Feeds:
Articoli
Commenti

Posts Tagged ‘tolkien’

(tratto da: “Demanding the Impossible: Walidah Imarisha Talks About Science Fiction and Social Change”, una più ampia intervista di Kristian Williams, 13 aprile 2015, trad. Maria G. Di Rienzo.

Vi ricordate di Walidah Imarisha, vero? https://lunanuvola.wordpress.com/2013/12/15/la-prole-di-octavia/ )

Prima di essere una poeta, una giornalista, una documentarista, un’attivista nelle prigioni e un’istruttrice al college, Walidah Imarisha era affascinata dai Klingon e dagli Elfi. Lo è ancora.

“La prole di Octavia”, una nuova antologia edita da Imarisha e dalla studiosa di fantascienza, scrittrice e facilitatrice Adrienne Maree Brown, raccoglie i racconti di 23 attivisti e organizzatori politici. Costoro usano fantascienza, fantasy e horror per riflettere sulle esperienze relative all’oppressione, le sfide poste dalla resistenza e la possibilità di nuovi mondi basati sulla giustizia.

All’inizio di aprile, poco prima dell’uscita ufficiale del libro, Imarisha ed io ci siamo seduti insieme a parlare delle connessioni fra fantascienza e attivismo.

octavia's brood

Perché la fantascienza?

WALIDAH IMARISHA: La fantascienza è l’unico genere letterario che non solo ti permette di lasciare da parte tutto quel che ti è stato insegnato come “realistico”, ma in effetti richiede tu lo faccia. In questo modo ti consente di muoverti oltre i confini di quel che è realistico e quel che è reale, nel regno nell’immaginazione: il che è, invero, quanto gli organizzatori fanno ogni singolo giorno. Tutto il lavoro organizzativo è fantascienza. Quando gli organizzatori immaginano un mondo senza povertà, senza guerra, senza confini o prigioni – quella è fantascienza. Essere capaci di sognare collettivamente questi nuovi mondi significa che possiamo cominciare a crearli, qui.

Cosa può dirci il femminismo della fantascienza? In particolare sulle convenzioni del genere e il modo in cui le storie sono narrate? In che modo la fiction “visionaria” ci aiuta a comprendere il femminismo, in particolare?

WALIDAH IMARISHA: In maggioranza, le persone che sono state coinvolte in questo processo, e che amavano la fantascienza prima di essere coinvolte, si sono sempre sentite marginalizzate. Intendo, io sono cresciuta come una secchiona. Mi piace ancora Star Trek. Ho passato fin troppo tempo ad imparare nomi di pianeti e linguaggi che non esistono in alcun contesto utile. Pure, quei mondi non erano creati da me, non mi comprendevano. Avevo ben chiari i limiti della fantascienza mainstream nella sua capacità di interagire con le complessità della mia identità o con il fatto che gente come me riuscisse a vivere nel futuro.

Penso sia per questo che Octavia Butler e altri scrittori di sf che hanno infuso nei loro lavori un senso di giustizia e scritto dal punto di vista della gente di colore siano così importanti: perché hanno operato un mutamento nel modo in cui guardiamo a noi stessi.

La prima volta in assoluto in cui ho visto una persona nera in un libro di fantascienza l’ho dovuta a “Kindred” di Octavia Butler. Sono una liceale in una libreria dell’usato e fisso questa copertina su cui ci sono due volti di donne nere che si incrociano… era la prima volta in cui vedevo persone che mi assomigliavano sulla copertina di un libro di fantascienza. Ho pensato: Non ho bisogno di leggere il riassunto in quarta, questo lo compro, ovviamente e intendo leggere qualsiasi altra cosa l’autrice abbia scritto!

Riguarda il dare alle persone il potere di scrivere se stesse nella storia. Sfidare l’idea che solo determinate persone sono abilitate a creare la narrativa su cosa sarà il futuro è anche sfidare l’idea che solo determinate persone abbiano la capacità di costruirlo, o di immaginare come le nostre vite dovrebbero essere strutturate.

