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Posts Tagged ‘anziani’

“Se sei venuto qui per aiutarmi, stai perdendo il tuo tempo.

Ma se sei venuto perché la tua liberazione è legata alla mia, allora lavoriamo insieme.”

lilla watson

Lilla Watson, artista, attivista, femminista, accademica Murri (aborigena australiana) nata nel 1940. Sebbene la frase sia stata da lei pronunciata durante la Conferenza delle Nazioni Unite sulle Donne di Nairobi, nel 1985, Lilla preferisce ne sia data un’origine collettiva, che rimanda ai “gruppi di attivisti aborigeni durante gli anni ’70”.

Nothing about us

“Niente su di noi, senza di noi, è per noi”

Maria G. Di Rienzo

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my body my rules

(Il MIO corpo, le MIE regole)

Non sarò breve: per cui mettetevi comode/i oppure passate ad altro. Ieri l’HuffPost pubblica in una delle sue rubriche una lettera a cui dà il titolo “Il dovere della bellezza”. La scrive, secondo la sua stessa presentazione, “Marta Benvenuto, 35 anni, 110 e lode in Filosofia, senior digital marketing analyst”. Alcuni brani del testo (le sottolineature sono mie):

“Il 25 aprile la gente cantava dai balconi ‘Bella ciao’. Nei 200 metri concessi allora per una passeggiata sono passata sotto un balcone dal quale un ragazzo cantava ‘Bella ciao’. Complice il 25 Aprile l’ho guardato e gli ho rivolto un ampio cenno di saluto. Poi ho visto un gatto dietro a un cancello e sono andata lì. Intanto continuava a suonare ‘Bella ciao’. Guardavo il terrazzo, c’era il ragazzo, una ragazza, una birra. Ero felice.

E mentre il partigiano moriva cento e cento volte per la libertà il ragazzo ha gridato dal terrazzo: ‘Ehi culona! Puttanona! Tu col gatto guarda che culone da puttanone!’. Io non ho detto niente. I 200 metri che mi erano sembrati così pochi sono diventati infiniti. Improvvisamente non c’è stato altro da sapere di me, non è rimasto altro di me, solo il mio culo grasso. Mi sono arrabbiata per non aver risposto.

Perché noi abbiamo il dovere d’essere belle. Prima d’essere brave o buone. E poi, quando siamo belle, d’essere puttane o frigide. E quando siamo bionde stupide. E quando siamo stupide almeno educate. E quando siamo ricche d’essere passate sotto qualche tavolo, quando siamo giovani di ascoltare e quando siamo vecchie di scomparire. E quando non vogliamo compagni d’essere lesbiche, e quando siamo lesbiche d’esserlo sotto i vostri occhi di maschi, solo per il vostro piacere, mai per il nostro.

E quando vogliamo godere il dovere di fare figli, quando li facciamo il dovere di non pesare sul nostro padrone e capo. Di rientrare in un cassetto costruito da un uomo per noi. Un cassetto di soli doveri. Che a un uomo non sono richiesti, mentre può essere brutto, stupido, ricco, scapolo, vecchio, sterile e tante altre cose per le quali non esiste nemmeno un corrispettivo declinato al maschile. Questi stessi uomini hanno il potere di giudicarci e noi, il dovere di tacere.

Noi dobbiamo vergognarci anche della vostra stupidità. Voi dovete solo vivere, senza nemmeno la decenza di lasciare in pace i partigiani morti, fascisti che non siete altro, fascisti dentro, che non vi meritate ‘Bella ciao’. Me la merito io, io che posso fare qualunque cosa, anche ingrassare, se mi va.”

I commenti (di molti uomini) sono impagabili: ha generalizzato, le persone così sono una minoranza malata di mente e bisogna solo compatirli, con gli stupidi è meglio tacere, adesso mi vergogno di essere un uomo ma non capisco perché Gesù non ha voluto la parità di genere fra gli apostoli (dopo questa stronzata si sente un genio, capite), non scambiamo l’ironia (???) per il mondo reale. Ovviamente, Marta: sono tutti fuori bersaglio. Lei ha ricevuto l’aggressione, ha dettagliato la mera realtà delle vite delle donne – e le vittime sono loro. Se mi permette, un po’ distante dal fare centro è anche lei quando si premura di far notare “Mi alleno molto, pochi uomini riescono a starmi dietro”. E’ una sua scelta e spero che si diverta nel farlo, ma a chi legge appare come una giustificazione: guardate che sono già una di quelle a posto, perciò non venite a consigliarmi nutrizionisti e palestre.

Comunque, la lettera mi serve qui come incipit e ne ringrazio l’Autrice. Quel di cui voglio parlarvi è il culo grasso. Proprio.

Il dovere di essere “belle” e “in forma” – ove la bellezza e la forma sono costrutti ideali che trovano validazione solo nello sguardo maschile – si nutre del fanatismo che circonda il peso corporeo, soprattutto il peso delle donne, alcune delle quali non hanno atteggiamenti così diversi da quelli dei farabutti che si sentono autorizzati a insultare sconosciute dai balconi con tutto lo spettro delle prescrizioni patriarcali a sostenerli: pensano di essersi guadagnate la bellezza/magrezza con il duro lavoro, la palestra, il centro benessere, l’estetista e la parrucchiera e il trucco copiato dall’influencer di turno, contando le calorie e piangendo davanti allo specchio… perché diavolo voi dovreste spassarvela quando loro soffrono ogni giorno per somigliare a x o y? E’ solo giusto, solo normale che dobbiate tollerare il loro odio insensato. In più, quando maschi (in stragrande maggioranza) e femmine vomitano la loro schifosa cascata di offese e ingiurie hanno il coraggio di tirare in ballo la vostra salute, di cui non sanno un piffero ma su cui possono ripetere a oltranza tutte le minchiate che hanno letto e sentito in giro. Perché la guerra al culo grasso è fatta di propaganda.

In caso non sia chiaro: si spremono miliardi dalla truffa del “grasso mortale” e dell’ “epidemia di obesità” (che non esiste). La cultura della dieta è una truffa, tanto più che sempre più studi stanno dimostrando che la perdita di peso non migliora i biomarcatori della salute. Sin dal 2002, ricerca dopo ricerca, salta fuori questo: le persone grasse con problemi cardiaci o renali, diabete, polmonite e varie malattie croniche se la cavano meglio e vivono più a lungo di quelle con le stesse patologie e peso cosiddetto “normale”. Certo, a meno che a forza di sentirsi urlare che sono schifose e rivoltanti si buttino sotto un treno, o si sottopongano a interventi chirurgici che le uccideranno più alla svelta.

