di qualcosa che è più grande di loro ma che senza la loro attiva presenza non sarebbe completo e funzionante.

L’infermiera Dae-rye e le sue simili e i suoi simili, in tutto il mondo, siamo noi. Non eroi, non “bellezza”, non speciali: veri. Versi lacrime d’amore, quando lo capisci.

Maria G. Di Rienzo

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pastasciutta

Dal sito nazionale dell’ANPI:

“Il 25 luglio 1943 Mussolini viene arrestato, creando la temporanea illusione della fine del regime e della guerra. Seguiranno i mesi delle peggiori sofferenze per il popolo italiano, ma in quelle ore si festeggiò in tutta Italia la destituzione del Duce. Da Casa Cervi partì uno degli eventi spontanei più originali, con una grande pastasciutta offerta a tutto il paese, distribuita in piazza a Campegine dalla famiglia, per festeggiare, come disse Papà Cervi, il “più bel funerale del fascismo”.”

Dozzine di eventi, con offerta di pastasciutta antifascista, ricordano questa celebrazione: potete cercare quello più vicino a voi su:

http://www.anpi.it/eventi/

Perché dovreste farlo ve lo dice la Presidente nazionale dell’ANPI, Carla Nespolo:

“Il 25 luglio è festa grande per il nostro Paese. Si celebra infatti la caduta del regime criminale di Benito Mussolini. E l’ANPI sarà impegnata, in tutta Italia, in decine e decine di iniziative di memoria attiva. Ricordando la famosa “pastasciuttata” a Campegine offerta dai Cervi lanceremo un messaggio chiaro: il fascismo è e resterà un crimine. Sono intollerabili, oltreché illegali, tutte le manifestazioni apologetiche, cortei in orbace, saluti romani, ma soprattutto le violenze razzistiche. Diremo inoltre, con forza, che le tentazioni autoritaristiche, le barricate disumane contro i deboli in fuga dalle guerre e dalle torture sono fuori dalla Costituzione. Invitiamo tutte le cittadine e i cittadini a partecipare alle iniziative, a fare insieme e sempre di più antifascismo, democrazia e pace.

“Fare insieme” è quel di cui abbiamo bisogno, con urgenza. Non è necessario che come appartenenti a vari gruppi, associazioni, sigle, correnti ideali ecc. noi si sia unanimi su ogni singola istanza: ma dobbiamo assolutamente “fare insieme” su quelle che ci vedono d’accordo. E poiché in molti siamo davvero esauriti dalle continue esplosioni di violenza che ci circondano, cominciamo a raccogliere energie con una bella pastasciutta, ok? Mi raccomando, fra una forchettata e l’altra, parlate con gli sconosciuti al vostro tavolo, ex partigiani e non. Dite loro come vi sentite, chiedete come loro si sentono, raccogliete testimonianze e suggerimenti, offritene a vostra volta. E’ così che le relazioni si saldano e la resistenza nonviolenta si diffonde.

Maria G. Di Rienzo

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(brano tratto da: “Women are hostages: Rallying against the rape cartel in South Korea”, un lungo saggio di Hyejung Park, Jihye Kuk, Hyedam Yu, Caroline Norma per Feminist Current, 6 luglio 2019, trad. e adattamento Maria G. Di Rienzo. Hyejung Park è una lesbica femminista e una traduttrice; Jihye Kuk è la direttrice della casa editrice femminista Yeolda Books e un’attivista contro la violenza maschile; Hyedam Yu è una femminista radicale che ha tradotto in coreano “Beauty and Misogyny” e “Loving to Survive”; Caroline Norma è una femminista abolizionista, docente universitaria e scrittrice. Ho lasciato i nomi “occidentalizzati” delle Autrici coreane come da originale, ma più correttamente sarebbero stati Park Hye-jung ecc.)

le autrici

(da sinistra: Jihye Kuk, Caroline Norma, Hyejung Park, and Hyedam Yu)

I titoli recenti sulla scia dello scandalo relativo al “Burning Sun” potrebbero avervi indotto a credere che la Corea del Sud sia composta da due mondi molto differenti: un mondo in cui a uomini di prestigio è permesso fare qualsiasi cosa desiderino, e un altro mondo per gli uomini comuni. Nel mentre è vero che maschi celebri e uomini potenti stanno commettendo crimini orribili contro le donne ed evitano di essere puniti, non stanno agendo da soli. E di certo gli uomini “normali” non sono meno colpevoli.