Uno dei princìpi della fiction visionaria è rendere centrali le persone che sono state marginalizzate. Tu sai che la stragrande maggioranza dei personaggi creati da Octavia Butler sono giovani donne di colore. Quando noi guardiamo attraverso gli occhi di persone con identità intersezionali – razza, genere, nazionalità, abilità – non solo spostiamo il modo in cui guardiamo il mondo, ma trasformiamo questo modo completamente. E trasformiamo anche ciò che crediamo essere liberazione.

Per me, come femminista, questa è una convinzione di base: il muovere le persone che sono state marginalizzate al centro della scena, non per poterle assimilare all’esistente struttura oppressiva di potere, ma in modo da guardare alla liberazione tramite nuovi occhi. Il racconto di Leah Lakshni Piepzna-Samarasinha nella nostra antologia, “Bambini che volano”, è uno straordinario esempio di ciò. L’idea di fondo è che ci sono questi sopravvissuti al trauma, per lo più sopravvissuti ad abusi sessuali patiti da bambini, e stanno attraversando un processo dissociativo – il che, come ci viene detto, è un problema, giusto? Qualcosa su cui tu ti devi impegnare, per curarlo, qualcosa per cui devi andare in terapia. Ma la storia, invece di dire che queste donne di colore, queste persone transessuali, sono “rotte”, suggerisce che la loro capacità di uscire dai corpi è finalizzata ad unire le loro energie per cominciare a guarire questo “rotto” mondo. Penso sia una rilettura incredibilmente potente.

La questione identitaria è davvero centrale a molti dei racconti. Ma queste storie sono anche destabilizzanti delle stesse identità che narrano: costringono il lettore a riflettere davvero sul modo in cui razza e genere sono costruiti. Perciò, portano l’attenzione sull’idea di identità ma la mettono anche in discussione. Era parte del progetto iniziale o è risultato così per via delle persone a cui hai chiesto di scrivere i racconti?

WALIDAH IMARISHA: Penso sia parte di quel che significa avere organizzatori, attivisti, agenti del cambiamento, che scrivono queste storie: sono persone che hanno le loro radici nell’idea di costruire nuovi mondi. Vedono le complessità perché le vivono. Una cosa è leggere sul giornale della brutalità della polizia e pensare di scriverci su una storia, un’altra è essere sul territorio, organizzarsi, andare a una dimostrazione, confrontarsi con la polizia, lavorare con i familiari di chi ha subìto la violenza della polizia. Ciò ti fornisce una cornice che ha più sfumature, è più complessa e vera, e nei termini della costruzione di un nuovo mondo è più “utile”.

Molti degli autori sono persone che vivono nelle intersezioni delle identità: donne queer di colore, giovani con disabilità, molte identità multiple allo stesso tempo. Perciò riconoscono che il modo semplicistico in cui noi parliamo delle identità – razza o genere o sessualità – non funziona. Le categorie suddette sono dinamiche e interattive e questo conferisce la capacità di essere visionari.

astronaute

Una delle persone che ha contribuito al progetto del libro, Morrigan Phillips, ha creato un seminario dal titolo “Fantascienza e organizzazione di azioni dirette”. Prende dei mondi esistenti nella letteratura fantastica, come Oz o Mordor, e ti chiede di scegliere le persone marginalizzate al loro interno, di creare uno scopo per esse e di sviluppare azioni dirette per raggiungere tale scopo. E’ il seminario più divertente del nostro pianeta, e anche di qualsiasi altro pianeta! Ti trovi con le scimmie volanti di Oz che reclamano il diritto al ritorno, perché sono state portate via dalla loro terra natale. E ti trovi con i combattenti Uruk-hai a Mordor che si sollevano contro i loro padroni schiavisti, o con il Fronte di Liberazione degli Elfi che crea corsi di istruzione politica.

