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Posts Tagged ‘vandana shiva’

Tempi duri? Le bussole politiche sono tutte impazzite e vi sembra che l’Italia vada alla deriva? Più che battere moneta con i “minibot” vorreste battere la testa di qualcuno o la vostra sul muro? Vi capisco, ma non c’è bisogno di disperarsi, ne’ di ferire o ferirsi.

Possiamo ripartire anche subito, con tre piccoli passi iniziali e rispettando i nostri tempi e le nostre necessità: assemblate le vostre analisi, figuratevi un orizzonte, caricatevi di quel che vi rende felici. La strada è lunga, faticosa e bellissima come voi. Buona giornata, “complici” miei, Maria G. Di Rienzo

ANALISI

“C’è una relazione intrinseca fra il modo in cui trattiamo il mondo naturale e il modo in ci trattiamo gli uni con gli altri. Dualismo e gerarchia sono i tratti del patriarcato, che implica l’oppressione delle donne e la distruzione dei sistemi naturali. Colonialismo, razzismo, disparità economica sono gli altri tragici risultati della gerarchia patriarcale. Razzismo e povertà servono a mantenere in essere il sistema patriarcale politicamente, economicamente e psicologicamente – nonché per giustificare e amplificare la distruzione dei sistemi naturali.” – Madronna Holden

ORIZZONTE

Tutte le specie, i popoli e le culture hanno valore connaturato.

La comunità della Terra è una democrazia di tutto ciò che vive.

Le culture, in una democrazia della Terra, nutrono la vita.

La democrazia della Terra globalizza pace, cura e compassione. – Vandana Shiva (“Earth democracy” / “Il bene comune della Terra”)

GIOIA

totoro

“A più di trent’anni dalla sua uscita, “Il mio vicino Totoro” è uno dei film più amati e celebrati di Miyazaki. Totoro entra in risonanza con noi perché trasforma situazioni paurose in situazioni leggere. Rappresenta lo spirito che possiamo evocare per sollevarci e uscire dai periodi bui.

Il suggerimento del film è che essere coraggiosi non significa avere la faccia dura, ma canalizzare l’immaginazione, l’umorismo e la speranza di uno spirito della foresta (molto buffo, peloso e adorabile). Totoro incoraggia le bambine protagoniste del film a parlare a voce alta e a rendere palesi i propri sentimenti.

Come spirito della foresta Totoro rappresenta anche la magia della natura. Insegna alle bambine che possono appoggiarsi alla natura per avere conforto. Abbiamo bisogno della natura per avere rifugio e protezione, ma non possiamo dare la relazione con la natura per scontata: è come un’amicizia da tesoreggiare e di cui avere cura.” – Brano tratto da: “My Neighbor Totoro: Why We Need Totoro”, di Susannah e Debra, youtubers.

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(“Women Ecowarriors”, di Vandana Shiva per Common Dreams, 26.3.2014, trad. Maria G. Di Rienzo.)

