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Asilo

(“Asylum”, di Hala Alyan, poeta contemporanea palestinese-americana e psicologa clinica. Trad. Maria G. Di Rienzo.)

asylum seekers

Dissero di bruciare le chiavi

ma solo i nostri capelli presero fuoco.

Camminammo verso i confini

con fotografie e lettere:

qui è dove la morte è diventata

la loro morte, qui è dove

hanno accoltellato i bambini.

I giudici ci chiamano dentro

in base alle nostre città. Jericho. Latakia. Haditha.

Giuriamo su un dio che non abbiamo mai incontrato, di amare

i laghi, le calotte di ghiaccio,

una gelata dietro l’altra,

ma di notte nei nostri sogni

la biblioteca è bruciata,

le pere erano ancora fresche in dispensa.

Abbiamo atteso che il nostro villaggio alluvionato

fosse prosciugato, che i ponti di pietra fossero ricostruiti.

Abbiamo mangiato le chiavi di casa col sale.

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Che strane cose siamo

(tratto da: Northern Light, di Jillian Christmas – in immagine – poeta contemporanea canadese. Trad. Maria G. Di Rienzo.)

Jillian Christmas

Che strane cose siamo noi

Creature della Diaspora,

tesori del Mar dei Caraibi,

che stringiamo le ginocchia nei parka

con i denti che battono

ove gli alberi sottili si tendono verso l’alto dei cieli

per cercare la più bizzarra delle luci?

Che strane fughe abbiamo fatto

per voler chiamare casa questo posto?

E io lo faccio.

Io avverto

la sensazione di fantasmi

di donne non diverse da noi,

la cui resilienza e forza

hanno scavato fuori più dell’oro e delle opportunità

da questo freddo pungente.

Alcuni pensano che l’oscurità sia piena di terrori

perché non possono vedere cosa essa nasconde

o forse non sanno

che l’oscurità in se stessa è un dono prezioso

e che noi, le strane creature dello scintillante nord,

possiamo essere la luce che ciò rivela.

Annie Ganzala - Atlantic's love

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earth embrace

“Quando ero giovane ero solita dire a mia nonna: “Tutto quel che voglio è una casa, un posto.”

Lei rispondeva: “Di cosa stai parlando? Non appena i tuoi piedi toccano la terra, da essi crescono radici. Tu sei a casa. Questo suolo è la nostra casa. Sei sempre stata a casa.”

Trovare quella connessione è l’intera chiave di quel che stiamo facendo, riportare tale connessione alla Terra, all’acqua, di modo che le persone smettano di abusare di entrambe.

Abbiate cura di voi stessi. Non aspettate che qualcuno venga a salvarvi, perché non accadrà. Dobbiamo sollevarci e salvarci da soli.” – LaDonna Brave Bull Allard, Standing Rock Sioux, settembre 2019 (trad. Maria G. Di Rienzo).

Su di lei e non solo:

https://lunanuvola.wordpress.com/2016/11/02/ascoltate-lacqua/

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striscione

COME FA AD ANDARSENE, SE NON C’E’ ALCUN POSTO DOVE ANDARE?

L’edilizia sociale è un diritto, non un privilegio e quando due donne a settimana sono uccise dai perpetratori di violenza e tre donne a settimana si suicidano, fanno cinque donne morte perché non si sono abbastanza spazi, non c’è abbastanza edilizia sociale e non ci sono abbastanza servizi.” – Le attiviste femministe di “Sisters Uncut”.

sisters uncut occupation

L’edificio che vedete qui sopra è uno dei molti (non utilizzati) di proprietà municipale nel borgo londinese di Hackney: un gruppo di giovani femministe lo ha occupato questo mese e l’ha trasformato in un centro comunitario. La loro azione si origina dal fatto che le vittime di violenza domestica, una volta che abbiano denunciato la situazione in cui si trovano, sono in pratica abbandonate a se stesse.

L’associazione di volontario che gestisce il rifugio locale (Hackney Refuge) attesta di essere costretta a mandar via il 60% delle donne che chiedono aiuto, nel mentre le attiviste di “Sisters Uncut” sottolineano che il piano di ricostruzione dell’area prevede la cancellazione di 915 case di edilizia popolare e la loro sostituzione con edifici “troppo costosi per la gente della zona che appartiene alla normale classe lavoratrice”.

L’occupazione sta ricevendo un enorme sostegno dagli abitanti di Hackney, che vi portano in dono cibo e libri: i bambini hanno persino aiutato a costruire una rampa per disabili all’ingresso. Le giovani femministe si sono impegnate a fornire assistenza legale a chiunque si trovi di fronte lo sfratto a causa del piano di ricostruzione o a chi comunque abbia bisogno di una casa popolare, ma lo spazio occupato resta inteso per accogliere le donne: la violenza domestica è una delle cause principali che le rendono senza fissa dimora in quel di Londra ed è citata da una donna su otto nelle richieste di una casa popolare.

