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Posts Tagged ‘molestie online’

Shanley Clemot Maclaren ha cominciato a contrastare il sessismo al liceo, assieme alla sua “amica di lotta” (così le due si definiscono) Hajar Errami, e lo ha fatto così bene da essere invitata a parlarne due anni fa con Marlene Schiappa, Segretaria di Stato francese per l’eguaglianza fra donne e uomini. Sono seguiti articoli e presenze televisive, ma il tutto strettamente concordato e monitorato – e se non soddisfacente rimandato o rigettato – dalle due giovani, tanto che alcuni pezzi su di loro avevano un incipit del tipo: “E’ più facile incontrare un Ministro che queste due ragazze”.

Shanley

Foto da Le Monde

In questi giorni Shanley ha di nuovo l’attenzione della stampa: ha infatti passato diverso tempo a tracciare e denunciare siti di “revenge porn” dopo aver notato un aumento di fotografie e video di ragazze nude sui social media, corredate dai loro nomi e dall’indicazione delle città in cui abitano.

Shanley ha rilevato che almeno 500 account di questo tipo, denominati “fisha” dal verbo afficher – svergognare, sono comparsi in Francia sin dall’inizio nel marzo scorso delle misure di quarantena contro il coronavirus.

Lavorando con un’avvocata e circa venti amiche/amici, la giovane femminista è riuscita a far cancellare più di 200 account esponendoli ai network di riferimento, alla polizia e al Ministero degli Interni. Da quando ha dato inizio in aprile alla campagna #stopfisha per rintracciare le vittime di questo tipo di pornografia e aiutarle a denunciare gli abusi, riceve ogni giorno messaggi di adolescenti depresse e in panico.

L’abuso online ha conseguenze serie, ha detto la 21enne Shanley ai giornali: “Le ragazze cominciano a pensare al suicidio, o sono picchiate dai loro familiari quando costoro vedono i contenuti espliciti che le riguardano. Una volta che sei etichettata come “troia” è finita. E quando queste ragazze torneranno a scuola è molto probabile che debbano subire molestie.”

Il primo amore di Shanley era un ragazzo astioso e violento, uso ad aggredirla fisicamente; quando mise fine alla storia, la giovane iniziò un percorso di riflessione: “Mi dissi che era ora di ricostruire me stessa. Pensavo fosse soltanto la classica relazione andata storta. E poi ho fatto un sacco di ricerche, scoperto migliaia di altre donne che avevano sofferto in vicende simili alla mia, e ho capito che non si trattava di qualcosa di personale, ma che era strutturale. Era una delle tante conseguenze del sessismo.

Maria G. Di Rienzo

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libro jessica

Questo libro – “Perché le donne sono ritenute colpevoli di tutto” – è uscito il 27 aprile scorso. La sua Autrice è la dott. Jessica Taylor, docente universitaria di psicologia forense e criminale, nonché titolare di un dottorato di ricerca e fondatrice di VictimFocus, organizzazione internazionale che studia il biasimo posto sulle donne vittime di violenza di genere e fornisce consulenza e addestramento al proposito.

Prima ancora della sua uscita, il testo ha attirato una crescente attenzione ed è stato presentato durante un programma radiofonico della BBC, “Woman’s Hour”. Così, dal 17 aprile, la dott. Taylor ha subito un incessante attacco via internet fatto di migliaia di messaggi violenti: “di tutto, dal dirmi di morire e di uccidermi a “ti stupro”, messaggi che dicevano che non sono una vera psicologa o docente, che sono grassa, brutta, disgustosa, una schifosa lesbica, sterile, che morirò da sola, che i miei genitori mi odiano”, ha raccontato a The Guardian in una recente intervista.

Il 21 aprile, il gruppo organizzato di “troll”, riconoscibili come simpatizzanti o appartenenti a vari movimenti misogini (“alt-right”, men’s rights activists, incel, Mgtow) è passato al livello successivo, hackerando il computer di Taylor: “Avevano il controllo totale della mia tastiera e del mouse. Ho tentato di fermarli, ma mi sono bastati 30 secondi per capire quanto seria era la faccenda, perciò ho chiuso il laptop, sono corsa a spegnere il wifi e a chiudere ogni altro dispositivo.” La docente ha fatto denuncia e la polizia sta indagando.

