Un po’ in ritardo – avevo cose più urgenti e migliori da fare – ma eccoci alla nuova puntata dell’eroica “lotta all’obesità” intrapresa dalla Coop di cui sono socia (ancora per poco, credo).
L’esperto ricercatore ecc. ecc. sull’alimentazione non ha in pratica altro di cui occuparsi, per riempire la sua rubrica su “Consumatori”, che i “tossicodipendenti da cibo” e “malati” – così lui li ha definiti, ma ultimamente ha voluto essere gentile e spiegar loro perché si ingrassa.
E’ presto detto: bisogna fare attenzione a quello che si mangia (eureka, non ci avevamo mai pensato prima!), ma anche pensare al fatto che i cavernicoli non erano grassi perché facevano un sacco di moto andando a caccia (di dinosauri?). Per cui non vergognatevi eccessivamente, è naturale, mangiate solo porcherie e siete sedentari. Risolto.
Com’è ovvio non posso rimproverare a chi ha fatto studi del tutto differenti di non essere uno storico, ma quando si fanno studi differenti è meglio non posare da storici. L’umanità, presente sul pianeta da oltre 900.000 anni, ha cominciato a mangiare carne – e quindi nello stesso periodo, presumibilmente, a cacciare – circa 10.000 anni fa. Prima, se raccoglievamo abbastanza bacche da un arbusto per riempirci lo stomaco, è ragionevole ipotizzare che il resto del tempo non lo passavamo a fare flessioni, ma a grattarci quello stesso stomaco o a spulciarci vicendevolmente. Dopo, ma molto prima di appuntire lance, le “cacce” per la carne sono consistite per lungo tempo nell’acchiappare piccolissimi animali – per esempio un bel mucchietto di vermi in un tronco marcio. Similmente dopo il pasto ci siamo fatti un sonnellino, abbiamo riassettato la caverna, magari decorandola con un po’ di incisioni, o abbiamo scolpito figurine: in stragrande maggioranza di donne-dee così “grasse” da far svenire dall’orrore l’esperto della Coop.
Solo poche altre cose:
1) da 60 anni la comunità medica dispone delle informazioni per sapere che le diete non funzionano – non solo quella “paleolitica” o quella della Weight Watchers, tutte. Sin dal 1959, la ricerca ha dimostrato che i tentativi di perdere peso tramite dieta falliscono dal 95 al 98%; dieci anni dopo, 1969, la ricerca ha dimostrato che perdere solo il 3% del peso corporeo corrisponde a un rallentamento del 17% del metabolismo: un responso totale del corpo all’inedia che produce un’esplosione di grelina (ormone che stimola l’appetito) e abbassa la temperatura interna sino a che non si mangia abbastanza da riguadagnare peso. Insomma, fallo pure, stai a dieta: dovrai continuare a stare a dieta per l’intera tua esistenza;
2) la seconda lezione che l’establishment medico, l’industria dietetica, ecc., si rifiutano di imparare è che peso e salute non sono perfetti sinonimi. Gli studi se li possono andare a cercare – sono stanca di faticare per costoro – ma i risultati, più o meno dappertutto, sono questi: da un terzo a tre quarti delle persone classificate come “obese” sono metabolicamente sane. Non mostrano segni di alta pressione sanguigna, resistenza all’insulina o livello alto di colesterolo. Di converso (studio terminato nel 2016, durato 19 anni) i magri non consumatori di vegetali e non molto attivi hanno il doppio di probabilità di diventare diabetici dei grassi che mangiano bene e si muovono – pur restando grassi;
3) la continua umiliazione delle persone rispetto al loro peso dà in effetti dei risultati: negli Usa, dati del 2017, circa la metà delle bambine dai 3 ai 6 anni è preoccupata di essere grassa. Una domanda per tutti gli “esperti” in circolazione: quante di costoro si getteranno sui binari di un treno in corsa, una volta raggiunta l’adolescenza?
Maria G. Di Rienzo