In aprile, un programma sudcoreano di attualità della MBC rivelò che un certo numero di club nella zona di Gangnam – la cosiddetta “Beverly Hills di Seul” – ospitavano festini con stupri di gruppo per i loro clienti importanti, usando squadre di quelli che chiamavano “inceneritori” per ripulire le conseguenze.

Locali come il Burning Sun affittavano appartamenti in edifici residenziali o commerciali dove ricchi clienti maschi pagavano per abusare sessualmente e fisicamente di donne durante la notte. Gli “inceneritori” arrivavano al mattino a ripulire macchie di sangue e a bruciare ogni prova di violenza. A volte, medici erano chiamati negli appartamenti di notte per arrestare le emorragie delle donne abusate o per praticare trasfusioni di sangue. (…)

Lo scandalo del 2018 del club Burning Sun è cominciato con il Grande Seungri. Il 28enne mega star del K-pop vanta più seguaci su Twitter del presidente sudcoreano Moon Jae-in. E’ diventato famoso dapprima come membro di una boy band, i Big Bang, e le sue numerose attività commerciali hanno pure avuto enorme successo. Notorio per le sue feste esagerate, Seungri era detto “il Grande Gatsby coreano”. Di colpo, si è trovato coinvolto in uno dei peggiori scandali relativi alle celebrità della storia coreana.

I servizi per gli stupri di gruppo e di pulizia successiva sono solo la punta dell’iceberg. Ciò che accadeva nel club stesso è ancora più orrendo. Le cosiddette “droghe per lo stupro” sono usate per vittimizzare le donne in tutto il mondo ma, in questo caso, il personale del club svolgeva un ruolo attivo nel fornire donne drogate agli ospiti di gran nome con la compiacenza di poliziotti corrotti.

Le conversazioni trapelate fra i promotori del club (noti come MD), che erano responsabili del procurare donne drogate per l’abuso sessuale, forniscono un’idea delle pratiche d’affari quotidiane del locale:

MD 1: “La stanza VIP sta cercando una mulge.”

MD 2: “Okay, ne cerco una.”

MD 1: “Sbrigati a trovarla.”

(dopo qualche minuto) MD 1: “Non ci serve più, trova solo qualcuna che sembri non in sé.”

MD 2: “Cerco una lumaca, allora.”

MD 1: “Aiutami a fare un grosso centro.”

I manager del club tentano di assicurarsi una “mulge” (il loro termine per “ospite femmina attraente”) da introdurre ai clienti della stanza VIP. Una “mulge” non è una hostess pagata o una prostituta, sebbene i manager la trattino da tale. E’ solo qualcuna che entra in un club per divertirsi e ballare.

Poi, secondo le conversazioni registrate, i VIP cambiano idea sul volere una vittima cosciente e richiedono invece una “lumaca”, slang coreano che indica donna priva di sensi e facile preda per il sesso. Da notare che “mulge” suona simile alla parola “foca” in coreano. Che siano foche o lumache, le ospiti di sesso femminile sono paragonate a esseri non umani che possono essere consegnati a richiesta. I manager fornivano persino ai loro clienti abituali le sostanze stupefacenti da usare con le donne.

Tutto lo staff era a conoscenza di ciò che accadeva e Seungri ne era consapevole: in effetti, lui e i suoi celebri amici hanno commesso una lista infinita di crimini contro le donne: assalto sessuale di donne inconsapevolmente drogate, la condivisione di film di sesso girati di nascosto, lo sfruttamento commerciale sessuale, eccetera.

Forse la natura onnicomprensiva dei crimini di questi uomini risulta meglio nelle loro stesse parole. Cospirano per vittimizzare donne su KakaoTalk, la più grande applicazione per messaggistica telefonica in Corea, e le loro conversazioni sono state la fonte principale delle prove dello scandalo. Durante un dialogo fra Seungri e altre “star” di sesso maschile, il cantante Jung Joon Young propone, possibilmente come scherzo, che tutti “aggancino una donna online, si va tutti insieme in un locale di spogliarelli e poi le stupriamo in macchina”. Un altro partecipante risponde pianamente: “Lo sai che queste cose le facciamo già nella vita reale. Quel che facciamo è come un film. Pensaci un minuto. Non è che uccidiamo nessuno.”