Ma che dico mai, questo o quella non sono dimagriti con la dieta? Sì, e le probabilità che hanno di mantenere la perdita di peso per cinque anni o più sono le stesse del sopravvivere alla metastasi del cancro al polmone: 5 per cento. Auguri.

Non sono notizione che vi dò io tirandole giù dal cielo assieme alla Luna. I medici, persino quelli che vogliono far finta di niente, le conoscono. Sanno che affamarsi, perdere peso, riguadagnare peso e rimettersi a dieta sono azioni causa di malattie cardiache, resistenza all’insulina, alta pressione sanguigna e aumento di peso a lungo termine. Sanno che la mortalità più bassa si registra in individui classificati “sovrappeso” o “leggermente obesi” dal Body Mass Index.

Nella realtà, non nei sogni dei nutrizionisti da palcoscenico o da social media, il 97% delle persone dimagrite riguadagna il peso perso e ne aggiunge un po’ entro tre anni. Se il dietologo di grido vi sbandiera le sue “ricerche” lasciate pur perdere i parametri scientifici di controllo (è raro che li abbiano) e chiedetegli solo di dimostrare che esse hanno seguito le persone oltre lo spartiacque dei tre anni: se la risposta è no mandatelo a zappare, affinché faccia meno danni.

Il giudizio sul culo grasso è morale, non clinico. E trattare il dimagrimento come imperativo morale sostiene la violenza sistemica contro le persone grasse, in tutte le sue forme.

“La chirurgia bariatrica è una barbarie, ma è il meglio che abbiamo.” ha dichiarato David B. Allison, docente universitario di biostatistica. Il meglio che abbiamo ha come effetti malnutrizione, blocchi intestinali, disordini alimentari, infezioni e morte. Non male. Storicamente, prima di amputare o legare lo stomaco agli schifosi pigri che si ingozzano da mane a sera (nell’abominevole immaginario creato ad arte) la “medicina” ha prescritto loro altre “cure”: il lockdown meccanico delle mascelle, per esempio. Se queste merde persone non possono aprire bocca mica possono schiaffarci dentro la fetta di tiramisù, giusto? E che dire delle operazioni chirurgiche al cervello per infliggere salutari lesioni all’ipotalamo? Perché ai “ciccioni” è stato fatto anche questo.

Poi c’è chi dirà di essere in grado di provare che i medicinali per la perdita di peso sono sicuri ed efficaci. Il fen-phen? Buonissimo! Ha danneggiato irreparabilmente le valvole cardiache solo a un terzo delle persone che l’hanno preso. L’orlistat? Una figata! Rovina il fegato e dona il brivido di incontrollabili evacuazioni a tutti. Sibutramine, dite? Splendido! E’ solo che non si fa in tempo a dimagrire per bene, perché si schiatta prima di infarto.

Nessuno riesce a collegare scientificamente la perdita di peso all’acquisto di “miglior salute”. Il meccanismo causa-effetto semplicemente non c’è. L’unico studio che in materia ha seguito i propri soggetti per più di cinque anni (Look AHEAD, 2013) ha per esempio constatato che i diabetici (tipo 2) che avevano perso peso avevano sofferto degli stessi problemi di salute di quelli che non lo avevano perso. Lo dicono gli esperti, quelli veri, quelli che hanno speso tempo e risorse a indagare in modo scientifico e che non si aspettavano proprio risultati di questo genere ma una volta che li hanno ottenuti hanno avuto l’onestà intellettuale di ammetterli. Io non sono un’esperta, ma sono stata costretta ad assumere un notevole ammontare di informazioni – e a confrontarle e verificarle – da due fattori: 1) mia madre era diabetica e io l’ho accompagnata ai controlli mensili all’ospedale per più di 15 anni, sciroppandomi vasta letteratura medica in merito; 2) non sopporto la superficialità e la disinformazione che nutrono scherno e aggressioni a varie tipologie di persone, quelle grasse comprese. Perciò continuo a informarmi, sempre.

Ma l’American Medical Associaton ha detto che l’obesità è una malattia!

Sì, del tutto arbitrariamente, in modo non scientifico e contro il parere del suo Comitato su Scienza e Salute Pubblica. Girano un sacco di soldi e di conflitti di interessi in loco, l’ho dettagliato altre volte (consulenze, proprietà di azioni nell’industria dietetica, mazzette vere e proprie, ecc.), ma la cosa bella – si fa per dire – è che persino i semplici umili dottori di famiglia americani che diagnosticano questa malattia ai loro pazienti possono guadagnare qualcosa, aggiungendo il codice di tale diagnosi alla loro parcella e caricandola. Il dio $$$ è con loro.

Poiché siamo umani, persino noi non conformi, nei primi tempi della pandemia abbiamo sperato che messi di fronte a una vera emergenza sanitaria i “grassofobi” avrebbero cominciato a riflettere sulle loro ossessioni e magari a studiare. Poiché siamo umani, questa speranza spirata sul nascere alza un poco la testa ad ogni nuovo conto dei morti da coronavirus (31.610 ieri in Italia) e poi ricade miseramente fra i meme di “prima e dopo” la quarantena sull’orrore del prendere peso, fra i consigli illuminati (dal faro dell’ignoranza) di youtuber e influencer e fankazzistas e laureati su wikipedia o direttamente on the road perché fanno la corsetta tutti i giorni, fra le diete proposte da celebrità milionarie che, con lo sfondo delle loro lussuose magioni, ci mettono in guardia: attenzione, potreste mangiare di più per lo stress e il costumino di quando avevate 13 anni non andarvi più bene!

Il tutto mentre la gente comune soffre per l’isolamento, per la perdita di lavoro e di reddito, per il timore del contagio, per il parente morto o in terapia intensiva. E questi gli dicono di concentrarsi sul girovita. Dare alla faccenda l’aggettivo abominevole non rende appieno il disgusto che provo.

