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(“Evolutionary Psychology Quiz”, di Lyta Gold per Current Affairs, 5 maggio 2019, trad. Maria G. Di Rienzo.)

La psicologia evoluzionistica è spesso ingiustamente calunniata come “la frenologia della nostra epoca”, una “scienza composta di stronzate” che produce “affermazioni non verificabili” sulla base di “prove carenti” per poter sostenere “gerarchie sessiste, razziste e omofobiche”.

Questo non è corretto. Attingendo alle aggregazioni di dati della scienza sociale, deduce la necessaria esistenza di concreti fatti biologici. Vero, non abbiamo trovato la maggior parte dei geni o strutture cerebrali altamente differenziate che dovrebbero esistere per puntellare la stragrande maggioranza delle teorie della psicologia evoluzionistica. Ma questo NON significa che si tratta per lo più di pseudoscienza. Significa che i biologi che dovrebbero lavorare su questo problema sono pigri e probabilmente anche gelosi.

Come facciamo a sapere che la psicologia evoluzionistica è perfettamente valida? Be’, tanto per cominciare ha non uno ma ben due termini scientifici nel proprio nome. E inoltre, è semplice buonsenso: l’Homo Sapiens si è evoluto in un violento stato naturale in cui “il vincitore prende tutto” e perciò gli elementi più profondi e veri della psicologia umana sono innati, brutali e individualistici. I falsi orpelli della “civiltà” sono venuti più tardi e hanno ricoperto la nostra psicologia naturale con ogni cosa che di noi è gentile, femminile, decadente, superficiale, cosmopolita, innaturale e legalista.

Chiunque tenti di chiamare ciò “sessista”, “pura e semplice ideologia”, “vagamente antisemita” o “molto comodo” non capisce la scienza. Qui c’è un quiz che esamina la vostra conoscenza della psicologia evoluzionistica. Per favore tenete a mente che la psicologia evoluzionistica usa per le prove standard differenti dalle scienze esatte. Tali standard sono inalterabili e quindi non possono essere discussi.

illustrazione di c.m. duffy

1. I recettori della serotonina delle aragoste somigliano molto a quelli umani, al punto che le aragoste possono essere influenzate dagli antidepressivi. La struttura sociale delle aragoste è gerarchica. Cosa ci dice questo su noi esseri umani e sul nostro innato bisogno di gerarchia?

a. Gli esseri umani, come le aragoste, desiderano essere governate da un’unica Sovraragosta, che regna sotto il mare su un trono fatto di crostacei e sangue.

b. Gli esseri umani, come le aragoste, desiderano essere mangiati da specie più grandi, più intelligenti e più mobili. E’ il motivo per cui ho inviato segnali radio invitando i buongustai alieni a scendere sul nostro mondo e a scegliere fra noi. Benvenuti, commensali della galassia! Io sono il più carnoso!

c. Gli esseri umani, come le aragoste, a volte muoiono di sfinimento durante la muta, il che spiega perché vestirsi al mattino è coooosì faticoso.

d. Gli esseri umani, come le aragoste, si accoppiano solo quando la femmina della specie seleziona un maschio, sta in agguato presso la casa di lui e piscia un imponente getto di urina profumato di feromoni sulla sua porta. Se questo non somiglia al vostro personale comportamento in materia di accoppiamento, allora non state obbedendo ai vostri naturali istinti genetici e dovete correggervi conformemente.

2. Gli studi mostrano che le donne hanno una leggera preferenza per il colore rosa. Questo fenomeno non dev’essere messo in relazione all’ubiquità dei vestiti e dei giocattoli rosa diretti dal mercato alle bambine. La cultura non è un “innato” elemento motore del comportamento umano (a differenza del mercato, il quale è una forza che occorre naturalmente, proprio come la tettonica delle placche). Gli psicologi evoluzionistici teorizzano che le donne hanno sviluppato il gradimento del colore rosa perché le aiutava a raccogliere bacche selvatiche. Quale prova sostiene al meglio questa teoria?

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3. Prominenti e rispettati psicologi evoluzionistici hanno scritto libri e articoli delucidando i seguenti concetti: gli uomini sono naturalmente promiscui come parte di una strategia evolutiva per farsi quante più pollastre possibile; lo stupro è parte della natura umana perché lo fanno gli scimpanzé, e anche perché assicura il farsi più pollastre possibile; le femmine umane hanno sviluppato i seni come parte di una strategia evolutiva per attrarre gli uomini, perché gli uomini associano la forma dei seni a quella delle natiche divenendo di conseguenza due volte più arrapati.

Se queste teorie sono corrette, quale delle seguenti proposte politiche dovreste voi logicamente promuovere? Potete selezionare più risposte.

a. Poiché gli uomini sono cani in calore e stupratori, troppo eccitati dalla doppietta di seni-natiche per pensare chiaramente, non dovrebbe essere loro più permesso di votare o di possedere proprietà.

b. Dato che gli uomini non sono selettivi nella loro libidine (id est, sono semplicemente animali irragionevoli che vogliono accoppiarsi con quante più donne possibile), dovrebbero essere dati in prestito alle donne a turno. Poiché l’unico elemento chiave dell’evoluzione umana è l’obiettivo di trasmettere i propri geni, possiamo aver fiducia che gli uomini saranno perfettamente felici di questo arrangiamento.

c. Quando un artista maschio disegna un quadrato, si dovrebbe fargli saltare la matita dalla mano a schiaffi. Biologicamente, dovrebbe rispondere solo a forme rotonde, come seni e natiche.

d. Se gli uomini si lamentano di questi arrangiamenti, chiedendo di essere trattati come completi esseri umani con il diritto di votare, possedere proprietà, scegliere le proprie partner romantiche senza coercizione e vivere qualsiasi creativa e soddisfacente vita essi stessi scelgano, saranno inviati alla Ri-Educazione Maschile e ai Campi Ricreativi, dove saranno loro instillate con la forza le indisputabili verità della psicologia evoluzionistica, e sarà anche insegnato loro a fare collanine con il popcorn.

