“La fotografia del suo sorriso ha memoria di una vita che lei aveva. La data in cui fu presa segna l’ultimo ricordo del suo spirito danzante. Oltre quel punto, uno può solo immaginare: ma tu ti fermi a chiederti se lei sta ancora invocando aiuto? Tu guardi, poi te ne vai via. Ti scusi dicendo: “Non è mia”. Non fare nulla ti rende parte del problema, NON della soluzione.” Chong N. Kim, commentando l’indifferenza delle persone davanti ai poster delle ragazze e delle bambine scomparse.
Ammanettata per mesi alla maniglia di una porta dall’uomo che lei pensava essere il suo fidanzato. Poi consegnata ai trafficanti e trasferita a Las Vegas. Tenuta prigioniera là in un magazzino abbandonato e forzata alla prostituzione. Spostata avanti e indietro in diverse città con il medesimo scopo. Questa è la vita che Chong Kim ha fatto dal 1995 al 1997, quando riuscì a fuggire. “Donne e bambine sono rese schiave per soddisfare i desideri dei clienti e dei consumatori di pornografia. Non ha a che fare con il sesso, se non come mezzo: è un grottesco bisogno di potere e controllo.”, dice Chong Kim, oggi attivista contro la violenza di genere ed il traffico di esseri umani, scrittrice e madre.
Chong arrivò negli Usa dalla Corea del Sud all’età di due anni assieme al padre, la madre li seguì poco dopo. Un ambiente familiare violento, nonché molestie e discriminazioni a scuola, avevano già chiesto un prezzo alto alla sua giovane esistenza, quando a 18 anni decise di tagliare i ponti e di andare a vivere con un’amica. “Frequentavo il college, presi un diploma in “Criminologia”. Il secondo anno un uomo cominciò a corteggiarmi, assicurando di amarmi e di avermi cara. Io non avevo nessuna esperienza, e un’autostima così bassa che non mi accorsi dei segnali d’allarme nel suo comportamento. Mi convinse a passare un weekend con lui e diventai il suo ostaggio in una casa abbandonata. Mentre ero prigioniera distrusse la mia tessera della social security, i documenti che attestavano la mia naturalizzazione, la mia patente e qualsiasi altra cosa potesse comprovare la mia identità. Mi disse che senza quelle carte sarei stata trattata come un’immigrata, ed aveva ragione.” Per due anni e mezzo Chong appartiene ai trafficanti, tenta più volte di scappare e subisce violenze di ogni tipo, testimonia i pestaggi, gli stupri e gli omicidi di giovani donne nella sua medesima situazione. Quando riesce a fuggire definitivamente continuerà a spostarsi ogni pochi mesi in luoghi diversi, nel timore di essere di nuovo catturata.
“Quando guardo indietro, a me stessa nel passato, io capivo benissimo che l’abuso mi aveva cambiata. Alla fine devi riuscire ad accettare che non puoi cambiare quel che ti è accaduto, ma il più grande dono che puoi fare a te stessa e alle altre è il vero significato del termine “sopravvivenza”. Io non me ne resto seduta a rammaricarmi di come la mia vita avrebbe potuto essere diversa, perché allora mi starei rammaricando anche di quel che faccio ora. Ho attraversato terapie psicologiche e terapie di gruppo, mantenendo però io stessa il controllo dei miei problemi e dicendo ai miei consiglieri che volevo guarire, non volevo intossicare il mio corpo con medicinali. Uso la meditazione, la musica, la poesia e la danza per andare attraverso il mio dolore e la mia pena. Mi conferisco potere cantando, avendo relazioni con persone positive, investendo tempo ed energia nel rapporto con i miei figli. Gli abusi possono aver posseduto il mio corpo e i miei ricordi, ma non si sono presi la mia anima, la mia dignità, perché io rifiuto di dare ai miei persecutori ciò su cui avrò sempre potere, il mio spirito. Adesso giro il mondo per offrire seminari e organizzare gruppi di auto-aiuto per le sopravvissute che stanno ancora soffrendo. Spesso in queste occasioni mi chiedono: Hai paura di chi ha abusato di te? E io rispondo: No, sono arrabbiata e sto reclamando la mia vita e lo faccio con la mia propria voce.”
Di recente, Chong N. Kim ha contribuito a scrivere la sceneggiatura del film EDEN, ispirato alla sua storia. Il solo trailer è magnifico: ti toglie il respiro, ti torce il cuore e ti fa spalancare gli occhi. Incrocio le dita e spero di vederlo in Italia. Penso che alla fine potrei davvero mettermi a cantare con Chong, che sia benedetta. Maria G. Di Rienzo