Bisogna dire, però, che c’è chi gli fornisce il retroscena adatto: i sedicenti professionisti che ignorano a bella posta le ricerche sul peso e le loro implicazioni. Con il coronavirus hanno fatto di peggio, rendendo il peso una caratteristica ancora più patologica. Il BMI è stato scorrettamente indicato come fattore di rischio sia per l’essere infettati sia per il soffrire di sintomi più gravi e il peso viene usato come fattore squalificante quando le risorse sono scarse (i ventilatori sono pochi? Be’, togliamone uno alla cicciona e uno al vecchio inutile). Mi ripeto, ma anche qui il meccanismo causa-effetto è inesistente: medici e scienziati con maggior deontologia professionale lo stanno facendo presente, dati e ricerche alla mano, ma l’artiglieria pesante in funzione 24 ore su 24 che urla “il grasso uccide!” impedisce di ascoltarli. E molti loro colleghi continueranno a prescrivere trattamenti che non funzionano per una condizione che non è una malattia. In due studi che ho letto (2003 e 2016) numerosi dottori definiscono i loro pazienti grassi “non adattati”, “eccessivamente autoindulgenti”, “disturbanti (alla vista)”, “brutti”. Si può star certi che, privi di pregiudizi come si dimostrano, avranno senz’altro a cuore la salute di queste persone e, fedeli al giuramento di Ippocrate, si impegneranno per fare diagnosi accurate. Forse no, facciamo qualche esempio internazionale:

– nel 2017 la studente Beth Dinsley ricevette valanghe di complimenti perché era dimagrita. Nel dicembre dello stesso anno, durante un controllo ospedaliero di routine, scoprì che continuava a perdere peso perché aveva un cancro alle ovaie;

– nel 2018, Rebecca Hiles raccontò in un’intervista che i medici avevano ripetutamente sottovalutato i suoi violenti attacchi di tosse e la difficoltà respiratoria come sintomi relativi al suo peso. Aveva un cancro al polmone. Il risultato del non essere stata presa sul serio perché non adattata e autoindulgente è stata l’asportazione dell’intero polmone sinistro. Se la prima volta in cui andò dal dottore, cinque anni prima, questo l’avesse vista come un essere umano il polmone poteva essere salvato;

– nel 2019 il medico di Jen Curran giudicò la presenza di proteine nella sua urina durante la gravidanza e dopo come un problema di peso. Se dimagriva sarebbe andato tutto a posto. Per fortuna costei cercò una seconda opinione: e seppe di avere un cancro al midollo osseo.

Se poi volete un po’ di vittime italiane, da quelle che si sono suicidate grazie al bullismo continuo diretto ai loro corpi, a quelle che sono state macellate e uccise dalla chirurgia bariatrica di cui sopra o dalla liposuzione non dovete far altro che frugare questo blog o usare google.

Secondo la dott. Emma Beckett, scienziata che lavora su cibo e nutrizione all’Università di Newcastle in Australia, “Noi non mangiamo per mantenere una taglia, ma per mantenere i nostri corpi in salute ora e nella vecchiaia. Entrare in un vestito più stretto vale l’avere ossa fragili o un cancro all’intestino più tardi? Mi piacerebbe se smettessimo di concentrarci sul peso e ci concentrassimo sul nutrimento e sulla gioia.” Sarebbe bello, in effetti.

Stamane i giornali riportano l’appello a favore degli anziani di intellettuali e politici italiani: “Non sono scarti”. La petizione intende chiedere “a tutti i governi dell’Unione una maggiore etica democratica che passi dal rispetto degli anziani e dal rifiuto di una “sanità selettiva” che privilegi la cura dei pazienti più giovani a scapito degli over 65″. I promotori e i firmatari giudicano – giustamente – ciò “umanamente e giuridicamente inaccettabile” e sentono la necessità “di un vero cambio di prospettiva e di un recupero dei valori morali, civili e deontologici delle nostre società”.

Okay. Neppure i “culi grassi” sono scarti. Non devono rispondere del reato di “non conformità”. Non stanno togliendo niente alle vite degli idioti che li insultano dai balconi, neppure e meno che mai in senso economico, giacché sono le galline dalle uova d’oro spremute dall’industria dietetica, farmaceutica e di medicina “estetica”. A quando un’iniziativa simile per costoro, intellettuali e politici di cui sopra?

Infine, una volta per tutte: gli esseri umani non sono giocattoli. Non vi piacciono le persone grosse? Sono stracazzi vostri e non siete autorizzati a rovesciare il vostro disprezzo da farabutti sulle loro facce o sui loro culi. Non siete autorizzati a spingerle verso la disistima, i disturbi alimentari, le conseguenze dei traumi relativi ai vostri assalti – suicidio compreso. A me, vedete, è quel che fate a non piacere.

Maria G. Di Rienzo

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margolyes

L’attrice Miriam Margolyes – in immagine – è nata nel 1941 in una famiglia ebraica. E’ dichiaratamente lesbica e ha una relazione con l’australiana Heather Sutherland dal 1967. E’ una sostenitrice della causa palestinese perché, dice, “Il nostro dovere come esseri umani è testimoniare la verità che vediamo”.

In questo momento Miriam si trova a Londra, nel mezzo della quarantena, ma l’anno scorso ha viaggiato per più di 10.000 chilometri e più di due mesi in Australia allo scopo di realizzare un nuovo documentario della rete televisiva ABC, “Almost Australian”.

I brani che seguono sono tratti da “Miriam Margolyes: ‘The government is utterly deplorable. The world is in chaos’ “, l’intervista che Brigid Delaney le ha fatto per The Guardian il 10 maggio 2020; la traduzione è mia.

“Quello che mi ha sbalordito è che per alcune persone l’economia è più importante della gente e dovremmo uscire dal lockdown e tornare alla normalità. – dice Margolyes – E sembrano perfettamente preparati a sacrificare gli anziani. Questi ultimi sono stati descritti come non importanti per l’economia e come se non dessero alcun contributo.

Una delle cose che devo impedire a me stessa di fare è il leggere i commenti sotto articoli di questo tipo. Quelli del Daily Telegraph sono terrificanti. (…) C’è troppo odio (in Gran Bretagna). Il paese è in uno stato terribile a causa della Brexit e poi del virus. E’ indegno. Non sono contenta dell’Inghilterra. Il governo è totalmente deplorevole.”

Nel documentario citato all’inizio, l’attrice ha parlato con persone affette dalla siccità, persone appartenenti a remote comunità indigene e richiedenti asilo. La giornalista le ha chiesto come ha fatto a entrare in relazione con individui che avevano ogni tipo di retroscena.

