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Solo parole

10 novembre 2019 di lunanuvola

Più il tempo passa, più mi convinco che non avere (da oltre trent’anni) la televisione sia un’ottima idea. Non fa informazione, la manipola. Non fa intrattenimento, spara stereotipi e insulti. Non ha linee guida etiche e professionali a cui attenersi. E’ un minestrone al meglio insipido e al peggio velenoso. Conduttori e conduttrici dei programmi sono così superficiali, incapaci e sprovveduti da sembrare pescati a caso in una lotteria fra “gli amici di”, “i parenti di”, “gli/le amanti di” e “i raccomandati da” (e forse lo sono).

Cominciamo da qui:

ordine e disciplina

Lo scontro fra Massimiliano Minnocci (“Er Brasile”), la giornalista Francesca Fagnani e il vignettista Vauro Senesi, di cui molto probabilmente siete a conoscenza, è descritto dal conduttore Paolo Del Debbio (Rete 4) così:

“Tensione alle stelle in studio tra @VauroSenesi e un fascista presente in studio. Vauro a muso duro gli si pianta davanti e lo apostrofa malamente.

Che ne pensate? Ora a #DrittoeRovescio”

Messa così, con l’omissione della minaccia di Minnocci alla giornalista (“Te li faccio vedere io i film, se vieni nella mia borgata…”) che a sua volta suscita la reazione di Vauro, sembra che quest’ultimo sia un incontenibile bullo cafone. Cos’altro ne può pensare chi ha letto il tweet ma non ha visto la trasmissione?

Presentare la situazione in questo modo è “professionale” quanto “i cori fascisti negli stadi e i casi di violenza e intolleranza” che il programma dichiarava di voler esaminare… e infatti si trattava, come per moltissimi altri prodotti simili, di una dichiarazione vuota: lo scopo reale sta in quel gongolante “tensione alle stelle” che fa audience e share. Se fossero volati un paio di cazzotti sarebbe andata ancora meglio, no? Rimbalzi su prime pagine e social media, tanti likes, tante condivisioni, tanti followers ecc. ecc. – perché, non esclusivamente in televisione, le parole hanno perso senso e significato, si può dichiarare tutto e il contrario di tutto (in special modo quando degli argomenti in questione non si conosce nulla oltre i propri pregiudizi), come se quel che si dice non avesse alcuna sostanza e nessun impatto su chi ascolta. Petardi. Scintille. Fumo.

Nelle tue interazioni verbali sii pure minaccioso, insultante, sessista, misogino, razzista, omofobo, fascista, nazista. Sono solo parole, no? Anzi, meglio: sono “opinioni” e “provocazioni” o “ironia” e “goliardia”. Tutto a posto, le solo parole possono continuare ad alimentare ogni tipo di violenza con il beneplacito di chi così argomenta.

Caso n. 2:

“Vittorio Sgarbi continua a provocare (sic) in tv. Ospite di Caterina Balivo a “Vieni da Me” (…) ha risposto a una domanda della conduttrice – che gli chiedeva se sapesse «fare la lavatrice» – esclamando: «No, io non faccio nulla. Io ho una visione e ti devo dire una cosa: le donne devono stare in casa e gli uomini devono andare fuori.» Caterina Balivo, con tono ironico, ha risposto alla provocazione (sic… et simpliciter): «Posso dire che hai quasi ragione? La penso come te! Noi donne a casa!». La reazione a sorpresa della conduttrice napoletana, con ogni probabilità, aveva lo scopo di distogliere l’attenzione dall’affermazione di Sgarbi, facendola passare per uno scherzo.”

Purtroppo a molte/i la provocazione e lo scherzo non sono piaciuti, così la conduttrice ha iniziato ad arrampicarsi sugli specchi:

“Quando inviti Sgarbi tutto può succedere… Come anche non essere d’accordo su alcune sue affermazioni. (…) Nelle mie parole c’era del sarcasmo che non tutti hanno colto, dovreste conoscermi ormai. Ma come si fa a pensare che parlassi seriamente? Sono una conduttrice donna che lavora da 20 anni in televisione, (…) sono sposata e ho tre figli in casa, come si fa ad immaginare che io sia contro l’autonomia delle donne?”

Sig.a Balivo, il suo pubblico non è tenuto ad immaginare niente ne’ a fare ricerche sulla sua biografia. Quel che lei dice è quel che la gente davanti alla tv sente: chi l’ha presa alla lettera non può essere accusato di “non aver colto” il suo sarcasmo. Evidentemente lei non l’ha espresso in modo inequivocabile. Quando si invita Sgarbi tutto può succedere? Faccia a meno di invitarlo. Non si tratta di “non essere d’accordo su alcune sue affermazioni”, si tratta di lasciar passare tramite media affermazioni discriminatorie. Continuare a trattarle da provocazioni e opinioni e scherzi le legittima. E lei lo sa.

Tuttavia, se voleva essere gioviale e sarcastica e immediatamente compresa come tale poteva per esempio rispondere: “E’ proprio una visione! E per di più medievale! Ma d’altronde tu sei uno storico dell’arte…”

Alla reazione negativa all’episodio, ribadisco, chi conduce il programma televisivo in cui si è dato non può chiamarsi fuori accusando il pubblico di essere idiota (non avete capito) o in mala fede: “(…) mi sembra che più di un utente abbia usato la mia frase sarcastica per avere qualche condivisione e qualche retweet in più!”

Gli utenti di cui parla avrebbero probabilmente apprezzato una sua riflessione sull’accaduto, un minimo di assunzione di responsabilità, un dubbio – persino se piccolissimo: “Forse la mia reazione doveva/poteva essere diversa”. Adesso sanno solo che lei li considera stupidi o avvoltoi: non penso ne avrà un grande ritorno, in termini di popolarità.

In merito al caso precedente, cioè “Dritto e Rovescio”, Debora Serracchiani del PD ha esortato il suo partito a non partecipare più a “trasmissioni televisive che incitano all’odio e alla violenza”. Sottrarsi è una tecnica nonviolenta rispettabilissima e spesso efficace. In termini di offerte televisive, però, gli spazi che possono essere descritti in modo diverso da “trasmissioni che incitano all’odio e alla violenza” sono davvero pochi: sia perché conduttori e conduttrici non hanno alcun interesse a renderli tali (audience, share, titoli in prima pagina), sia perché a trasformarli in luoghi tossici basta invitare Sgarbi o un neofascista dichiarato e aspirante dittatore/duce: “Nella mia borgata vige ordine e disciplina. Devi fare quello che dico io”.

Maria G. Di Rienzo

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