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Posts Tagged ‘sorellanza’

Davvero, è così

Per chi mi contatta (o cerca di contattarmi) in questi giorni: SÌ, NON MI OCCUPO PIÙ DEL BLOG, sporadicamente pubblico qualcosa. L’ho spiegato qui:

https://lunanuvola.wordpress.com/?s=salutiamoci

Vi ringrazio ancora per l’interesse e per l’affetto. Sto abbastanza bene e a voi auguro di stare meglio di me. In sorellanza per le une e in fratellanza per gli altri. Maria G. Di Rienzo

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Toni Truesdale

“Storia e Mitologia hanno bisogno di includere senza restrizioni le storie di tutte le donne.

La prospettiva femminile dovrebbe riflettersi nell’estetica, nei valori, nella spiritualità e nella moralità.

Io sviluppo arte figurativa che mostra la naturale bellezza e intelligenza negli aspetti della vita multiculturale di sorelle, madri, figli, zie e nonne tutte: e celebro la nostra comunanza attraverso il tempo, la cultura comune delle donne che io chiamo il nocciolo invisibile.

Toni Truesdale (in immagine sopra), insegnante d’arte, disegnatrice e pittrice di murales, illustratrice contemporanea statunitense (trad. Maria G. Di Rienzo).

Tutto quel che vedete qui è opera sua.

eve out of africa

(Eva)

Harvest

(Il Raccolto)

toni murales

(Murale)

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sororidad transparencia

“La capacità di una donna di essere libera è collegata alla sua capacità di amare un’altra donna.”

Susan Griffin (nata nel 1943), attivista ecofemminista, filosofa, saggista e commediografa.

sororidad

“Pensavo di poterlo aggiustare da sola, ma con voi è stato molto più facile.”

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“Mentre a Roma la sindaca Raggi continua a chiedere lo sfratto della Casa delle donne, mentre le vittime rifugiate nel centro “Lucha y siesta” vengono fatte sgombrare dalla giunta capitolina, i centri antiviolenza della rete nazionale “D.i.Re”, annunciano che nelle loro strutture c’è stato un incremento dell’11% di nuovi accessi. “I dati confermano ancora una volta – commenta Antonella Veltri, presidente di D.i.Re – quanto sia importante sostenere con continuità queste strutture, presidi essenziali che consentono alle vittime che hanno subito violenza di recuperare la propria autonomia, centri che restano aperti anche in questi tempi di emergenza Coronavirus, perché la violenza contro le donne non si ferma”.” (da Repubblica, 8 marzo 2020)

(“Why I Stand With Her”, di Hawwah, giornalista e imprenditrice sociale nigeriana, per World Pulse, 2019. Trad. Maria G. Di Rienzo.)

praising earth

Oggi, io sono al suo fianco, di lei che è stata considerata persona di nessun rilievo, sulla base del suo sesso.

Oggi, io sono al suo fianco, di lei contro cui il mondo ha cospirato deliberatamente per negarle il suo posto in esso, sulla base del suo sesso.

Oggi, io sono al suo fianco, di lei la cui infanzia è stata rubata da uomini lascivi senza educazione e autocontrollo, uomini che hanno predato sulla sua innocenza, sulla sua nascita e vulnerabilità, sulla base del suo sesso.

Oggi, io sono al suo fianco, di lei a cui senza alcuna istruzione, addestramento, preparazione o esperienza, è stato affidato il lavoro più importante al mondo, sulla base del suo sesso.

Oggi, io sono al suo fianco, di lei a cui i sogni sono stati sottratti, le ambizioni fatte a pezzi e il potenziale distrutto, sulla base del suo sesso.

Oggi, io sono al suo fianco, di lei che vive in coercizione e controllo ed è stata forzata a una vita che non ha mai voluto ne’ negoziato, sulla base del suo sesso.

Oggi, io sono al suo fianco, di lei che sacrifica tutto e fa ogni compromesso senza che ciò le venga neppure riconosciuto, sulla base del suo sesso.

Oggi, io sono al suo fianco, di lei che non è mai vissuta ma è meramente esistita così che altri potessero vivere, sulla base del suo sesso.

Oggi, io sono al suo fianco, di lei che ha dovuto imparare a fare più cose contemporaneamente e lavora dieci volte più duramente per avere solo metà di quel che le è dovuto, sulla base del suo sesso.

Oggi, io sono al suo fianco, di lei che è stata manipolata affinché sopporti e accetti l’abuso da coloro che avrebbero dovuto proteggerla, sulla base del suo sesso.

Oggi, io sono al suo fianco, di lei i cui sforzi, contributi e qualità sono sovente dimenticati e non apprezzati, non perché non abbiano valore, ma sulla base del suo sesso.