“Non mi presento come una celebrità: mi presento come un’amichevole anziana signora. – risponde Margolyes – Sono ancora in contatto con alcune delle persone che ho incontrato per il programma, ci scambiamo e-mail. Tutte le volte in cui faccio cose del genere, non sono oggettiva verso le persone con cui parlo. Devo interagire con loro in modo personale. Non sono una reporter, non ho quel tipo di abilità, ho solo la mia personalità da usare come ponte fra me e le altre persone. E tutto nello show è spontaneo. Non so in anticipo chi incontrerò.”

Prima di accettare l’incarico, Margolyes ha chiesto ai produttori di “Almost Australian” l’assicurazione che le comunità indigene sarebbero state nel programma:

“Ma mi sento ancora turbata dalla relazione fra gli australiani bianchi e le Prime Nazioni. Vorrei che fosse migliore.” Gli australiani possono risentirsi delle critiche, particolarmente di quelle provenienti dagli inglesi, dice l’attrice: “Dicono: Chi diavolo è questa, viene qua, si compra una casa e poi ci getta dentro immondizia? Ma io voglio che l’Australia diventi migliore.”

Maria G. Di Rienzo

Big Fat Adventure

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news

Oggi il nuovo direttore de “La Stampa”, Massimo Giannini, dichiara che il suo sarà “un giornale moderno e perbene”. Mentre mi domando quali siano i giornali “per male” (ho una lista in mente che risponde agli aggettivi “inutili”, “dannosi” e “idioti”, ma non credo corrisponda alla visione del succitato), mi salta in mente un articolo moderno e perbene pubblicato dal giornale al massimo un paio di giorni fa. In esso, commentando l’eventualità di rinchiudere le persone con più di 60 anni anche in assenza di lockdown – ipotesi abominevole e senza futuro sulle cui implicazioni etiche, politiche e umane il pezzo non discute – l’articolista riporta un tweet di emerito sconosciuto che dichiara più o meno “Se devo stare a casa voglio starci con una sessantenne come Sharon Stone”. Gongolando, perché i giornali moderni e perbene sono scritti da uomini, citano uomini, raccontano uomini e sono letti da uomini, il “giornalista” chiosa: “Letto e approvato”.

Dubito che l’Italia fornirà cloni di Sharon Stone ai maschi anziani in quarantena perenne, ma in caso ha misure equivalenti in programma per le sue cittadine sessantenni? A noi che ci capita, Reece Dinsdale (Gran Bretagna), Kunal Kapoor (India), Brad Johnson (Usa)? E se si tratta di quest’ultimo, le sei figlie e i due figli se li porta dietro e vengono ad abitare con lui in casa nostra, oppure no?

Non è che, stante il nostro status inferiore di beni di consumo / accessori da masturbazione, l’unica opzione prevista per le italiane è Fiorello? Perché se è così preferirei recepire un bonus equivalente in denaro. Va bene anche meno di 600 euro, ma in nessun caso accetto abbonamenti a giornali moderni e perbene come “La Stampa”.

Maria G. Di Rienzo

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La differenza fra la stupidaggine fobica e/o complottista di turno e la segnalazione a chi la spara di star sbagliando tutto, freccia e bersaglio, sta nel fatto che la prima è rapida (Maledetti, hanno creato l’epidemia per venderci il vaccino!) e la seconda richiede tempo: spieghi le definizioni, correggi gli svarioni linguistici, citi i dati e gli studi e le testimonianze, ribadisci che la matematica non è un’opinione e… non serve a un beato nulla. Innanzitutto era troppo stancante leggere tutta la tua pappardella, in secondo luogo chi ti paga, dulcis in fundo “è il concetto che conta”.

Due concetti che in questo periodo sembrano contare moltissimo per chi ha in mano i media del mainstream, sono l’inutilità e la pericolosità degli anziani e il miserabile futuro di chi non è ne’ anziano ne’ positivo al Covid-19, ne’ in terapia intensiva: la quarantena lo farà ingrassare. E perdio, se quest’ultima non è una tragedia che fa scomparire 23.660 morti come se fossero fumo, non so quale altra lo sia.

A un occhio non allenato possono sfuggire le differenze fra gli articoli composti dalla redazione o dai freelance e quelli che un giornale pubblica a pagamento, ma il mio li coglie subito: i titoli sono perentori ed eclatanti, le immagini sono create a tavolino, i contenuti vanno dal disinformato al falso, passando per l’idiota puro e semplice. I risultati di tale commistione sono spesso esilaranti e infurianti al tempo stesso.

Un paio di settimane or sono, giusto sotto un pezzo che invitava gli anziani a stare a casa, c’era lo spot: la foto di due arzilli vecchietti in tenuta sportiva su sfondo verdeggiante e il titolo “Due settimane di inattività per gli anziani aprono le porte al diabete”. Non è vero, ma questo è il meno: l’anziano/a che si interessa di tutt’altro o non ha la possibilità di approfondire, che messaggio riceve? E se come me ha ambo i tendini d’Achille lesionati e quattro ernie, si infila una tuta e va a ruzzolare rovinosamente in strada (provate voi a correre con due gambe che non sono in grado di farlo), dove magari un vigile zelante lo rimprovera perché gli anziani devono stare a casa e lo multa perché non ha rispettato le distanze o nella fretta si era scordato i guanti?

E a proposito di vecchi superflui, noiosi, rognosi e costosi per la collettività, cari quotidiani, perché tanti articoli, retrospettive, omaggi per Luis Sepùlveda? (Sono ironica, a scanso di equivoci.) Aveva 70 anni, cribbio, non l’aveva tirata abbastanza in lungo? Come, lui era un grande scrittore e perciò si fa eccezione? Ma Giacomino era uno splendido narratore e campione di bocce ed ex tornitore, Fabiola aveva i suoi quaderni di pensieri e poesie, era un’ex partigiana e ha continuato a lavorare nei campi sino alla fine… Quel che voglio dire è che NESSUNA vita può essere presa alla leggera, che nessun essere umano è inutile o “in esubero”, che dietro un nome e due date (nascita-morte) ci sono relazioni, vicende, azioni che hanno contribuito a creare il mondo in cui viviamo. Rispetto. Per tutti/e.