4. “Perché questo quiz attacca solo argomentazioni fittizie? Perché omette di affrontare affermazioni serie come la “biodiversità umana”, o come il fatto che le giovani donne sono geneticamente programmate per preferire gli uomini più anziani, anche se gli uccelli degli uomini anziani non funzionano? Dove posso inviare le mie e-mail furibonde? Mi state prendendo in giro? La psicologia evoluzionistica è un affare molto serio! STO PARLANDO CON TE. GLI UOMINI STANNO PARLANDO.”

Nel tuo arrabbiato responso alla redazione, scegli l’animale estinto che credi incarni meglio la tua collera preistorica. Per favore, fornisci una spiegazione plausibile su come abbatterai questo animale con qualche bastone appuntito e nessuna conoscenza della fisica moderna. Poiché i tuoi antenati erano naturalmente selezionati per dare la caccia a questi animali, e tu hai ereditato i loro geni, dovresti essere del tutto in grado di portare a termine l’incarico.

a. Mammut lanoso (Mammuthus primigenius)

b. Alce irlandese o Megacervo (Megaloceros giganteus)

c. Tigre dai denti a sciabola (Smilodonte)

d. Meta-lupo (Canis dirus)

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(brano tratto da: “Breaking Out of the Domination Trance”, di Riane Eisler per Kosmos – inverno 2018, trad. e adattamento Maria G. Di Rienzo. Si tratta della trascrizione dell’intervento di Eisler al Summit 2018 sulla Sicurezza in Irlanda. Riane Eisler è presidente del “Center for Partnership Studies”, femminista, avvocata per i diritti umani di donne e bambine/i, autrice di libri tradotti in tutto il mondo: l’immagine la ritrae con uno di essi. Il suo sito è rianeeiesler.com )

riane

(…) In numero sostanziale stiamo cominciando a emergere da quella che io chiamo la “trance del dominio”, una trance perpetuata da tutte le nostre istituzioni, i nostri sistemi di credenze, da ambo le nostre narrative – popolare e scientifica, e persino dal nostro linguaggio, perciò stiamo solo cominciando a vedere qualcosa che, una volta articolato, può apparire ovvio: che i modi in cui una società costruisce i ruoli e le relazioni fra le due forme base della sua specie – maschile e femminile – così come costruisce le relazioni durante la prima infanzia, sono in effetti istanze sociali che hanno impatto diretto sul fatto che tutte le nostre istituzioni sociali (dalla famiglia all’istruzione, dalla religione alla politica e all’economia) siano egualitarie o diseguali, autoritarie o democratiche, violente o nonviolente. (…)

Nessuna società è un sistema di assoluto dominio o assoluta cooperazione; si tratta di un continuum cooperazione-dominio. Ma voglio darvi brevemente qualche esempio di società contemporanee che sono vicine all’estremità del dominio della bilancia sociale. Sono società molto differenti se le osserviamo solo attraverso le lenti delle categorie sociali convenzionali: la Germania nazista di Hitler, un società di destra occidentale e laica; la Corea del Nord di Kim Jong-un, una società di sinistra orientale e laica; i Talibani dell’Afghanistan, una società orientale religiosa; i regimi teocratici a cui aspirano i fondamentalisti religiosi occidentali.

Nonostante tutte le loro differenze, queste società condividono la configurazione chiave del dominio:

* Consistono di gerarchie di dominio, non solo nello Stato ma anche nella famiglia e in tutte le istituzioni che stanno nel mezzo.

* Sostengono un sistema di valori basato sul genere. Danno un rango superiore al maschile sul femminile, con rigidi stereotipi su femminilità e mascolinità e, tramite questi, svalutano qualsiasi cosa considerata “tenera” o femminile a livello culturale, come l’avere cura, il prestare assistenza e la nonviolenza, che sono considerate cose totalmente non appropriate per i “veri uomini”, vanno bene solo per gli “effeminati” o per le deboli sorelle, e non sono parte del sistema di valori guida in ambito sociale ed economico.

* La terza componente chiave delle configurazioni sociali del dominio – e queste componenti si sostengono l’una con l’altra – è la violenza condonata e idealizzata socialmente. Dal pestaggio di figli e moglie ai pogrom allo stato di guerra cronico, mantenere i rigidi ordinamenti superiore-inferiore del dominio (uomo sopra donna, uomo sopra uomo, razza sopra razza, religione sopra religione e così via) richiede un alto grado di violenza incorporata, inclusa la violenza contro donne e bambini che, qui, stiamo lavorando per lasciare indietro.

Al contrario, la configurazione chiave del sistema di cooperazione consiste di:

* Una struttura democratica ed egualitaria sia nella famiglia che nello Stato o tribù, e in tutte le istituzioni che stanno nel mezzo.

* Relazione paritaria d’eguaglianza fra donne e uomini e, con questo, alta valutazione delle caratteristiche e delle attività cosiddette “tenere” o femminili sia nelle donne sia negli uomini, così come nelle politiche sociali ed economiche.

* Un basso livello di violenza incorporata; c’è qualche forma di violenza, ma non è necessaria a mantenere gerarchie di dominio. I sistemi orientati alla cooperazione hanno anche gerarchie, ma sono gerarchie relative alla concretizzazione, dove il potere – come vediamo sempre di più mentre tentiamo di muoverci verso la cooperazione – non è potere sugli altri, ma potere di fare e potere con gli altri.

Di nuovo, le culture che si orientano verso il lato della cooperazione possono per altri aspetti essere molto diverse. Possono essere società tribali, come per i Teduray delle Filippine; società agrarie, come per i Minangkabau di Sumatra; possono essere società tecnologicamente avanzate come Svezia, Finlandia e Norvegia.

Voglio sottolineare che l’archeologia, lo studio delle mitologie, gli studi sul DNA, la linguistica e altre discipline stanno documentando ora che per la maggior parte dell’evoluzione culturale umana le società sembrano essersi orientate primariamente sulla bilancia sociale verso la cooperazione.

Non sto parlando solo delle migliaia di anni in cui gli esseri umani hanno vissuto in società che raccoglievano-cacciavano cibo, il che è ormai documentato assai scrupolosamente, sto parlando delle nostre primissime società agricole.