“Sapevo che c’era bisogno di scrivere questo libro – ha detto ancora nell’intervista – ma non sapevo che ce ne fosse così tanto bisogno. Le aggressioni da parte di uomini sono state scioccanti. Le violenze e le molestie online ti spaventano e ti esauriscono, ma non mi porteranno mai al punto di dire: Smetto di parlare dell’abuso di donne e bambine. Le donne saranno sempre al centro del mio lavoro e continuerò a mettere a disagio i misogini. Il libro è stato scritto per ogni singola donna, ragazza e bambina a cui è stato detto che se avesse fatto qualcosa in modo diverso, se avesse cambiato qualcosa di se stessa o ristretto la propria vita non sarebbe stata soggetta alla violenza maschile. Io ne ho avuto abbastanza e milioni di altre donne ne hanno pure avuto abbastanza. Quindi, un bel po’ di uomini si sono arrabbiati. Dovete domandarvi perché. Di cosa hanno paura?”

Maria G. Di Rienzo

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(“Internet ‘is not working for women and girls’, says Berners-Lee”, di Ian Sample per The Guardian, 12 marzo 2020. Trad. Maria G. Di Rienzo.)

Le donne e le ragazze fronteggiano una “crisi crescente” di abusi online, con le molestie sessuali, i messaggi minacciosi e la discriminazione che rendono il web un posto non sicuro dove stare, ha ammonito Sir Tim Berners-Lee.

L’inventore del world wide web ha detto che la “pericolosa tendenza” dell’abuso online sta forzando donne a lasciare il lavoro, ragazze a saltare la scuola, sta danneggiando relazioni e riducendo al silenzio le opinioni femminile, inducendolo a concludere che “la rete non sta funzionando per donne e ragazze”.

“Il mondo ha ottenuto importanti progressi sull’eguaglianza di genere grazie all’incessante spinta di impegnati sostenitori. – ha scritto giovedì scorso Berners-Lee, in una lettera aperta che segna il 31° anniversario del web – Ma sono seriamente preoccupato dagli abusi online che colpiscono donne e ragazze – in special modo quelle di colore, quelle che appartengono alle comunità LGBTQ+ ed altri gruppi marginalizzati – che minacciano quel progresso.”

L’avviso arriva un anno dopo che Berners-Lee ha lanciato il Contratto per la Rete, un piano d’azione globale mirante a salvare il web dalle forze che minacciano di trascinare il mondo in una “distopia digitale”. Senza contrastare l’abuso misogino online, ha detto, gli scopi del contratto non possono essere raggiunti.

“Sta a tutti noi far sì che la rete funzioni per tutti. – attesta la lettera – Ciò richiede l’attenzione di chiunque dia forma alla tecnologia, dagli amministratori delegati e dagli ingegneri agli accademici e ai funzionari pubblici.”

Berners-Lee indica tre aree che hanno necessità di attenzione “urgente”. La prima è il divario digitale che tiene offline più di metà delle donne al mondo, in gran parte perché essere online è troppo costoso o perché non hanno accesso all’equipaggiamento e alle conoscenze necessarie.

La seconda è la sicurezza online: secondo una ricerca della Berners-Lee’s Web Foundation più di metà delle giovani donne ha fatto esperienza di violenza online, incluse le molestie sessuali, i messaggi minatori e immagini private condivise senza consenso. La grande maggioranza di esse ritiene che il problema stia peggiorando.

La terza minaccia viene da intelligenze artificiali mal disegnate che ripetono e aggravano la discriminazione. “Molte ditte stanno lavorando intensamente per contrastare questa discriminazione. Ma sino a che non dedicano risorse e diversificano le squadre per mitigare il pregiudizio, rischiano di espandere la discriminazione a un livello mai visto prima.”, scrive Berners-Lee.

Amalia Toledo, avvocata e attivista della Fundación Karisma, un gruppo con base in Colombia che fa pressione per un internet più sicuro, dice che le difensore dei diritti delle donne e le giornaliste sono bersagli privilegiati per l’abuso.

“Se stanno parlando di questioni pressanti per il paese, mettendo in discussione lo status quo, o denunciando ciò che lo stato fa, ci sono continui e coordinati assalti da parte dei troll, che aggrediscono i loro corpi, le loro famiglie e relazioni, e le insultano per il loro aspetto. – ha detto Toledo – Le loro opinioni non sono nemmeno discusse.”

Amalia Toledo

La Fundación Karisma gestisce una campagna online, “Alerta Machitroll”, che espone le attitudini misogine e l’abuso online. “Ciò che si dice alle vittime per tutto il tempo è Oh, non è nulla, ignoralo, chiudi il tuo account. Ma questo ha un grosso impatto sulle vite delle persone. Vogliono controllare le donne, vogliono che le donne stiano zitte.”, ha affermato Toledo.