Qualche giorno fa, un articolo ci riporta le dichiarazioni di Sandra Zampa, che secondo il sito del Ministero è “il sottosegretario di Stato alla Salute nel secondo Governo Conte”. Per non offenderla, quindi, non userò il più corretto “la sottosegretaria”: sarebbe roba da femministe isteriche (l’importanza della sessuazione nel linguaggio l’abbiamo già spiegata in circa tremila per un ventennio, ma quel che nella maggior parte dei casi ci torna indietro è una spaventosa ignoranza volontaria). Di seguito un brano del testo in questione:

“Il problema della ‘Fase 2’ riguarda gli anziani ma anche “tante fasce vulnerabili: diabete, ipertensione, immunodepressione, obesità sono cause di mortalità associate al Covid-19. Questo non significa che pensiamo di segregare tutte queste persone in casa a tempo indeterminato”. (…)

Ad un piano dedicato agli anziani “sta lavorando il professor Bernabei, che è un geriatra eccezionale. Non ci saranno delle prescrizioni ad hoc, ma un’attenzione speciale. Incrociando i dati delle cronicità, si può pensare che i medici di base debbano avere doveri particolari, tipo una telefonata a settimana per vedere come va. E poi magari una App che misuri pressione e glicemia. Contiamo poi sul bonus vacanze a cui sta lavorando il ministro Franceschini: speriamo che gli anziani quest’estate possano fare qualche giorno di vacanza in più, non in meno”, ha spiegato Sandra Zampa.”

Schiaffateci dentro il grasso e tutto andrà bene: dopo anni di terrorismo mediatico, di disinformazione, di ossessione per la “bellezza” da BMI e di inflazione dei “nutrizionisti” (purtroppo molti sono intelligenti e capaci quanto Panzironi), basta agitare metaforicamente una bilancia sotto gli occhi di una persona per mandarla in panico. Ma il fatto è che del coronavirus attuale sappiamo queste poche cose: è assai resistente, efficace in modo diabolico nella propria diffusione e parte dei guariti si riammalano. Non abbiamo studi affidabili sulle correlazioni del virus con le “vulnerabilità” dei singoli individui (è troppo presto) e non abbiamo un vaccino.

Comunque. Ve la ricordate la donna anziana – credo centenaria – fra le prime a sconfiggere la malattia? Era diabetica. E dove sono le bare extralarge per tutti gli “obesi” falciati dall’epidemia? La relazione causa-effetto con il diabete o il grasso corporeo NON è provata da nessuna evidenza scientifica: buttare questa roba in pasto al grande pubblico non è cosa che membri del governo possano permettersi, non stiamo giocando alla “prova costume per la nonna”.

Io sono un’autodidatta con la passione per la conoscenza, affamata di letture di ogni tipo, fan della logica elementare e vado possibilmente a verificare ogni singola notizia che leggo. Ho già segnalato qui tonnellate di studi, ricerche e analisi e non lo farò di nuovo. In fin dei conti, ci si può fidare o no di quel che dico e per me non cambia assolutamente nulla (e neppure per chi legge).

Il caso è diverso per il sottosegretario del Ministero della Salute, per di più durante una pandemia. Io non sono un’esperta, dite? Neppure lei lo è: la laurea in “Storia della Chiesa” non prepara esattamente a trattare temi medici. Potete scommettere quel che volete che al proposito io mi sono sciroppata ben più mattoni scientifici (e in inglese).

Infine, Sandra Zampa ha tre anni più di me e le “prescrizioni speciali” dovrebbero arrivarle prima; il mio tipo di corpo non mi rende parte di nessuna “fascia vulnerabile” ne’ è di nocumento a terzi; non ho il cellulare (sapete dove possono mettersi la App) e in ogni caso mi rifiuto di essere monitorata dallo stato come se fossi una lebbrosa; non vado in vacanza perché non posso permettermelo; nel momento in cui sarà sicuro farlo, osservando tutte le precauzioni del caso, io uscirò di casa quando mi pare e mi piace.

E quando morirò, spero che la mia lapide sia questa:

tyber katz

Sotto ci voglio scritto: Non, je ne regrette rien.

Maria G. Di Rienzo

Update del 27 aprile, just in case:

Paolo, di mestiere, gira i social femministi e decide cosa va bene e cosa no. Cerca video femministi su YouTube e fa la stessa cosa. Spiega alle donne cosa vuol dire essere donne. Spiega alle femministe cosa è femminista e cosa no. Fa del vero e proprio gaslighting (forma di violenza psicologica il cui intento è far dubitare una persona delle sue stesse memoria e percezione) sulle storie di vita narrate da donne – che NON conosce – in prima persona: “Questo è vero, questo no”. Gli sembra normale, capite. A volte qualcuna lo manda a quel paese e Paolo urla: “Ah, è questo il femminismo? Che schifo! Censura!” E’ incomprensibile, nevvero, non cadere fulminate dal superiore intelletto di Paolo, l’Onnisciente.

E’ passato parecchio tempo da quando ho detto a Paolo che non mi interessava ricevere le sue opinioni via mail – e commentare qui non può. Tuttavia, si accanisce fedelmente su qualunque mio post sia condiviso da altri. Non li legge, ovvio. Perché se leggesse davvero non farebbe le sue sprezzanti domande idiote: Di Rienzo è medico? Perché, Paolo sì? E se fosse medico, direbbe per antonomasia tutta la verità e nient’altro che la verità, immune da errori, pregiudizi, preferenze? Bastasse essere medici per questo, dovremmo iscriverci tutte/i all’università domani.

Comunque, Di Rienzo ha studiato e studia ricerche mediche, svolte principalmente (ma non solo) all’estero. Molte le ha riportate qui con tanto di link (e non si rimette a farlo ora, tanto Paolo non ha tempo, deve cazziare la prossima femminista che non gli obbedisce). Ne ha derivato che la scienza non ha le certezze granitiche dell’Onnisciente e che ciò è un bene, perché altrimenti oggi staremmo curando il Covid-19 con le sanguisughe. Perciò NO. La scienza non dice tutte le cazzate immani sparate dai media sul grasso e sul diabete e su ogni non conformità a un ideale del menga basato su un modello matematico. Paolo può continuare a crederci. Parecchi MEDICI e SCIENZIATI hanno opinioni diverse dalle sue – che sono quelle di Di Rienzo: perciò sgasati un po’, pallone gonfiato.