Certo molti di questi mondi fantastici sono “problematici”, ma questo non significa che dobbiamo gettarli da parte. Se abbiamo investito del tempo in essi, vuol dire che per qualche ragione ci hanno parlato. Per cui sì, Star Trek ha come sfondo una forza militare che sta colonizzando l’intera galassia, è assolutamente problematico e io – santo cielo – ho imparato la lingua dei Klingon. Il nostro punto di vista al proposito è rendere le persone legittimate a interagire con questi mondi, a ri-visualizzarli e reinterpretarli in modo da rispondere ad essi e sovvertirli. E, di converso, l’altro lato della faccenda è sentirsi abbastanza potenti da creare cambiamenti.

Noi nei movimenti radicali spesso lottiamo “contro” qualcosa invece di costruire qualcosa d’altro. E dobbiamo certamente fare ciò, ma non vogliamo neppure consumare l’intera nostra energia nella semplice sfida all’esistente. Dobbiamo coltivare la nostra capacità di sognare quel che sarà, e renderlo reale. Questo è il modo in cui tutti i cambiamenti più significativi sono avvenuti.

Read Full Post »

battaglia dei cinque eserciti

“Salve, sono Aragorn, figlio di Gilraen, figlia di Ivorwen.” Che? Un momento. Non vi suona proprio “giusto”, vero? Di solito ne “Il Signore degli Anelli” e “Lo Hobbit” la tiritera di presentazione è: “Sono Tizio, figlio di Caio.” (più, eventualmente, “figlio di Sempronio”).”

Nicole Cliffe ha dato inizio ad un trend che potremmo chiamare “figli/figlie di mamma nell’universo tolkeniano” con il pezzo intitolato “How Tolkien Characters Would Introduce Themselves in a Matriarchal Society” (The Toast, 2014), e cioè: “Come i personaggi di Tolkien presenterebbero se stessi in una società matriarcale”.

Alcune battute, tradotte, perdono la carica comica e ho dovuto tralasciarle. Altre ho dovuto adattarle perché mantenessero il senso originario. Comunque, mentre i fans aspettano la premiere de “La battaglia delle cinque armate” – 1° dicembre, Londra, Leicester Square – e quelli italiani in particolare aspettano l’uscita del film nei nostri cinema il 17 dicembre, non ci fa male sorridere un po’ su questo straordinario mondo fantastico che io anch’io amo molto. Maria G. Di Rienzo

“Salve, sono Celeborn, ma potete chiamarmi Di-Galadriel.”

“Salve, sono Legolas, figlio di un’elfa talmente straordinaria da aver reso Thranduil eterosessuale per una notte.”

Un piccolo Legolas con il babbo

Un piccolo Legolas con il babbo

“Salve, sono Boromir, figlio di Finduilas. Quando la mamma morì, papà divenne cupo, strambo e inefficente come leader: agli uomini capita spesso.”

“Salve, sono Shelob, figlia di Ungoliant. Mia madre si mangiò la luce dei due alberi che illuminavano il mondo, ma io mi accontenterò di mangiare te.”

“Salve, sono Tauriel, un concentrato di tensione da arciera e sensualità elfica, figlia di Peter Jackson e George Lucas. Sono la sorellastra di Azog, l’orco albino, una creatura nata fuori dal vincolo matrimoniale dei suddetti. Ne’ io ne’ lui abbiamo madri degne di nota, perché non si poteva stiracchiare Tolkien fin là.”

“Salve, sono (a scelta)… Gimli Gloin Thorin Ori Dori Nori Oin Dwalin Fundin Balin Bifur Bofur Bombur Dain… figlio di una nana così eccelsa e riverita che è proibito ripetere il suo nome.”