Berners-Lee ha detto che l’esplosione del coronavirus ha mostrato quanto sia urgente agire. Mentre luoghi di lavoro e istituti scolastici sono costretti a chiudere, la rete dovrebbe essere un “salvagente” che permetta alle persone di continuare a lavorare e ai bambini di istruirsi. Ha chiesto alle compagnie commerciali e ai governi di fare del contrasto all’abuso online una priorità principale quest’anno. Più dati devono essere raccolti e pubblicati sulle esperienze delle donne online, mentre prodotti, politiche e servizi dovrebbero essere tutti disegnati sulla base dei dati e del riscontro da parte di donne provenienti da ogni tipo di retroscena, ha aggiunto.

Infine, ha fatto urgenza ai governi affinché rinforzino le leggi che chiedono di rispondere delle proprie azioni a chi abusa online, e all’opinione pubblica affinché parli apertamente ogni volta in cui testimonia detti abusi.

Andy Burrows, dirigente delle politiche per la sicurezza online dei bambini alla NSPCC, (Ndt. – National Society for the Prevention of Cruelty to Children – Società nazionale per la prevenzione della crudeltà verso i bambini) ha detto: “Le ditte tecnologiche non sono attori neutrali e le loro decisioni hanno conseguenze nel mondo reale. Ma per troppo tempo abbiamo visto responsi frammentari e spesso insufficienti dalle piattaforme che mettono in pericolo gli utenti.”

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E’ Natale (solo due giorni fa) e Sergio Berlato, come tutti i sovranisti patrioti fratelli italici, è più buono del solito. Presto sarà anche più ricco del solito, perché agli emolumenti da consigliere regionale in Veneto potrà aggiungere quelli relativi alla carica da europarlamentare. Si definisce un “appassionato cacciatore” ed è presidente dell’Associazione dei cacciatori veneti. E’ anche un uomo che usa i social media, immagino nel tempo che riesce a ritagliarsi fra una scarica di cartucce calibro 16 e un incitamento a un ipotetico Franz (segugio bavarese, tipico “cane da sangue o da traccia”): nello specifico, il 25 dicembre 2019, lo fa così:

inqualificabile

Dedica questa sua vignetta alle donne che lo hanno criticato per la pratica della caccia (no, uccidere animali per il semplice gusto di farlo non lo classifico come “sport”). “Simili volgarità non dovrebbero appartenere al linguaggio di un rappresentante dello Stato. In quelle poche parole è racchiuso un razzismo viscerale contro tutto il genere femminile, costretto, indipendentemente da ciò di cui si occupa, a dover rendere conto della propria vita sessuale.”, dice Rinaldo Sidoli, portavoce di Alleanza Popolare Ecologista, annunciando che presenterà un esposto per diffamazione “che potrà essere sottoscritto da tutte le donne che si sono sentite offese”.

Per chi riveste cariche istituzionali sarebbe invero appropriato e preferibile esprimersi con civiltà – e l’osservazione sul sessismo del consigliere è del tutto sottoscrivibile – ma questo tipo di comunicazione noi donne lo riceviamo quotidianamente e in ogni ambito possibile: famiglia, lavoro, scuola, associazionismo, volontariato, social media… non c’è luogo sicuro per noi. Il brodo di coltura misogino in cui i Sergini Natalizi sguazzano e si moltiplicano ha le dimensioni di un oceano. Hai un’opinione che non garba all’uomo di turno? Naturalmente tu NON PUOI avere un’opinione da contrastare, in caso, sul merito: sei una donna. Perciò, se apri bocca, è perché hai le mestruazioni o perché sei un cesso che nessun uomo si degna di scopare.

Ben al di là del “sentirmi offesa” (provo disgusto e noia, ma le invettive sessiste non riescono a scalfirmi personalmente), io sono preoccupata: perché Sergio Berlato, in qualità di uomo politico, prende decisioni che riguardano anche le donne.

In che modo pretendiamo di far avanzare l’eguaglianza di genere, di contrastare la violenza di genere, di salvaguardare i diritti umani e civili delle donne se chi deve deliberare e votare in merito le classifica come vagine ostruite da ragnatele?

Maria G. Di Rienzo

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Jasmine Cristallo

“Salvini, le scrivo queste righe perché agli slogan violenti bisogna necessariamente contrapporre parole e concetti.

Alla macchina infernale che mi ha aizzato contro, ho risposto cantando una canzone ed inviando i miei amici a non rispondere alle offese o a farlo con parole positive e versi di poesie.