Per esempio, la città turca di Çatalhöyük, dove andando a ritroso di 8.000 anni non vi sono segni di distruzione dovuta a guerre; non vi sono segni di grosse disparità fra abbienti e meno abbienti negli oggetti rinvenuti nelle case e nelle tombe e, come ha notato Ian Hodder (l’archeologo che attualmente sta scavando a Çatalhöyük), questa era una società in cui le differenze sessuali non si traducevano in differenze di status o di potere. (…)

Il nostro compito è inaugurare un’intera nuova visione del mondo in cui le questioni che direttamente hanno effetto sulle vite, e troppo spesso sulle morti, della maggioranza dell’umanità – donne e bambini – siano riconosciute come fattori chiave per costruire un futuro più equo, più sostenibile e più sicuro.

La prima pietra angolare: Relazioni nell’infanzia

Sappiamo dalla neuroscienza che quel che i bambini sperimentano e osservano nelle loro famiglie e nelle altre relazioni precoci interessa niente di meno che il modo in cui il nostro cervello si sviluppa e queste esperienze e osservazione sono direttamente modellata dal grado in cui un ambiente culturale si orienta verso la cooperazione o verso il dominio.

Considerate che quando relazioni familiari basate su violazioni croniche dei diritti umani sono considerate normali e morali, esse forniscono modelli per condonare violazioni simili in altre relazioni. E se queste relazioni sono violente, i bambini apprendono che la violenza di chi ha potere su chi ne ha meno è accettabile nel maneggio dei conflitti o problemi e per mantenere o imporre controllo. Non apprendono questo solo a livello emotivo e mentale, ma a livello neurale.

Questo è il motivo per cui le relazioni nell’infanzia sono così importanti e il motivo per cui abbiamo bisogno di una campagna globale per mettere fine alla pandemia di tradizioni di abuso e violenza nei confronti dei bambini.

La seconda pietra angolare: Relazioni di genere.

Come una società costruisce i ruoli e le relazioni delle due forme base dell’umanità – donne e uomini – non ha effetto solo sulle individuali opzioni di vita per donne e uomini, ha effetto sulle famiglie, sull’istruzione, sulla religione, sulla politica, sull’economia: ciò che consideriamo di valore o non di valore e ciò che crediamo sia morale o sia immorale.

Mentre il movimento globale delle donne si diffonde, più uomini hanno cura dei piccoli, più donne entrano in posizioni guida economiche e politiche, ma è tutto troppo lento. Ci stiamo mettendo troppo anche a cancellare la pandemia globale di discriminazione, abuso e violenza contro le donne che ho documentato in molti miei lavori.

Ciò di cui abbiamo urgentemente bisogno – e, di nuovo, ciò accadrà solo se lo faremo accadere – è una campagna globale per relazioni di genere eque e nonviolente. Ciò ci porta alla terza pietra angolare per costruire una società di cooperazione.

La terza pietra angolare: Relazioni economiche.

Le quattro fondamenta sono interconnesse e si rinforzano reciprocamente, perciò voglio cominciare con i nostri sistemi di valori sul genere e su come la svalutazione delle donne e del “femminile” abbia impatto diretto sulla generale qualità della vita in una società. C’è evidenza empirica di ciò in numerosi studi, i quali confermano come i Paesi che hanno un basso divario di genere sono anche i Paesi che hanno più successo economico.

Una ragione ovvia è che le donne sono metà della popolazione. Ma ce n’è un altra: sino a che metà dell’umanità a cui sono associati valori come cura, compassione e nonviolenza resta subordinata e esclusa dall’amministrazione sociale, così lo saranno questi valori.

Di conseguenza, gli attuali sistemi economici – siano capitalisti o socialisti – non sono capaci di affrontare le sfide senza precedenti che abbiamo di fronte a livello economico, ambientale e sociale. Sia il capitalismo sia il socialismo non solo vengono dall’era industriale, e noi siamo ormai ben avanti nell’era post-industriale, ma entrambi sono emersi in epoche che li hanno orientati notevolmente di più, nel continuum, verso il lato del dominio

Perciò, mentre possiamo voler conservare qualsiasi elemento di cooperazione vi sia nelle teorie capitaliste e socialiste, dobbiamo andare oltre entrambe verso quella che io chiamo “economia di cura”. Capisco che la gente resta allibita nel sentire “cura” e “economia” nella stessa frase, ma non è questo un terribile commento su come siamo stati socializzati ad accettare che i sistemi economici debbano essere diretti da valori insensibili?

Questo deve cambiare e un primo passo per il cambiamento è come misuriamo la salute economica. Perché ora sappiamo che se il valore del lavoro di cura nelle case fosse incluso nel PIL costituirebbe non meno del 30/50% di esso. In effetti, investire nella cura è molto redditizio, non solo in termini umani e ambientali ma puramente finanziari. Le nazioni nordiche erano così povere all’inizio del ventesimo secolo da soffrire di carestie, ma le loro successive politiche di cura furono un investimento chiave: oggi queste nazioni non solo hanno i più bassi tassi di divario di genere, ma regolarmente hanno alti posti in classifica nei rapporti sulla competitività economica del World Economic Forum.

Svezia, Norvegia e Finlandia hanno ora generalmente alti standard di vita per tutti, senza divari enormi fra abbienti e meno abbienti; hanno molta più equità di genere sia nella famiglia che nella società, perciò le donne sono circa metà del Parlamento nazionale. Per quel che riguarda la violenza, sono state pioniere sugli studi di pace e hanno emesso le prime leggi che proibiscono le punizioni fisiche ai bambini nelle famiglie.

Quel che vediamo qui è un forte movimento verso la configurazione della cooperazione – e una grossa parte di questa configurazione avviene perché avendo le donne status più alto queste nazioni danno maggior valore a caratteristiche e attività stereotipicamente femminili come sostegno, nonviolenza, cura; hanno congedi di maternità/paternità pagati generosamente, servizi per l’infanzia di alta qualità e universalmente accessibili; assistenza dignitosa agli anziani e altre politiche di cura. E questa configurazione sociale di cooperazione sostiene uno stile di vita più equo, pacifico, prosperoso e sostenibile. Ciò mi porta alla quarta pietra angolare: perché avreste mai saputo qualcosa di tutto questo dalle nostre narrazioni convenzionali?