Thorin, al centro, con il fratello e la sorella

Thorin, al centro, con il fratello e la sorella

(parlando ad Aragorn) “Il mio nome è Éowyn, figlia di Théodwyn. Io non scambio chiacchiere inutili con gli uomini. Togliti di mezzo o ti toglierà di mezzo la mia spada. Se più tardi dovessi decidere di divertirmi con il tuo corpo, te lo farò sapere. Per il momento, puoi dormire nelle stalle.”

(riscrittura del dialogo cinematografico fra Éowyn e Aragorn in “Le Due Torri”)

Aragorn: Non temo la morte.

Éowyn: E cosa temi?

Aragorn: Essere castrato dalle amazzoni di Rohan!

Éowyn: Tu sei uno scudiero di Gondor. Ho bisogno di tenerti qui attorno per la riproduzione e altri servizi. Non penso che quello sarà il tuo fato.

E per finire… “Sauron. E Morgoth. Senza mamma. Niente di buono viene dagli uomini che si riproducono da soli, Iluvatar.”

Read Full Post »

fra le pagine di un libro molto noto.

(di Michelle Nijhuis, in The Last Word On Nothing, 18 dicembre 2013, trad. Maria G. Di Rienzo)

Bilbo femmina

La mia bimba di cinque anni insiste a dire che Bilbo Baggins è una femmina.

La prima volta in cui ha detto questa cosa, ho protestato. Parte del divertimento del leggere ai tuoi figli, dopotutto, è condividere le storie che hai amato da piccola. E nella storia che io conoscevo, Bilbo era un maschio. Un maschio hobbit. (Qualsiasi cosa ciò comporti.)

Ma mia figlia era decisa. La storia le era piaciuta sino a quel punto, ma Bilbo era certamente una femmina. Perciò, potevo per favore cominciare a leggere il libro nel modo giusto?

Ho esitato. Ho immaginato Tolkien rivoltarsi nella tomba. Ho immaginato lettere sprezzanti provenire dai suoi colti agenti. Ho immaginato la storia perdersi in distinzioni di genere come si persero i Nani nel Bosco Atro.

Poi ho pensato: e che diavolo, è solo un pronome. Mia figlia vuole che Bilbo sia femmina, e femmina sarà. E volete saperlo? Il cambio è stato facile. Bilbo è risultata un’eroina grandiosa. E’ tenace, piena di risorse, umile, divertente, e usa la sua astuzia per fuggire con un gioiello spettacolare. Cosa forse più importante di tutte, il suo genere non è una questione per lei – e per nessun altro.

Nonostante quella che sembra una profusione di eroine, nei libri per bambini, le femmine sono ancora sottorappresentate. Uno studio del 2011 su 6.000 libri per l’infanzia pubblicati fra il 1900 e il 2000 ha mostrato che solo il 31% di essi ha personaggi centrali di sesso femminile. Sebbene la disparità sia scesa in anni recenti, persiste: particolarmente, ed è interessante, nei personaggi che sono animali. E molti dei libri con ragazze protagoniste si svolgono in mondi dominati dagli uomini, popolati da medici maschi e contadini maschi e madri che devono chiedere ai padri i soldi per il droghiere (Richard Scarry, è a te che sto guardando). Lo sbilanciamento è persino peggiore nei film per bambini: l’Istituto su Genere e Media fondato da Geena Davis ha trovato che per ogni personaggio femminile, nei film recenti di questo tipo, ci sono tre personaggi maschili. Le scene in cui è presente una folla vedono quest’ultima femminile al 17%.

Più insidiosamente, i libri per l’infanzia con femmine protagoniste celebrano le loro eroine per difetto. Non è fantastico che una ragazza faccia certe cose, sembrano dire, implicando che queste eroine sono un’eccezione deviante al loro genere, non un’ispirazione da seguire per chi legge. Ironicamente, persino i media benintenzionati possono introdurre alle barriere di genere i loro più giovani ascoltatori e spettatori: la prima volta in cui mia figlia ha sentito il favoloso album “Free to Be… You and Me” (Liberi di essere… Tu ed Io), mi ha chiesto: Perché per i ragazzi non va bene piangere?