Chipko

Negli ultimi quarant’anni, ho servito la Terra e i movimenti ecologisti di base, a cominciare dallo storico movimento Chipko (“Abbraccia gli alberi”) nell’Himalaya centrale. In ogni movimento a cui ho partecipato, ho notato che le donne erano le decisore – decidevano il corso dell’azione ed erano persistenti nel proteggere la terra e le fonti del loro sostentamento e della loro sopravvivenza.
Le donne che furono parte del movimento Chipko stavano proteggendo le foreste perché la deforestazione e i tagli per il ricavo di legname a Uttarakhand provocavano inondazioni, siccità, frane e altri disastri naturali di questo tipo. Generavano scarsità di alimenti e foraggio. Causarono la scomparsa di fonti e ruscelli, costringendo le donne e percorsi più lunghi e distanti per avere acqua.
Il paradigma dominante delle attività forestali è basato su monoculture di specie commerciali, ove le foreste sono viste come miniere di legname da cui ricavare introiti e profitti. Le donne del movimento Chipko insegnarono al mondo che legname, introiti e profitti non erano i veri prodotti della foresta: i veri prodotti della foresta erano suolo, acqua e aria pura. Oggi, la scienza si riferisce ad essi come alle funzioni ecologiche degli ecosistemi. Donne illetterate della regione Garhwal Himalaya erano quattro decenni più avanti degli scienziati mondiali. Nel 1981, il governo fu costretto a smettere di deforestare l’Himalaya.
Il 22 aprile 2002, durante il Giorno della Terra, fui invitata dalle donne di un piccolo borgo chiamato Plachimada in Palghat, nel Kerala, ad unirmi alla loro lotta contro la Coca Cola che aspirava un milione e mezzo di litri d’acqua al giorno e inquinava l’acqua che restava nei loro pozzi. Le donne erano costrette a camminare per dieci chilometri ogni giorno in cerca di acqua pulita da bere. Mylamma, una donna tribale che guidava il movimento, a un certo punto disse che non avrebbero camminato più. La Coca Cola doveva smettere di rubare la loro acqua. Queste donne decisero di allestire un “campo satyagraha” (Ndt: satyagraha, una delle parole chiave della nonviolenza significa letteralmente “attenersi fermamente alla verità”) di fronte alla fabbrica della Coca Cola. Io mi unii a loro in solidarietà e le sostenni durante gli anni. Nel 2004, la Coca Cola fu forzata a chiudere lo stabilimento.
Nel 1984, un terribile disastro causato da una perdita dell’impianto produttore di pesticidi della Union Carbide a Bhopal uccise all’istante 3.000 persone. Migliaia di bambini nascono tuttora con disabilità. La Union Carbide è ora proprietà di Dow, che rifiuta di assumersi responsabilità. Nel 1984, in risposta al disastro, io diedi inizio alla campagna “Non più Bhopal, piantate un albero Neem” (Ndt., si legge “nim”; nome scientifico: Azadirachta Indica).
Le donne di Bhopal furono anch’esse vittime del disastro. Ma non lasciarono andare le loro speranze e lottarono per la giustizia. Per esempio, Rashidabi e Champadevi Shukla hanno portato avanti la lotta. Forniscono anche riabilitazioni per i bimbi disabili; hanno organizzato il Fondo Chingari per onorare le donne che si oppongono all’ingiustizia delle corporazioni economiche. Nel 2012, mi invitarono per consegnare il premio Chingari a donne che lottano contro l’impianto nucleare di Kudankulam, nello stato indiano di Tamil Nadu.
Nel 1994, venni a sapere che l’uso dell’albero Neem per controllare insetti nocivi e malattie in agricoltura era stato brevettato dal Dipartimento Agricoltura statunitense e dalla multinazionale WR Grace. Lanciammo una “campagna-neem” per sfidare la biopirateria. Più di 100.000 indiani firmarono per dare inizio alla causa legale all’European Patent Office. Unii le mie mani a quelle di Magda Alvoet, presidente dei Verdi Europei e a quelle di Linda Bullard, presidente della Fondazione per l’agricoltura organica. Abbiamo lottato su questo caso per 11 anni. L’8 marzo 2005, nel Giorno Internazionale delle Donne, l’ufficio brevetti europeo ha disconosciuto il brevetto “biopiratato”.

