Dallo scorso dicembre, la 26enne russa Yulia Tsvetkova – in immagine sopra – è agli arresti domiciliari per due mesi: le è stata imposta una cavigliera elettronica e ha il divieto di comunicare con chiunque, fatta eccezione per sua madre e il suo avvocato. Il prossimo processo a suo carico potrebbe risultare in una condanna a sei anni di carcere.
No, non è una serial killer – è un’artista femminista e pro diritti umani delle persone lgbt. Le orribili azioni che ha commesso sono ad esempio l’aver allestito “I monologhi della vagina” con un gruppo teatrale giovanile, l’aver usato i suoi spazi social per diffondere messaggi positivi sulle donne e sulle persone omosessuali, l’aver creato campagne artistiche come “Una donna non è una bambola” (#женщина_не_кукла), fatta di sei immagini da lei disegnate e corredate da testi quali “Le donne reali hanno peluria corporea e ciò è normale”, “Le donne reali hanno le mestruazioni e ciò è normale”.
Tale attività, per le autorità russe, sarebbe “propaganda rivolta a minori di relazioni sessuali non tradizionali” (gli account di Yulia, secondo la legge del suo paese, sono chiaramente segnalati come 18+) e “produzione e divulgazione di materiali pornografici”, per la quale le è stata comminata una multa di 50.000 rubli. Durante tutto il 2019 l’artista è stata più volte tenuta arbitrariamente in stato di fermo, interrogata e minacciata dalle forze dell’ordine.
Fiorello, Amadeus, Junior Cally e compagnia frignante: la censura è questa.
Maria G. Di Rienzo