Oggi, io sono al suo fianco, perché tutte dobbiamo ergerci con lei e per lei.

E’ solo ergendoci insieme che possiamo mettere fine all’abuso, al pregiudizio, alla diseguaglianza, alla discriminazione, all’ingiustizia, alla disumanità, alle violazioni, alle deprivazioni e allo stigma inflitte a lei, sulla base del suo sesso.

Oggi, io sono al suo fianco. E’ solo stando fianco a fianco insieme che possiamo far accadere il cambiamento e darle una vita – non meramente un’esistenza.

E’ stando fianco a fianco insieme che possiamo far ascoltare la sua voce e le sue grida e farle prendere sul serio, validare i suoi sogni e amplificare le sue richieste per i suoi diritti, giacché è una delle creature più importanti su questo pianeta.

Oggi, io sono al suo fianco, di colei che dà alla luce la vita, e giuro di stare al suo fianco sino a che avrò respiro.

Io sono al suo fianco perché IO SONO LEI. Noi tutte siamo LEI.

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Che strane cose siamo

(tratto da: Northern Light, di Jillian Christmas – in immagine – poeta contemporanea canadese. Trad. Maria G. Di Rienzo.)

Jillian Christmas

Che strane cose siamo noi

Creature della Diaspora,

tesori del Mar dei Caraibi,

che stringiamo le ginocchia nei parka

con i denti che battono

ove gli alberi sottili si tendono verso l’alto dei cieli

per cercare la più bizzarra delle luci?

Che strane fughe abbiamo fatto

per voler chiamare casa questo posto?

E io lo faccio.

Io avverto

la sensazione di fantasmi

di donne non diverse da noi,

la cui resilienza e forza

hanno scavato fuori più dell’oro e delle opportunità

da questo freddo pungente.

Alcuni pensano che l’oscurità sia piena di terrori

perché non possono vedere cosa essa nasconde

o forse non sanno

che l’oscurità in se stessa è un dono prezioso

e che noi, le strane creature dello scintillante nord,

possiamo essere la luce che ciò rivela.

Annie Ganzala - Atlantic's love

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Hai acceso una fiamma che non si spegnerà mai.

Sei stata la voce per molti che non la avevano.

Mi hai aiutato ad accettare me stessa e per questo ti sarò sempre grata.

Sei una pioniera e hai cambiato la mia vita e quella di mia figlia.

Ci hai fatto ridere, ci hai fatto indignare, ci hai fatto pensare.

La tua mancanza di paura, la tua tenacia e il tuo umorismo mi hanno resa capace di ruggire come una leonessa.

Coraggiosa lottatrice, non sarai mai dimenticata.

Magdalen Berns

Sono una serie di messaggi indirizzati in questi giorni a Magdalen Berns (in immagine qui sopra), 35enne scozzese a cui è stato diagnosticato un tumore cerebrale incurabile lo scorso anno. Attualmente Magdalen è all’ospedale ove sta ricevendo “cure palliative” per il glioblastoma: in altre parole, i medici hanno gettato la spugna.

Femminista lesbica, Magdalen ha creato attorno ai suoi video su YouTube in cui discute di politica, genere, sessualità e molto altro una “comunità” di oltre 30.000 persone. Questa giovane donna sta affrontando la morte con lo stesso spirito con cui ha affrontato ogni altra cosa nella sua vita: con un coraggio enorme e non comune. Poco prima di perdere la possibilità di parlare così ha detto in una delle ultime registrazioni ai suoi followers: “Vi amo e amo la comunità che ho creato qui, e spero che essa continuerà ad esistere: per altre persone, affinché facciano la stessa cosa e lottino per ciò in cui credono. Perché, come ho sempre detto, ci sono cose molto più importanti di cui preoccuparsi che l’essere apostrofate con appellativi stupidi.”

Scrive di lei Madeleine Kearns il 4 settembre scorso: “Per molti aspetti ha condotto una vita del tutto ordinaria. Come molte di noi, si è innamorata e si è disamorata (di donne, nel suo caso); ha studiato con impegno e con più impegno ancora si è divertita; si è lanciata in diversi lavori, si è immersa profondamente nella politica e ha denunciato la crudeltà e l’ipocrisia esistenti nei suoi stessi referenti politici (la sinistra).”

Per questa vita “ordinaria”, che per molti aspetti assomiglia alla mia, ti ringrazio, sorella.

Maria G. Di Rienzo

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(“Women calling out street harassment with chalk messages” di Haneen Al-Hassoun per CBC News, 30 agosto 2019, trad. e adattamento Maria G. Di Rienzo.)

Due donne di Ottawa stanno sfidando le molestie in strada usando i gessetti sui marciapiedi per documentare gli incidenti nel punto preciso in cui sono accaduti, con le stesse parole che sono state usate.