vandana shiva

Perché c’è un trend di donne che guidano movimenti ecologisti contro la deforestazione e l’inquinamento delle acque, contro i rischi tossici e nucleari? In parte, credo, perché nella divisione del lavoro sono le donne ad essere state lasciate ad occuparsi della sussistenza – provvedere cibo, acqua, salute, cura. Quando si tratta della sostenibilità dell’economia, le donne agiscono allo stesso tempo come esperte e provveditrici. Ed anche se il lavoro delle donne nel fornire sussistenza è l’attività umana maggiormente vitale, un’economia patriarcale che definisce l’economia come mercato la tratta come non-lavoro. Il modello patriarcale dell’economia è dominato da una figura, il prodotto interno lordo, che è misurato sulla base di confini produttivi creati artificialmente: se produci quel che consumi, non produci.
Quando le crisi ecologiche create da un paradigma economico ecologicamente cieco conducono alla scomparsa delle foreste e dell’acqua, diffondono malattie derivate da sostanze tossiche e veleni, e di conseguenza minacciano la vita e la sopravvivenza, sono le donne che si sollevano a risvegliare la società rendendola consapevole della crisi, sono le donne che si sollevano a difendere la Terra e le esistenze. Le donne stanno guidando il cambio di paradigma per allineare l’economia all’ecologia. Dopo tutto, entrambe hanno la loro radice nella parola “oikos” – la nostra casa.
Non solo le donne sono esperte di economia di sussistenza. Sono esperte in scienza ecologica tramite la loro partecipazione quotidiana ai processi che forniscono sussistenza. La loro competenza si radica nell’esperienza vissuta e non in conoscenza astratta e frammentata, che non riesce a vedere attraverso le connessioni della rete della vita. Il sorgere della scienza maschilista con Rene Descartes, Isaac Newton, Bacon, condusse al dominio della scienza meccanicistica riduzionista, e al soggiogamento dei sistemi di conoscenza basati sull’interconnessione e le relazioni. Ciò include tutti i sistemi di conoscenza indigeni e la conoscenza delle donne.
La più violenta dimostrazione di scienza meccanicista è la promozione dell’agricoltura industriale, inclusi gli organismi geneticamente modificati come soluzione alla fame e alla malnutrizione. L’agricoltura industriale usa prodotti chimici sviluppati per la guerra come basi di partenza. L’ingegneria genetica è basata sull’idea dei geni come di “molecole padrone” che danno comandi unidirezionali al resto dell’organismo. La realtà è che i sistemi viventi sono auto-organizzati, interattivi e dinamici. Il genoma è fluido.
Mentre tali questioni si muovono al centro dell’attenzione in ogni società, sono le donne che portano le alternative tramite la biodiversità e l’agroecologia che offrono soluzioni reali alle crisi alimentari e nutrizionali. Come ho appreso in oltre trent’anni di costruzione del movimento Navdanya, la biodiversità produce più delle monoculture. Le piccole fattorie familiari basate sulla partecipazione delle donne forniscono il 75% del cibo mangiato nel mondo. L’agricoltura industriale produce solo il 25%, nel mentre usa e distrugge il 75% delle risorse della Terra.
Quando bisogna arrivare a soluzioni reali per i problemi reali affrontati dal pianeta e dalle persone, è nella conoscenza soggiogata e nel lavoro invisibile delle donne, basato sulla co-creazione e la co-produzione, che la natura mostrerà la via all’umana sopravvivenza e al benessere futuro.

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(Tratto dall’intervista radiofonica a Vandana Shiva – ecofemminista, economista, scrittrice – di Robin Morgan – attivista femminista, giornalista, scrittrice – per Women’s Media Center Live, gennaio 2013. Trad. Maria G. Di Rienzo)

 Empowered - Rita Loyd

Robin Morgan: Di recente hai scritto un pezzo straordinario sull’orribile stupro di gruppo a Nuova Delhi e le manifestazioni di protesta, e di come la violenza contro le donne e l’economia siano connesse. (Ndt: di seguito il link all’articolo menzionato)

https://lunanuvola.wordpress.com/2013/01/02/dove-tutto-ha-un-prezzo-e-nulla-ha-un-valore/

Mi piacerebbe che tu parlassi delle questioni che hai sollevato.

Vandana Shiva: Il primo livello a cui la violenza contro le donne ha inizio è nella definizione stessa di economia. Economia significa casa. E’ ciò che le donne definiscono all’interno della casa fisica ma anche il mondo, è ciò che definiscono all’interno del pianeta come casa. Sino a che i principi della gestione economica venivano da questo si concentravano sulla sostenibilità, sulle esistenze, sul dono reciproco. Ovviamente, poi tutte le nostre società hanno conosciuto il patriarcato. Con la globalizzazione del libero commercio la prima cosa che fanno è cacciare a calci il settore principale dell’economia delle donne e tracciare i confini della produzione per calcolare la crescita.

