(AVVISO: Il seguente brano conterrà ossessivamente la frase IL GENERE NON E’ UN’IDEOLOGIA. Conterrà anche la spiegazione di cosa il genere è, ma poiché quest’ultima è stata ripetuta sino alla nausea da almeno trent’anni e da migliaia di soggetti diversi, non riuscendo comunque ad arrivare alla coscienza e alla comprensione di una maggioranza trasversale che comprende vescovi italiani, associazioni cattoliche italiane e giornalisti italiani, oggi useremo il metodo “a martello”. Grazie per la vostra pazienza, io non ne ho più.)
Primo movimento. Il 13 novembre scorso assurge agli onori della cronaca una lettera indirizzata, cinque giorni prima, agli insegnanti di religione della diocesi di Milano (oltre 6.000). La lettera è stata redatta da don Fabio Landi (“animato da buone intenzioni”, assicura il responsabile del “Servizio insegnamento della religione cattolica” don Gian Battista Rota) e in essa si chiede di “segnalare” le scuole in cui si dispiega la “vasta campagna tesa a delegittimare la differenza sessuale” tramite “l’ideologia del gender“.
IL GENERE – GENDER – NON E’ UN’IDEOLOGIA.
In poche parole, denunciate “se possibile entro la fine della settimana”, usando la predisposta “tabella”, chiunque parli di identità di genere, divario di genere, identità e orientamento sessuale, eccetera. Scoppiato il bubbone e vista sommersa di critiche e persino di interrogazioni parlamentari la simpatica iniziativa, il responsabile don Rota si scusa e spiega che “L’intento originario era esclusivamente quello di conoscere dagli insegnanti di religione il loro bisogno di adeguata formazione per presentare, dentro la società plurale, la visione cristiana della sessualità in modo corretto e rispettoso di tutti.” E a questo punto, scrivono i giornali, “la polemica è finita.” Può darsi, anche se a me pare che “l’intento originario” non filtrasse dal testo neppure per sbaglio. Inoltre, che tipo di formazione possono fornire don Fabio Landi e il suo superiore, se non sanno neppure di cosa stanno parlando? IL RICONOSCIMENTO DELLA DIFFERENZA SESSUALE E’ ALLA BASE DEL CONCETTO DI GENERE. IL GENERE NON E’ UN’IDEOLOGIA.
Secondo movimento. Il giorno dopo, 14 novembre, i titoli dei giornali strillano di “Associazioni cattoliche in rivolta per la favola gay nell’asilo nido”. Sempre gli stessi giornali assicurano che “la fiaba omosex “Margherita ha due mamme: Mery e Franci.”… (è) stata distribuita ai piccoli alunni.” Ma il testo non esiste all’interno del nido, non è mai stato letto ai bambini, e figura solo in un elenco di letture suggerite ai genitori, per poterne poi discutere con le educatrici. Inoltre i “piccoli alunni”, in un asilo nido, sono creature dell’età compresa fra i tre mesi e i tre anni. Non posso giurarci, naturalmente, ma mi sento di ipotizzare con ragionevole approssimazione che NESSUNO dei bambini dell’istituto in questione, “Il Castello Incantato” di Roma, sappia leggere e abbia quindi potuto prendere visione consapevole della lista.
Però, i genitori e gli insegnanti del comitato cattolico “Articolo 26” se ne escono con una “pubblica denuncia” del complotto (riportata anche sul portale del Vaticano). Ricordate, appena più sopra, “la vasta campagna” ecc.: “Con il cavallo di Troia della lotta alla discriminazione, con il pretesto dell’educazione sessuale o più semplicemente, appunto, con escamotage che sfruttano la distrazione dei genitori, si spalancano le porte degli istituti scolastici ad una valanga di “progetti educativi” di stampo gender. (…) Si impone, in modo più o meno limpido, una cultura insidiosa, che mira alla decostituzione dei modelli di genere, alla sovversione delle evidenze di natura e allo stravolgimento del senso di famiglia e di genitorialità.”
IL GENERE – GENDER – NON E’ UN’IDEOLOGIA. E’ UN CRITERIO DI ANALISI CHE HA PERMESSO IL RICONOSCIMENTO DEI “MODELLI DI GENERE” CITATI, DI CUI ALTRIMENTI CHI HA REDATTO LA LETTERA NON AVREBBE MAI SENTITO PARLARE.