Perciò, Bilbo femmina con il suo buonsenso è stata stimolante. Con un colpo della mia bacchetta magica ho trasformato anche Gandalf in una femmina, con simili felici risultati. E ho cominciato a giocare con altri libri, su personaggi principali o personaggi minori, su richiesta o no. Amiche e amici mi dicono di fare trucchi simili quando leggono storie ai loro figli e figlie: le donne che lavorano nei campi non sono “le mogli dei contadini” ma le “contadine”. Personaggi animali maschi diventano femmine e viceversa. La Bella Addormentata va all’Università. I loro bambini, maschi e femmine, possono ascoltare storie di un mondo che è pieno di donne com’è pieno di donne quello reale – e libero da stereotipi quanto vorremmo lo fosse il nostro. La letteratura per l’infanzia si adeguerà ai nostri figli, presumibilmente, ma non abbiamo bisogno di aspettare che lo faccia.

Mia figlia potrebbe dimenticare tutto delle eroine e degli eroi che ha contribuito a creare. Ma potrebbe anche non dimenticare. Io spero che fra anni, quando avrà la possibilità di imbarcarsi nel proprio “viaggio inaspettato”, ricorderà la storia di Bilbo: e sarà un po’ più incline a rispondere “Sì”.

Read Full Post »

Non mi piace l'omogeneizzato di Nano!

Non mi piace l’omogeneizzato di Nano!

perchè ogni tanto ho bisogno di sognare.

(“My Invisible Dragon”, di Kenn Nesbitt, scrittore di poesie e filastrocche per bambini – io ho contato 15 sue raccolte, ma potrebbero essercene di più.)

Ho un drago femmina invisibile.

E’ una così eccellente volatrice.

S’innalza nel cielo grazie ad ali invisibili

esalando invisibile fuoco.

La mia drago femmina è completamente silenziosa.

Senza far rumore volteggia nell’aria.

Be’, potrebbe star volando dietro di te proprio adesso,

e tu non accorgerti mai che lei è là.

E se tu volessi provare a coccolarla,

non penso che noteresti granché.

Il suo corpo è semplicemente troppo aereo e leggero

per essere percepito tramite un tocco.

scultura di sabbia

E proprio come non la vedi o non la senti,

e proprio come non può essere percepita,

la mia drago femmina non ha alcun odore,

il che significa che non sarà mai fiutata.

Sebbene tu possa trovare questo stravagante,

devi credermi, è vero.

E, tra l’altro, ti ho già detto

che ho anche un invisibile unicorno?

drago rosso

http://www.youtube.com/watch?v=7gphiFVVtUI

Estas Tonne – The Song of the Golden Dragon (La canzone del drago d’oro)

E la canzone del Drago, così selvaggia e forte

cadde dal cielo come pioggia sulla mia anima,

la quale, finalmente nutrita,

fiorì di una gioia che le parole non sanno esprimere

laddove un tempo vi era un’arida pianura.”

(da “Song in the Silence”, di Elizabeth Kerner)

Smaug

E questo è Smaug. Sì, ho visto il 2° film della trilogia Hobbit di Peter Jackson. Purtroppo ho cominciato a sonnecchiare dalla noia all’ennesima performance guerriera di Legolas, l’elfo micho-macho di Bosco Atro… (Attenzione, spoiler!) La statua d’oro dei Nani fatta fondere addosso ad un drago è pietosa, ma Smaug che si avvita nel cielo, liberandosi dalla “glassa” in mille briciole luminose è splendido, come un grande respiro incantato. Quando subito dopo dice di essere “fuoco e morte” neppure gli credi. Maria G. Di Rienzo

http://www.youtube.com/watch?v=GnyqkBCahP0

Dawn Mist (Bruma dell’alba)

Read Full Post »

(tratto dall’intervista a Richard Armitage di Elle Morris, per New York Moves, 16 novembre 2013. Richard recita come Thorin Scudodiquercia nella trilogia de “Lo Hobbit”. Trad. Maria G. Di Rienzo.)