Io e lei siamo genitori e credo che il nostro compito principale sia RENDERE PARTECIPI DELLE PROPRIE AZIONI I FIGLI, che si educano attraverso l’ESEMPIO, PERCHÉ QUESTO È FONDAMENTALE in ogni loro fase di sviluppo.

Abbiamo entrambi figlie femmine ed è per questa ragione che le chiedo se ha intenzione di raccontare a sua figlia, quando non sarà più piccina, che oggi sulla sua pagina Facebook permette a legioni di frustrati di sfogare pulsioni sessuali represse.

Lo saprà sua figlia che consente ai suoi sostenitori di inneggiare allo stupro di gruppo per “punire” una donna che semplicemente non la pensa come lei?

Racconterà a sua figlia che espone foto di donne solo per farle dileggiare e violentemente aggredire con frasi e aggettivi raccapriccianti?

Racconterà che ha postato su Facebook la foto di una ragazzina che ha fatto scioccamente un gesto con il dito medio (lo stesso che lei utilizza spessissimo per rispondere a giornalisti e contestatori, come testimoniano molteplici scatti) e che per quel gesto, quella ragazzina è stata costretta a chiudere le sue pagine social per proteggersi dalla valanga di violenza verbale (speriamo solo quella) che le ha volutamente scatenato contro?

Quando teneramente le mette lo smalto o assiste alle recite natalizie, ci pensa a come si sentirebbe se fosse sua figlia LA vittima di quella stessa violenza che infligge ad altre donne?

Posso per ora raccontarle come ha reagito la mia di figlia, che ha 19 anni ed ha commesso la sciocchezza di leggere i commenti a me destinati dai suoi campioni di civiltà: tremava.

Dopo lo smarrimento iniziale è passata ad un istintivo desiderio di protezione nei riguardi di sua madre.

Una missione evidentemente impossibile per una giovane donna di fronte a quella mole di brutalità e aggressioni gratuite mosse dalla “Bestia”.

L’ho rassicurata così come una madre può e sa fare e le ho spiegato che certe battaglie passano anche attraverso queste prove certamente non gratificanti, ma che meritano, comunque, di essere condotte con tenacia e convinzione.

Ha compreso come solo attraverso il sentire femminile si può comprendere…

Quanto a lei, Salvini, non mi aspetto delle risposte ma sappia che da oggi ho una ragione in più per non arretrare di un passo e difendere il mio diritto al dissenso, a battermi per un mondo civile, in cui le donne non vengano brutalizzate.

Lo devo a noi donne, a mia figlia ed anche alla sua.”

Jasmine Cristallo, coordinatrice di “6000 Sardine” in Calabria, 22 dicembre 2019

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La vicenda di Erika, a cui fa riferimento il pezzo di ieri, è a questo punto: ha cancellato i suoi spazi social e ha dichiarato in un messaggio affidato a terzi di aver scattato la foto con intenzioni diverse da quelle che le sono state attribuite. In tale testo spiega di aver ricevuto “insulti pesanti, minacce di morte, intimidazioni varie e materiale pornografico” e conclude con “il cyberbullismo esiste e quest’oggi io ne sono stata vittima. Le parole possono fare male più di quanto crediate e questo, purtroppo, non sembra essere un parere condiviso.” La 19enne afferma inoltre di non interessarsi di politica e smentisce di essere una “sardina”.

E’ un disinteresse che troverà alimento in questa sua esperienza: per due giorni interi, dei “professionisti” pagati dall’intera nazione invece di dedicare le loro energie a politica fiscale, politica industriale (ex Ilva, Alitalia), giustizia, nomine, trattati internazionali ecc. si sono occupati di lei.

Fra post e interviste, Salvini è apparso particolarmente ossessionato: “Se fosse mio figlio due schiaffi non glieli toglierebbe nessuno quando torna a casa. A quella ragazzina l’educazione civica sui banchi di scuola servirà.”, “Speriamo di avere una vicina di volo educata” ecc., ma gli altri non sono stati da meno.

Daniela Santanché: “In che mondo siamo arrivati? Non sarà mica una sardina quella ragazza? Anche io l’ho fatto, sì, (il dito medio) ma ai centri sociali che mi urlavano contro cori a sfondo sessuale decisamente non piacevoli. Cosa c’entra con il gesto di una ragazzina? Non è certo bello a prescindere dall’appartenenza politica, condanno il dito medio e mi interrogo da madre. Salvini, che piaccia o non piaccia, è il leader di (un) partito.”

Roberta Ferrero: “Ecco a voi la coraggiosa del giorno. Fa il medio a Matteo Salvini, mentre dorme. (Poi vanno alle manifestazioni delle sardine per dire che in Italia c’è un linguaggio d’odio.)”