Sheryle, Sarah, Nadia e Rosa

Sarah, 28 anni, è la seconda da sinistra nell’immagine. Ai giornalisti che le chiedevano cosa vuole il suo gruppo ha risposto così:

Innanzitutto, ci stiamo riprendendo uno spazio che è nostro di diritto. I primi rifugi per donne maltrattate, negli anni ’70, erano spazi occupati.

Vogliamo che il Consiglio riempia ogni singolo edificio vuoto nel borgo.

Vogliamo che si smetta di perdere proprietà pubbliche tramite la cosiddetta “rigenerazione” immobiliare.

Vogliamo che lo stesso Consiglio si rifiuti di implementare la nuova legge sulle abitazioni che produrrà sfratti e ulteriore perdita di proprietà pubbliche.

Vogliamo che smettano di mettere negli ostelli le donne che fuggono dalla violenza domestica, perché si tratta di sistemazioni non sicure e inadeguate.”

Femminismo: il più bel FARE che ci sia al mondo. Maria G. Di Rienzo

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Come preannunciato…

andiamo piano e lontano

sto traslocando, sono molto stanca e per qualche tempo non riuscirò a occuparmi di questo spazio. Au revoir, mie care e mie cari. M.G.

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Trasloco

trasloco

Proprio così. Fra il 7 e l’8 maggio prossimi lasceremo definitivamente quella che è stata la nostra casa per 22 anni. E’ una buona notizia? (si chiedono gentilmente 706 followers e passanti vari) Sì, grazie, lo è: l’affitto è minore, le spese sono minori, l’ambiente è più piccolo e più facile da tenere pulito, i vicini non sono villani rifatti convinti tutto sia loro dovuto in quanto “proprietari”, ma proletari come noi.

Le cattive notizie – be’, diciamo seccanti, senza esagerare – sono che dovremo pagare ancora per mesi le spese astronomiche del vecchio appartamento e che per chiudere/aprire contratti sui servizi (acqua, elettricità, rifiuti, ecc.) le agenzie responsabili spesso esigono prebende: 80 euro di qua, 50 di là, sembrano niente ma capirete che per chi niente ha fanno presto a diventare macigni.

Un’altra scocciatura è che la cucina è molto più piccola dell’attuale, perciò il tavolo non ci entra e la credenza neppure (quest’ultima perde pezzi solo a guardarla e quindi è impossibile portarcela dietro comunque). E’ qui che vi chiederei un piacere. No, non un centesimo, figuriamoci. Ognuno/a ha i suoi problemi da risolvere e voi non siete tenuti a preoccuparvi anche dei miei.

E’ una richiesta rivolta a coloro che si trovano in una zona per noi raggiungibile e cioè Treviso e Comuni limitrofi: avete in soffitta – o conoscete qualcuno che abbia – un tavolo lungo al massimo 80/90 centimetri e/o una credenza lunga un metro/un metro e dieci al massimo?

Piuttosto di buttarli via, ce li regalereste? Infatti, non potrò darvi nulla a parte riconoscenza e un paio di miei romanzi se li volete, perché ho verificato che persino i prezzi dell’Ikea e quelli dei rigattieri sono troppo alti per noi. In caso positivo, il link per i contatti è su “Interni”, in alto a destra.

Fra un pezzo e l’altro che scrivevo, in marzo e aprile, ho fatto 30 scatoloni di libri (più cinque borse), smontato, svuotato, cernito, riempito il garage di cianfrusaglie da buttar via, lavato mobili e pavimenti e vetri e attrezzi… mi sono riempita le braccia di lividi nello spostare cose pesanti e spesso qualcosa mi è caduto in testa ma i piccoli traumi non hanno peggiorato le mie condizioni – in sintesi, non sono diventata più scema di quel che ero 😉 …

Portare via tutto e risistemare richiederà tempo e attenzione, perciò per quanto riguarda il blog aspettatevi dei “buchi” a breve e durante il mese prossimo, ma da giugno in poi tutto andrà avanti regolarmente nel massimo splendore, garantito. Stay tuned, Maria G. Di Rienzo

P.S. I miei (pochi) piatti sono talmente anziani e crepati che di fatto ne “crepa” uno al giorno: cioè, mi restano i suoi frammenti in mano mentre lo lavo. Per cui, sempre se siete nelle vicinanze, adotterei volentieri anche il set orrendo di piatti omaggiatovi da Zia Clotilde, la cui scatola accumula polvere e ragnatele in cantina. Di necessità virtù, si dice… ma la Zia no, scusatemi, non la prendo: niente di personale, è che non c’è posto!

la zia

(l’amichevole Zia Clotilde)

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