(“50 Shades of Poo”, di Lyn Cockburn per Herizon Magazine, trad. Maria G. Di Rienzo)
Volevo che fosse un vero piacere colpevole, come quella volta in cui ho mangiato una coppa gigante di gelato al caramello e ho completato il tutto con un barretta di cioccolato – questa piccola, ovvio.
Mi sono sentita diversa per giorni (è un eufemismo per dire che ho fatto parecchia cacca). Nondimeno, il ricordo di quei pezzettini di caramello che mi coccolavano la lingua e poi scivolavano seduttivamente lungo la mia gola resta con me, rendendomi felice di aver osato almeno una volta sguazzare nell’eccesso di piacere al caramello.
Ad ogni modo, così è come volevo sentirmi – meno la parte al gabinetto – quando ho letto “Cinquanta sfumature di grigio di E.L. James, un libro talmente popolare da vendere di più della Bibbia. Sono una sostenitrice delle recensioni succinte, perciò posso dirvi che non è successo. Non mi sono sentita colpevole, non ho avuto una botta di ormoni, non mi sono divertita.
E parlando di esplosioni Ana, l’eroina ventunenne vergine che ha baciato solo due volte e non si è mai masturbata e sta per laurearsi, ne sperimenta un sacco. Dal momento in cui questa dolce giovane cosa, la nostra Ana, soccombe al fascino del trentenne uomo d’affari milionario Christian Grey, esplode in orgasmi vesuviani e culmini da eruzione dell’Etna. Tutti sono riportati con elaborati dettagli, comprese le sue riflessioni del tipo “oh-mio-dio” al termine di ciascuno.
In questa trilogia strappa-corsetti c’è naturalmente sin dall’inizio un tocco da brivido, un’aria di mistero, una mestolata di minaccia, un cucchiaio da tavolo di “Santo cielo, ragazza, non andare là” e un maligno soffio di “Questo tizio è a corto di medicinali”.
E questo è. Il nostro Christian è un dominatore in cerca di una nuova sottomessa. Ne ha avute 15, in precedenza. Lui – che sorpresa! – è favolosamente bello ed oltraggiosamente ricco, e nella sua magnifica dimora ha quella che lui chiama “stanza del dolore” completa di fruste, catene, manette e di tutta l’altra roba che gli americani non riuscirono a trovare in Iraq. Poiché Ana è inebetita da lui (immersa com’è negli orgasmi) salta in svariati strumenti di distruzione di massa al suo comando e tenta anche di non dire la “parola sicura” per compiacerlo. (Ndt.: si tratta della parola concordata con cui chi sta subendo nella pratica sadomasochista consensuale può interrompere l’azione.)
Christian vuole da Ana la firma su un contratto che gli permetterebbe di controllare ogni aspetto della sua vita, dal cibo che mangia agli abiti che indossa, e un altro che la renderebbe soggetta a qualsiasi tipo di atto in cui è trasformata in un giocattolo sessuale per il ricco maniaco del controllo. La sculacciata descritta nel libro è un pestaggio, non una giocosa occorrenza.
A volte Ana è spaventata da Christian, proprio come dovrebbe essere. Ma non ha bisogno di una “parola sicura”, la ragazza avrebbe bisogno di uno storditore elettrico e di spray al peperoncino. Comunque tutto a posto e non spaventatevi eccetera, perché Ana curerà, metterà a posto e salverà Christian. Lui ha avuto un’orribile infanzia piena di abusi la quale ha creato il mostro dentro di lui, sempre bramoso di emergere. Lui si innamora di lei e cambia abitudini – più o meno – e i due si sposano, ovviamente. Il “più o meno” si riferisce al fatto che mentre Christian potrebbe essere in procinto di donare qualcuna delle sue fruste favorite in beneficenza, è chiaro che non ha intenzione di rinunciare al diritto datogli da dio di comandare Ana come se lei fosse una schiava. Vi avevo già detto che il nostro ragazzo è anche geloso al massimo grado?
Ed è qui che l’intero fenomeno “Cinquanta sfumature di grigio” va a male. No, non è immorale. Non c’è niente di sbagliato in un po’ di S&M consensuale. Dove il libro rende un disservizio alle donne è nella sua legittimazione/approvazione del dominio maschile in tutto: dal sesso agli abiti, dal cibo all’aver bisogno di permesso per parlare. Senza menzionare i castighi. Mettetemi la mordacchia. Be’, magari no.
Perciò, a differenza dell’overdose di gelato, “Cinquanta sfumature” non ha incoraggiato i miei movimenti intestinali. Ma, in numerose occasioni, mi ha fatto venir voglia di vomitare.