Il prodotto interno lordo (PIL) cresce ogni volta in cui tu tiri fuori qualcosa dalla natura o dall’economia delle donne, e cioè ogni volta in cui distruggi la natura e le vite quotidiane delle donne, distruggi la loro produzione, la loro creatività, e chiami questo “crescita”. Il PIL è stato creato per mobilitare risorse per la guerra ed è diventato il numero dominante imposto al nostro mondo. Io sono stata nominata dal re del Bhutan come membro di un gruppo di esperti creato perché il PIL è una misurazione sbagliata. Il re dice che dovremmo guardare al benessere della nostra gente, calcolando la felicità interna lorda.

In questo momento, la crescita misurata come PIL sta già collassando in tutto il mondo. E’ crollata con Wall Street. Sta crollando in Europa proprio di fronte ai nostri occhi. E crollerà in India fra pochi anni. Come puoi sostenere una crescita dell’8/9% escludendo le donne, che sono la spina dorsale primaria dell’economia? Questa è la prima violenza.

La seconda violenza è nei termini di come si prendono le decisioni e nella politica. In così tanti dibattiti sentiamo dire: “Non possiamo mischiare politica ed economia.” Ma ogni volta in cui prendono una decisione all’interno di un modello patriarcale di economia, è politica. E’ una politica che di base dice: “Solo le corporazioni economiche contano, solo i potenti contano, e noi cambieremo il senso della democrazia: Dal popolo, del popolo, per il popolo diventerà Dalle corporazioni, delle corporazioni, per le corporazioni.

La convergenza del potere economico e politico va oltre l’esclusione delle donne, perché crea una classe immune e impunita, che può agire tutti i livelli di violenza, cambiare leggi, rimuovere protezioni. C’è stupro ad ognuno di questi livelli: stupro della Terra, stupro delle risorse, stupro dell’economia e stupro di donne.

E’ questo che sta alla base del nuovo modello liberista: tutto è merce. Tutto è proprietà. Tutto ha un prezzo e nulla ha valore. Aggiunto ai patriarcati tradizionali delle società ha creato una specie di super-virus patriarcale. Quando due virus si ibridano, cominciano ad uccidere. Il modello economico patriarcale sta diventando la forza dominante nelle nostre società: le società sono state ridotte all’economia, l’economia è stata ridotta al mercato, il mercato è stato ridotto a ciò che è controllato dalla finanza e dalle corporazioni. E se tutto quello che mostri delle donne è donne come merci, in vendita come merci, che vendono altre merci, tali immagini distorcono ulteriormente mentalità già danneggiate.

 love work

Robin Morgan: Cosa possiamo fare per rovesciare questa enormità? Per farti un esempio, a me è sempre sembrato assurdo che una donna, diciamo, alla quindicesima ora di travaglio sia considerata “non produttiva”; il personale medico e paramedico è considerato produttivo, perché è stipendiato, ma la donna che sta mettendo al mondo un bimbo non viene vista come impegnata in un’azione produttiva.

Vandana Shiva: Penso che quello sia l’errore fondamentale. Tutto quello che riempie è trattato come non produttivo, tutto quel che degrada e consuma è trattato come produzione, come se gli atti di distruzione fossero azioni creative della produzione. Le vere azioni creative della natura, delle donne nella loro grande diversità e straordinaria abilità nel maneggiare 50 lavori e 50 responsabilità, la loro intera economia è trattata come non produttiva. Questo, penso, è il passaggio più importante che dobbiamo intraprendere.

Come sai, Robin, io vengo da quella parte dell’Himalaya dove le donne sono riconosciute come principale forza produttiva. Vanno a lavorare nelle foreste e non subiscono stupri, come invece accade non appena ti sposti nelle pianure, dove le donne non sono più considerate produttive. Quando io e mia sorella, la dottoressa Meta Shiva, stavamo studiando il feticidio femminile, abbiamo visto che, sulla mappa, le zone in cui la crescita economica in termini patriarcali era più alta erano quelle con i livelli parimenti più alti di sterminio di bambine: a cinquanta milioni di femmine non è stato permesso nascere negli ultimi decenni.