Maurizio Gasparri: “Il gesto di quella ragazza è vile, proprio perché rivolto a una persona che dormiva e non poteva rispondere. Sicuramente si tratta di una mentecatta che voleva dimostrare di esser coraggiosa. Lo feci anche io (sempre il dito) ma in risposta a una turba di grillini che davanti alla Camera mi insultavano e mi minacciavano addirittura di morte.”

Roberto Calderoli: “Avrei dei suggerimenti per la ragazza su dove potrebbe mettersi il dito. Viva la democrazia sempre, ma farlo a uno che dorme richiede un coraggio da leone di cartone. Io l’ho fatto più volte ma sempre rivolto a soggetti che erano in grado di rispondere. Quel gesto rivolto a una persona che dorme è di una viltà assoluta. Sarebbe dovuta esser coerente fino in fondo, magari Salvini le avrebbe risposto. Chissà, con una carezza.”

A questo punto i farabutti da tastiera si sono scatenati, sino al punto di augurarsi che la ragazza fosse “stuprata a turno” eccetera, perché gli elementi dell’aggressione erano già stati forniti dai loro idoli: 1) sicuramente Erika era un’ipocrita e vigliacca “sardina” (strumentalizzazione); 2) meritevole di schiaffi e di suggerimenti “su dove potrebbe mettersi il dito” (sdoganamento della violenza). Lo scenario immaginato da Calderoli, ove raffigura la possibile carezza di Salvini, contiene anche lo sconfinamento nel privato del corpo: l’ex ministro sarebbe autorizzato a mettere le mani addosso a una sconosciuta se questa gli rivolge un gesto qualsiasi ma ciò resta una violenza comunque lo si faccia, con carezze o ceffoni.

Per cui, gentile signora Ferrero, la risposta alla sua implicita domanda è “Sì, in Italia c’è un linguaggio d’odio assai diffuso e lo schieramento politico a cui lei appartiene lo usa troppo spesso.”

Maria G. Di Rienzo

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leghista detto tutto

“Galeotto fu Facebook e chi lo scrisse,

quel giorno cancellai post e carriera”

Se la lingua italiana non gli risultasse un po’ ostica, così potrebbe parafrasare Dante il cremonese Pietro Burgazzi, consigliere leghista e ora non più segretario locale del partito.

La sua stimata e venerabile “opinione” è che le “sardine nere per difendere i diritti di clandestini e immigrati” sono puttane. Non simpatiche e liberate e trasgressive “sex worker”, badate bene, proprio troie e basta, che è visione condivisa nella Lega sulle donne in genere – in particolar modo su quelle disobbedienti ai dettami patriarcali, quelle che si situano in schieramenti politici avversari e naturalmente quelle di carnagione più scura.

Com’è consueto in questi casi, anche Burgazzi non ha capito perché così tante persone abbiano trovato rivoltante la sua esternazione. Dopotutto, quando si trova fra simili, il sentimento di disprezzo verso le donne è concorde. Citando dai giornali, ha subito pubblicato “lo screenshot di un commento sessista contro le donne di destra di un utente social” con il commento: “Questa è l’intelligenza della sinistra, poi cercano nei nostri post postille per attaccare la destra”.

Secondo la stampa la sua pagina social è “infarcita di post simili” a quello sulle giovani in manifestazione, il che rende quello in discussione semplicemente uno dei tanti e non proprio una “postilla” – la quale è una breve annotazione a un testo, messa ai margini o fra le righe a mo’ di chiarimento, e non descrive quanto pubblicato da Burgazzi.

Tuttavia, se vogliamo scandagliare le pagine FB di cittadini qualsiasi, come ha fatto il signore suddetto, vedremo che il sessismo e l’odio per le donne sono ampiamente trasversali agli schieramenti politici. Per questo prima dicevo “tra simili”, intendendo una vastissima porzione dei possessori della coppia di cromosomi XY. Ciò non gli consente comunque di giustificarsi dicendo più o meno che “la sinistra fa le stesse cose”, giacché: a) la responsabilità è personale; b) un aderente a un partito di sinistra o una persona che si dice di sinistra non equivalgono, come “peso” mediatico e relativa ricaduta sociale, a qualcuno che rivesta cariche di partito; c) storicamente, rispetto alle lotte femministe, la sinistra ha spesso manifestato ritardi e incomprensioni, ma è anche vero che solo la sinistra ha appoggiato molte di tali lotte.