Il paragone con i film è da sottolineare. Le editrici di SECOND, magazine femminista di cinema, fanno notare che nell’industria cinematografica coreana “è diventato un cliché ritrarre la violenza sessuale contro le donne in eleganti soggiorni ove gli uomini si riuniscono per dimostrare il loro potere e queste raffigurazioni non sono più da tempo descrivibili come critica culturale.” Potenti personaggi maschi, che siano industriali, procuratori, avvocati o politici tendono a scegliere i soggiorni dei bar-karaoke come sede di collusione e la violenza contro le donne come rituale di vincolo. (…)

Nel libro “Loving to Survive”, di recente tradotto e pubblicato in Corea, Dee Graham interpreta la pratica degli uomini di condividere i loro atti sessuali: “Quando gli uomini si mettono insieme a parlare di “fottere” donne, di “fare centro” o delle loro conquiste sessuali, stanno dicendosi che, sebbene facciano sesso con donne, i loro legami emotivi sono l’uno con l’altro. Stanno comunicando ai loro compagni maschi “Tu sei più importante, per me, della donna con cui ho fatto sesso”. (Forse questa è la ragione per cui le persone di sesso femminile con cui fanno sesso non sono importanti per così tanti di loro.) Stanno anche comunicando che le loro relazioni sessuali con le donne hanno come scopo lo sfruttamento. Questo tipo di discorso mette gli ascoltatori di sesso maschile nell’atto sessuale con il parlante maschio e la donna. I compagni sono invisibili, ma sono là con l’uomo che si fa la “scopata”, condividono la sua vittoria nell’utilizzo della donna, e i legami fra maschi si rafforzano in questa condivisione, ove sono uniti nella loro soggiogazione del genere femminile.” (…)

Se il sesso, la violenza sessuale e lo sfruttamento sessuale sono tutti collegati nel mondo degli uomini, allora le risposte delle donne a tali questioni devono pure essere collegate. In questo senso il “Movimento 4B” nato fra le giovani donne coreane – le quattro B fanno riferimento al boicottare l’uscire con gli uomini, il fare sesso, il matrimonio e la gravidanza – non è così radicale.

L’anno scorso, 6 dimostrazioni di sole donne contro la pornografia delle telecamere nascoste hanno portato 350.000 donne nelle strade di Seul, aprendo la strada alla marcia contro i crimini collegati alle droghe per stupro nel marzo di quest’anno. Nel maggio 2019, dopo che il tribunale aveva respinto un mandato d’arresto per Seungri, nonostante le prove del suo coinvolgimento nel procurare donne per la prostituzione e la violenza sessuale, un migliaio di donne sono scese in strada contro il “cartello dello stupro”. La guerra di resistenza delle donne contro il terrorismo sessuale in Corea del Sud è in corso e continuerà sino a che gli uomini continueranno ad abusare delle donne.

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16 giugno 2019: “Roma, “Toglietevi la maglietta del cinema America, siete antifascisti!” Aggrediti 4 ventenni a Trastevere. – L’attacco da parte di una decina di persone la scorsa notte alle 4 del mattino. I ragazzi avevano trascorso la serata in piazza San Cosimato per seguire le proiezioni cinematografiche. Bottigliate, pugni, insulti e testate con minacce affinché i ragazzi levassero le magliette. Il più grave è ricoverato con una frattura al naso.”

Immagino conosciate la notizia e abbiate letto le attestazioni di solidarietà agli aggrediti di politici / artisti nonché la dichiarazione del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte: “Aspettiamo le necessarie verifiche, ma se i fatti fossero confermati sarebbe un episodio gravissimo, aggravato dalla intolleranza ideologica”.

Poiché ogni tipo di violenza non accade per caso e in un vuoto, riguardo a quella di tipo “politico” forse il sig. Conte dovrebbe dare un’occhiata spassionata a membri e operato del suo governo. La relazione di quest’ultimo con il popolo italiano comprende purtroppo:

1. Allarmismo, proclami di emergenze, individuazione di nemici esterni per i problemi del Paese e promesse correlate di risolvere le situazioni di forza, con il pugno di ferro.

L’effetto di questo atteggiamento è rendere le persone preoccupate, costantemente allerta e insicure. La retorica di guerra non prevede soluzioni nonviolente. Chi la riceve è aggressivamente invitato a schierarsi dalla parte “giusta” o, se non vuole farlo, indicato come complice che guadagna occultamente dalle situazioni di disagio e sfidato a risolvere personalmente i problemi di una nazione intera. (“Mi chiedo chi li paga”, “Le risorse boldriniane”, “I migranti può portarseli a casa sua” ecc.)

