Il 29 febbraio u.s. Homa Khaleeli realizza, per The Guardian, una dettagliata intervista con l’attrice Geena Davis; significativamente il pezzo si intitola: “Più televisione una ragazza guarda meno sono le opzioni che pensa di avere nella vita”.
Ogni volta in cui mi imbatto in qualcuna/o che condivide la mia stessa opinione sul pessimo servizio che i media rendono nel rappresentare le donne – e in questo caso si tratta di una persona che ha fondato un istituto di ricerca al proposito, il “Geena Davis Institute for Gender in Media” http://seejane.org/ – ho un attimo di shock: Ma come? Tutti sanno che la cosa non ha poi quella grande importanza! (Sì, sto prendendo per i fondelli personaggi molesti e ignoranti.)
Di seguito vi traduco parte dell’intervista, così il titolo diventa più chiaro.
Sono passati 25 anni da quando uscì “Thelma e Louise”. Cos’è cambiato da allora?
Geena Davis: In realtà la cosa più sintomatica è quel che non è cambiato. Il modo in cui il pubblico reagì fu travolgente – volevano dirmi che significato aveva avuto il film per loro e i loro amici. La stampa scriveva: “Ora vedremo più film sull’amicizia o road movie con donne protagoniste.” Dopo “Ragazze vincenti” fu la stessa cosa. Nessuna delle predizioni si è rivelata vera.
A questo punto, ho cominciato a prestare attenzione. Ogni pochi anni c’era un nuovo film di successo con donne protagoniste e il commento era identico: “Tutto cambierà.” Ma non è cambiato nulla. E’ uscito “Hunger Games” e i numeri non si sono mossi. Il rapporto maschi-femmine nei film è uguale a quello del 1946.
Perché è importante?
Perché sin dall’inizio addestriamo i bambini ad avere pregiudizi di genere inconsci. Persino nei film per loro ci sono meno personaggi femminili. E queste femmine sono spesso valutate solo per il loro aspetto e non hanno lo stesso tipo di aspirazioni, scopi e sogni che i personaggi maschili hanno.
Nel 21° secolo non c’è ragione che il mondo sia orbato della presenza femminile. Il nostro motto è: se lo vedi, puoi esserlo. Ci sono così pochi esempi a cui ispirarsi in molti campi della vita reale – nelle carriere che riguardano scienza, tecnologia, ingegneria e matematica, ad esempio – che abbiamo bisogno di vederli sullo schermo, perché ciò suggerisce alle persone che anche loro possono farlo.
Questo ha riscontri nella ricerca?
Quando abbiamo studiato le professioni dei personaggi femminili in televisione ci siamo accorti che ce n’era una molto ben rappresentata: il medico legale, a causa della serie CSI. E, nella vita reale, il numero di donne che vuole intraprendere quella professione è salito alle stelle.
Quando fra un mese o due pubblicheremo le ricerche, vedrete che dopo “Brave” e “Hunger Games” il numero di donne e ragazze che hanno cominciato a far tiro con l’arco è pure salito considerevolmente.
Sino a che non mostriamo che le donne occupano metà dello spazio e fanno metà delle cose interessanti nel mondo, sarà difficile avere progressi. La nostra ricerca mostra che più televisione una ragazza guarda, meno opzioni pensa di avere nella vita. Non vedono tutte le grandi opportunità che si presentano a uomini e ragazzi; l’autostima maschile cresce di fronte alla tv. Le persone possono essere ispirate o limitate da ciò che vedono. Se vediamo donne compiere azioni coraggiose, come il lasciare mariti violenti, ciò ha un grosso impatto su di noi.
(I love you so much, Geena) Maria G. Di Rienzo