(Tilly, 22enne, è diplomata in studi di conflitto e ricercatrice sulle intersezioni fra guerra e genere. Il suo pseudonimo è “La fastidiosa femminista”. Suoi articoli sono apparsi su The Independent, The Huffington Post, Stop Street Harassment, The Line Campaign. Questo post è del 9 dicembre 2014, trad. Maria G. Di Rienzo.)
Un paio di anni fa, dopo aver detto su Twitter quando mi piacevano alcune delle cose che avevo scritto in passato, una persona che aveva studiato con me al college mi chiese quand’ero diventata così arrogante. Ci sono rimasta male, sì, ma più di tutto sono rimasta confusa.
Non è che non sia abituata ad essere disprezzata. A scuola mi si diceva che ero grassa e brutta ogni giorno. Come una donna con delle opinioni su internet, mi si dice che sbaglio, che sono una stronza e una stupida ogni volta in cui discuto pubblicamente di qualcosa. Ma questa è proprio la ragione per cui ero confusa: sono stata zittita così tante volte in vita mia che non ho fiducia in me stessa, non ho percezione del mio valore, ho un’ansia enorme e una visione terribile del mio corpo.
In breve, mi odio. Non sono sicura di aver neppure mai pensato di poter essere arrogante.
Mi sono sentita allo stesso modo quando mi è stato detto che mi fotografo troppo, almeno la prima volta. Dato che mi permetto di condividere una foto di me stessa sui social media solo se penso di apparire in essa abbastanza accettabile, l’idea che questa sia una cosa sbagliata non riesce ad aver senso. A noi donne viene detto continuamente di amarci e che la mancanza di fiducia in se stesse è un tratto negativo e respingente. Ma è del tutto evidente, quando tu cominci a mostrare uno o entrambi questi comportamenti, che il significato di quanto sopra è: dovresti amare te stessa e aver fiducia in te stessa solo se hai il permesso di qualcun altro / della società.
Io sono ipercritica sul mio lavoro e su me stessa. In genere trovo insopportabile rileggere quel che ho scritto e disprezzo la maggioranza delle mie fotografie ovunque esistano. Le rare occasioni in cui mi godo quel che scrivo o mi sento a mio agio nel postare una fotografia sono speciali. Sono i simboli del mio muovermi in avanti. E certamente, nel caso degli autoscatti, l’atto di fotografarmi e di condividere le fotografie è stato influenzato in modo massiccio dal processo dell’essere positiva rispetto al mio corpo. Sento di aver maggior potere se piaccio a me stessa e conosco altre/i – in particolar modo persone oppresse in modi diversi dai miei – che sono d’accordo.
Per cui, questo pezzo è un’ode alle persone marginalizzate a cui si è detto un po’ troppo di amare se stesse in un mondo che persiste a dir loro che non valgono abbastanza. E’ disturbante che altre donne abbiano interiorizzato la misoginia al punto di voler mantenere quello stesso ordine che dice alle donne di non essere orgogliose dei loro risultati e di non credere di essere belle, ma non le biasimo: io sento la stessa pressione che è posta su di loro, forse persino di più, e so cosa le spinge ad agire in tale maniera. Ma dichiaro qui ufficialmente che non permetterò a nessuno di confinarmi in questa visione ristretta e che invito altre/i ad imitarmi.
Se penso che i miei articoli non siano ben fatti perché postarli? Se penso che siano buoni, perché non dirlo pubblicamente? Se ti piace come appari, perché non postare una foto? Tu puoi amare e sostenere te stessa, o puoi appoggiarti a qualcun altro perché lo faccia al posto tuo. Non raccomando l’ultima opzione.