Cari italiani, particelle autocentrate in un universo solipsista, ardimentosi da tastiera, fieri fustigatori dei costumi della squadra avversaria (politica, sociale, etnica ecc.) e sbrodolatamente inclini al perdono e alla comprensione e persino all’esaltazione per gli stessi costumi nella squadra propria, analfabeti irosi – funzionali, di ritorno e ab origine… grazie per i vostri illuminanti pensieri espressi in data odierna sulla vicenda della mensa scolastica di Corsico (ove il Sindaco ha ordinato che i figli di chi non paga non mangino: è bene dare lezioni su come si vive in Italia sin dall’asilo, infatti.) Uno dei padri “morosi” ha spiegato le sue ragioni: la moglie che ha perso il lavoro, i 1.600 euro del suo stipendio – la cui metà se ne va per l’affitto della casa – che per una famiglia di 4 persone non bastano, la vergogna che gli ha impedito di chiedere aiuto ai servizi sociali, le notti insonni, le bollette chiuse nel cassetto e la penosa decisione su quale pagare con le palanche che restano dopo aver comprato da mangiare, il nonno che infine paga per la mensa del nipotino (e l’uomo trova umiliante, a 46 anni, dover chiedere aiuto al proprio padre).
L’odio che avete scaricato su questa persona è senza paragoni. Ve ne riporto qualche riga:
Non capisco perché io che preparavo per mio figlio, quale contribuente ora dovrei pagare per questo genitore, che piagnucola.
Qualcuno spieghi al signore in questione che se la mensa al figlio non gliela paga il nonno (e allora? è suo parente stretto), gliela pagano i contribuenti. Non mi sembra meno umiliante e iniquo. Ci dica anche il signore che automobile possiede, che tipo di smartphone, televisore a quanti pollici, se il figlio ha la playstation ecc.ecc. Ah già, questi ultimi sono oggetti di prima necessità, mica come la mensa, che tanto c’è qualcuno che te la paga …
Innanzi tutto sarebbe troppo difficile distinguere tra chi fa il furbo e chi proprio non può (abbiamo già visto tutti l’inutilità del ISEE). In secondo luogo meglio chiedere al padre che vivere di elemosina elargite dalla società. Non vedo perché il nonno non debba pagare ma gli estranei sì.
Eur 1600 al mese non sono tanti ecco perché è inutile sperperarli pagando la mensa al figlio. Certo che se non li sa usare al meglio… poi non può piangere miseria.
Sì senza dubbio il signore non sa gestire bene le sue esigue finanze.
Lasciate che vi dica qualche piccola, scomoda, verità.
1) Anche quest’uomo che non ha pagato la mensa scolastica è un contribuente. Il lavoro dipendente è tassato sino all’ultimo centesimo e alla fonte, scongiurando ogni possibile tentativo di evasione. Perciò il signore, se seguiamo il vostro punto di vista cieco e autoreferenziale, paga per voi ogni mese. Per quel che resta della sanità pubblica, della scuola pubblica, della rete del welfare. Se in un momento critico della sua esistenza la società che il suo lavoro finanzia e sostiene gli torna qualcosa non si tratta di elemosina: è un atto dovuto, è il fondamento del vivere insieme in una nazione civile, decente, democratica.
2) Fosse anche questa persona un genio della finanza, a conti fatti ogni mese gli restano “200 euro per la spesa per quattro persone, le bollette e la scuola”. Ma voi siete talmente gonfi di disprezzo e di ignoranza da suggerirgli di “usarli meglio”. Come, possiamo saperlo? Quale smart investment è meglio, con la favolosa somma di 200 euro, un po’ di gratta-e-vinci o una pistola di seconda mano per rapinare una banca?