La quarta pietra angolare: Narrative e linguaggio.

Le vecchie storie che abbiamo ereditato da tempi di dominio più rigido idealizzano la conquista e la dominazione – di persone o della natura – come mascoline, desiderabili e inevitabili. Queste storie non sono solo incapaci di adattamento, sono inaccurate. Noi esseri umani abbiamo un’enorme capacità di consapevolezza, cura e creatività, ma esse sono inibite o distorte in ambienti che privilegiano il dominio sulla cooperazione.

Per cui sta a noi, a voi, cambiare queste vecchie storie e questo è un tema portante in tutti i miei libri, perché noi umani viviamo di storie!

Dobbiamo anche operare cambiamenti nel linguaggio. Stante la nostra eredità culturale di dominio, non dovrebbe sorprenderci che le sole categorie in cui la nostra lingua descrive le relazioni di genere siano patriarcato e matriarcato. E questo cosa ci dice? Che le nostre uniche alternative sono: o comandano gli uomini o comandano le donne. La lingua che abbiamo ereditato da epoche di dominio più rigido non ha parole per descrivere relazioni di genere egualitarie, e questa è la ragione per cui il nuovo linguaggio della cooperazione è così essenziale.

(Ndt. Quel che io ho tradotto come “cooperazione” si poteva anche rendere come “mutualità”.)

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Il 27 dicembre 2009 ho creato questo blog, “Lunanuvola”. In realtà volevo chiamarlo “Luna Solitaria” (come il titolo del mio primo post, la traduzione di una poesia), ma il nome era già in uso.

Sono quindi nove anni che scrivo e traduco in questo luogo virtuale.

Il nove è un numero davvero interessante. Non solo perché, per esempio, comunque lo si moltiplichi il numero risultante può essere ridotto di nuovo a nove:

2 X 9 = 18, 1 + 8 = 9

4 X 9 = 36, 3 + 6 = 9

6 X 9 = 54, 5 + 4 = 9

9 X 9 = 81, 8 + 1 = 9

9 X 10 = 90, 9 + 0 = 9

20 X 9 = 180, 1 + 8 + 0= 9… e possiede altre particolarità matematiche, ma perché si trascina dietro una valanga di simbolismi – dalle nove Muse ai draghi cinesi alla mitologia nordica, che descrive l’universo come diviso in nove mondi, tutti connessi dall’albero cosmico Yggdrasil.

Per quel che riguarda il novenne blog, ho trovato particolarmente rispondenti due associazioni simboliche. La prima fa riferimento alla branca della filosofia induista che sostiene vi siano nove sostanze o elementi universali: Terra, Acqua, Aria, Fuoco, Etere, Tempo, Spazio, Anima e Mente. Penso di poterli tracciarli tutti e nove all’interno dei vari testi che ho scelto di pubblicare. Quando ho scritto ho sempre gettato nelle parole tutta me stessa; quando ho tradotto, ho scelto consapevolmente brani che rivelassero almeno in parte la stessa attitudine.

La seconda associazione concerne la carta numero nove dei Tarocchi, l’Eremita. Non solo per la “luna solitaria”. L’Eremita simboleggia l’esame di se stessi e la riflessione – vale a dire, esattamente quel che sto facendo in questo momento.

Gli ultimi due anni sono stati un inferno. Non riesco a descriverli in modo più lieve di questo, farlo sarebbe una falsità: il controllo della mia vita è passato dalle mie mani a quelle del mio (nostro) torturatore, che ha deciso se potevo restare in casa o no (di media sono scappata da una a quattro volte al giorno, nella maggior parte dei casi senza sapere dove andare e senza un soldo), se potevo lavorare o no (è impossibile essere creativi o precisi o diffondersi in analisi mentre sopra la tua testa piovono colpi e ululati rabbiosi), se potevo dormire o no e per quanto – e quando dovevo svegliarmi.

Il mio equilibrio – salute, serenità mentale, progettualità – è andato in frantumi. Tranquillanti a parte, crisi di batticuore e respiratorie a parte, mi porto in faccia i segni dell’abuso sotto forma di una dermatite da stress: gli antibiotici non sono serviti, gli antistaminici neppure, le analisi del sangue non rilevano infezioni. Quindi, mi hanno detto i medici, a meno che io non mi sottoponga a un intervento di chirurgia laser – per cui, manco a dirlo, non ho il denaro – sarò “Scarface” per il resto della mia esistenza.

(A proposito: per le persone che mi hanno chiesto di fare conferenze, seminari ecc. e che leggono questo blog – pensateci su. Non sono un mostro, ma non sono neanche più normale. Se decidete di sciogliere gli impegni presi per me va bene, basta che me lo comunichiate.)

Da fine novembre l’individuo ha cominciato a portar via roba dal suo appartamento e non ci dorme più. Ma non si è effettivamente trasferito: i mobili non sono venuti giù per le scale, i bidoni dell’immondizia sono regolarmente posizionati nei giorni di ritiro, il contatore dell’elettricità non è spento e il tipo passa ogni due/tre giorni a fare un po’ della sua solita baraonda: gli piace particolarmente “giocare a bowling” sul pavimento di pietra del corridoio, ci tira oggetti metallici, sferici o no, per lunghi periodi di tempo – il suo record ha sfiorato le quattro ore, intervallate da monologhi urlati e bastonate varie. Abbiamo parlato con l’amministrazione, più volte; lo abbiamo formalmente denunciato. Ha lo sfratto da più di un anno. I segnali indicano che se ne sta andando, però non riusciremo a rilassarci sino a che non saremo certi della sua partenza.

Ciò, detto mie care e miei cari – penso con particolare affetto ai “seguaci” – avevo pensato ancora una volta di chiudere il blog, di salutarvi con questo pezzo e di dedicare le mie attualmente scarse energie solo al mio nuovo romanzo (sono così stanca che per la prima volta in vita mia procedo per righe… è pazzesco) ma chi mi sta attorno insiste affinché io non lo faccia, con le più svariate motivazioni. Tutte sensate, tra l’altro.