Natasha, 22enne, ha dato inizio a Cat Calls di Ottawa nello scorso aprile assieme a sua sorella Maya, 18enne. La CBC ha concordato con loro di usare solo i loro nomi propri giacché le due hanno ricevuto minacce tramite l’account Instagram su cui le donne sono invitate a pubblicare i loro resoconti delle molestie in strada.

Natasha trascrive poi gli insulti parola per parola sulle pavimentazioni e mette le fotografie online (con l’hashtag #StopStreetHarassment – Ferma le molestie in strada). Lei dice che i passanti sono spesso scioccati quando vedono i messaggi, perché si aspettavano qualcosa di più leggero.

“Quando ti avvicini e vedi cose che possono essere del tipo “Voglio fotterti” la cosa ti disturba notevolmente. Induce le persone a fermarsi sul loro percorso e a sentirsi a disagio e, forse, a provare le stesse sensazioni di chi è stata molestata.”

how much

(Quanto vuoi?)

Cat Calls di Ottawa fa parte di un’iniziativa globale dal nome “Chalk Back” – “Ribatti a gessetti”, a cui ha dato inizio Sophie Sandberg a New York. Ispirate dal suo esempio, Natasha e Maya ne hanno aperto una sezione locale, ora una delle circa 150 in giro per il mondo.

Natasha invita le donne che sono state molestate a unirsi a lei quando si avventura fuori con i suoi gessetti: “L’intera nostra visione di Cat Calls di Ottawa è creare un senso di solidarietà e alleanza. Perciò chi è stata molestata può venire con noi per sentire di star reclamando lo spazio in cui è accaduto.”

Natasha stessa ha subito molestie e le ha documentate: “Ti fa sentire non sicura nella tua stessa comunità. Non è una bella sensazione. Perciò, quando vai fuori e usi i gessetti ciò ti dà un modo di ribattere e di riguadagnare potere.” Natasha dice che da quando ha aperto l’account, Cat Calls di Ottawa riceve 2/3 segnalazioni al giorno. (1) Il suo scopo? Metterli via, i gessetti, e “essere certa che non vi siano più molestie in strada, a Ottawa e nel mondo intero”.

(1) Di quelle che ho visto, una mi ha colpito in modo particolare. Riguarda un uomo sui 60/70 anni che ha indirizzato queste parole a una perfetta sconosciuta: “Il tuo corpo sembra niente male per una bambina”. Chi ha ricevuto la molestia ha scritto a Cat Calls: “Sono abituata alle molestie in strada ma questa finora è la peggiore. Ho 14 anni.”

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Women's Work

Una mostra completamente gratuita e pubblica, da osservare mentre si passeggia in città sino a dicembre prossimo, che onora i talenti delle donne artiste ed è organizzata da un’associazione pure di artiste che si chiama BAM! (in effetti fanno un bel colpo con l’acronimo, le “Matriarche dell’Arte di Brisbane”)… è Women’s Work – Lavoro di Donne e come avete capito si trova a Brisbane in Australia. La municipalità sponsorizza assieme all’Università Griffith e alla locale agenzia per l’arte di strada: quando una cosa del genere accadrà in Italia venite a stappare una bottiglia da me.

Una delle organizzatrici, la “matriarca” Rae Cooper ha spiegato alla stampa che “Uno dei nostri scopi principali era utilizzare questa piattaforma per creare opportunità dirette alle artiste e alle disegnatrici della nostra comunità. C’è un gruppo strabiliante di creative piene di talento a Brisbane. E’ una benedizione poter condividere il loro lavoro con la città.”

Ce n’era bisogno, in effetti, ribadiscono le artiste che partecipano alla mostra: il Consiglio australiano per le arti rilasciò nel 2017 i risultati di una ricerca che, fra le altre cose, attestava come nel mondo dell’arte il divario salariale fra uomini e donne raggiungesse il 25% (contro il già orribile 16% di media nazionale).

Women's Work exhibition Brisbane

“Non sono sicura che l’opinione pubblica australiana sia totalmente consapevole di quanto sia dominato dagli uomini il settore commerciale dell’arte. – ha detto Zoe Porter, espositrice alla mostra – Ho visto miei colleghi maschi ricevere rappresentazione e apprezzamento assai più in fretta delle donne. E’ importante per me essere parte dell’iniziativa, perché dà riconoscimento alle artiste locali e perché è bellissimo avere il sostegno di un collettivo femminile per esporre opere su scala così grande nello spazio pubblico, permettendo ad esse di avere un’audience maggiore.”