La parola “genere” si riferisce ai ruoli costruiti socialmente per femmine e maschi, che – a meno di rarissime variazioni del tipo XXY – sono i due sessi della specie umana. Si riferisce quindi alla relazione tra uomini e donne e al modo in cui essa è costruita a livello sociale.
Parlare di genere non cambia il fatto che nasciamo femmine o maschi. Il concetto di genere serve a vedere i ruoli assunti da donne e uomini nelle società e i motivi alla base per l’assunzione di detti ruoli. In ogni luogo del mondo i ruoli di donne e uomini nelle società sono diversi, ma… sono diversi in modo diverso. Variano: da generazione a generazione – la vita di don Fabio Landi e dei membri di Articolo 26 è ben diversa da quella dei loro nonni e nonne; da luogo a luogo – se tagliar alberi è lavoro da uomini in Finlandia, in Tanzania è lavoro da donne. Le variazioni si danno non solo fra paese e paese, ma all’interno delle nazioni, fra regioni e gruppi etnici/culturali; da un’età a un’altra: i nostri ruoli come figlia/figlio sono diversi quando diventiamo adulti e poi, eventualmente, genitori.
IL GENERE NON E’ UN’IDEOLOGIA, COMPRENDE UOMINI E DONNE, E CONSIDERARLO SERVE AD AVERE INFORMAZIONI REALI SU QUALSIASI SITUAZIONE.
E questa è la ragione per cui il genere è preso in considerazione nei progetti delle Nazioni Unite, della FAO, dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità, delle istituzioni europee, delle associazioni per l’aiuto umanitario e così via. Perché assieme ad altri concetti di analisi quali condizione economica, età, grado di istruzione, etnia, religione, ecc. disegna un quadro più chiaro per qualsiasi intervento o politica riguardi esseri umani e voglia basarsi sui fatti e non sulle ipotesi. A partire dagli anni ’80 sono state sviluppate innumerevoli cornici per l’analisi di genere a cui hanno partecipato non solo gli istituti summenzionati, ma attiviste/i di base, scienziate/i, intere università (fra cui Harvard).
IL GENERE NON E’ UN’IDEOLOGIA E LA CECITÀ AL GENERE, O L’INCAPACITÀ DI RICONOSCERLO COME DATO DETERMINANTE NELLE ESISTENZE CHE CONDUCIAMO, PRODUCE OSTACOLI ALLA PARTECIPAZIONE DEMOCRATICA E AL GODIMENTO DEI DIRITTI UMANI: IN SPECIAL MODO IL DIRITTO DI VIVERE VITE SENZA VIOLENZA.
15 novembre 2014: esce la 9^ edizione del Global Gender Gap Report, studio sulla partecipazione femminile alla vita economica e lavorativa in 142 paesi. L’Italia è in coda alla classifica per quanto riguarda partecipazione politica ed economica, e in quest’ultimo caso è il peggiore dei paesi industrializzati: ultimo in Europa, 114° nella lista generale, in procinto di ottenere l’uguaglianza salariale fra donne e uomini a parità di mansioni – se continua con questo andazzo – fra soli 81 anni…
Vedete, inquisitori milanesi e complottari romani: non c’è nessun motivo sensato, nessuna “evidenza di natura”, per cui avere i seni più sviluppati comporti un divario del 7,2% nelle retribuzioni per le donne, con gli uomini che a pari mansioni guadagnano circa 2.000 euro in più.
E non c’è nessun motivo sensato, nessuna “evidenza di natura” per cui le cifre della violenza di genere – dimenticavo: IL GENERE NON E’ UN’IDEOLOGIA – in Italia debbano essere così allucinanti e così prese sotto gamba, minimizzate, ridicolizzate, giustificate, razionalizzate da governo, stampa, cretini offline e cretini online. Non è il sesso maschile che fa dire ad un uomo: “Sono sceso di casa con un coltello in mano e ho pensato: se mi dice no l’ammazzo” (Catania, 27 ottobre 2014 – e l’ha effettivamente assassinata a coltellate) perché una donna si rifiuta di tornare con lui. E’ la costruzione di genere per cui il sesso maschile sarebbe legittimato al possesso di quello femminile, stimato come inferiore. La vostra religione, milanesi e romani, crede di aver qualcosa a che fare con questo concetto? Perché in tal caso sì, stiamo parlando di un’ideologia. FALSA. Maria G. Di Rienzo