La risposta a quel che successo a Delhi è splendida per molte ragione, ma la prima è che finalmente la nuova generazione di donne è uscita allo scoperto. La generazione più giovane era assente dai movimenti sociali, specialmente quella appartenente alla classe media: si vedevano come consumatrici individuali e la società non gli importava più di tanto. Lo stupro ha ricordato loro che non importa quanto gli sembri di andar bene con la globalizzazione: poteva capitare ad ognuna, mentre tornava dal suo lavoro tecnologico o dal call center.

La seconda differenza è che gli uomini giovani si sono uniti al movimento delle donne. Penso sia la prima volta da tanto tempo che emerge una solidarietà generazionale. Tutti questi giovani coraggiosi, femmine e maschi, sono stati picchiati, spruzzati di gas lacrimogeno e inzuppati dai cannoni ad acqua e hanno capito che lo stato è militarizzato, che lo stato in se stesso è un’istituzione patriarcale. Ci vorrà tempo, ma nuove connessioni hanno iniziato a germogliare e il cambiamento che produrranno sarà grande.

Robin Morgan: E’ molto incoraggiante. Quando guardo alle cose su scala globale, confesso di guardare alle donne non solo perché siamo la maggioranza e ciò permette strategie maggiormente pacifiche, nuove, ingegnose, ma anche perché non c’è un’area che non sia di competenza delle donne. Noi fluiamo dappertutto non appena si danno le connessioni. Io vedo il movimento globale delle donne come la politica del 21° secolo.

Vandana Shiva: Stiamo vivendo in un periodo di collasso di tutti i sistemi patriarcali. Il collasso dell’economia finanziaria che hanno costruito, il collasso degli ecosistemi che hanno stuprato. Le Nazioni Unite hanno stimato che il 90% degli ecosistemi sono sull’orlo del collasso. In questo momento, è il principio creativo delle donne che può funzionare, per la semplice ragione che sono state lasciate ad occuparsi delle cose reali che accadono nella vita, delle questioni che sono veramente importanti. Per cui portano un’altra visione del mondo, un’altra mentalità, altre capacità e abilità: è per questo che dirigo un’università di nonne nella nuova scuola che ho creato a Dehradun. Si chiama l’Università della Terra. http://www.navdanya.org/earth-university

Robin Morgan: Mi piace!

Vandana Shiva: Ghandi diceva sempre questa preghiera: “Rendimi più simile a una donna”. Se c’è un futuro per l’umanità è un futuro a forma di donna. Io vado in Europa e questi giovani uomini vengono a portarmi i miei libri da firmare e dicono: “Sono un ecofemminista, dottoressa Shiva.” Per me questo è un passaggio enorme, di svolta.

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(“How Violent Economic ‘Reforms’ Contribute to Violence Against Women”, di Vandana Shiva per Al Jazeera, 1.1.2013, trad. Maria G. Di Rienzo. Vandana Shiva è un’ecofemminista, attivista per la biodiversità e i diritti dei contadini, vincitrice del Premio Nobel Alternativo – Right Livelihood Award – nel 1993, autrice di oltre 20 libri e 500 dissertazioni accademiche, fondatrice della “Fondazione per la ricerca nella scienza, la tecnologia e l’ecologia”.)

La coraggiosa vittima dello stupro di gruppo di Delhi ha tratto il suo ultimo respiro il 30 dicembre 2012. Questo articolo è un tributo a lei e alle altre vittime della violenza contro le donne. (nota introduttiva dell’Autrice)

 vandana shiva

La violenza contro le donne è vecchia quanto il patriarcato, ma si è intensificata ed è divenuta più pervasiva nel passato recente. Si è volta a forme più brutali, come nella morte della vittima dello stupro di gruppo di Delhi e nel suicidio della 17enne vittima di stupro a Chandigarh.

