Meagan Tyler (nell’immagine) fa parte dello staff accademico di ricercatori dell’Università RMIT in Australia. Il suo lavoro esplora la costruzione sociale di genere e sessualità; su di esso ha pubblicato diversi saggi (in Rural Studies, Women’s Studies International Forum e Women and Therapy) e due libri: “Everyday Pornography” (Boyle ed., 2010) e “Prostitution, Harm and Gender Inequality” (Coy ed., 2012). Nel marzo di quest’anno è uscito in Australia “Freedom Fallacy: The Limits of Liberal Feminism, co-edito da Meagan e Miranda Kiraly, a cui hanno contribuito venti attiviste / ricercatrici femministe da tutto il mondo. In occasione della sua uscita in altri paesi, in maggio, Meagan Tyler ha scritto un lungo articolo sui motivi e la genesi di questo lavoro. Ne ho tradotto, di seguito, alcuni brani significativi.
“Nel libro, venti di noi affrontano argomenti differenti che sono diventati parte del “femminismo della scelta”: dalla pornografia alla prostituzione alle mutilazioni genitali femminili, dalle riviste per donne e il matrimonio alla violenza sessuale. Sebbene noi si provenga da un vasto raggio di prospettive diverse, tutte critichiamo la nozione che la “scelta” sia la misura definitiva della libertà delle donne.
Prima di tutto, gli argomenti sulla scelta hanno un difetto fondamentale, perché danno per scontato un livello di libertà assoluta per le donne che semplicemente non esiste. Sì, facciamo scelte, ma queste sono formate e costrette dalle condizioni di diseguaglianza in cui viviamo. Celebrare acriticamente la scelta avrebbe senso solo in un mondo post-patriarcale.
Secondo, l’idea che più scelte equivalgano automaticamente a più libertà è falsa. Questo è, in essenza, solo il vendere il neo-liberismo con una verniciata femminista. Sì, le donne possono ora lavorare o restare a casa, per esempio, se hanno bambini ma questa “scelta” è completamente vuota quando la cura dei bambini continua ad essere costruita come “lavoro da donne”, quando c’è insufficiente sostegno statale al proposito e le donne senza figli sono biasimate come egoiste.
Terzo, il focus sulle scelte delle donne come “l’essere tutto” e “il mettere fine a tutto” del femminismo ha avuto come risultati una perversa maniera di biasimare le vittime e la distrazione dai reali problemi che le donne ancora affrontano. Se non sei contenta delle cose come stanno non prendertela con la misoginia e il sessismo, il divario nei salari, i ruoli di genere inculcati o l’epidemia di violenza contro le donne. Prenditela con te stessa. E’ ovvio che hai fatto la scelta sbagliata.
Come la sociologa Natalie Jovanovski fa notare nel suo capitolo di “Freedom Fallacy”, non è sorprendente che questo tipo di femminismo liberista ottenga tanta attenzione. Nel privilegiare la scelta individuale sopra tutto il resto, non mette in discussione lo status quo. Non chiede cambiamenti sociali significativi e indebolisce effettivamente le chiamate all’azione collettiva. Di base, non ti chiede niente e non ti dà nulla in cambio.
Invece della resistenza, ora abbiamo attività archetipiche dello status subordinato delle donne presentate come scelte personali liberatorie. Le molestie sessuali sono state riformulate come innocui scherzi. La chirurgia plastica alle grandi labbra della vagina è vista come un utile miglioramento cosmetico. La pornografia ha la nuova etichetta dell’emancipazione sessuale. L’oggettivazione è il nuovo empowerment.
Invece di discutere su una visione di un futuro più egualitario, abbiamo futili dibattiti orientati all’interno che devono decidere se una tizia o l’altra siano “cattive femministe”. Come se la vera istanza del progresso, per le donne, fosse stabilire se siamo in grado o no di attenerci ad un favoleggiato ideale femminista.
Per amore di paragone, sembrerebbe completamente sciocco suggerire che criticando il capitalismo un marxista stia attaccando i lavoratori salariati. E sembrerebbe similmente assai strambo suggerire che chi critica l’affidamento culturale al fast-food ce l’ha con i ragazzini dietro ai banconi dei McDonald’s.
Infine, la promozione della “scelta” e il mito di un’eguaglianza già raggiunta hanno ostacolato la nostra capacità di sfidare quelle stesse istituzioni che tengono indietro le donne. Ma la lotta non è finita.
Molte donne stanno ribadendo che il femminismo è un necessario movimento sociale per l’eguaglianza e la liberazione di tutte le donne, non un cumulo di banalità sulle scelte di alcune.”
(Ndt.: Non so se il libro sarà tradotto, è possibile comunque ordinare l’originale online su: http://www.bookdepository.com/Freedom-Fallacy/) Maria G. Di Rienzo