Kazuna Yamamoto, in immagine, ha 21 anni e studia relazioni internazionali (scienze politiche) alla International Christian University di Tokyo. Nello scorso dicembre, la rivista settimanale “Spa!” ha pubblicato un servizio che consisteva nella classifica di cinque università giapponesi basata su questo criterio di “eccellenza”: quanto ci vuole a convincere, durante feste e festini con alcolici, le studentesse di ciascun ateneo a fare sesso. L’articolo ha avuto “grande diffusione”, dice il resto della stampa.
Kazuna ha risposto con una petizione online che chiedeva la rimozione del pezzo e che ha ricevuto 40.000 firme in sei giorni. Questa settimana la casa editrice della rivista si è “scusata”, sostenendo che stava solo cercando di sottolineare una sorta di “fenomeno sociale” per cui gli uomini sono disposti a pagare le universitarie affinché partecipino alle loro allegre bevute e che, nel farlo, ha probabilmente usato termini “non corretti”. Un suo portavoce si è detto persino disposto a incontrare Kazuna Yamamoto – non sappiamo se per chiederle quanto vuole per andare a festeggiare al bar con la redazione.
La giovane ha comunque rigettato le scuse: “Non sono sul merito. – ha detto in un’intervista telefonica a Thomson Reuters Foundation – Dicono che sono dispiaciuti per le parole fuorvianti, ma non si stanno scusando per l’idea in se stessa, per il modo in cui stanno trattando le donne e oggettivando le donne. In Giappone l’oggettivazione e la sessualizzazione delle donne sono ancora così normali che la gente non comprende davvero perché ciò è un problema.”
L’anno scorso, sempre nell’ambito universitario giapponese, un’indagine scoprì che una facoltà di medicina manipolava i test d’ingresso delle applicanti femmine per tenerle fuori e aumentare il numero di medici maschi. Nell’ultima valutazione (2018) del “Global Gender Gap report” (rapporto sul divario di genere redatto dal World Economic Forum), il Giappone si situa al 110° posto su 149 nazioni prese in esame: il che significa alta discriminazione, alto tasso di violenza domestica e violenza di genere, alto divario sui salari ecc. – ovvero i risultati normali del rappresentare normalmente le donne come giocattoli sessuali invece che come esseri umani.
Noi non abbiamo di che stare allegre: l’Italia, nella medesima lista, si situa all’82^ posizione. Per fortuna, giovani attiviste come Kazuna stanno spuntando dappertutto.
Maria G. Di Rienzo