2. L’esposizione al pubblico ludibrio degli oppositori politici. Le opinioni diverse o contrastanti non sono affrontate come tali, e se del caso smantellate nel merito: è chi le professa che dev’essere schernito, insultato, deriso e delegittimato. La discussione si sposta ad esempio da quel che una donna politica sostiene su una questione precisa a quanto la stessa risponda ad arbitrari canoni di “femminilità” e “bellezza”: se non funziona, resta sempre valida l’esortazione sessista a “tornare a casa, in cucina, a fare la calza”, eccetera. Lo scopo del trattamento è umiliare chi lo riceve, spezzandone in tal modo la volontà di continuare a parlare / agire. L’effetto di ciò sui testimoni (il popolo italiano) include le reazioni psicologiche note come “identificazione con l’aggressore” – non voglio diventare un bersaglio come lei/lui, meglio stare dalla parte di chi tira al bersaglio e, poiché l’aggressore ha uno status molto alto, “sottomissione” – questa persona ha il potere di far intervenire la polizia e la magistratura contro di me, non è saggio contrastarla.

3. Un lunghissima, ininterrotta storia di corruzione. La quale, ovviamente, oltre ad essere di incoraggiamento a chiunque voglia violare le leggi, incorpora un’inquietante narrazione per cui compiere reati è fonte di ricompense, riconoscimenti e gratificazioni: il politico corrotto ottiene il veto del Parlamento ai procedimenti legali nei suoi confronti, oppure assoluzioni e prescrizioni; nel contempo il suo schieramento gli giura massima fedeltà e se può lo “promuove” conferendogli cariche ulteriori.

4. La reiterata e urlata convinzione che chi vince (le elezioni) prende tutto ed è legittimato a fare qualsiasi cosa. Però questo scenario descrive una dittatura: anche Hitler fu votato, ma in una democrazia le cose non stanno così. I vincoli costituzionali delimitano il potere politico proprio perché esso non vada oltre le sue funzioni, intaccando diritti e libertà del popolo sovrano.

Capite bene che la manifesta intolleranza di questo assetto non può aspettarsi di generare o favorire “tolleranza ideologica” nei cittadini a cui si rivolge. Episodi simili a quello di Trastevere, in tale contesto, sono destinati a ripetersi. La condanna della violenza, però, non può limitarsi agli attestati di solidarietà alle vittime di aggressione: è necessario che noi si sottragga sistematicamente il consenso alla violenza stessa. Perciò, per quanto la sirena ci tenti e per quanto ossessivo e pervasivo sia il suo canto, noi dobbiamo smettere di usare lo stesso linguaggio, gli stessi tropi, gli stessi atteggiamenti degli aggressori. Vi sto dicendo di scansarvi, sempre, come forma di lotta e resistenza: non accettate il terreno di scontro che vi viene imposto ne’ gli attrezzi che ne fanno parte (dileggio, volgarità, assalti verbali e fisici), portate i vostri oppositori a un livello diverso dove debbano esaminare e argomentare quel che fanno, ostracizzate la loro violenza come metodo inaccettabile di avere relazioni fra creature viventi. Richiede più abilità e intelligenza e passione e impegno del semplice prendere a testate sul naso chi non ci piace ma ragazze/i, non ve l’avevano già detto che la rivoluzione non è un pranzo di gala?

Maria G. Di Rienzo

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Stato dell’arte: ho un discreto numero di file che aspettano di essere elaborati, tradotti, trasformati in articoli (ma so già che molti non ce la faranno, triturati da tempo e opportunità); ho in corso la stesura di un romanzo (e sarei davvero lieta di potervi dedicare maggiore impegno); ho come tutte/i voi le mansioni quotidiane di sopravvivenza da espletare e, purtroppo, anche un tendine lesionato e alle spalle due mesi di tentativi frustranti di indurre la sanità pubblica e privata ad occuparsene correttamente (mi hanno fatto diagnosi sbagliate, mi hanno costretta a girare come una trottola, mi hanno succhiato un bel po’ di soldi e non mi hanno dato uno straccio di risposta: non so come finirà, spero solo di tornare a camminare normalmente, prima o poi). Quel che voglio dire è che la mia vita – e com’è probabile anche molte delle vostre – al momento è già abbastanza faticosa di suo e mi piacerebbe non ci si aggiungessero altre rogne. Ma il dubbio che siano in agguato, all’orizzonte, dietro l’angolo ce l’ho eccome.

