Cara Viola, sta passando da queste parti? Sì, proprio lei. Può fermarsi un momento? Avrei qualcosa da dirle, se ha voglia e tempo di ascoltarmi. Innanzitutto, la ringrazio per l’apprezzamento che manifesta rispetto al mio lavoro su questo sito. Davvero, sono lusingata. E proprio in virtù della mia gratitudine desidero spiegare, a lei e alle persone che come lei lamentano di non poter commentare i miei articoli, perché non cambierò le impostazioni del blog.
Per curiosità, ha letto il commento precedente e quello successivo al suo, sul sito in cui è ripostato un mio recente articolo e sotto il quale lei ha appunto scritto che vorrebbe eccetera? Contengono metà della mia risposta alla sua domanda. Il n.1, a prima vista, sembra un complimento nei miei confronti – per quanto espresso in una prosa di difficile comprensione – ma è in realtà uno di quei messaggi che io chiamo “sia lode a me medesimo”. Quando la mia mail era pubblica, una valanga di adoratori di se stessi hanno ritenuto di dovermi rendere edotta della loro eccellenza in svariati campi dello scibile umano – e della loro magnificenza in quanto maschi – prendendo a pretesto il mio pezzo, sottolineandone magari in modo positivo una frase o un paio di parole, e rimettendomi pari pari al mio posto con un invito a conoscerci meglio, o una battuta del genere “sposiamoci” o “la sposerei”, come se una donna non potesse scrivere qualcosa che a loro piace senza essere premiata con la sua immediata sessualizzazione e la relativa possibilità di avere un rapporto con loro.
Il signore del commento n. 1, che ci ha fatto sapere più cose di sé di quanto avesse da dire sul testo, non si spinge sino a questo punto ma ci arriva vicino: “Non la conosco e forse non la conoscerò mai”, dice di me, ed è una cosa che difficilmente avrebbe vergato sotto l’articolo di un altro uomo. Un altro uomo non ha bisogno di “farsi conoscere” per scrivere su un blog. Non ha bisogno di entrare in rapporto diretto con lui perché quel che dice abbia senso o valore. A parte il fatto che se davvero mi conoscessero a questi individui spunterebbero probabilmente i razzi ai piedi per allontanarsi da me più velocemente, la loro attitudine mi irrita perché mi ricorda quanto indietro siamo nelle relazioni civili fra esseri umani e gestire i loro ego ipertrofici è uno sforzo che io non ho ne’ voglia ne’ tempo di fare: questo sito non serve a coccolare neppure il mio di ego, è bensì una forma del mio attivismo antiviolenza e per il cambiamento sociale.
Nel mio attivismo entrano anche, in parte, le mie vicende personali quando esse sono in relazione diretta con istanze su cui io lavoro. Credo ancora che il personale sia politico. E qui veniamo al signore del commento n. 2. Poiché io ho scritto che “sono troppo povera per risposarmi”, costui trasecola: “Cosa vuol dire?”, e mi consiglia di sposarmi per risolvere in anticipo l’eventuale problema delle decisioni su una me non più in grado di prenderne. Cara Viola, sa quanto devo sforzarmi per non urlare, in situazioni simili? Il primo che passa ha deciso che io non sono competente per quel che riguarda la mia vita. Non ne so abbastanza, lui sì, al punto da potermi dare saggi avvisi su quel che dovrei fare. Un’umile donna ignorante dovrebbe essere contenta di essere istruita, ma io sono del tipo rognoso che non accetta la condiscendenza.
Cosa vuol dire “essere troppo povera”? Vuol dire avere due paia di mutande, uno e due. Il terzo paio mi si è disfatto in mano qualche giorno fa: sono cose che succedono a tessuti molto molto vecchi. Vuole dire non poterne comprare altre. Cosa vuol dire? Vuol dire che non sono in grado di pagare l’Ufficio Anagrafe per i documenti necessari ad un matrimonio. Vuol dire che se pure ci riuscissi passerei la giornata nel panico che le suole delle scarpe si stacchino mentre salgo le scale per presentarmi davanti al sindaco. Sono contenta che il commentatore non sappia “cosa vuol dire” vivere in questo modo, perché non lo auguro a nessuno. E tuttavia, non ho intenzione di permettere a persone simili di venire a sputare qui le loro sentenze. Lo facciano dove vogliono. Non in casa mia.
E poi ci sono i tipi di commenti n. 3, che fortunatamente nel caso di cui discutiamo non si sono manifestati. Sono quelli pieni di insulti, volgarità, minacce. Quelli che mi hanno indotto a togliere l’indirizzo mail da questo blog e cambiarlo. Ho subito abbastanza violenza nella mia vita per non avere nessun desiderio di favorirla offrendole spazio. Non ho paura, sono stanca. Le mie energie residue non possono disperdersi nel tenere il braccio alzato per parare i colpi. Ho troppe cose da fare e un sacco di sorelle da ascoltare e raccontare, nel tempo che mi resta.
Spero che adesso la mia posizione le sia più chiara, cara Viola, e che lei continui a trovare qui cose che le piacciono, ma di certo non mi offenderei del contrario. Ad ogni modo, questa è l’ultima volta in cui spiego la faccenda: credo di essere ormai arrivata ad una dozzina di testi esplicativi in questo senso (compreso il “Forse vi chiedete perché” in alto a destra) e il prossimo, il tredicesimo, probabilmente porterebbe male. Maria G. Di Rienzo