Però voglio venire incontro a Burgazzi dimostrandogli che può trovare affinità anche con persone da cui si sente distantissimo. Dia per esempio un’occhiata a quel che fa il sig. Bello FiGo, un giovane di colore dalla profondità di pensiero e dalla modestia davvero uniche. I quotidiani riportano la sua prodezza più recente con questo titolo: “L’ultima provocazione di Bello FiGo: video hot nell’Università di Pisa”. Il video lo ho girato senza autorizzazione nelle aule di Economia all’Università di Pisa e lo ha chiamato “Trombo a facoltà” – geniale, eh? Che novità, che provocazione! E’ la solita pagliacciata con modelle seminude sculettanti attorno a un uomo, la solita sceneggiata sessista, la solita fiera dell’oggettivazione femminile che abbiamo visto (e che continuiamo nostro malgrado a vedere) migliaia di volte su ogni media a disposizione.

Il razzismo non dovrebbe tenere distanti questi due. Dovrebbero invece trovarsi al bar, a ribadire davanti a una birra che le donne sono tutte zoccole e mera carne da trombare, restando completamente ignari – proprio come gli allegri redattori con il loro entusiasta hot! hot! hot! – di come questo alimenti la violenza contro le donne.

Maria G. Di Rienzo

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“Lucia Borgonzoni: Discriminata perché donna. Bonaccini mi fa passare per la velina. Irrispettoso.

La replica immediata del candidato Dem: Da me nessun attacco personale. L’unica critica è che sul territorio c’è più Salvini che lei.”

La candidata della Lega si è così lamentata in televisione aggiungendo (ovviamente) “non c’è una donna del Pd a dire che è una vergogna”. La donna del Pd presente in studio, Anna Ascani, ha immediatamente espresso (altrettanto ovviamente) la sua solidarietà.

Lucia Borgonzoni ripete, forse senza neppure saperlo, la sceneggiata che a suo tempo fu di Carfagna e altre. Della lotta contro il sessismo ha capito solo che potrebbe esserle utile in campagna elettorale per sminuire i suoi avversari politici: sminuendo, nel contempo e ancora forse senza esserne consapevole, l’istanza stessa. La situazione è presentata come “questi, ma soprattutto queste, denunciano le discriminazione quando fa loro comodo, ma se è una donna di destra a subirla fanno orecchie da mercante”. Non è vero – e gli esempi al proposito possono essere rinvenuti facendo una rapida ricerca sui quotidiani, o persino nello spazio minimale del presente blog – ma in questo modo il sessismo diventa una mera carta da giocare (esattamente come lo presentano molti uomini e in particolare quelli della sua sponda) per costringere altre donne, del tutto estranee alle vicende contestate, a scusarsi.

A considerare Borgonzoni una seconda scelta o qualcuno di “minore”, invece, è proprio il suo partito: nei manifesti che pubblicizzano la sua candidatura il suo volto neppure c’è, c’è quello del signor Salvini. E qui bisognerebbe porre delle domande alla sensibile Lucia: ha protestato, lei, per le donne e per le ragazze che Salvini mette regolarmente alla gogna sui social media qualora lo contestino? Ha seguito l’ossessiva campagna di Salvini contro Laura Boldrini e l’ha stigmatizzata? Ha trovato disgustosi e sessisti gli insulti e le vere e proprie diffamazioni di cui è stata bersaglio Carola Rackete? Conosco già le risposte. Se fossero affermative, Borgonzoni non si sarebbe mai candidata con la Lega.

A questo punto, mi resta solo da dire qualcosa alle donne che, come Anna Ascani, vengono introdotte di forza nel giochino truccato dalle Lucie di turno: la solidarietà non è un precetto religioso, ne’ una prescrizione medica salvavita. Non siamo obbligate a esprimerla ove non ve ne sia necessità alcuna e non per rigore intellettuale, ma per intelligenza politica. Se Borgonzoni posa da discriminata e noi la assecondiamo, stiamo riducendo il sessismo, il maschilismo, la misoginia, il patriarcato e la violenza che tutto ciò produce alla “lagna delle donne”, stiamo togliendo profondità e senso alla lotta per l’eguaglianza e insultando quelle che dal partito di Borgonzoni hanno ricevuto veri e propri assalti.

La prossima volta, chiedete alla leghista o alla sovranista o alla neofascista che si lamenta ad arte da dove vengono le discriminazioni che le donne subiscono. Chiedete se è d’accordo con le posizioni e le proposte allucinanti dei suoi colleghi di partito o dei suoi alleati – l’ex ministro Fontana, il senatore Pillon, il vecchietto onnipresente pluripregiudicato e stramiliardario che saluta i fan perché deve andare “a puttane” – e quale che sia la sua replica chiedetele se restando con costoro crede di far avanzare o arretrare la condizione femminile nel nostro Paese.