Le voci dissidenti con argomentazioni di peso e valore sono così scarse, dicono i miei sostenitori, che anche la sparizione di questo blog sarebbe un danno. I danni da riparare nel nostro mondo sono abbastanza vasti e gravi da oscurare lo 0,000001 di differenza che io opero, tuttavia è vero anche che non lo fanno in modo perfetto. La crepa che ho aperto in una muraglia di cemento armato nel 2009 ne ha generate altre, lo so, e sono grata per ognuna di esse – giacché dietro a ognuna di esse c’è un essere umano che ha deciso di non vergognarsi più, di non tacere più, di avere legittimazione e diritto a uno spazio.

stone mask israele

La maschera che vedete in immagine ha 9.000 anni – il nove. L’hanno riscavata nel 2018 in Israele. E’ fatta di calcare rosa-giallo, è stata lavorata accuratamente con attrezzi di pietra e ha quattro fori lungo i bordi, probabilmente per tenerla legata al volto di qualcuno o a un palo rituale.

Il periodo è il Neolitico e le maschere simili sono legate alla “rivoluzione” agricola, ovvero al momento in cui i nostri antenati e le nostre antenate smisero di vagare raccogliendo il cibo per strada e cominciarono a coltivarlo. Sapete già che la ricerca storica indica le donne come ideatrici di questo cambiamento epocale. Torneremo a ciò fra un attimo, nel frattempo (e non è un argomento scollegato) parliamo degli auguri del Presidente Mattarella alla nazione. Hanno fatto un sacco di “rumore” attestando semplicemente l’ovvio: un paese è una comunità di persone; il rispetto reciproco è garanzia di sicurezza; la solidarietà è preziosa; lo stato sociale è una conquista da tutelare; il cambiamento avviene lavorando insieme. Che un discorso simile sia salutato come straordinaria novità positiva dà la misura di quanto scollegati, atomizzati, spaventati e confusi sono in genere, da anni, i cittadini italiani. Nel suo menzionare le aree problematiche del nostro vivere insieme, Mattarella ne ha però dimenticata una – e in questa omissione ha implicitamente cancellato la spada di Damocle che pende su metà della popolazione italiana: la violenza di genere. Il paese di cui è Presidente ha punteggi scandalosi, al proposito, in qualunque ricerca o analisi misuri impatto, danni e risposte dello Stato. Ma noi donne non siamo una priorità politica, ormai, per nessuno: da destra a sinistra, lungo l’intero spettro, siamo prese in considerazione esclusivamente per la nostra rispondenza alla soddisfazione maschile – e i parametri normativi di questa soddisfazione intridono l’intera nostra esistenza dalla culla alla tomba. Dai social media ai manifesti pubblicitari siamo circondate da immagini fasulle (sexy, hot, bellissima) e incoraggiate a somigliare a queste ultime come se ciò fosse lo scopo principale del nostro essere femmine e l’unico traguardo alla nostra portata. Spesso le donne che accettano tale scenario raggiungono titoli e dicasteri, in politica, per gentile concessione dei colleghi alle loro scollature e ai loro tacchi (e alla loro disposizione a essere mere marionette nelle sedi decisionali) e quindi sono impreparate e inefficaci sulle questioni di genere quanto i loro sodali di sesso maschile.

Per cui, il prossimo cambiamento epocale, una trasformazione che muti radicalmente il modo in cui stiamo nel mondo e il modo in cui abbiamo relazioni con altre/i (come accadde nel Neolitico) dobbiamo crearlo proprio noi. Abbiamo, guarda caso, nove punti interconnessi da affrontare in cui la nostra presenza e la nostra voce sono irrinunciabili: l’effetto che ognuno di essi ha sulla qualità e persino sulla durata delle nostre vite è enorme e senza le nostre prospettive udite e agite al proposito nessuno dei problemi relativi sarà mai risolto.

In ordine alfabetico:

ambiente

diritti civili

diritti riproduttivi

istruzione/educazione

lavoro

rappresentazione mediatica

rappresentanza politica

socializzazione di genere

violenza di genere.

Voglio lavorare con voi per il cambiamento, sorelle e fratelli. E’ la ragione per cui questo spazio resta aperto nonostante i miei travagli personali. Forse, per un periodo, sarò meno prolifica del solito. Ma datemi tempo e fiducia e resteremo insieme. Maria G. Di Rienzo

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Willendorf

Un po’ in ritardo – avevo cose più urgenti e migliori da fare – ma eccoci alla nuova puntata dell’eroica “lotta all’obesità” intrapresa dalla Coop di cui sono socia (ancora per poco, credo).

L’esperto ricercatore ecc. ecc. sull’alimentazione non ha in pratica altro di cui occuparsi, per riempire la sua rubrica su “Consumatori”, che i “tossicodipendenti da cibo” e “malati” – così lui li ha definiti, ma ultimamente ha voluto essere gentile e spiegar loro perché si ingrassa.

E’ presto detto: bisogna fare attenzione a quello che si mangia (eureka, non ci avevamo mai pensato prima!), ma anche pensare al fatto che i cavernicoli non erano grassi perché facevano un sacco di moto andando a caccia (di dinosauri?). Per cui non vergognatevi eccessivamente, è naturale, mangiate solo porcherie e siete sedentari. Risolto.

Com’è ovvio non posso rimproverare a chi ha fatto studi del tutto differenti di non essere uno storico, ma quando si fanno studi differenti è meglio non posare da storici. L’umanità, presente sul pianeta da oltre 900.000 anni, ha cominciato a mangiare carne – e quindi nello stesso periodo, presumibilmente, a cacciare – circa 10.000 anni fa. Prima, se raccoglievamo abbastanza bacche da un arbusto per riempirci lo stomaco, è ragionevole ipotizzare che il resto del tempo non lo passavamo a fare flessioni, ma a grattarci quello stesso stomaco o a spulciarci vicendevolmente. Dopo, ma molto prima di appuntire lance, le “cacce” per la carne sono consistite per lungo tempo nell’acchiappare piccolissimi animali – per esempio un bel mucchietto di vermi in un tronco marcio. Similmente dopo il pasto ci siamo fatti un sonnellino, abbiamo riassettato la caverna, magari decorandola con un po’ di incisioni, o abbiamo scolpito figurine: in stragrande maggioranza di donne-dee così “grasse” da far svenire dall’orrore l’esperto della Coop.