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(tratto da: “People Aren’t Bad for the Planet—Capitalism Is”, di Izzie Ramirez per Bitch Media, 27 marzo 2020, trad. e adattamento Maria G. Di Rienzo. Izzie Ramirez – in immagine – è una reporter freelance e la caporedattrice di NYU Local.)

Izzie

C’è una brutta china nei commenti che giustificano i decessi umani per preservare l’ambiente. Come l’attivista per il clima Jamie Margolin ha spiegato in un tweet “Dire ‘I deboli moriranno ma va bene perché ciò aiuta il clima’ non è giustizia climatica. Questo è ecofascismo.” L’ecofascismo è definito da governi che esercitano il loro potere per la protezione dell’ambiente a costo delle vite individuali.

Nel loro articolo del 2019 “Overpopulation Discourse: Patriarchy, Racism, and the Specter of Ecofascism,” Jordan Dyett e Cassidy chiarirono come l’ecofascismo prese piede nel 19° e 20° secolo in Germania, dove “una serie di preoccupazioni ecologiche cominciarono ad interagire con la xenofobia, il nazionalismo e il razzismo presenti nella regione.”

All’epoca, le autorità fasciste tedesche erano solite giustificare determinate politiche di esclusione collegando l’ambiente alla salute. La retorica tipica includeva il controllo della popolazione, misure anti-sovrappopolazione e nozioni per cui i gruppi minoritari erano specie invasive che costituivano una minaccia all’ambiente stesso. Questa è ideologia comune ai suprematisti bianchi, in particolare, e a quelli che commettono omicidi di massa. Per esempio, l’assassino responsabile degli omicidi di un gran numero di persone a El Paso, Texas, nel 2019 citò la degradazione ambientale come una delle sue ragioni. “Se riusciamo a sbarazzarci di abbastanza gente, allora il nostro stile di vita diventerà più sostenibile”, scrisse nel suo manifesto.

Nel contesto odierno, comunque, persone comuni stanno argomentando che il Covid-19 sarebbe il vaccino della Terra contro gli esseri umani mentre il virus sta gettando il mondo nello scompiglio e sta uccidendo migliaia di persone, molte delle quali appartengono alla classe lavoratrice, non hanno accesso alla sanità e sono costrette a continuare a lavorare perché sono considerate forza lavoro essenziale. Per come le cose stanno ora, l’ecofascismo – visto attraverso tali conversazioni sui social media – sta asserendo che la gente povera, la gente disabile e la gente anziana dovrebbero sacrificarsi per far vivere il resto di noi. Ciò non è solo moralmente riprovevole ma è l’incomprensione del problema più vasto: il coronavirus non è un “detox” per la Terra, è una perturbazione dei sistemi che potenziano il capitalismo.

Persino chi cerca di sfidare il capitalismo è forzato a vivere al suo interno, giacché dobbiamo sopravvivere in un’economia capitalista concentrata sul beneficio immediato anziché sulle conseguenze future. Perciò le persone salgono in autobus per andare ai loro impieghi salariati, montano in auto per andare in fabbrica e condividono veicoli per far quadrare i conti. Queste persone non hanno molte alternative economiche, perché hanno bocche da sfamare e bollette da pagare. La loro adesione per sopravvivenza al capitalismo non li rende egoisti o sacrificabili. In effetti, se voi siete preoccupati per il cambiamento climatico, queste sono le esatte persone per cui dovreste preoccuparvi.

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question

(brano tratto da un intervento del 19 marzo 2020 di Teresa Anderson e Niclas Hällström, per Action Aid, su cambiamento climatico e coronavirus. Teresa Anderson è la coordinatrice delle politiche sul clima per Action Aid International, Niclas Hällström è il direttore di WhatNext?, un forum svedese sulle istanze globali sociali e ambientali. Trad. e adattamento Maria G. Di Rienzo.)

EGUAGLIANZA: I governi devono proteggere le donne, i poveri e i vulnerabili dalle crisi e dal loro impatto, dando uguale valore a ogni vita umana al di là di nazionalità, status economico, genere, etnia o età. Allo stesso modo, non è accettabile che una generazione continui a “fare come prima” sapendo di essere relativamente al sicuro, nel mentre aumenta il rischio e l’impatto per un’altra generazione.

PROTEZIONI SOCIALI: Sanità pubblica e gratuita, congedo pagato per malattia e benefici relativi alla disoccupazione per i lavoratori, nelle economie formali e informali, sono necessari in modo urgente, così che le persone non debbano scegliere se proteggere i loro mezzi di sussistenza o proteggere la società durante la pandemia.

SOLIDARIETÀ: Nessun Paese può “farcela da solo”. I governi devono lavorare insieme ed evitare di ritirarsi in approcci nazionalisti e competitivi. Le nazioni ricche devono contribuire con una giusta parte e aumentare il sostegno finanziario e tecnologico per le nazioni in cui i redditi sono più bassi. La vera solidarietà significa anche adottare e condividere soluzioni.

LA MANO INVISIBILE DEL MERCATO NON AGGIUSTERÀ QUESTE COSE:

Crisi climatica e pandemia mostrano la necessità di profondi cambiamenti di sistema. Queste emergenze rivelano le ingiustizie delle economie neo-liberiste, in cui potenti corporazioni economiche danno priorità ai profitti rispetto al bene comune e fanno tutto quel che possono per evitare di essere regolamentate.

Le risposte dei governi alla pandemia richiedono di prendere decisioni di ordine pubblico, incluse forti misure restrittive, nell’interesse dei cittadini piuttosto che dei loro finanziatori politici delle corporazioni.

NON E’ MAI TROPPO TARDI PER AGIRE: Ogni giorno che passa conta. Ogni azione che limita il danno ha valore. Anche se siamo stati più lenti a uscire dai blocchi di partenza di quanto avremmo dovuto, diamoci dentro ora. Rinunciare non è un’opzione, al di là di quanto grave la situazione possa apparire.

FATE QUEL CHE SERVE, MA NON ABUSATE DEL POTERE: Nel mentre molti governi sono stati lenti nel prendere misure severe per fermare la pandemia, i cittadini hanno chiesto misure più forti per contenere la crisi. La società ha mostrato la sua volontà di accettare svantaggi, forti interventi governativi, protezione sociale e sì, meno shopping e meno voli aerei, se ciò significa proteggere milioni di vite a rischio.

I governi devono tener conto di questo. Ma non devono abusare del loro potere, ne’ cementare misure prese durante le emergenze in limiti autoritari alla libertà dopo che la crisi è passata.