I casi di stupro e di violenza sono cresciuti durante gli anni. Il National Crime Records Bureau (NCRB) registrava 10.068 casi di stupro nel 1990, che sono aumentati a 16.496 nel 2000. Con la cifra di 24.206 nel 2011, i casi di stupro fanno un incredibile balzo del 873% dal 1971, quando l’NCRB cominciò a registrarli. New Delhi è emersa come la “capitale dello stupro dell’India”: vi accadono il 25% dei casi.

Il movimento per fermare questa violenza deve essere sostenuto sino a che giustizia sarà fatta per ciascuna delle nostre figlie e sorelle che è stata violata. E mentre intensifichiamo la nostra lotta perché le donne abbiano giustizia, dobbiamo anche chiederci perché i casi di stupro sono aumentati del 240% a partire dagli anni ’90, quando le nuove politiche economiche furono introdotte. Abbiamo necessità di esaminare le radici della crescente violenza contro le donne.

Può esserci una connessione fra la crescita di politiche economiche violente, imposte in modo non democratico e ingiuste, e la crescita dei crimini contro le donne? Io credo ci sia.

In primo luogo, il modello economico che si concentra in modo miope sulla “crescita” comincia con la violenza contro le donne, non tenendo in conto il loro contributo all’economia. Più il governo parla, sino alla nausea, di “crescita inclusiva” e di “inclusione finanziaria”, più esclude i contributi delle donne all’economia e alla società.

Secondo i modelli economici patriarcali, la produzione per il sostentamento vale come “non-produzione”. La trasformazione del valore in disvalore, del lavoro in non-lavoro, della conoscenza in non-conoscenza, si ottiene tramite il numero più potente che governa le nostre vite, il costrutto patriarcale detto “Prodotto Interno Lordo” (PIL), che molti commentatori hanno cominciato a chiamare “Problema Interno Lordo”. I sistemi contabili nazionali che sono usati per quantificare la crescita come PIL sono basati sull’assunto che se i produttori consumano ciò che producono, in effetti non hanno prodotto per nulla, perché si situano fuori dai confini dell’area produttiva.

L’area produttiva è una creazione politica che lavora per escludere da sé i cicli di produzione che implicano rigenerazione e rinnovo. Perciò, tutte le donne che producono per le loro famiglie, per i loro bambini, per le loro comunità e società, sono trattate come “non-produttive” e “inattive economicamente”. Quando le economie sono confinate nel mercato, l’autosufficienza economica è percepita come deficienza economica. La svalutazione del lavoro delle donne, e del lavoro fatto nelle economie di sussistenza del Sud, è il risultato naturale di confini di produzione costruiti dal patriarcato capitalista.

Restringendosi ai valori dell’economia di mercato, così come definita dal patriarcato capitalista, i confini della produzione ignorano il valore di due vitali economie che sono necessarie alla sopravvivenza ecologica e umana. Nell’economia della natura e nell’economia di sussistenza, il valore economico è una misura di come la vita della Terra e la vita umana sono protette. La sua moneta corrente sono i processi che danno la vita, non il denaro o il prezzo di mercato.

In secondo luogo, un modello di patriarcato capitalista che esclude il lavoro e la creazione di ricchezza fatti dalle donne, approfondisce la violenza cacciando le donne dagli ambienti naturali da cui dipendono le loro vite: le loro terre, le loro foreste, la loro acqua, i loro semi, la loro biodiversità. Riforme economiche basate sull’idea di una crescita illimitata in un mondo limitato possono essere mantenute da un potere che si appropria delle risorse di chi è vulnerabile. L’arraffamento delle risorse che è essenziale per la “crescita” crea una cultura dello stupro: lo stupro della Terra, delle economie locali autosufficienti, delle donne. L’unico modo in cui questa “crescita” è “inclusiva” è che include numeri sempre più grandi nei suoi cerchi di violenza.

Ho ripetuto più volte che lo stupro della Terra e lo stupro delle donne sono intimamente connessi, sia metaforicamente nel dare forma a visioni del mondo, sia materialmente nel dare forma alle vite quotidiane delle donne. La sempre più profonda vulnerabilità economica delle donne le rende più vulnerabili ad ogni forma di violenza, incluse le aggressioni sessuali, come abbiamo scoperto durante una serie di udienze pubbliche relative all’impatto delle riforme economiche sulle donne, organizzate dalla Commissione nazionale sulle donne e dalla Fondazione per la ricerca nella scienza, la tecnologia e l’ecologia.