Maria G. Di Rienzo

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(tratto da: “Women leaders driven offline and out of work by social media abuse”, di Annie Banerji e Sarah Shearman per Thomson Reuters Foundation, 14 novembre 2019, trad. Maria G. Di Rienzo.)

Londra: l’abuso pervasivo delle donne sui social media sta spingendo le leader di sesso femminile fuori da internet e, in alcuni casi, fuori dal lavoro come è stato detto durante una conferenza giovedì.

A due anni dall’inizio del movimento globale #MeToo, con le donne che trovavano forza nel condividere le storie di molestie sessuali, ora il virulento abuso da loro subito online ne sta facendo uscire alcune dalla vita pubblica. Che si tratti di politiche o di attiviste, molte ne hanno avuto abbastanza e biasimano i loro detrattori digitali per la decisione di sottrarsi.

“Perché dovrei andare su una piattaforma dove sono chiamata cagna e puttana?”, ha detto Karuna Nundy, una delle avvocate più note dell’India, durante una pausa della conferenza annuale di Thomson Reuters Foundation a Londra. “Il “trolling” può essere estremamente disturbante. Può infiltrarsi nel tuo telefono, diventare assai personale e sbattuto in faccia.”, ha aggiunto Nundy, che si è aggrappata al proprio lavoro nonostante anni di diffamazioni online.

L’ex candidata alla presidenza degli Usa Hillary Clinton ha detto questa settimana che i social media – da Facebook a Youtube – premiano le pubblicazioni offensive e le teorie della cospirazione, molte delle quali dirette a donne dall’alto profilo. Il suo commento segue la notizia per cui un certo numero di donne politiche hanno dichiarato che non si presenteranno alle elezioni del 12 dicembre in Gran Bretagna, citando gli abusi subiti sulle piattaforme dei social media che includevano minacce di stupro e di morte. La Ministra della Cultura Nicky Morgan ha fatto riferimento agli alti livelli di abuso che le donne politiche “affrontano di routine” nella sua lettera di dimissioni. (…)

Le ditte che hanno la proprietà dei social media sono sotto pressione affinché rimuovano i bulli e Twitter ha promesso regole più dure sulle molestie sessuali online e anche penalità più severe per i trasgressori. Molte donne non possono esprimersi liberamente su Twitter senza timore di violenza, aveva detto Amnesty International l’anno scorso. Twitter non aveva commentato.

L’abuso può spaziare dal “doxing” – il rivelare dati personali come l’indirizzo di casa o il nome di un figlio – al postare immagini di nudo. “Sono le donne, in modo sproporzionato, a fare esperienza dei contenuti più ripugnanti.”, ci ha detto al telefono Julia Gillard, che è stata Primo Ministro dell’Australia. Sostiene che la rapida crescita dei social media ha significato diventare bersagli di aggressioni per un maggior numero di donne con un profilo pubblico.

La tecnologia in se stessa non è da biasimare, ha detto la scrittrice e attivista per i diritti delle persone disabili Sinead Burke (Ndt. – in immagine), invitando gli utenti a pensarci bene prima di pubblicare su piattaforme enormemente popolari come Facebook o Twitter.

sinead

“Sì, possiamo dar la colpa alle piattaforme per i loro algoritmi… ma come ci assicuriamo che le persone capiscano di aver responsabilità per le proprie azioni?”, ha detto Burke, la quale vive con l’acondroplasia, una patologia della crescita ossea che causa il nanismo.

Burke ha ricordato come un ragazzino la saltò alla cavallina mentre il suo amico filmava la scena per avere un video da pubblicare sui social media, “in un tentativo di diventare virali”: “Il problema non è la tecnologia – sono le persone.”

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“Io tua figlia la sbatto e la stupro quando voglio, tu non mi puoi fare niente perché sono minorenne, non mi puoi toccare, faccio quello che mi pare perché non sono punibile”.

Così, riporta la stampa in questi giorni, in quel di Perugia un ragazzino avrebbe risposto al padre della 13enne che molestava da tempo mediante “una pesantissima serie di apprezzamenti, inviti e ricostruzioni a sfondo sessuale”. Di sfuggita, vorrei far notare a giornalisti e non che gli “apprezzamenti” in genere non inducono disagio e malessere nella persona che li riceve ne’ riducono la stessa a tette-culo-cosce a cui fare questo e quello: perciò, smettete di chiamare le molestie sessuali “apprezzamenti”, grazie.