Alla mostra partecipano artiste Aborigene e Isolane di Torres Strait: l’illustratrice Tori-Jay Mordey è una di queste ultime. “La mia opera raffigura i ritratti di mio fratello e di me con parti del nostro volto fuse con i volti dei nostri genitori. Sono cresciuta come una bambina bi-razziale, giacché mia madre era un’Isolana e mio padre era Inglese. Volevo creare un’opera che esplorasse le nostre identità etniche mentre enfatizzava il legame con i nostri genitori, perché la faccenda non è così semplice da poter essere spiegata con ‘siamo differenti a causa del colore della nostra pelle’. Il mio desiderio è che le persone si sentano più aperte rispetto alla loro identità. Questa mostra ci dà una piattaforma in cui le nostre voci sono ascoltate e il nostro lavoro è riconosciuto pubblicamente.”

Maria G. Di Rienzo

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italia donne.jpg

Giovanotte, grazie. Siete già andate oltre gli obiettivi prefissati (qualificazione agli ottavi) e oltre ogni aspettativa di riconoscimento da parte del pubblico – quale che sia il risultato finale della vostra impresa ai mondiali, il passo successivo dev’essere ottenere lo status da professioniste e le tutele relative.

Ma il motivo principale per cui vi ringrazio è che mi avete restituito le ragioni di una passione.

Da bambina giocavo, come voi avete giocato da bambine, per quanto dovessi spesso farlo da sola – era difficile essere accettate nei gruppi di maschi. Avevo il mio quadernino autoprodotto con foto di squadre e calendari e coppe e arbitri – questi ultimi nella sezione “dannati”. Memorizzavo le formazioni e gli schemi di gioco. Ovviamente guardavo i campionati europei e mondiali.

Poi, pian piano, il piacere e l’interesse si sono sbriciolati.

Cos’avevo a che fare, io, con giovani miliardari e modelle sugli spalti e scommesse e società quotate in borsa e giri astronomici di soldi? La parte “epica” della faccenda – la sfida, il legame di un gruppo teso a uno scopo comune – non esisteva già più.

Prima di questo mondiale femminile, prima di Giuliani e Bonansea e Gama ecc. e una commissaria tecnica e due donne che in Rai fanno la radiocronaca… erano trent’anni che non guardavo una partita.

Il calcio ha comunque definitivamente perso molto per me e non credo proprio che in futuro darò la minima occhiata al campionato maschile o quant’altro. Ma voi giovani donne meritavate attenzione, sostegno e gratitudine e tifo scatenato per la partita di stasera (mannaggia, non so niente delle calciatrici cinesi… vado a informarmi). Auguri, Italia!

Maria G. Di Rienzo

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Dumplin Movie

Esattamente come l’immagine promette, sto per dirvi “tutto quel che avete bisogno di sapere sul film Dumplin’ ” (produzione Netflix).

E’ tratto dal bestseller dallo stesso titolo di Julie Murphy (che ho già lodato in queste pagine).

E’ un film su una ragazza grossa, ma il suo focus NON è il tentativo di costei di cambiare aspetto.

L’amicizia fra donne vi è rappresentata in luce forte e attraente.

I personaggi hanno più di un lato di se stessi da mostrare e si evolvono in sintonia con la storia.

A fungere da “fate madrine” per la protagonista, incoraggiandola a essere sempre e fieramente se stessa, sono alcune “drag queens”.

Nella colonna sonora la parte del leone, o meglio della leonessa, ce l’ha Dolly Parton (cantante country-pop), che ha anche composto musica specificatamente per il film.

La regia è di una donna, Anne Fletcher e la sceneggiatura pure, di Kristin Hahn.

A interpretare la giovane Willowdean Dumplin’ Dickson è Danielle Macdonald, mentre la co-protagonista principale, sua madre Rosie Dickson, è interpretata da Jennifer Aniston (entrambe in immagine qui sotto).

dumplin

Un accenno alla trama, il più possibile privo di spoilers: Willowdean, soprannominata “raviolo” dalla madre (ma nella traduzione italiana verrà fuori qualcosa come “polpetta”) è figlia di un ex reginetta di bellezza che ora funge da giudice in concorsi simili. Rosie non presta grande attenzione alla figlia, se non per farsi scarrozzare in auto da un evento all’altro, e in famiglia Willowdean trova apprezzamento e affetto più dalla zia Lucy, che le fa conoscere sia la musica di Dolly Parton sia Ellen, la ragazza che diventerà la sua migliore amica. La morte della zia e la prima cotta di Willowdean per un ragazzo innescano un processo di riflessione / ribellione che porterà “Raviolo” a iscriversi a uno dei concorsi organizzati dalla madre. Altre ragazze non conformi a standard di bellezza artificiosi e imposti seguiranno il suo esempio…

Maria G. Di Rienzo

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