Hohle Fels

Solo poche altre cose:

1) da 60 anni la comunità medica dispone delle informazioni per sapere che le diete non funzionano – non solo quella “paleolitica” o quella della Weight Watchers, tutte. Sin dal 1959, la ricerca ha dimostrato che i tentativi di perdere peso tramite dieta falliscono dal 95 al 98%; dieci anni dopo, 1969, la ricerca ha dimostrato che perdere solo il 3% del peso corporeo corrisponde a un rallentamento del 17% del metabolismo: un responso totale del corpo all’inedia che produce un’esplosione di grelina (ormone che stimola l’appetito) e abbassa la temperatura interna sino a che non si mangia abbastanza da riguadagnare peso. Insomma, fallo pure, stai a dieta: dovrai continuare a stare a dieta per l’intera tua esistenza;

2) la seconda lezione che l’establishment medico, l’industria dietetica, ecc., si rifiutano di imparare è che peso e salute non sono perfetti sinonimi. Gli studi se li possono andare a cercare – sono stanca di faticare per costoro – ma i risultati, più o meno dappertutto, sono questi: da un terzo a tre quarti delle persone classificate come “obese” sono metabolicamente sane. Non mostrano segni di alta pressione sanguigna, resistenza all’insulina o livello alto di colesterolo. Di converso (studio terminato nel 2016, durato 19 anni) i magri non consumatori di vegetali e non molto attivi hanno il doppio di probabilità di diventare diabetici dei grassi che mangiano bene e si muovono – pur restando grassi;

3) la continua umiliazione delle persone rispetto al loro peso dà in effetti dei risultati: negli Usa, dati del 2017, circa la metà delle bambine dai 3 ai 6 anni è preoccupata di essere grassa. Una domanda per tutti gli “esperti” in circolazione: quante di costoro si getteranno sui binari di un treno in corsa, una volta raggiunta l’adolescenza?

Maria G. Di Rienzo

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(estratto da: “Ancient (Egalitarian) Societies, Modern (Women’s) Marches”, un ampio e dettagliato saggio di Liz Fisher per Patheos, 24 gennaio 2018, trad. e adattamento Maria G. Di Rienzo)

Gli eventi al giorno d’oggi si muovono velocemente ma hanno anche una qualità “spiraliforme attraverso il tempo”. Sono stata colpita, di recente, dalla sincronia di due nuovi sviluppi: uno che riapre l’interpretazione delle prime culture come devote alla natura e centrate attorno alla Dea, e l’altro consistente in un’impennata nella cultura contemporanea di donne che asseriscono il loro diritto a relazioni di genere egualitarie.

Il primo è stata una recente presentazione all’Università di Chicago, da parte di un prominente archeologo britannico, dei risultati delle analisi sui ritrovamenti di DNA nell’antica Europa neolitica e del loro influsso sul suo sviluppo. Il secondo è stato l’esprimersi attraverso il mondo, durante l’ultimo fine settimana e nel gennaio scorso, di milioni di donne che manifestavano per l’eguaglianza e la giustizia sociale, sostenute da uomini e bambine/i che partecipano alle dimostrazioni.

Chi di noi crede in relazioni di eguaglianza fra tutti i popoli e nella sacralità della Natura si interessa anche nelle antiche culture egualitarie descritte da Marija Gimbutas, una fine e rinomata archeologa. La dott. Gimbutas è stata l’autrice di 20 libri e più di 200 articoli sulla preistoria e sul folklore europei. Era un’autorità sulle incursioni preistoriche di popoli che parlavano l’indo-europeo in Europa, e di come cambiarono le società in loco.

gimbutas lituania

(Marija Gimbutas)

La dott. Gimbutas ha assemblato, classificato e interpretato circa 2.000 reperti simbolici dai villaggi neolitici in vari siti europei. Ha analizzato le culture patriarcali e le ha confrontate con le società pacifiche che le sue ricerche hanno scoperto nell’Europa dell’est, in Turchia, a Malta e altrove. La dott. Gimbutas sosteneva che le pacifiche comunità della Vecchia Europa, devote a una Dea Madre, erano state invase e violentemente sopraffatte da tribù patriarcali che onoravano un Padre Creatore. Lei la chiamò la “teoria Kurgan”.

Ora è stato confermato dai test sul DNA che i Kurgan adoratori del dio del cielo invasero in effetti le culture della Vecchia Europa. Il dott. Colin Renfrew, archeologo dell’Università di Cambridge e un tempo uno dei più grandi oppositori di Marija Gimbutas ora proclama che le nuove prove relative al DNA vendicano e validano il suo lavoro, almeno per quanto riguarda l’aspetto chiave delle invasioni.

Dice Joan Marler, editrice del secondo importante libro di Gimbutas: “La civiltà della Dea”: “Definendo la Vecchia Europa come fondamento della civiltà europea, e ipotizzando l’inizio del patriarcato come fenomeno successivo, simultaneo all’indo-europeizzazione del continente, la “teoria Kurgan” di Gimbutas sfida la dottrina che sostiene come la dominazione maschile abbia funzionato da storia originario per la civiltà occidentale.”

Nel suo libro “Il linguaggio della Dea”, pubblicato nel 1989, Gimbutas dice: “La Dea in ogni sua manifestazione era un simbolo dell’unione di tutta la vita in Natura. Il suo potere era nell’acqua e nella pietra, nella tomba e nella caverna, in animali e uccelli, serpenti e pesci, alberi delle colline e fiori. Da qui l’olistica e mitopoietica percezione della sacralità e del mistero di tutto ciò che esiste sulla Terra. Pace e nonviolenza erano le caratteristiche di queste culture. Ne “Il linguaggio della Dea” dice ancora: “Questa cultura provava profonda delizia nelle meraviglie di questo mondo. La sua gente non produceva armi letali ne’ costruiva fortezze come fecero i loro successori, neppure quando presero dimestichezza con la metallurgia. Invece, costruivano magnifiche tombe-altari e templi, case confortevoli in villaggi di media entità, e creavano superbe ceramiche e sculture. fu un lungo e durevole periodo di notevole creatività e stabilità, un’era priva di lotte. La loro cultura era una cultura dell’arte.”