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Quest’anno, fagocitate dall’emergenza virus, erano meno ma non potevano mancare: intendo le auliche esternazioni (commissionate dai media) di donne famose che parlando della “festa della donna” assicuravano di “non aver mai festeggiato l’8 marzo”, si chiedevano sconcertate “cosa ci sia da festeggiare” e proseguivano inanellando mediocrità sessiste e misogine e sputacchiando sul femminismo – la principale ragione, quest’ultima, per cui sono state ingaggiate. La fama ha i suoi costi, capite.

Ora, persino Mattarella in diretta televisiva ha dimostrato di sapere che l’8 marzo è la “Giornata internazionale della Donna” e perché sia stata costituita: monitorare i progressi del genere femminile sulla strada dell’eguaglianza. Quindi: 1. Non esiste un obbligo ai festeggiamenti a cui sottrarsi con piccato sdegno; 2. Se anche a qualcuna venisse voglia di festeggiare la cronaca glielo impedisce subito:

22 febbraio 2020 – Cesena, bullizzata perché “troppo grassa”. 13enne si getta dal balcone.

23 febbraio 2020 – Roma, violenze sulla moglie per oltre 9 anni. Arrivano gli agenti: «Vi ammazzo tutti», arrestato 29enne.

23 febbraio 2020 – Padova, una donna di 68 anni aggredita e palpeggiata lungo il Bassanello. Stava facendo una corsa sull’argine all’ora di pranzo.

24 febbraio 2020 – Rimini, tre commesse denunciano il capo per molestie sessuali. Una di loro è stata costretta a licenziarsi, mentre le altre due si sono messe in malattia per sfuggirgli.

25 febbraio 2020 – Napoli, incinta e con una figlia piccola, segregata in casa dal compagno: «Mai andata dal ginecologo».

25 febbraio 2020 – Napoli, pugni e calci all’ex convivente, bloccato dall’arrivo dei poliziotti.

27 febbraio 2020 – Palermo, su Instagram si spaccia per medico: arrestato per abusi sessuali su minore.

27 febbraio 2020 – Bologna, diventa anoressica per lo stalking dell’ex: 21enne denunciato, la minacciava di morte.

27 Febbraio 2020 – Pescara, abusa sessualmente delle figlie minorenni, la moglie lo “copre” per anni.

2 marzo 2020 – Salerno, maltrattamenti in famiglia e lesioni aggravate: padre violento per oltre 10 anni.

2 marzo 2020 – Bologna, ricattata con le foto bambina di 10 anni.

(https://lunanuvola.wordpress.com/2020/03/03/per-elisa/)

2 marzo 2020 – Genova, aggredisce la ex e l’accoltella al collo. Arrestato a Sampierdarena.

3 marzo 2020 – Napoli, vittima di femminicidio muore all’ospedale Pellegrini. Era stata pestata a sangue dal suo compagno.

3 marzo 2020 – Roma, abusa di due minorenni nel suo ufficio al Ministero dei Trasporti.

3 marzo 2020 – Genova, accoltella la moglie nel sonno: denunciato un 82enne. La donna non è grave.

4 marzo 2020 – Lucca, Donna uccisa a coltellate dal figlio durante una lite in casa.

5 marzo 2020 – Reggio Emilia, per anni insulta e picchia moglie e figlia. Arrestato.

7 marzo 2020 – Imola, donna trovata morta in casa. Fermato il marito.

Vi sto mostrando solo quindici giorni di violenza. Multiforme e ininterrotta. I prossimi quindici saranno uguali. C’è solo il femminismo che se ne occupa seriamente. Il prossimo 8 marzo, quando vi chiederanno di sparare su altre donne, non occorre che rifiutiate adducendo argomentazioni politiche o sociali da voi distanti: datevi semplicemente malate.

Maria G. Di Rienzo

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China 2009

“La Dabu, la matriarca che guida la famiglia Mosuo. Questo ruolo chiave è tenuto dalle donne più anziane fra i parenti. Lei è quella da cui discendono nome e proprietà, maneggia il danaro e organizza le cerimonie religiose.”

Credo sia una buona cosa il riuscire ancora a interessarsi di storia, arte, fotografia ecc. in questo momento così pieno di incertezza e sofferenza: il vostro interesse per “Grande cuori, mani forti” (28 febbraio u.s.) merita dunque una risposta.

Dove sono le altre società matriarcali? (Ovunque.) Sono tutte di antica origine? (No.) Raffigurano semplicemente l’oppressione di genere rovesciata? (Niente di più lontano dalla realtà.) Andate in miniera, allora, e poi vediamo (Questo è lo scemo di turno: adesso gli spiego tutto anche se è probabilmente inutile, così – in caso capisca qualcosa – almeno può uscire dalla garitta dove sta di vedetta contro l’invasione “femminazista” e andare a casa).

Il tratto comune a tutte le società matriarcali è che i figli/le figlie sono primariamente connessi alla madre: portano il suo nome e/o vivono nella casa del suo clan anche quando raggiungono l’età adulta. Spesso eredità e beni passano da madre a figlia. Molte società matriarcali sono agricole, laiche, costruite in modo orizzontale e non gerarchico, basate sull’eguaglianza di genere. In quelle ancora esistenti le donne giocano un ruolo centrale sul piano sociale, economico e (non sempre) politico.

La fotografa cecoslovacca-algerina Nadia Ferroukhi (le immagini qui presenti sono particolari di sue istantanee) ne ha girate parecchie e ha dato testimonianza delle sue esperienze qui:

http://nadia-ferroukhi.com/v4/sets/matriarcat/

Si tratta della serie “Nel Nome della Madre”, a cui ha dato un contributo significativo l’antropologa, etnologa e femminista francese Françoise Héritier (1933-2017).

Nadia ha vissuto con i Mosuo in Cina, i Tuareg in Algeria, i Minangkabau in Indonesia e i Navajo negli Usa – che sono le realtà di segno matriarcale più note, ma ha trovato società simili in Kenya, in Guinea-Bissau, nelle Comore, in Messico. Ritrarre le comunità in modo congruo e dettagliato non è stato facilissimo, spiega la fotografa: “La gente si aspetta da questo risultati spettacolari. Ma in effetti io ho fotografato la vita quotidiana.” Una vita quotidiana lontana dagli stereotipi e dai pregiudizi, in cui un’organizzazione sociale dà valore a ogni suo membro.