La vicenda finisce in cronaca perché il giovanissimo sedicente “stupratore in fieri” ha denunciato il padre della sua vittima per lesioni e minacce, l’uomo nega di averlo malmenato e parla di ritorsione da parte del ragazzo, ma questa è ormai materia per i tribunali e non più di mia competenza. I giornali non specificano l’età dello stalker, tuttavia se è stato in grado di presentare una querela personalmente deve avere almeno compiuto 14 anni (art. 120 del Codice Penale).

Di fianco a questa notizia si può leggerne un’altra che riguarda un ragazzino di Novellara (Reggio Emilia) ancora più giovane:

Aiuto, papà vuole uccidere mamma: 12enne chiama i carabinieri e fa arrestare il genitore. (…)

Le indagini hanno rivelato che l’uomo, dal 2013, sottoponeva a costanti vessazioni fisiche e morali la moglie 35enne, sistematicamente insultata, minacciata anche mostrandole un ascia, e picchiata con pugni, schiaffi e calci anche di notte per impedirle di prendere sonno (…) arrivando a costringerla con violenza e minaccia a subire atti sessuali completi persino davanti ai figli minori”. Papà, tra l’altro, sventolava l’ascia anche di fronte al dodicenne, tanto per fargli capire a cosa si va incontro quando un UOMO a tutte maiuscole è contrariato.

L’Italia, oltre ad avere un’immeritata fama di Paese in cui “guai a toccare i bambini”, ha firmato dozzine di convenzioni e protocolli internazionali riguardanti la tutela dei minori, ha istituito dal 2011 un’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza e nel luglio scorso financo una “Squadra speciale di giustizia per la protezione dei minori”. Sono convinta che la maggior parte delle persone che lavorano nell’ambito siano competenti in svariate discipline, sinceramente interessati al benessere dell’infanzia e svolgano il loro lavoro con coscienza: sono meno convinta che sappiano riconoscere il peso che stereotipi e discriminazioni di genere hanno nel creare e mantenere in essere la violenza.

Lo “stalkerino” di Perugia sembra avere in mente un quadro assai chiaro per cui le donne sono fatte per essere sbattute e stuprate. Non distingue la violenza dal sesso. Il fatto che gli assalti sessuali siano reati è solo una seccante convenzione sociale che comunque lui, per il momento, è in grado di ignorare bellamente. Non è unico e speciale in tale atteggiamento: una marea di suoi coetanei la pensa allo stesso modo ed esprime con larghezza sui social media convincimenti identici o similari. Questi sono comportamenti appresi, non inclinazioni naturali, e io non vedo nulla all’opera per contrastare le condizioni in cui essi si formano: cioè, non percepisco da parte delle istituzioni alcun tentativo per rompere con la visione patriarcale del rapporto tra i sessi – il quale, come è evidente nella vicenda del ragazzino di Novellara, fa malissimo alle femmine tutte ma non omette di ferire gravemente un bel numero di maschi.

Adesso immaginate i due adolescenti di fronte a una terza notizia in cronaca negli stessi giorni:

“21 ottobre 2019 – Coccaglio, Brescia: Prende a martellate moglie e figlia, patteggia e torna a vivere accanto a loro. (…) L’uomo ha patteggiato una condanna a quattro anni e sei mesi per tentato omicidio. In giornata lascerà anche il carcere per poter tornare ad abitare nella palazzina della famiglia. Non risiederà nella stesso appartamento di moglie e figlia, che potrà però liberamente incontrare, ma in un’abitazione al piano inferiore.” Il tentato omicidio risale alla scorsa estate.

Perugia: Se dopo averla sbattuta e stuprata tenti di ucciderla, non è una cosa grave. Puoi uscire dal carcere in un paio di mesi. Se la ammazzi sul serio magari qualcosa di più, 6 mesi, un anno? Se resta viva puoi persino continuare a stare con lei o molto vicino a lei… Pensa a come si cagherà addosso, la stronza. E’ ovvio, le donne sono fatte per nostro uso e consumo, non dobbiamo loro alcun rispetto, sono meno che umane.

Novellara: Ma allora a cosa serve chiamare la polizia, chiedere giustizia o risarcimento? Che valore hanno il dolore di mia madre, il mio, quello dei miei fratellini? A mio padre sarà permesso tornare a casa, mi imporranno di incontrarlo, lo imporranno alla mamma? Sembra che le donne siano fatte a uso e consumo degli uomini, non si dà loro alcun rispetto, sono meno che umane.

Maria G. Di Rienzo

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