Ggantija Temples - Malta

(Malta)

Un’altra fonte di informazione e ispirazione sulla relazione fra antiche culture e preoccupazioni moderne è il lavoro di Riane Eisler, che lei offre sul suo sito “Center for Partnership Studies”. Il suo libro bestseller “Il Calice e la Spada” celebra ora il proprio 30° anniversario ed è stato ripubblicato con nuovo epilogo scritto da Eisler che discute le antiche culture e la loro rilevanza al giorno d’oggi. Altri libri di Eisler, incluso “La vera ricchezza delle nazioni: creare un’economia di cura”, affronta le preoccupazioni di coloro che hanno marciato e si sono organizzati attorno a tali questioni contemporanee. Tutto ciò fornisce lezioni che si collegano a ciò che stiamo attraversando attualmente? Io credo di sì. Ricordo di essere cresciuta con la visione patriarcale monoteistica della religione come l’unica possibile storia sacra. Essa lasciava fuori la femmina, e per estensione me stessa e tutte le donne, da ogni aspetto positivo della storia della creazione.

I corpi femminili erano rappresentati come tentazioni ad allontanare il maschio religioso da dio. La guerra era inevitabile. Poi abbiamo udito una storia diversa, una storia più antica, confermata dalle scoperte di Marija Gimbutas. Ascoltare questa narrazione in presenza di altre persone, mentre sedevamo in circoli spirituali, ha creato uno spostamento di paradigma.

La nuova prospettiva ridava alle donne innocenza (ndt. nel senso di non essere colpevoli in quanto femmine), rispetto di noi stesse e apprezzamento per i processi messi in atto dai nostri corpi sacri. Ci ricordò la nostra responsabilità di impegnarci nella società e nel mondo. Queste narrazioni attraggono anche gli uomini che sono in grado di abbandonare la tradizionale storia di dominio dei maschi sulle femmine e di reclamare le proprie qualità di cura.

Muovendoci in avanti al giorno d’oggi, il 20 e 21 gennaio le marce attraverso tutta l’America del nord e il mondo sono state trasmesse dalle televisioni. Le frasi #MeToo e #TimesUp, come protesta contro l’abuso sessuale delle donne, le avevano in mente molte partecipanti. I cartelli chiedevano anche attenzione alle politiche sull’immigrazione e ai diritti delle persone LGBT. Ai raduni si è chiesto alle donne di presentarsi alle elezioni per le posizioni chiave a ogni livello di governo. Le relatrici hanno affermato i contributi delle donne a diverse istituzioni sociali e alle famiglie. Uno dei fulcri principali delle proteste era il diritto delle donne a controllare i propri corpi.

A me sembra che le prove del DNA confermanti aspetti della ricerca della Prof. Gimbutas, che ci invitano a riconsiderare le antiche società in cui la donna era onorata, e la ripresa del Movimento delle Donne promuovano entrambe azione. Ciò si estende a reclamare la natura sacra di tutta la creazione e il diritto delle donne a partecipare pienamente a tutte le aree della vita sociale.

La prova che sono esistite società pacifiche in cui donne e uomini erano capaci di esistere e di fiorire insieme, in una cooperazione fra eguali, continua a ispirarci. Siamo tutte invitate a continuare a far sentire le nostri voci ovunque e comunque possiamo.

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Sulis bronzo - scoperta nel 1727

Sulis, bronzo originariamente coperto da lamine d’oro

Quest’anno il Solstizio d’Estate (oggi), il giorno più lungo dell’anno, coincide con la luna piena di giugno. L’ultima volta che ciò è accaduto era il 1948 e non accadrà di nuovo prima del 2054: suona speciale, che ne dite?

Il Solstizio d’Estate è essenzialmente una festa del sole e noi siamo abituate/i ad associare il sole a divinità maschili come da tradizione indoeuropea, ma storicamente l’umanità ha spesso dato all’astro nomi e poteri femminili: Amaterasu, la dea-sole giapponese (è il suo emblema, il sole nascente, quello che sta sulla bandiera del Giappone); Beiwe, la dea lappone ringraziata al Solstizio d’Estate per aver donato la luce necessaria a far crescere le piante; Hathor, la dea egiziana del cielo dipinta sempre assieme al disco solare; Olwen, dea-sole gallese il cui nome significa “ruota dorata”; Saule, dea lituana che percorre il cielo su un carro tirato da due cavalli dalle criniere d’oro, combattendo l’oscurità; Uelanuhi, dea-sole Cherokee che è la fonte di tutto il creato, avendo partorito l’universo e i corpi celesti: è sua responsabilità dividere il tempo in unità misurabili e, aiutata dalla Nonna Ragno e dalla sua tela, conservare il calore che serve all’umanità…

E poi c’è Sulis, detta “La Luminosa”. La sua iconografia è quella di una dea-sole: il suo nome – che ha un’etimologia complessa e svariati significati che si sovrappongono – potrebbe essere derivato dalla parola proto-celtica súil (occhio/sole), le sue sacerdotesse alimentavano un fuoco perpetuo e in suo onore si teneva la festa del Solstizio d’Estate, che successivamente diverrà una festa del fuoco il 1° maggio. Ma Sulis è anche la “Provveditrice di acque guaritrici”, associata strettamente alle fonti termali di Bath in uso sin dal neolitico (da almeno 10.000 anni) e i Celti, che arrivarono in Inghilterra nel 700 prima di Cristo, probabilmente la trovarono già insediata nel luogo sacro dalle acque fumanti, in cui i mortali potevano comunicare con l’aldilà e cercare l’aiuto della dea.