In terzo luogo, le riforme economiche tendono a sovvertire la democrazia e a privatizzare i governi. Il governo parla di riforme economiche come se esse non avessero nulla a che fare con la politica e il potere. Parlano di tenere la politica fuori dall’economia, anche nel mentre stanno imponendo un modello economico a cui danno forma le politiche specifiche per genere e classe. Le riforme neoliberiste lavorano contro la democrazia. Le riforme guidate dalle corporazioni economiche creano una convergenza di potere economico e politico, approfondendo le diseguaglianze e la crescente separazione tra la classe politica e la volontà del popolo che si suppone essa rappresenti. Questa è la radice della sconnessione fra i politici e l’opinione pubblica, di cui qui abbiamo fatto esperienza durante le proteste contro lo stupro di gruppo di Delhi.

Peggio ancora, una classe politica alienata ha timore dei suoi cittadini. Questo spiga l’uso della polizia per schiacciare le proteste nonviolente che abbiamo testimoniata a Nuova Delhi, le torture e gli arresti (Sori Sori a Bastar, Dayamani Barla a Jharkhand), le migliaia di violenze contro le comunità che lottano per non avere una centrale nucleare a Kudankulam. Uno stato privatizzato dalle corporazioni economiche deve giocoforza diventare rapidamente uno stato di polizia. Perciò i politici devono circondarsi di sicurezza al massimo livello, distogliendo le forze dell’ordine dai loro compiti di protezione dei cittadini ordinari e delle donne.

In quarto luogo, il modello economico del patriarcato capitalista si basa sulla mercificazione di tutto, donne incluse. Quando fermammo i lavori del WTO ministeriale a Seattle, il nostro slogan era: “Il nostro mondo non è in vendita”. Un’economia “liberalizzata” che deregolarizza il commercio, privatizza e mercifica semi e cibo, terre e acqua, donne e bambini, rinforza il patriarcato ed intensifica la violenza contro le donne. I sistemi economici influenzano le culture e i valori sociali. Un’economia di mercificazione crea una cultura di mercificazione, dove tutto ha un prezzo e nulla ha un valore. La crescente cultura dello stupro è l’esternalizzazione sociale delle riforme economiche. Dobbiamo tenere udienze pubbliche istituzionalizzate per le politiche neoliberiste, che sono lo strumento centrale del patriarcato nella nostra epoca. Se vi fossero state udienze pubbliche di chi lavora nel nostro settore dei semi, 270.000 contadini non si sarebbero suicidati in India, come invece è avvenuto sin da quanto le nuove politiche economiche sono state introdotte. Se vi fossero state udienze pubbliche di chi lavora sul cibo e in agricoltura, non avremmo un Indiano su quattro che ha fame, una donna indiana su tre malnutrita, e un bambino su due perduto o devastato a causa della denutrizione. L’India, oggi, non sarebbe la Repubblica della Fame di cui ha scritto Utsa Patnaik.

La vittima dello stupro di gruppo a Delhi ha innescato una rivoluzione sociale. Dobbiamo sostenerla, approfondirla, espanderla. Dobbiamo chiedere che la giustizia per le donne sia più veloce e più efficace, che i processi condannino rapidamente i responsabili di crimini contro le donne. Dobbiamo assicurarci che le leggi cambino, di modo che la giustizia non sia così elusiva per le vittime di violenza sessuale. Dobbiamo continuare a chiedere che vengano resi noti i politici che hanno precedenti penali. E mentre facciamo tutto questo, dobbiamo cambiare il paradigma vigente che ci viene imposto in nome della “crescita” e che sta alimentando i crimini contro le donne. Mettere fine alla violenza contro le donne include il muoversi oltre l’economia violenta formata dal patriarcato capitalista, verso le economie pacifiche e nonviolente che rispettano le donne e la Terra.

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