Riportare e tradurre tutto il lavoro di Nadia renderebbe questo articolo così lungo da divenire faticoso, perciò ho scelto degli “assaggi” che si accordano al mio incipit.

Comoros 2017

“Una giovane sposa sull’isola di Grande Comore. Dopo il matrimonio, il marito si trasferisce nella casa costruita per lei dalla sua famiglia, dove è considerato un ospite del clan matrilineare.”

NUOVO DI ZECCA:

E’ il villaggio di Tumai in Kenya, nato nel 2001 per fornire rifugio alle donne della tribù Samburu che erano state vittime di violenza domestica / violenza di genere. Simile a Umoja e a Jinwar

(https://lunanuvola.wordpress.com/2019/03/01/jinwar/) – la fondatrice Chili viene in effetti da Umoja – accoglie le divorziate, ha messo fuorilegge le mutilazioni genitali e non ammette gli uomini sopra i 16 anni d’età. Tumai è completamente autosufficiente. Tutte le decisioni sono prese per voto di maggioranza fra le donne, che allevano capre, costruiscono da sole le loro case, vanno a caccia se serve e tengono rituali sacri (allevamento a parte, le altre attività non sarebbero loro permesse in circostanze “normali”).

DIFFERENTI, NON SPECULARI:

Guinea-Bissau – “Lo stile di vita negli arcipelaghi, in particolare sull’isola di Canhabaque (3.500 persone) è stato scarsamente influenzato, quando per nulla del tutto, dalla civiltà moderna. Qui, le case sono di proprietà delle donne e sono gli uomini a trasferirsi dalle loro mogli. Sebbene il padre passi il suo cognome ai figli, è la madre che sceglie il primo nome ed è al suo clan che essi sono affiliati. L’isola è governata da una regina. C’è anche un re (che non è il marito della regina) ma il suo ruolo è limitato: è un semplice portavoce. Ogni villaggio è amministrato da un consiglio di donne, elette a vita.”

Messico – “Juchitán, una città di 78.000 abitanti nello stato messicano di Oaxaca è il luogo dove è nata la madre della pittrice Frida Kahlo. Durante i secoli, uomini e donne hanno sviluppato forme chiaramente identificate di autonomia. Le donne maneggiano il commercio, l’organizzazione di festival, la casa e la strada. Agricoltura, pesca e politica sono responsabilità degli uomini. Questo è uno dei pochi luoghi in Messico dove la lingua e i dialetti Zapotec sono ancora parlati. Usato negli scambi fra donne del vicinato e donne di passaggio, questo linguaggio ha costruito fra le donne una notevole solidarietà. Nome, casa e eredità si trasmettono in linea femminile. Perciò, la nascita di una figlia è fonte di grande gioia.”

Indonesia “La più grande società matrilineare al mondo, composta dai Minangkabau, si trova sulle colline della costa occidentale di Sumatra in Indonesia. Secondo il loro sistema sociale, tutte le proprietà ereditarie passano da madre a figlia. Il padre biologico non è tutore del bambino; è il mamak, il più anziano fra gli zii materni, ad assumere tale ruolo. Durante la cerimonia matrimoniale, la moglie va a prendere il marito nella casa di lui, accompagnata dalle donne della sua famiglia. L’adat, o “legge ordinaria”, determina una serie di regole tradizionali non scritte su questioni matrimoniali e proprietarie. In accordo a queste regole, qualora vi sia un divorzio il marito deve lasciare la casa e la donna mantiene la custodia dei figli e l’abitazione.”

QUESTE IN MINIERA CI VANNO GIA’:

Stati Uniti d’America – “La vita sociale della nazione Navajo è organizzata attorno alle donne, secondo un sistema matrilineare in cui titoli, nomi e proprietà si trasmettono in linea femminile. Quando una ragazza Navajo raggiunge la pubertà deve passare attraverso la Kinaaldá, una cerimonia di quattro giorni che segna il suo passaggio dall’infanzia all’età adulta. Questa cerimonia è collegata al mito Navajo della Donna Cangiante, la prima donna sulla Terra in grado di avere bambini. Nella riserva, le donne sono in genere più attive degli uomini. Non è insolito per loro tornare a studiare tardi durante le loro vite, persino dopo aver avuto figli.”

Usa 2011

Queste donne Navajo lavorano in una miniera di carbone, assicurandosi in tal modo totale indipendenza finanziaria.

Maria G. Di Rienzo

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E’ uscito “Big Heart, Strong Hands” – “Grande cuore, mani forti” della fotografa norvegese Anne Helene Gjelstad (35 sterline, 256 pagine, Dewi Lewis Publishing), che documenta vita quotidiana, azioni e visioni delle donne in quella che è considerata l’ultima società matriarcale in Europa.

Si tratta delle isole estoni Kihnu e Manija nel Mar Baltico, dove sono le anziane a curarsi di tutto quel che riguarda la terra e a prendere decisioni in merito, mentre gli uomini vanno per mare.

Anne Helene Gjelstad ha dedicato numerosi anni al progetto, che vede come il proprio “contributo a dar testimonianza di questa cultura unica e a preservarne il futuro”.

Due particolari delle sue fotografie e il testo relativo:

lohu hella

“Lohu Ella è una delle maestre artigiane più rispettate di Kihnu. Sempre pronta a dare una mano, amichevole e gentile, con un gran cuore e un sorriso amabile, è una delle donne con cui ho passato più tempo e ho fotografato di più. Da lei ho appreso la cultura dell’abbigliamento delle donne: come fanno i loro copricapi, come mettono le loro gonne speciali, cosa indossano per dormire e come tengono al sicuro i loro tesori. Lohu Ella sta costantemente creando qualcosa. Ha persino confezionato per me un bellissimo costume Kihnu.”

virve

“Järsumäe Virve ha sempre amato gli animali e tutte le creature viventi. Non sa quanti gatti ha di preciso e persino i gatti delle vicine vengono da lei per mangiare. Ha due cani e un cavallo che corrono liberi nella sua proprietà durante la stagione calda. Quando diventammo amiche aveva anche due capre e le piaceva bere direttamente dal recipiente subito dopo averle munte. Mi spiegò quanto era salutare farlo e gentilmente condivise con me il latte tiepido.”

Maria G. Di Rienzo

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