3) Essere poveri non significa smettere di vivere. Vivere, non sopravvivere, significa trovare piacere nella vita (soddisfazioni anche piccolissime e banali, l’amore di altre creature, l’amore per altre creature) e, ve lo dico sulla mia pelle, resistere alla tentazione di buttarsi dal balcone è possibile solo trovando piacere nella vita. Perciò io sono miserabile e ho un computer – vecchio, malandato e riottoso – su cui sto scrivendo: perché la mia condizione di povertà sia degna, devo gettarlo dalla finestra prima di volare io? E’ troppo lusso che io voglia continuare a scrivere, che è la mia professione e il fulcro della mia esistenza? Il fatto che io abbia pochissimo, per voi significa che devo avere di meno ancora, per l’unico nobile scopo di ottenere il vostro umido ciglio? Io non devo piacervi per avere diritti umani. Il signore su cui avete vomitato il vostro odio non deve piacervi per avere diritti umani. Inalienabili, indivisibili, li abbiamo da quando abbiamo tratto il primo respiro nel mondo, sono iscritti nel mero fatto che esistiamo e non ce li concede il signorotto feudale di turno.
Perciò a me non importa se il figlioletto dell’uomo su cui state sputando addosso ha una playstation. Può essere stata comprata prima del tracollo economico della famiglia o dopo con 10 euro al mese per un anno, può avergliela regalata il nonno, e non cambia il fatto che questo bambino sia povero, ne’ equivale alla necessità che per essere classificato “veramente” povero debba giocare solo con i sassolini del cortile.
Uscite da questa condizione di sguardo fisso al vostro ombelico e di odio per tutto quel che vi circonda e al vostro ombelico non corrisponde, perché la gestione infame dell’economia di questo paese potrebbe non risparmiarvi domani. Un tempo io ero una cittadina italiana, con diritti e doveri sanciti dalla Costituzione del mio Paese. Oggi sono una statistica. Mi ficcano dentro numeri percentuali, chiosano tali cifre soddisfatti o insoddisfatti (in crescita rispetto a – in diminuzione rispetto a – le borse però – la ripresa infatti – ) e niente nulla nada niet opsò viene fatto al proposito.
Faccio parte del “41,7% di famiglie in cui almeno una persona in un anno ha dovuto rinunciare a una prestazione sanitaria” – Censis, 20 ottobre 2015.
Faccio parte dell’ “11,7% di famiglie in difficoltà con il pagamento delle spese domestiche” – Istat, 7 novembre 2015.
Faccio parte del “14,3% di italiani che hanno arretrati sul mutuo, l’affitto e le bollette”, del “49,5% che non possono permettersi una settimana di ferie lontano da casa”, del “38,8% che non può permettersi una spesa imprevista di 800 euro” – Istat, 23 novembre 2015.
Faccio parte del “15% della popolazione maggiore di 16 anni che non può permettersi di sostituire gli abiti consumati”, del “quinto che non può svolgere attività di svago fuori casa per ragioni economiche”, del “terzo che non può permettersi di sostituire mobili danneggiati” – Istat, 2 dicembre 2015.
Faccio parte del “milione e ottocentomila famiglie il cui canone d’affitto incide per oltre un terzo sui loro redditi” – Nomisma, Federcasa, 21 dicembre 2015
Però voi odiatori analfabeti state benissimo no? Magari vi ingegnate pure a gestire “creativamente” le vostre finanze, a imitazione dei vostri superiori (governanti, finanzieri, imprenditori, proprietari) implicati in scandali di ruberie, collusioni mafiose, spese pazze, fondi neri, appalti truccati, un giorno sì e l’altro pure. Come ha detto il funzionario del Comune di San Giorgio a Cremano (finito agli arresti domiciliari insieme ad altre cinque persone) a chi gli faceva notare che intascare e usare i soldi pubblici per gli stracazzi suoi era furto: “Embè, sì certo, rubo. E allora? E’ normale.”
Sapete, sto ringraziando in ginocchio tutte le mie piccole divinità e la mia dignità umana: non sono normale. Maria G. Di Rienzo