“Questa serie di immagini pone una domanda: in che modo la tua identità di persona indigena è influenzata dall’essere una persona che vive o lavora in una città? Da quando ho lanciato la serie mi sono arrivate centinaia di e-mail di persone che chiedevano di essere fotografate. Nessuna idea di ritratto, in risposta, è stata negativa. Esiste un tale orgoglio nella propria cultura che nessun ambiente urbano è in grado di abbatterlo. La serie tratta della decolonizzazione, dell’essere consapevoli e del rafforzare l’identità culturale collettiva. Tramite questo lavoro mi è diventato ancora più chiaro quanto essenziale sia la conoscenza del passato nel dare forma alla propria identità.” Così Nadya Kwandibens, l’Autrice delle immagini che vedete ha spiegato il progetto di cui fanno parte, “Concrete Indians” (che si può tradurre come “Indiani concreti”, nel senso di veri, e come “Indiani di cemento” – e il gioco di parole non è casuale.)
Nadya Kwandibens (qui sotto il suo ritratto) è per metà indigena Ojibwe e per metà francese, originaria dell’Ontario in Canada.
E’ una fotografa autodidatta che ha cominciato ad esplorare il mezzo della fotografia mentre stava lavorando nelle produzioni video e radio, nel 2000. Dal 2006 la fotografia è diventata la sua professione, e da allora ha girato Canada e Usa documentando persone ed eventi, soprattutto in relazione alle popolazioni indigene e in particolar modo in relazione alle loro dimostrazioni e pubbliche proteste.
“Noi popoli indigeni, – dice ancora Nadya – siamo sovente ritratti nei libri di storia come “grandi nazioni del passato”, nei musei come “nazioni di stoici congelati” e nei media come “nazioni per sempre problematiche”. Questo immaginario può essere disperante. Tuttavia, il mio scopo è cercare di sollecitare un corso positivo. Se la nostra storia è un’ombra, lasciamo che questo momento serva da luce. Siamo musicisti, avvocati, medici, madri e figli; siamo attivisti, accademici, sognatori, padri e figlie. Reclamiamo noi stessi, ora, e vediamo quel che siamo, e quel che siamo sarà sempre grandi civiltà bilanciate e fiorenti, capaci di portarci in un nuovo giorno luminoso.” Maria G. Di Rienzo