Richard Armitage

Quando gli chiedo se la violenza nei film e in altri spettacoli di intrattenimento è in parte da biasimare (Ndt.: per la violenza nel quotidiano), la risposta di Richard è ferma: “Sì.”

Sono sempre molto, molto conscio al proposito, qualsiasi cosa io faccia. Ho partecipato ad uno show “militare”, chiamato “Strike Back”, che Cinemax farà vedere nell’autunno di quest’anno, ma una cosa che ho detto loro all’inizio, prima di firmare il contratto, è stata: “Non voglio un’immagine di me con una pistola su un poster. Vi darò qualsiasi altra cosa, ma non voglio un’arma in mano.” Non nego che può essere eccitante, come attore, sparare con un’arma, ma quando si tratta di raccontare una storia… Lo Hobbit, per esempio. Peter Jackson aveva sempre questa discussione con i disegnatori e gli attori, dicendo che non puoi svendere la violenza. Dev’essere scioccante e violenta come realmente è, ma non puoi glorificarla, o renderla sexy, o desiderabile.

Al fine di mostrare la violenza in modo meno quotidiano e domestico, il team dei disegnatori de Lo Hobbit si è assicurato che le armi usate avessero un aspetto molto differente da ogni oggetto che si può avere in casa.”

Thorin

Read Full Post »

Sulla maglietta: Alcune persone sono gay. Fattene una ragione.

Mentre aspettiamo di rivederlo al cinema il mese prossimo, nei panni di Gandalf il Grigio, Sir Ian McKellen sta facendo un giro di conferenze nelle scuole britanniche per contrastare il bullismo, con annesso video. L’associazione “Stonewall” per i diritti delle persone lgbt, di cui McKellen è co-fondatore, ha infatti prodotto un video in cui l’attore funge da voce narrante che cuce insieme le testimonianze di alcuni/e adolescenti. Le ragazze e i ragazzi raccontano degli atti di bullismo che hanno subito e di come tale esperienza li abbia devastati, lasciandoli isolati, depressi, ansiosi, rabbiosi, desiderosi di farsi del male. E la voce di McKellen recita: “Più della metà degli/delle studenti lesbiche, gay e bisessuali hanno subito bullismo a scuola. Il 56% delle giovani persone omosessuali ha tentato deliberatamente di ferirsi. Circa un quarto di essi hanno tentato il suicidio.”

E come nota un ragazzo nel video: “Gli insegnanti non reagiscono. Sembra che sentano di non essere attrezzati per risolvere il problema.” Dar loro gli attrezzi affinché non restino a guardare è proprio lo scopo della campagna di Stonewall, che porta a parlare nelle scuole persone gay famose come Ian McKellen.

“Nulla nella vita è più importante, per me, dell’aiutare le giovani persone omosessuali a capire che hanno giorni migliori davanti a loro. – ha dichiarato l’attore – Sono fiero che sia proprio Stonewall, un’associazione che io ho contributo a creare per contrastare l’omofobia legalizzata, a guidare questa lotta nelle scuole inglesi dove il bullismo omofobico rovina la vita di tante ragazze e tanti ragazzi. E’ un privilegio il poter giocare un piccolo ruolo nel mettere fine a tutto questo.”

Personalmente trovo McKellen straordinario, come uomo e come attore, e ammetto che per quanto non sia entusiasta della scelta del regista Peter Jackson di trarre ben tre film da un unico libro, “Lo Hobbit”, sarò felice di rivederlo come Gandalf nella prima pellicola che esce il 14 dicembre prossimo. E voi bulli state in campana: lo sapete o no che “gli Stregoni sono astuti e suscettibili”? Maria G. Di Rienzo

Read Full Post »