Stato italiano: si sta palesando la nuova norma giuridica di “lesa salvinità”. Contesti a comizi pubblici e ti sequestrano il cellulare, ti identificano, ti maltrattano (“Ti spezziamo le dita” è quel che dicono i malavitosi nei film polizieschi, non quel che dovrebbero dire i poliziotti nella realtà); esponi striscioni di protesta e se non arriva la Digos ti mandano addirittura i vigili del fuoco; ti siedi fuori dal municipio con un cartello e ti multano per occupazione di suolo pubblico; i tuoi alunni comparano le leggi razziali fasciste a leggi attuali e ti sospendono dal lavoro nonché ti dimezzano lo stipendio… ci siamo.

Mimmo, mi leggi? Tu e il resto della redazione di Missione Oggi state bene? I vostri smartphone sono ancora con voi? Ok. Spero non sia un problema se ne parlo, ma detta rivista ha messo insieme un vero e proprio dossier sul Decreto Sicurezza: “La città si-cura / Uscire dal labirinto delle paure”: analisi, commenti, prospettive, proposte. E il Decreto non prende una sufficienza che sia una, nemmeno ovviamente la mia (sì amate/i cyberviandanti, ci sono in mezzo con un articolo anch’io). Se domani qualcuno manda “bacioni ai missionarioni” prepariamoci.

manifesti milano

Ma scherzi a parte, fra tutto il caos, la sofferenza e le preoccupazioni, io sono deliziata: leggo della prossima iniziativa a Milano (in immagine), penso al signore o alla signora di Firenze che ha esposto al balcone un lenzuolo con la scritta “Non sei il benvenuto. P.S. Digos, torno alle 20.00” e non posso fare a meno di sorridere, di respirare meglio, di sperare. Abbiamo attraversato brutti momenti altre volte. Se restiamo insieme, se restiamo umani, civili, determinati, nonviolenti, possiamo accendere un’alba che disperderà questa notte straziante.

Maria G. Di Rienzo

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birthday of the world

“Al compleanno del mondo

comincio a considerare

ciò che ho fatto e lasciato

da fare, ma quest’anno

non molta ricostruzione

della mia perennemente danneggiata

psiche, il puntellare amicizie

consumate, lo smaltimento

di monconi di vecchi risentimenti

che rifiutano di marcire per conto proprio.

No, quest’anno voglio chiamare

me stessa alla sfida su quanto

ho fatto e non ho fatto

per la pace. Quanto ho

osato nell’oppormi?

Quanto ho rischiato

per la libertà?

Per la mia e quella altrui?

Mentre queste libertà sono sbucciate,

affettate e fatte a dadini, dove

ho parlato apertamente? Chi

ho tentato di convincere? In

questa sacra stagione, io dichiaro

me stessa colpevole di ignavia

in un periodo in cui le bugie strozzano

la mente e la retorica

piega la ragione in striscianti

pitoni strangolatori. Qui

io mi ergo davanti ai cancelli

che si stanno aprendo, con il fuoco che abbaglia

i miei occhi, e mentre avvicino

ciò che mi giudica, giudico

me stessa. Datemi armi

di distruzione minima. Fate che

le mie parole si mutino in scintille.”

(Marge Piercy, “The Birthday of the World”, tratto da The Crooked Inheritance, 2006. https://margepiercy.com/ Trad. Maria G. Di Rienzo)

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“Le storie sono una gran cosa. Le storie possono essere mappe. Possono essere modelli. Possono essere guide. Possono essere avvertimenti. Possono essere specchi. Possono essere latitudine e longitudine. Possono essere vitamine spirituali. Possono essere prezioso retaggio.

La poeta lesbica Muriel Rukeyser ebbe a dire: “L’universo è fatto di storie, non di atomi.” Ciò suona come un’affermazione poetica sino a che non dai uno sguardo profondo a quella che chiamiamo realtà, alla fisica quantistica. Allora, è in effetti un’affermazione abbastanza scientifica.

E qui c’è la poeta Maya Angelou: “Non esiste agonia più grande del portare una storia non detta dentro di te.” – 19 febbraio 2019, Carolyn Gage (nata nel 1952), femminista, donna lesbica, drammaturga, regista teatrale e scrittrice. E’ autrice di dodici libri e di più di 75 opere teatrali. (Trad. Maria G. Di Rienzo.)

Olga e Jan

La storyteller Jan Blake narra la storia de “La Vecchia Signora e la Zucca”, accompagnata al pianoforte da Olga Jegunova (2014).

casa donne roma

Le storytellers della Casa Internazionale delle Donne (Verona, 30 marzo 2019), narrano la storia della nostra resistenza al patriarcato: perché, citando Alice Walker, “La resistenza è il segreto della gioia”.

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