Il sole onorato nel momento in cui raggiunge, nel suo moto apparente lungo l’eclittica, il punto di declinazione massima e l’acqua della luna piena che lavorano insieme per guarire corpi e spiriti, creando una raffigurazione che incarna benedizione e profezia; la potenza della luce solare filtrata dalla potenza guaritrice delle acque: ecco perché penso a Sulis come all’immagine perfetta per questo Solstizio 2016.

bath

Aquae Sulis

Durante l’epoca romana le fonti di Bath furono chiamate “Aquae Sulis” e pur riconoscendo la dea in questo modo i romani – com’era loro consuetudine con le divinità altrui – la fusero con Minerva: Sulis divenne a questo punto la dea della città, dell’artigianato e dell’agricoltura. Tramite la sua associazione con Minerva acquisì il potere di garantire i giuramenti, acchiappare i ladri e trovare gli oggetti perduti. Nelle fonti (assieme a oltre 12.000 monete che coprono tutto il periodo romano) sono state ritrovate numerose “tavolette di maledizione”, in cui si chiede alla dea di punire i malfattori.

Io oggi le chiedo di benedire il viaggio di ciascuna/o di voi e il mio proprio verso la luce, la salute e l’interezza. Maria G. Di Rienzo

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Tutti conoscono la storia di Adamo ed Eva, ma sono veramente in pochi a sapere quella di Grunta e Smurfo. E’ un peccato, perché praticamente ogni gruppo umano, sin dagli albori, ha avuto la sua Grunta o il suo Smurfo: quelli più fortunati li hanno persino avuti entrambi, quelli cui non è toccata la grazia ne’ dell’una ne’ dell’altro sono presto svaniti nell’oblio.

 

 

Nelle loro tribù cavernicole Grunta e Smurfo sono i giovani più ispidi, irsuti, rognosi e dispettosi del gruppo. Fanno un sacco di domande (spesso condite da sarcasmi e commenti iconoclasti come “grunt” e “smurf”), hanno una curiosità sconfinata, una sbrigliata fantasia, una spiccata tendenza a cercare il massimo risultato con il minimo sforzo e spesso si mettono nei guai.

Succede ad esempio che Grunta se ne stia in disparte da qualche giorno, e che dalla piccola grotta vicina alla foresta dove si è rintanata si sentano strani rumori, i colpi della pietra sul legno e qualche colorita imprecazione quando il martello improvvisato le acciacca un dito. Le venerabili anziane della tribù, e cioè le donne che hanno passato i trent’anni, passano di là scuotendo la testa e qualcuna urla a Grunta di smetterla di perder tempo e di preoccuparsi di cose serie: i segni sono chiari, presto ci sarà una grande tormenta di ghiaccio e neve e la tribù si sta preparando a spostarsi. Bisognerà, tristemente, abbandonare tutto ciò che è troppo pesante per essere trascinato e portato in braccio e qualche membro della tribù decrepito (oltre i quaranta) o molto malato sarà purtroppo lasciato indietro. Ed ecco che Grunta finalmente emerge dal suo misterioso ritiro: a forza di pestare, incastrare, legare, levigare ed ammaccarsi le mani ha costruito un carretto a due ruote. Intende lasciare il meno possibile dietro di sé, quando partirà con la tribù, e meno che mai la nonna a cui è molto affezionata. La nonna potrà stare sul carretto assieme alle coperte e ai canestri; tirando l’attrezzo in due persone, una per stanga, si farà meno fatica che a portare il tutto a braccia.

Orrore!”, urla all’unisono il consiglio tribale, “Grunta ha passato il segno: sta sfidando le nostre sacre tradizioni e stravolgendo la nostra cultura. Le tormente sono mandate dagli dei, e quelli che ne muoiono sono il sacrificio necessario a placare la collera divina. E in fondo, per la maggior parte si tratta di persone che a causa dell’età o della malattia non sono più in grado di contribuire alla crescita ed al benessere della tribù.”

Tutta polvere di selce.”, ribatte l’ingrugnita Grunta, ovvero “tutte sciocchezze”, “La nonna ha imparato nella sua lunga vita un sacco di cose: sa distinguere le erbe buone dalle erbe velenose, capisce le stagioni e gli animali, sa i movimenti delle stelle. Se tutto questo va perduto, ogni volta bisogna impararlo di nuovo. E poi, non ha ancora finito di raccontarmi la storia del dinosauro che si era innamorato di un vulcano.” Mentre così dice una nuova ideuzza spunta nel cervello di Grunta: e se fosse possibile rendere concrete le parole della nonna, come rocce, renderle visibili ed accessibili anche dopo che lei se ne sarà andata? Le rocce, già, la cui durata sfiora l’eternità. Potrebbero essere incise nella roccia, parole, idee, conoscenze?

Il consiglio dibatte animatamente se distruggere il carretto (opzione avversata dai più curiosi), cacciare Grunta dalla tribù (opzione avversata dalla sua famiglia e dal giovane Smurfo che è da un po’ che la adocchia), scannare preventivamente sua nonna (opzione avversata dalla nonna), e Grunta non li bada più perché sta già pensando all’alfabeto, ma ecco che arriva davvero la tempesta e tutte le discussioni vengono rimandate a data da destinarsi. Occorre che vi dica com’è andata? Grazie alla creatività di Grunta ed alla preservazione e trasmissione diffusa della conoscenza della nonna, la tribù sopravvisse e prosperò. E andò ancor meglio quando l’idea di Smurfo di conservare il fuoco fu accettata.

 

 

Naturalmente, il giovanotto incontrò le stesse difficoltà di Grunta. “Orrore!”, ulula il consiglio tribale, “Il fuoco viene dai fulmini, emanazioni della potenza celeste. E’ qualcosa da temere o riverire, non qualcosa da portarsi nelle caverne! Smurfo sta sovvertendo tradizioni, cultura, sacro, blah blah blah…” Ma intanto i membri della famiglia di Smurfo cucinano il cibo, non muoiono di freddo, cuociono vasi e Grunta – sì, nel frattempo la ragazza ha deciso che Smurfo non è male se proprio si deve scodellare un marmocchio o due – vuol provare a fondere il rame.

Morale: l’umanità è sopravvissuta perché alcuni suoi membri alla frase “Il mondo va così, è sempre andato così e non c’è niente che tu possa fare.”, hanno risposto “Col piffero.”

Maria G. Di Rienzo

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